Conosci i tuoi diritti: piccolo manuale di orientamento per i lavoratori e le lavoratrici migranti

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Il collettivo  Primo Maggio ha pubblicato questo interessante manuale di orientamento per lavoratori e lavoratrici migranti, potete farlo girare o stamparlo e diffonderlo dove credete piu’ opportuno.


Luca Tornatore libero!

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Luca Tornatore sta passando le festività in carcere, si spera che il suo processo avvenga quanto prima. E’ possibile firmare la petizione alle autorità danesi anche qui.

Oltre a Luca sono in carcere a Copenhagen in attesa di processo il direttore di Green Peace Spagna, Juan López de Uralde e gli attivisti della stessa organizzazione la norvegese Nora Christiansen,  l’olandese Joris Thijssen e lo svizzero Christian Schmutz che avevano cercato di partecipare ad una cena del vertice come rappresentanti dello “Stato di Greenpeace” aprendo uno striscione che recava la scritta : i politici parlano e i leaders agiscono”

Chi ascolta quotidianamente  Radio Onda Rossa ha l’opportunità di  avere una copertura pressoché totale degli  avvenimenti di Copenaghen, con dirette dalle manifestazioni, interviste e collegamenti audio.
Particolarmente seguita e monitorata è la situazione degli arresti e della repressione poliziesca.
Allego inoltre qui di seguito questo appello (pubblicato  qui) per il rilascio di Luca Tornatore, il ricercatore arrestato nei giorni scorsi al termine di un dibattito con accuse pesantissime e completamente false. La prossima udienza è per il 12 gennaio, quindi Luca  dovrà passare le festività in carcere in Danimarca. Luca è stato il solo arrestato dopo un fermo di  circa 150 persone. Volto noto durante i dibattiti e le assemblee e sempre presente pubblicamente con interventi e iniziative pacifiche, è stato volutamente e arbitrariamente allontanato dai luoghi di discussione e dibattito.
Consiglio di inviare l’appello anche all’ambasciata della Danimarca in Italia, meglio se con Raccomandata A/R:
Ambasciata Danimarca in Italia
Via dei Monti Parioli 50
00197 Roma
e per mail all’ambasciatore Gunnar Ortmann  
href=“romambatumdotdk“>romambatumdotdk 
e alla segretaria
Pernille Almind Bosi Tel. +39 06.9774.8333
E-mail
href=“peralmatumdotdk“>peralmatumdotdk 
 
Per le adesioni scrivere a :
giuseppedotcacciaatunitodotit
 
  
Copenhagen. Appello per l’immediato rilascio del dottor Luca Tornatore
[16 Dicembre 2009]
Luca Tornatore non è solo un amico fraterno di chi scrive questo appello. Luca è un assegnista di ricerca al Dipartimento di fisica dell’Università di Trieste. E’ uno scienziato, uno di quelli che alla passione e alla voglia di cambiare il mondo uniscono, dunque, una riconosciuta competenza.
Questi sono gli ingredienti che lo hanno spinto, assieme a centina di attivisti ambientalisti italiani, a recarsi a Copenhagen. Luca è nella capitale danese per pretendere giustizia climatica, per confrontarsi all’interno del Climate Forum, per capire e per intrecciare relazioni con chi [come noi e lui] pensa che l’emergenza ambientale debba essere affrontata a partire da una democratizzazione delle decisioni e non attraverso la delega a chi l’ha provocata o a chi la sta peggiorando [siano essi vecchi o nuovi attori di rilievo del panorama geo-politico].
Luca Tornatore si trova oggi in stato di arresto, fermato assieme ad altre decine persone dopo aver partecipato ad un dibattito!! Luca, come centinaia di altri, non ha commesso alcun reato. Il suo fermo è stato confermato non sulla base di prove, ma proprio per punire il suo impegno, la sua visibilità pubblica e la sua competenza.
Ci sarebbe da ridere, ma quello che sta succedendo a Copenhagen non ha precedenti. Il solo fatto di trovarsi per strada rende passibile di fermo, l’arresto preventivo [già di per sé strumento mostruoso dello stato d’eccezione] è stato abusato senza vergogna. Sono stati calcolati più di millecinquecento fermi di polizia, praticamente tutti ingiustificati. La capitale danese, ormai un ex simbolo della socialdemocrazia, si è trasformata in una vera e propria città di polizia.
Noi pretendiamo il rilascio immediato del Dottor Luca Tornatore, prima di tutto perché totalmente innocente, poi perché la sospensione dello stato di diritto, le provocazioni e le menzogne rendono la mancanza di Luca insopportabile per tutti noi e per tutti quelli che condividono, con serietà, le sue preoccupazioni per il futuro del nostro pianeta.
per adesioni scrivere a: giuseppedotcacciaatunitodotit
 

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In occasione del 5° anniversario del massacro nella Comunità di Pace di San José de Apartadò del 21 febbraio 2005
Italia e Colombia a confronto:
Tra democrazia, Mafiosità e cittadinanza
                                                                                                                                                                                
22 febbraio 2010 – ore 15.00
Provincia di Roma, Palazzo Valentini
Sala Luigi Di Liegro 
Programma
 
“La storia della Colombia raccontata dal Tribunale Permanente dei Popoli”.
Gianni Tognoni  - Segretario Generale del Tribunale Permanente dei Popoli - TPP , Fondazione Basso-Sezione internazionale.
 
Cultura e pratiche mafiose in Italia e in Colombia
Fabio Neri –  Sociologo. Ha studiato le strategie di controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali ed economiche in Italia.
Ricardo Vargas – Docente. Ha studiato le strategie di controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali ed economiche in Colombia (intervento in teleconferenza da Bogotà)
 
Popolazione e Diritti Umani tra democrazia e mafiosità
 Tonio Dell’Olio — LIBERA. Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie
 Emmanuel Rozental — Attivista e militante dei movimenti sociali in América    Latina
 
Terrorismo in Colombia tra propaganda e realtà
      Breve Proiezione del Documentario “Falsos Positivos di Simone Bruno e Dado Carrillo, 2009
Guido Piccoli - giornalista e scrittore
 
La  negazione dei diritti umani. Economia, legislazione e società civile
      Fabio Evangelisti – Commissione Esteri della Camera dei Deputati
 
Conclusioni
Andrea Proietti —  Presidente Rete Italiana Colombia Vive!
LIBERA. Associazioni, nomi e numeri contro le Mafie www.libera.it , href=“liberadotinternationalatliberadotit“>liberadotinternationalatliberadotit,
Rete italiana di solidarietà con le comunità di pace e in resistenza civile colombiane, Colombia Vive Onlus http://www.reteitaliana-colombiavive.org   , href=“reteitalianadisolidarietaatgmaildotcom“>reteitalianadisolidarietaatgmaildotcom,
In collaborazione con la Provincia di Roma 

Alla bandiera rossa

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BUON 2010!
.
Per chi conosce solo il tuo colore,
bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui
esista:
chi era coperto di croste è coperto di
piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese
africano,
l’analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore,
bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi
sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e
operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti
sventoli.
 
(P.P.Pasolini)

Paraguay, segnali di golpe?

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Fernando Lugo e Federico Franco
Sono sempre più insistenti in Paraguay  le voci di un probabile colpo di Stato che dovrebbe attuarsi secondo le modalità di quello messo in atto il 28 giugno scorso in Honduras. Come si vocifera anche tra gli alti vertici dell’Osa (Organizzazione degli Stati Americani), preoccupati per la crescente tensione nel paese,   “nessuno pensa che in Paraguay ci sarà un golpe, ma tutti ne parlano”.
 
Fernando Lugo  ha denunciato che da quando ha assunto la presidenza, nell’aprile del 2008,  ci sono stati vari tentativi di destabilizzarlo messi in atto da esponenti del Partido Colorado che è stato al potere nel paese  per 60 anni e che è uscito sconfitto nelle ultime elezioni presidenziali.  “Dopo decenni di dominio assoluto di uno stesso gruppo politico, non deve sorprendere che fin dal principio di questo governo alcuni settori e personaggi abbiano avuto la tentazione di fermare  il processo politico” ha dichiarato Lugo, mentre per sgomberare il campo da sospette  alleanze tra politica e Forze Armate ne ha riformato tutti  i vertici appena un mese fa.
 
A dirigere il tentativo di golpe è  il vicepresidente Federico Franco, leader del Partido Liberal Radical Auténtico, che guida l’ala conservatrice e più reazionaria della coalizione in cui si trova anche Lugo (Alianza Patriótica para el Cambio).  Franco  ha in vaie occasioni accusato pubblicamente  il presidente  di essere un “traditore” e ha detto  di “essere pronto ad assumere la presidenza del paese”, nel caso Lugo venga  sottoposto a impeachment.
 
La svolta a sinistra presa dal governo dopo l’elezione del  “vescovo rosso”   gli ha fatto progressivamente perdere l’appoggio politico di cui godeva in Parlamento e che era stato  soltanto funzionale a liberare il paese da decenni  di dominazione del Partido Colorado. Alleati  strategici di Franco, in quest’opposizione che potrebbe scaturire, come avvenuto in Honduras  in un “golpe istituzionale”,  sono  il presidente del Senato Miguel Carrizosa e il politico ed ex generale  Lino Oviedo, controverso personaggio accusato di aver realizzato in passato due colpi di stato, massacri contro alcuni civili e l’omicidio di un vicepresidente, attualmente alla testa del partito di destra UNACE.
 
Come già avvenuto in Honduras, anche in Paraguay i settori più conservatori della società, rappresentati dai latifondisti, da una classe politica e dirigenziale corrotta e spesso legata al narcotraffico, dal settore imprenditoriale,  sono preoccupati per  la decisione del presidente Lugo di aderire all’Alba, l’Alternativa Bolivariana  per le Americhe.  Ma non solo. Sono tante le riforme che il governo sta cercando di realizzare con non poche difficoltà,  come rendere gratuite sanità ed educazione, attuare una Riforma Agraria, liberarsi progressivamente della presenza delle forze militari statunitensi e  programmare una riforma costituzionale che renda possibile la realizzazione in tempi brevi del progetto sociale riformista  in favore dei più deboli ed emarginati.
 
Gli Stati Uniti, dal canto loro non possono che  vedere con preoccupazione crescente il  nuovo scenario che si profila all’orizzonte: un paese strategicamente importante (anche per le immense risorse idriche di cui è ricco) come il Paraguay, nel cuore dell’America latina, che lentamente sfugge al loro controllo e che ha intenzione di “restare un paese sovrano” come ha dichiarato in una recente intervista il ministro degli Esteri Héctor Lacognata, che ha respinto la proposta statunitense  di inviare nel paese 500 soldati in cambio di 2,5 milioni di dollari da destinarsi per la  costruzione di infrastrutture e  per attrezzature e spese mediche per le comunità più isolate de paese, nell’ambito di un progetto di cooperazione che prende  il nome di Nuevos Horizontes 2010.
 
L’ambasciatrice statunitense  ad Asunción, Liliana Ayalde ha detto che si è trattato di  un “duro colpo” se si pensa che si sta parlando “dell’educazione di circa 600 bambini, di assistenza medica per  19mila persone delle  comunità povere  e  di assistenza odontoiatrica per altre  3600.”
 
Il Paraguay di Lugo, che aderisce all’Unasur, l’Unione delle Nazioni Sudamericane,   non può non far proprie  le inquietudini  dell’America latina integrazionista rispetto alla  crescente presenza militare degli Stati Uniti nella regione, testimoniata anche dal recente accordo statunitense con la Colombia per la costruzione di 7 nuove basi militari nel paese andino. La presenza di 500 militari americani è stata pertanto giudicata inopportuna da Palacio de López, la sede del governo ad Asunción e Lacognata ha tenuto a ribadire a coloro che lo accusano di essere portatore di posizioni estremamente ideologizzate,  che il suo ruolo è quello di mantenere l’autonomia di un paese  che deve restare sovrano. “Non possono venire medici civili a realizzare gli interventi? Non possono venire civili a costruire le scuole?” si chiede il ministro. “Quello che vogliono fare gli Stati Uniti nel nostro paese non è una politica sociale, nel migliore dei casi  è carità” ha detto. A voler essere buoni. Perchè quello che gli Stati Uniti vogliono fare in Paraguay è quello che fanno molto più sfacciatamente in paesi zerbino quali ad esempio la Colombia.
 
Si chiama tattica o strategia in una regione nella quale  trovano sempre minori spazi all’interno della sempre maggiore coesione e integrazione economica e politica, ma soprattutto strategica ( e in un prossimo futuro probabilmente anche militare) che si sta organizzando in America latina.
 
Salvo Colombia, Perú,e  in parte il Cile in America del Sud sembra veramente che il “cortile” non abbia più intenzione di rimanere  tale.
Segnali preoccupanti  fanno tuttavia pensare che  i “falchi”  del Nord  stiano riorganizzando forze e mezzi. Le fragili democrazie come quella del Paraguay farebbero bene a stringere alleanze più solide ma soprattutto a rafforzare gli appoggi interni, che come l’Honduras ha insegnato, non possono essere più soltanto quelli realizzabili  sul piano istituzionale e politico, con alleati dell’ultima ora inaffidabili e corrotti o corruttibili,   ma devono necessariamente partire da un ampio consenso della base e dei movimenti sociali del paese, dei movimenti indigeni e delle donne. Quelli che come è avvenuto in Honduras hanno anche, e non è solo enfasi, veramente dato la vita per il ritorno del loro presidente legittimamente eletto.
 

El país de Alan García, donde él come y no deja comer a los y las excluido/as.

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Ricevo dall’ amica e instancabile attivista per la difesa dei diritti umani Diana Avila questo articolo. Sono considerazioni politiche condivisibili e importanti sull’anno che si sta appena concludendo nel Perú di Alan García. E riflessioni amare, su quello che sta iniziando. Illustrato dalle vignette del grande Carlos Tovar (Carlín)
 
Perú, terminando un año difícil
por Diana Avila Paulette                                                                    
publicato en la Revista Ideele Diciembre 2009
 
Finalizamos el año 2009 y ya estamos nuevamente en la campaña electoral 2010 para las elecciones regionales, municipales y las presidenciales el 2011. Alan García, en su segundo mandato tiene solamente quince meses para cumplir sus innumerables “promesas” y dejar el camino libre para que el APRA le asegure un blindaje en el período que viene, contra investigaciones necesarias y cabales frente a la corrupción de su segundo gobierno.
 
Logros del gobierno, el cinismo, de no al TLC y si al TLC que lo vimos antes que García asumiera. La burla en el cumplimiento de sus promesas. El “Perro del Hortelano” que come mucho y no deja comer, la criminalización de la protesta social, ese es el presidente García.
 
¿Lo más resaltable? Es una buena pregunta. Cuesta decidir, la corrupción me viene a la mente permanentemente y luego pienso en Bagua, no solamente por Bagua en tanto conflicto con los pueblos amazónicos, postergados de siempre, sino como ejemplo de una forma de enfrentar los problemas del país, con engaños, con “mecidas”, negocio/dialogo y te persigo/te ilegalizo como organización y entonces termino en la criminalización de la protesta social como la tónica de su gobierno. Cómo se ha resuelto Apurímac, Canchis, la lista es muy larga… Lo más permanente criminalizar y perseguir dirigentes sociales, “frases como disparen y luego piensen”. Cuántos muertos en el premierato de Yehude Simon? solamente.
 
Pensaría en los Petroaudios, Business Track, la alianza con su vicepresidente el Almirante Giampietri, como elementos muy significativos. La corrupción en definitiva y la impunidad total. Si eres ministro/a puedes hacer cualquier cosa y basta que renuncies y quedas en la total impunidad. Está la ex ministra de Comercio, gestora de Tratados de “Libre” Comercio, era ella la que decía que sin los Decretos Legislativos, en la crisis de los pueblos amazónicos en Bagua, el TLC con los Estados Unidos entraría en crisis. Una mentira muy grave. Ahora es Ministra de la Producción. Yehude Simon, responsable de los crímenes de Bagua, como Primer Ministro la acusa, cuando dejó de ser Premier Ministro. Y la responsabilidad de Yehude Simon??!!! La ex ministra del Interior Mercedes Cabanillas, durante la crisis de Bagua, condecorada por la Policía. Otro caso patético y más reciente es el de Frances Allison le ofreció una manifestación de apoyo, públicamente, cuando era Alcalde de Magdalena. Nombrado Ministro de Vivienda, donde se mueven proyectos y dineros muy relevantes. Aparece ligado a Business Track y los Petroaudios famosos y renuncia. Se va tranquilo y luego de sus vacaciones lo apresan en Miami por llevar 50,000 dólares, dinero no declarado. Evidentemente un error de cálculo!
 
Ese ha sido y es el país de Alan García, donde él come y no deja comer a los y las excluido/as. Lo que viene el próximo año, más concesiones a las grandes empresas, más criminalización de la protesta social, más persecución. La ley que corta los beneficios por trabajo, educación… a los condenados por “terrorismo” en los tiempos de la revuelta aprista de Trujillo habría dejado a la dirigencia aprista presa para toda la vida?
 
Me quedo en términos de la economía con el balance del modelo neoliberal que hizo Jurgen Schulz hace unas semanas en el Diario La República. “En pocas palabras, se trata de un modelo económico que asigna perfectamente los recursos productivos en base a la dinámica de los libres mercados, tal como se expresan a través de las tendencias de los precios relativos básicos. Pero, por eso mismo, es frágil frente a shocks externos, políticamente inestable y socialmente excluyente, por lo que la lógica ricardiana bien podría abrirle el campo a un gobierno abiertamente autoritario de uno de los extremos del espectro político.”
 
O las conclusiones de Francisco Durand cuando habla de Perú como “nueva oligarquía y neo latifundismo: “Vivimos los tiempos de la nueva oligarquía y el neolatifundismo. El grupo Gloria, por ejemplo, tiene 29,000 hectáreas. El país, dicen, prospera como nunca, aunque los primeros en prosperar son ellos. El Perú parece que fuera un puerto o un aeropuerto. Mirando siempre hacia el mar, para ver si llegan las importaciones, o si se embarcan a tiempo las exportaciones. A los cielos, para ver si llega a tiempo el avión que trae inversionistas o que nos lleva a París. Siempre de espaldas a la sierra o la selva.”
 
El 2010 será un año de conflictos sociales, de más denuncias de corrupción, de más congresistas desaforados. Año de campaña electoral con el dinero de nosotros y nosotras, el dinero del Estado peruano, ese que no está para la reparación de las víctimas del conflicto armado interno. No es pesimismo, porque en realidad en el contexto de América Latina nuestro futuro si puede ser diferente, a pesar de lo hecho por Alan García.
 
Diciembre 2009

Le forze di sicurezza egiziane trattengono partecipanti alla Gaza Freedom March a el-Arish e bloccano le commemorazioni al Cairo

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Oggetto: Le forze di sicurezza egiziane trattengono cittadini internazionali a el-Arish e bloccano le commemorazioni per Gaza al Cairo.
 
Quando: Nel pomeriggio di domenica 27 dicembre, le forze di sicurezza egiziane hanno trattenuto un gruppo di 30 internazionali nei loro hotel a el Arish, e un altro gruppo di 8 internazionali alla stazione dei pullman. Le forze di polizia hanno anche interrotto le commemorazioni del massacro “Piombo Fuso” presso il ponte Kasr al Nil.
 
Nel pomeriggio del 27 dicembre, le forze di sicurezza egiziane hanno trattenuto un gruppo di 30 attivisti nei loro hotel di el Arish mentre si stavano preparando a partire per Gaza, mettendoli agli arresti domiciliari. I delegati – tutti partecipanti della Gaza Freedom March, composta da 1.300 persone – erano cittadini spagnoli, francesi, inglesi, statunitensi e giapponesi. Le forze di sicurezza egiziane hanno poi finalmente ceduto, permettendo alla maggior parte dei manifestanti di lasciare gli alberghi, ma senza consentire loro di lasciare la città. Quando due giovani delegati – un francese e una donna giapponese – hanno tentato di lasciare el Arish, le autorità egiziane hanno fermato i loro taxi facendogli scaricare i bagagli.
 
Un altro gruppo composto da otto persone, di cui facevano parte statunitensi, inglesi, spagnoli, giapponesi e greci, sono stati trattenuti invece alla stazione dei pullman di el Arish nel pomeriggio del 27 dicembre. Alle 15.30 circa non erano ancora stati rilasciati.
 
Contemporaneamente, la polizia egiziana ha interrotto la commemorazione dell’invasione israeliana “Piombo Fuso” di Gaza organizzata dai partecipanti alla Gaza Freedom March presso il ponte di Kasr al Nil, uno dei principali collegamenti tra la Zamalek Island, al centro del fiume Nilo, e la città del Cairo. Come forma di dimostrazione nonviolenta in memoria degli oltre 1.300 palestinesi uccisi durante l’attacco israeliano di Gaza – iniziato un anno fa, il 27 dicembre del 2008 – i partecipanti della Gaza Freedom March hanno legato insieme centinaia di biglietti con pensieri, poesie, disegni, e i nomi delle vittime.
 
“Siamo amareggiati dal fatto che le autorità egiziane abbiano ostacolato la libertà di movimento dei partecipanti e abbiano interferito con la commemorazione pacifica delle vittime del massacro” ha detto Medea Benjamin di CODEPINK, una delle organizzatrici della Marcia.
 
Benjamin ha aggiunto che i partecipanti alla Gaza Freedom March stanno continuando a sollecitare il governo egiziano perché consenta loro di raggiungere Gaza. I manifestanti si sono recati presso la Lega Araba, chiedendo supporto, presso diverse ambasciate straniere e il Palazzo Presidenziale, per portare un appello rivolto al presidente Mubarak. Hanno inoltre rivolto un appello a tutti i loro sostenitori nel mondo perché contattassero le ambasciate egiziane sollecitandole a lasciare liberi i manifestanti, consentendo loro di arrivare a Gaza.
 
Manda la tua email all’Ambasciata Egiziana:


Honduras, semillas de libertad (Primera parte)

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Fabrizio De Andrè: Nella mia ora di libertà

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Di respirare la stessa aria
di un secondino non mi va
perciò ho deciso di rinunciare
alla mia ora di libertà

se c’è qualcosa da spartire
tra un prigioniero e il suo piantone
che non sia l’aria di quel cortile
voglio soltanto che sia prigione
che non sia l’aria di quel cortile
voglio soltanto che sia prigione.

È cominciata un’ora prima
e un’ora dopo era già finita
ho visto gente venire sola
e poi insieme verso l’uscita

non mi aspettavo un vostro errore
uomini e donne di tribunale
se fossi stato al vostro posto…
ma al vostro posto non ci so stare
se fossi stato al vostro posto…
ma al vostro posto non ci sono stare.

Fuori dell’aula sulla strada
ma in mezzo al fuori anche fuori di là
ho chiesto al meglio della mia faccia
una polemica di dignità

tante le grinte, le ghigne, i musi,
vagli a spiegare che è primavera
e poi lo sanno ma preferiscono
vederla togliere a chi va in galera
e poi lo scanno ma preferiscono
vederla togliere a chi va in galera.

Tante le grinte, le ghigne, i musi,
poche le facce, tra loro lei,
si sta chiedendo tutto in un giorno
si suggerisce, ci giurerei
quel che dirà di me alla gente
quel che dirà ve lo dico io
da un po’ di tempo era un po’ cambiato
ma non nel dirmi amore mio
da un po’ di tempo era un po’ cambiato
ma non nel dirmi amore mio.

Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d’obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni.

E adesso imparo un sacco di cose
in mezzo agli altri vestiti uguali
tranne qual’è il crimine giusto
per non passare da criminali.

C’hanno insegnato la meraviglia
verso la gente che ruba il pane
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame.

Di respirare la stessa aria
dei secondini non ci va
e abbiamo deciso di imprigionarli
durante l’ora di libertà
venite adesso alla prigione
state a sentire sulla porta
la nostra ultima canzone
che vi ripete un’altra volta
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.

Per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.


Colombia, la pace tra le FARC e l’ELN fa paura al governo di Uribe

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di Antonio Moscato

Fonte: Il megafono quotidiano

Il 21 dicembre il sequestro del governatore di Caquetá, ucciso quasi subito, ha inferto un duro colpo alle speranze della chiusura della fase più drammatica della storia insanguinata della Colombia, e ha suscitato non pochi sospetti.
Pochi giorni fa dalla Colombia era arrivata una notizia importante e positiva: Le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) e l’ELN (Ejército de Liberación Nacional), le principali formazioni storiche della guerriglia, avevano firmato un importante accordo. FARC ed ELN negli ultimi anni si erano scambiati accuse molte aspre, tra cui quella gravissima di collaborare col regime di Uribe, e in alcuni casi erano arrivati a scontrarsi con le armi in alcune località. Il testo dell’accordo, datato novembre e reso pubblico agli inizi di dicembre, aveva toni decisamente nuovi, e parlava di “riscattare la bandiera della pace in Colombia”, definendolo “un impegno di tutto il continente”.
Abbandonando i toni settari di un passato non lontano, il comunicato affermava che “solo l’unità e l’azione decisa dei patrioti colombiani, dei democratici, dei rivoluzionari, e di tutti coloro che conservano speranze in una soluzione politica, potrà fermare la guerra, trovare la pace e rendere possibile la costruzione di una nuova Colombia”. Significativo il riferimento a un “destino non estraneo alle nuove dinamiche che oggi si vivono nella nostra America”.
Come conseguenza di questo preambolo si stabilivano quattro punti:
Fermare immediatamente ogni scontro (confrontación) tra le due forze;
Non permettere alcun tipo di collaborazione col nemico del popolo;
Rispettare la popolazione non combattente, i suoi beni e interessi e le sue organizzazioni sociali;
Fare uso di un linguaggio ponderato e rispettoso tra le due organizzazioni rivoluzionarie.
Già questi punti indicavano una svolta non solo nei rapporti tra FARC e ELN, ma tra le due organizzazioni e la società. Inoltre indicavano la necessità di trovare spazi e meccanismi di consultazione “che permettano di chiarire e identificare le vere cause che ci hanno portato ad assurdi scontri in alcune regioni del paese, di superarle e di lavorare per riparare i danni arrecati.
Già in aprile era emersa un’altra novità: Le FARC avevano deciso di liberare unilateralmente un militare, Pablo Emilio Moncayo, caduto nelle mani dei guerriglieri dodici anni fa (viene indebitamente definito “ostaggio”, ma è un prigioniero di guerra catturato in combattimento). La Croce Rossa Internazionale si era impegnata a organizzare il difficile compito di prenderlo in consegna e portarlo fuori dalle zone occupate dalla guerriglia, ma pochi giorni fa si è ritirata per protesta contro la decisione del presidente Uribe di procedere al recupero a mano armata di tutti gli ostaggi detenuti. Il padre del sottufficiale, il professor Gustavo Moncayo, ha denunciato duramente l’atteggiamento del governo, che ha ignorato la decisione delle FARC di liberare unilateralmente oltre a suo figlio tutti i prigionieri di guerra in loro potere. Uribe ha respinto tutti i tentativi di negoziati basati su varie ipotesi, dallo scambio umanitario con i moltissimi militanti e simpatizzanti di sinistra detenuti, alla creazione di condizioni di sicurezza indispensabili per rendere possibile la consegna unilaterale.
È a questo punto che è arrivata la notizia del rapimento del governatore del dipartimento colombiano di Caquetá, Luis Francisco Cuéllar, che secondo il governo sarebbe stato sequestrato la notte tra lunedì e martedì dai guerriglieri delle FARC. È verosimile che, mentre ribadiscono da otto mesi di voler liberare unilateralmente tutti i prigionieri, un po’ per le pressioni internazionali (Venezuela compreso), un po’ per le difficoltà militari, le FARC vogliano catturarne un altro? O è stata una formazione locale in disaccordo con la linea distensiva della direzione?
Qualche dubbio riguarda anche le modalità del sequestro: come è stato possibile il rapimento di un uomo politico che è anche un potente latifondista, protetto da una milizia privata? Possibile che questa sia risultata così inefficiente e così poco combattiva, da cavarsela con un solo caduto nello scontro? Insomma, non è chiaro chi fosse e da dove venisse il “gruppo di uomini armati e vestiti con divise militari”che dopo aver fatto saltare con l’esplosivo il cancello della residenza di Cuéllar, lo hanno portato via. In ogni caso il corpo è stato trovato subito dopo, sgozzato, e imbottito di esplosivo, accanto al veicolo usato per rapirlo, a soli 15 km da Florencia, la capitale del dipartimento.
Gustavo Moncayo, che sta da lungo tempo “marciando per la pace” e la liberazione di suo figlio, ha affermato che la decisione del governo di procedere a interventi armati per liberare gli ostaggi, impedendo l’attività della Croce Rossa e di altri mediatori, mettere in pericolo la vita di suo figlio e degli altri prigionieri di cui le FARC hanno disposto da mesi la liberazione. “Vogliamo una soluzione politica negoziata”, ha ribadito.
Anche senza sollevare altri più pesanti dubbi, il professor Moncayo ha affermato che in ogni caso la sua famiglia e quelle di altri prigionieri di cui le FARC hanno deciso di consegnare a mediatori “non hanno la colpa del sequestro di questo signor Cuéllar”. E ha fatto un appello alla “comunità internazionale” perché intervenga per evitare che il governo Uribe utilizzi altri pretesti per evitare la liberazione di suo figlio e di altri soldati.
Uribe, che ha governato male, e che ha visto crescere nelle elezioni amministrative il peso delle sinistra, che governano ormai le principali città, ha bisogno, ad ogni costo, di giustificare la sua politica di provocazione e di sudditanza agli Stati Uniti con lo spauracchio della guerriglia, identificata sistematicamente con il narcotraffico, nonostante sia proprio la maggioranza governativa ad avere al suo interno decine di noti narcotrafficanti e capi di bande paramilitari.
La pace auspicata dal comunicato congiunto di FARC ed ELN, fa paura a Uribe…


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