Pinochet e Saddam, due giustizie a confronto
Igor Vartchenko/ Russia
SANTA RICE
Javad Alizadeh/Iran
In Colombia ancora una volta salta l´ accordo umanitario
In Colombia le speranze di un accordo Farc-governo per uno scambio di prigionieri sono subito svanite nel nulla
GUIDO PICCOLI
L’ultima azione clamorosa è l’assalto concentrico, martedì scorso, di mezzo migliaio di guerriglieri, che ha provocato la morte di una ventina di poliziotti, a guardia di Tierradentro, villaggio del dipartimento atlantico di Cordoba, ritenuto l’incontrastato regno paramilitare.
Tra le vittime di questo clima di guerra ci sono anche la cinquantina di sequestrati delle Farc (tra i quali l’ex-candidata presidenziale franco-colombiana Ingrid Betancourt) e i cinquecento e più ribelli detenuti nelle carceri statali che, a meno di un miracolo sempre possibile nella terra di Macondo, dovranno aspettare che Uribe se ne vada nel 2010 da Palacio Nariño per rivedere la libertà.
Anzi, il primo gruppo dovrà scongiurare che non abbia successo il riscatto militare, promesso da un indemoniato Uribe una decina di giorni fa. Sarebbe la loro condanna a morte: secondo le ferree regole della barbarie colombiana, finirebbero uccisi dai commando militari (notoriamente restii alle operazioni chirurgiche) o giustiziati dagli stessi guerriglieri, appena questi si trovassero circondati o costretti alla fuga.
A cambiare il clima nel paese, è bastata un’autobomba che, senza fare morti, ma solo una ventina di feriti, è scoppiata nel parcheggio della Scuola superiore di guerra, nella zona nord di Bogotà e soprattutto nel cuore del potere militare colombiano ( a poche centinaia di metri ci sono le sedi della XIII Brigata, della V Divisione e delle scuole di Fanteria e di Guerra psicologica). Dopo poche ore dall’esplosione di sessanta chili del potente R-1, in base ad una frase di una telefonata (che nessuno ha potuto ascoltare), che sarebbe stata intercettata tra il presunto attentatore e il capo militare guerrigliero, il cosiddetto Mono Jojoy, Uribe ha annunciato un’offensiva frontale contro le Farc, descritte come una banda di terroristi, fantocci e vigliacchi.
Pochi credono che quella bomba sia stata effettivamente messa dai guerriglieri (così come pochi, a suo tempo, credevano all’attribuzione di tutte le auto-bombe a Pablo Escobar e non alla variegata schiera dei suoi nemici, che comprendeva, tra gli altri, la Cia, i paramilitari e le diverse polizie segrete colombiane). Gli indizi non mancano. A cominciare dalla smentita (quasi insolita) delle Farc.
Ma soprattutto, anche in questo caso, è legittimo chiedersi «cui prodest?»: puntuale come un orologio svizzero, l’attentato ha tolto Uribe dall’impaccio di accettare il cosiddetto «scambio umanitario» con la guerriglia, e la relativa smilitarizzazione di una zona meridionale del paese, vista come fumo negli occhi non solo dal vertice delle Forze armate, ma anche da Washington.
A far propendere per l’auto-attentato, c’è anche una clamorosa coincidenza: appena un mese e mezzo fa è venuta alla luce la messinscena, ad opera di quattro ufficiali (in collaborazione con una ex guerrigliera, affamata di soldi e libertà) di tre attentati, sventati all’ultimo momento o realizzati (con un paio di vittime) a Bogotà, nei mesi precedenti l’insediamento di Uribe. Che quest’ultimo sia al corrente di questo nuovo episodio della «strategia della tensione» poco importa. Di fatto, quando, dal palchetto montato sul luogo dell’attentato, ha finito il suo bellicoso discorso (secondo le parole del giornalista del quotidiano El Tiempo) «era tornato ad essere quello di prima. Quello di sempre. Il suo viso lo diceva. Era raggiante».
Per sfortuna sua, e dei suoi alleati, sponsor e tifosi, la guerra non si vince a suon d’insulti, ma sul campo di battaglia (e l’attacco delle Farc a Tierradentro rivela tutta la debolezza dell’esercito colombiano). Oppure lavorando seriamente per la pace. Una strada che Uribe, «quello di sempre», non sembra avere nessuna intenzione di percorrere.
Diplomatici colombiani in Italia
Roma, 11 Aprile 2006
ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
Egregi Signori,
Internet come tutti sanno è una finestra aperta sul mondo, permette infatti a tutti noi comuni cittadini di accedere a notizie ed informazioni difficilmente accessibili se provenienti da paesi lontani.
Qualche giorno fa questa finestra mi ha evidenziato realtà e problematiche che purtroppo già conoscevo provenienti dalla Colombia e cioè la corruzione della sua classe politica ed il fatto che in quel paese l’ingiustizia si legalizza proprio nelle sedi in cui questa dovrebbe essere più tenacemente combattuta.
Ora ho scoperto che abbiamo accolto nel nostro paese come diplomatici due personaggi che secondo quanto si legge rappresentano molto bene ambedue questi aspetti.
Non sto qui ad elencarVi tutte le notizie riportate sia sull’ambasciatore colombiano a Roma Sig. Luis Camilo Osorio sia sul console colombiano a Milano Sig. Jorge Noguera Cote.
La mia condizione di cittadina italiana mi fa sentire pertanto in diritto/dovere di porVi alcune domande.
Credo e spero che le accuse che vengono mosse a costoro siano a Voi ben note.
Dico spero e nello stesso istante mi assale un dubbio, mi auguro che la storia personale di ogni diplomatico straniero nel nostro paese sia da Voi ben vagliata, ma questo è il punto, se sapevate chi erano questi personaggi ed eravate a conoscenza dei reali motivi per cui sono stati rimossi o hanno lasciato gli incarichi di prestigio che avevano in Colombia, perchè sono stati accettati nel nostro paese? (non voglio dire che siano stati invitati).
Noguera tra le altre cose è accusato da un suo collaboratore di aver consegnato ai paramilitari liste di sindacalisti, studenti e dirigenti di sinistra che poi sono stati regolarmente assasinati e di aver anche organizzato brogli elettorali consistenti a favore del Presidente Álvaro Uribe.
Non si parla ancora di processi e nemmeno di condanne (e credo che purtroppo trattandosi della Colombia non ce ne saranno mai comunque) ma sospetti ed accuse del genere dovrebbero bastare e quindi domando, il Governo italiano avrebbe mai accettato per esempio diplomatici di un Paese arabo sospettati anche solo lontanamente di avere legami con il terrorismo?
I due diplomatici colombiani, ovviamente sempre che le accuse ed i sospetti siano fondati non solo hanno legami con il terrorismo, ma sono il terrorismo fatto persona se per terrorismo vogliamo intendere un “regime instaurato da governanti o belligeranti che si valgono di mezzi atti ad incutere terrore” (tratto dal Nuovo Zingarelli Minore).
In attesa di una Vostra improbabile risposta, porgo i miei più cordiali saluti.
Annalisa Melandri
RISPOSTA RICEVUTA DAL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
STORIE DI VITA — VITA E MORTE DI PIER PAOLO PASOLINI
I libri di testo servono per sostenere il modello attuale e coprire i responsabili della distruzione ambientale.
Così si deduce da uno studio, realizzato in Spagna, applicabile a qualsiasi paese del mondo.
DI ANTONIO HERNANDEZ E YAYO HERRERO
Rebelión
EN ESPAÑOL
“Se fossi miliardaria…. comprerei un’automobile sportiva, uno scooter, uno yacht, dal momento che se prendo l’autobus arrivo tardi…”. Questa citazione, riportata in un libro d’inglese, è uno degli esempi sui valori antiecologici che vengono diffusi attraverso i libri di testo.
Uno studio recente sui libri di testo dell’educazione formale conclude che gli stessi non permettono di prendere coscienza della gravità della crisi ambientale, né mostrano le conoscenze necessarie per costruire un mondo sostenibile.
Lo studio realizzato da Ecologisti in Azione su 60 libri di testo, afferma che gli stessi non menzionano la crescente insostenibilità dell’attuale modello economico e sociale e nascondono il rapido deterioramento di tutto ciò che è necessario per vivere: l’acqua. l’aria limpida, i terreni fertili e gli alimenti sani…
Nonostante lo studio sia stato realizzato in Spagna, un paese principalmente capitalista, le conclusioni dello stesso si possono applicare anche a paesi che aspirano a un differente modello economico e sociale come ad esempio il Venezuela, dal momento che i principali parametri dell’insostenibilità fanno parte di una cultura ampiamente accettata da molti settori della sinistra trasformatrice.
I libri di testo confondono in maniera sistematica il benessere con la crescita economica, nonostante le numerose e crescenti prove, tanto a livello umano come ambientale, contrarie a questa posizione. In questo senso i libri di testo non mettono in relazione la distruzione ambientale con l’attuale modello di sviluppo, il quale concede delle priorità principalmente all’economia monetaria e a quella affarista. Essi elogiano all’infinito le possibilità della tecnologia senza analizzare né discutere sui grandi disastri ambientali derivati dal poco dibattito e controllo sociale che c’è sugli usi e sugli orientamenti della medesima. Non fanno riferimento al fatto che il controllo imprenditoriale e militare della scienza e della tecnologia ha fatto di queste un fattore d’impulso di prim’ordine per il degrado delle condizioni di vita.
I libri di testo ignorano sistematicamente il lavoro gratuito a cui le donne si dedicano da sempre e la natura, che sono determinanti per la sostenibilità, nello stesso modo in cui si disprezzano qualificandole come “arretrate”, tutte le culture che sono state capaci di vivere in armonia con il loro ambiente.
Essi non solo ignorano uno dei concetti fondamentali per comprendere la sostenibilità e cioè quello del limite fisico alla crescita, ma educano anche chiaramente affinchè ragazzi e ragazze partecipino felicemente a un mondo di consumi, di ipermobilità e di iperurbanizzazione che esaurisce le risorse del pianeta. I libri di testo citano appena l’esistenza delle multinazionali e il ruolo che queste svolgono nel saccheggio e nella distruzione degli ecosistemi e delle culture; le rare occasioni in cui vengono citate le imprese è a titolo di propaganda.
A conclusione dello studio, Ecologisti in Azione afferma che i libri di testo in uso oggi servono principalmente per legittimare l’attuale sistema di distruzione ambientale. Essi aiutano ben poco a creare attitudini e comportamenti in linea con il rispetto e la salvaguardia del pianeta. Siccome i libri di testo rappresentano una forma di conoscenza che la società considera seria e obiettiva, Ecologisti in Azione considera che è urgente una profonda revisione di tutte le categorie e concetti con i quali il sistema educativo e la società nel suo insieme progettano la relazione tra la società e la Natura.
Dopo aver letto questa nota, qualsiasi persona che aspiri a una società più giusta ed equa e che sia in grado di poter vivere armonicamente con la Natura, non potrà credere che misurare il grado di “ricchezza” o “sviluppo” di un paese si posssa fare in base a indicatori come il PIL o l’aumento delle vendite delle automobili, marchingegno tecnico feticcio della società individualista capitalista ed elemento fondamentale nel disastro ambientale odierno.
Questa ultima prospettiva, che in forma chiara vediamo in alcuni discorsi dei ministeri venezuelani e di altri paesi che hanno optato per costruire una società differente, va intesa secondo la colonizzazione culturale del capitalismo, che non si può eliminare dalla sera alla mattina e ancora meno se i gruppi imprenditorali dell’editoria e della comunicazione che pubblicano i libri di testo sono gli stessi da un lato all’altro dell’Atlantico. Questo studio può essere un buon punto di partenza per discutere di quei valori che sono così radicati in noi stessi e che se non riusciamo a liberarcene, difficilmente potremo costruire una società sostenibile sia ambientalmente che socialmente.
Lo studio si può scaricare dalla pagina web di Ecologisti in Azione al seguente indirizzo: www.ecologistasenaccion.org
Antonio Hernández e Yayo Herrero
Fonte: http://www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=40037
26.10.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANNALISA MELANDRI
La scorta a Daniela Santanchè
Chi mi spiega perché a Daniela Santanchè gli è stata data una scorta?
La Repubblica di ieri titola: “L’Imam la attacca, Santanchè sotto scorta.Dopo un dibattito in tv in cui aveva contestato il velo. Condanna di Pollastrini e Bertinotti”.
Leggo un pò e delle minacce non trovo nulla, Abu Shwaima ha solo ribadito alla parlamentare, la quale sosteneva che il velo non “è un simbolo di libertà e che il Corano non lo impone”, che “non è vero che nel Corano non ci sia l’obbligo del velo, io sono un Imam e non permetto agli ignoranti di parlare di Islam, voi siete degli ignoranti e non avete il diritto di interpertare il Corano”. Di qui la decisione del ministero dell’Interno di concedere la scorta alla Santanchè.
Penso allora che la condanna di Bertinotti che ho letto nel titolo si riferisca sicuramente al fatto che sia quantomeno esagerato dare una scorta solo per essere stata accusata di ignoranza, e mi vengono in mente le accese invettive di Sgarbi.Invece no, leggo e rileggo, ma le minacce proprio non riesco a trovarle e invece mi rendo conto che tutta la comunità politica si stringe intorno alla Santanchè (Bertinotti compreso !!!) in solidarietà per le intimidazioni e minacce che ha ricevuto.
Per non sbagliarmi leggo anche La Stampa ma anche lì le parole dell’ Imam riporate sono le stesse riportate da Repubblica. Solo sul Giornale si dice che Abu Shwaima abbia dato dell’ “infedele” alla parlamentere e questa parola in particolare avrebbe fatto scattare l’allarme al Viminale e l’attivazione delle misure di protezione come la scorta, che si prevedono subito quando c’è un pericolo di vita.
Ma non è che si sta esagerando un pochino e inevitabilmente si finisca per esasperare conflitti e problematiche che forse sarebbe il caso di ricollocare nella loro giusta dimensione? Alla Santanchè indubbiamente il fatto di avere una scorta personale la gratifica molto perché poco tempo fa le era stata revocata quella a suo tempo concessale per le minacce subite in occasione della pubblicazione di un suo libro e lei aveva vivacemente protestato per questo addirittura dicendo che se fosse stata uccisa la colpa sarebbe stata di Amato (il quale ha prontamente provveduto, non si sa mai con questi musulmani!), e perché allora non mettere sotto scorta anche il supercriticato del momento Giampaolo Pansa (non si sa mai con questa sinistra radicale!)??
Mi dispice solo che le minacce (quelle sì vere) ricevute da Roberto Saviano forse così perdono di credibilità (con la mafia invece si sa eccome!).
Muri vecchi e nuovi
Proprio mentre si consolida a livello mondiale la globalizzazione, mentre l’economia e i mercati si liberalizzano, proprio mentre si firmano nuovi trattati di libero commercio, e allorchè il raggiungimento di tutti questi obiettivi pare il fine ultimo o il sogno finalmente realizzato degli economisti neoliberisti di mezzo mondo, ecco che si assiste ad un fenomeno che in un certo modo si pone in maniera contraddittoria rispetto a tutto questo.
E se sulle nostre tavole è sempre più facile trovare cibi esotici, se possiamo perfino gustare una tazza di Caffè Rebelde stando comodamente seduti in salotto a Roma, se l’acqua francese attraversa le Alpi e arriva in Italia e quella italiana fa altrettanto e arriva in Francia, succede sempre più spesso che a questo “dilatarsi” o “espandersi”, che a mio avviso non necessariamente è sinonimo di progresso, si contrapponga una tendenza ad opera di quelle stesse forze che promuovono questa espansione, nella direzione di una involuzione che si manifesta nei modi più disparati ma con un unico comun denominatore che può essere riassunto con la parola “rinchiudere”. Se da una parte all’economia americana fa comodo la manovalanza del Centro America, nello stesso tempo lungo i confini con il Messico si costruisce un muro che contenga il suo migrare. Se le nostre imprese viaggiano all’estero in cerca di manodopera più a buon mercato, quando questa arriva in Italia viene riunchiusa nei cpt o in quartieri ghetto che poi vanno circondati da muri, come a Padova.
Se la caduta del muro di Berlino era stata salutata come l’inizio di una nuova fase storica, a quale fase storica precludono tutti i muri che vengono costruiti sempre più spesso?
Israele, costruisce un muro imprigionando i palestinesi e sottraendogli terre, con il muro “vengono cancellati gli attenti, complicati e pazienti gesti di ascolto, comprensione, negoziazione e compromesso, che sono tutti necessari per generare una soluzione possibile per Israele e la Palestina. Divide il modo tra nero e bianco. Concretizza l’aggressione ed invita alla violenza” (Mina Hamilton).
Se da un lato si chiede alle donne musulmane di togliersi il velo, invitandole a liberarsi da quel “muro” che le separa dall’occidente, quanti muri vengono creati ogni volta per separare l’occidente dall’oriente, il nord dal sud?
E se nel 1979 in The Wall i Pink Floyd raccontavano di un muro immaginario ma pur sempre percepibile, creato dall’alienazione ma condito anche di schizofrenia, i muri odierni sono reali, fatti di cemento e adornati da filo spinato, torrette di controllo e videocamere, creano essi stessi alienazione e sono il frutto di una moderna schizofrenia secondo la quale gli esseri umani, alcuni esseri umani vanno rinchiusi , nascondendo la vista delle loro miserie, debolezze e misfatti a tutti gli altri.
Proprio come si è fatto nella Repubblica Dominicana dove, quando in occasione della visita del Papa fu costruito un muro affinchè non vedesse la miseria della gente.O come il muro dei ricordi di Adolfo Pèrez Esquivel, premio Nobel per la pace nel 1980, il muro cioè che la dittatura argentina di cui egli stesso fu prigioniero, fece costruire nella città di Rosario affinchè le delegazioni straniere ospiti per i mondiali di calcio del 1978 non potessero vedere le miserie di Villa Las Flores, uno dei quartieri più poveri dell’intero paese.
E probabilmente in questi giorni c’è già chi sta pensando di costruire muri nello spazio, perché, citando Adolfo Pérez Esquivel “si continuerà a costruire i muri della stupidità e della crudeltà umana che oggi dividono il mondo. Dobbiamo riscattare l’umanità, riscattandoci a noi stessi e condividendo il cammino dei popoli nella diversità e nell’unità; dobbiamo saper ascoltare la Madre Terra e tutta la natura cui apparteniamo e che abbiamo il dovere di salvaguardare in questo piccolo pianeta chiamato Terra”.
El golpismo mediatico de Carlos Alberto Montaner
Il golpismo mediatico di Crlos Alberto Montaner
Carlo Alberto Montaner evidentemente deve aver sottoscritto un nuovo contratto con la CIA, se oltre ad effettuare da anni terrorismo mediatico contro il governo di Fidel Castro a Cuba, dalle pagine del El Mercurio, quotidiano golpista e finanziato dalla Cia, sta facendo altrettanto contro il governo democraticamente eletto di Evo Morales.
Nonostante il presidente boliviano questa settimana abbia smorzato i toni su quanto stia realmente accadendo nel suo paese, fonti attendibili hanno confermato che è in atto un colpo di stato contro Evo Morales organizzato da ufficiali della polizia boliviana e da generali delle Forze Armate con il supporto dei militari cileni. Nel paese si stanno verificando una serie di scioperi volti a destabilizzare il governo. In particolar modo lo sciopero dei trasportatori ricorda lo sciopero dei camionisti del 1972 finanziato dalla CIA volto a destabilizzare il governo di Salvador Allende in Cile. L’opposizione boliviana ha inoltre colto nello sciopero dei minatori delle settimane scorse, l’occasione per attaccare duramente il governo attraverso i mezzi di comunicazione privati che si trovano in mano all’oligarchia del paese.
In questo è stata ampiamente appoggiata dalla stampa estera notoriamente finanziata dalla CIA come il cileno El Mercurio e il El Nuevo Herald di Miami. Ben volentieri si sta prestando a questo scopo (sicuramente non senza lauto compenso) Carlos Alberto Montaner il quale proprio ieri, 15 ottobre, dalle pagine di El Mercurio in uno scritto delirante dal titolo “Anche i folli uccidono” ripreso in data odierna da El Nuevo Herald, addirittura mette in guardia i cileni “primo obiettivo nel mirino” di un Chávez disposto a “bañarse nel mar boliviano”, sull’enorme pericolo che a mezzo termine incombe su di loro.
Affermazioni gravissime da strategia del terrore, alle quali si affiancano altre del tutto prive di ogni riscontro reale come quella che indica il Venezuela come il “primo acquirente mondiale di armi ed attrezzature militari”. Continua indicando “Caracas, La Havana e ora La Paz come la nuova Mosca , madre e padre del socialismo mondiale”. In un crescendo di accuse insensate e di informazioni distorte Montaner arriva a dire che “sarebbe un grave errore scartare il progetto di conquista (la creazione di una grande civiltà latinoamericana) solo in quanto si tratta della strampalata pazzia di alcuni personaggi che non hanno assunto Prozac per tempo. Il Terzo Raich dei nazisti non era meno folle o assurdo ed è costato al pianeta quaranta milioni di morti e il crudele olocausto. Cuba è una povera isola del terzo mondo, alla fame e senza speranza , ciò che non ha impedito al suo governo di partecipare con successo a colpi di stato nel Madagascar e nello Yemen, o che le sue truppe combattessero per quindici anni in sanguinose guerre africane, tanto in Angola come in Etiopia”. Per giungere poi ad un finale esplosivo: Chávez sta creando il maggior esercito in lingua spagnola con la più distruttiva forza aerea di tutto il Sudamerica , che una volta pronto, non avrà timore di mettere in funzione, “non importa che Chávez sia folle”, conclude, “anche i folli uccidono”.
Anche questo a mio avviso è terrorismo, anche questo vuol dire partecipare “anima e corpo” o forse sarebbe meglio dire anima e penna o pù modernamente anima e tastiera, al progetto golpista della CIA.
Come scrive Heinz Dietrich, è un dovere morale diffondere notizie sul tentato golpe in Bolivia per farlo fallire. Oggi più che mai la Rivoluzione boliviana ha bisogno della solidarietà mondiale”.