Nuova denuncia di Narciso Isa Conde

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Narciso Isa Conde

Uribe-CIA e i generali scagnozzi di qua e di là: chiedendo la mia testa e quella di molti altri
di Narciso Isa Conde /MCB Repubblica Dominicana
ABP/17/12/2009
 
Non è per caso che mi segnalano ancora una volta come “coordinatore e ideologo” del “braccio politico” delle FARC-EP. Il Congresso Costitutivo del Movimento Continentale Bolivariano (MCB) deve averli infastiditi molto. Il Coordinamento Continentale Bolivariano (CCB) è cresciuto nonostante la criminalizzazione subita e si è trasformato in un forte movimento grazie alla   volontà di 1200 delegati provenienti da 30 paesi della nostra America, dell’Europa, dell’Australia e del Nord America, anche se ovviamente la maggior parte dei comitati partecipanti giungono dall’America latina e dai Caraibi. Forze rivoluzionarie molto diverse e intellettuali e militanti di gran peso politico e sociale hanno partecipato a questo evento che si è tenuto nei giorni 7, 8 e 9 dicembre a Caracas, dandogli un segno distintivo di qualità e un chiaro senso strategico nelle sue decisioni. Le forze più progressiste, quelle più anti-sistemiche, anti-imperialiste e anti capitaliste si sono unite ancora di più.
 
L’orrore narco-paramilitare-terrorista guidato da Alvaro Uribe, le basi militari statunitensi nella regione, i golpisti honduregni, la destra e la lumpenoligarchia continentale,il farsante Obama e il suo imperialismo pentagonizzato, sanno molto bene che gli risponderemo con nuove espressioni di resistenza e offensiva di carattere regionale e di vocazione internazionalista. Per questo la loro menzognera campagna mediatica.
 
Ho coordinato la presidenza Collettiva della CCB dal 2005, ho partecipato attivamente a questo Congresso Costitutivo del MCB e ora mi hanno scelto per coordinarne la presidenza. Da qui tanto accanimento contro di me.
 
Ci abbaiano contro perché stiamo galoppando e in modo particolare abbaia il “bulldog” di Washington con sede in Colombia, accompagnato dalla CIA e dal Mossad. Gli hanno assegnato compiti criminali da svolgere al di là delle sue frontiere, come fa Israele in Medio Oriente.
 
Abbaiando accusano che il comandante Iván Márquez (membro del Secretariato dellle FARC-EP) ed io abbiamo deciso di fondare il Coordinamento Continentale Bolivariano – trasformato ora in Movimento – come “braccio politico” internazionale dell’insorgenza colombiana, trasferendo così su di me le stigmatizzazioni e le calunnie anti-FARC e la decisione di annientarmi militarmente come se fossimo in guerra aperta.
 
La storia è invece molto diversa e la quantità di menzogne annesse non le andremo né a contare né a ribattere adesso, perché questo dossier ha un altro scopo; promettendo, sia chiaro, farlo nel più breve tempo possibile, dopo la pubblicazione di questo articolo.
 
Le accuse che rimbalzano dall’Ecuador: un’altra manovra per rafforzare la criminalizzazione.
 
Il lancio di questa vecchia accusa, falsamente viene attribuito al governo ecuadoriano, cercando così di dargli la legittimità di cui è carente, mentre proviene invece direttamente dai rappresentanti dello screditato Stato colombiano.
La “Commissione di Verità e Trasparenza” sul caso Angostura-Sucumbíos (bombardamento e massacro in territorio ecuadoriano dell’accampamento del comandante Raúl Reyes), sebbene sia stata istituita per decisione del presidente Correa, in realtà ha rappresentato una domanda della società civile, autonoma dal governo, che non ha tardato a prendere una sua propria direzione. Intorno a questa commissione gravita l’USAID e nel suo seno hanno esercitato influenza le corrotte e contorte versioni di fattura colombiana.
 
Il suo rapporto non è stato pubblicato formalmente e non rappresenta la posizione del governo ecuadoriano. Solo alcuni frammenti dello stesso, con evidente mala intenzione, sono stati resi pubblici attraverso i mezzi di comunicazione di destra e le agenzie internazionali della stampa.
 
La citata Commissione non ha rispettato il tempo fissato per la sua pubblicazione e si è prestata a questa manovra che include elaborazioni dell’intelligence colombiana, della CIA e del Mossad. Il suo presidente Francisco Huerta ha fama di essere un opportunista ed evidentemente insieme ad altri membri della Commissione si è prestato a favorire versioni che sembrano provenire più dal governo colombiano che da quello ecuadoriano. In definitiva ha ingannato il suo proprio Stato.
 
In quel poco pubblicato in questo rapporto, abbondano le falsità e le mezze verità, anche molto pasticciate. Si tratta di un vero e proprio sgorbio che inizia ad essere contestato nel seno della società ecuadoriana e specialmente dalle persone calunniate.(*)
 
Tra i passaggi più diffusi ci sono quelli che mi citano e mi accusano, alcuni di essi usati dalle agenzie internazionali e ripresi dai mezzi di comunicazione dominicani.
 
Chiedono la mia testa : reiterano il proposito
 
Ripeto che questo non avviene a caso.
 
La macchina mediatica alimentata dai centri del potere della tragica alleanza colombiano-statunitense è tornata a rimettersi in moto contro la mia persona e contro altri dirigenti del nascente MCB, chiedendo le loro teste e il carcere.
 
Nel mio caso ho denunciato e diffuso molte informazioni precisando che il regime di Uribe, con l’appoggio del potere imperialista statunitense, vuole la mia testa, cioè è deciso ad uccidermi.
 
Ha cercato di farlo nel settembre del 2008 quando l’ex ambasciatore colombiano Juan José Chaux Mosquera (uno dei capi politici del paramilitarismo) e l’addetto militare di questa missione diplomatica, il capitano Manuel Hernández, per ordine di Montoya hanno tramato questo piano criminale con la luce verde dell’ambasciata americana, rappresentata dalla colombiana-statunitense Beatriz Arena.
 
Alcune settimane fa hanno reiterato il loro terribile proposito.
 
Lo stesso generale Montoya ambasciatore colombiano in Repubblica Dominicana e la stessa Beatriz Arena, consigliere dell’ambasciata degli Stati Uniti, hanno proposto all’attuale capo della Polizia Nazionale, generale Guillermo Guzmán Fermín, il quale muore dalla voglia di mandarmi all’altro mondo, una forma di “annientarmi”, di farmi scomparire dalla mappa. Questo è stato giustamente denunciato ma prima ne è stato informato   il presidente Fernández.
 
Fino ad ora sono vivo grazie all’ alto costo politico che rappresenterebbe il mio omicidio per il governo attuale, il cui presidente si limita a ripetere i rischi che corro e a promettere garanzie che non mantiene.
 
Leonel Fernández non ha il coraggio di agire e di mettere al loro posto i colombiani e gli statunitensi che partecipano attivamente a questa congiura, nonostante siano stati già segnalati con nome e cognome.
Al contrario gli sta dando la possibilità di organizzare, mettere a punto e disegnare piani repressivi e di contaminare con le loro mafie narco-paramilitari le strutture dello Stato e la società dominicana.
 
Operano impunemente in Haití e nella Repubblica Dominicana, vincolati a investimenti provenienti dal narco-lavaggio (più di mille milioni di dollari in totale), a gruppi imprenditoriali mafiosi e ai loro cartelli preferiti.
 
Leonel Fernández, i politici del PLD che gli ruotano intorno e una parte dei generali che lo appoggiano sono complici e beneficiari tanto di questi affari e di questi metodi sporchi come dell’appoggio politico derivato da quest’associazione a delinquere con i generali e le mafie colombiane. Per questo gli garantisce impunità per le loro malefatte.
 
Nel mio caso, Leonel e l’attuale capo della Polizia sono stati frenati dalla consapevolezza che entrambi hanno dell’enorme costo politico che rappresenterebbe per loro e per il governo il mio omicidio. Farò in modo che questo sia ogni giorno più grande.
 
Ciò nonostante, la cupola civile e militare colombiana, strumento degli Stati Uniti nella regione, non ha desistito da questo proposito. Questa nuova campagna criminalizzatrice evidenzia che continuano in questa strada e cerca di aumentare la sua offensiva annunciando misure legali, ordini di cattura e richieste di estradizione come quella contro il compagno venezuelano e presidente del Parlamento latinoamericano , Amilcar Figueroa.
 
 
Generali dominicani, compari    del generale Montoya
 
Nel mio caso il pericolo è maggiore perché fanno affidamento nel paese con forti connessioni a livello militare e della Polizia, incluso con l’attuale capo di questa, che si dimena tra il desiderio di contribuire al piano criminale e la coscienza delle sicure implicazioni catastrofiche dello stesso sulla sua “carriera” e sulla sua persona.
 
Questa “patata” è così calda che scotta. Non si tratta però, rispetto alle citate connessioni, ripeto, soltanto di lui, famoso per la sua durezza e vocazione criminale, meglio conosciuto come il capo dei “chirurghi” e il campione delle fucilazioni illegali. Nel suo caso si può dire “tale padre, tale figlio” ricordando il boom degli omicidi e le torture durante la direzione della polizia da parte di suo padre generale Guzmán Acosta, durante gli anni del terrore di Balaguer.
 
Ci sono altre connessioni colombiano-dominicane molto pericolose.
 
Esternamente alle strutture di polizia propriamente dette, a capo dell’Autorità Metropolitana del Trasporto (AMET ma con forti legami con esse), agisce il generale Rafael Bencosme Candelier, forgiato nel crimine e nelle torture, coinvolto in ogni tipo di delinquenza commessa dal potere e associato direttamente alle narco-mafie.
 
Ex capo del potente Dipartimento di Investigazioni della Polizia Nazionale, Rafael Bencosme Candelier, è socio del suo attuale dirigente, generale Manuel Fructuoso, un altro della sua stessa risma, esperto in torture, prove false, abusi, angherie e associazione mafiosa. Gli antecedenti di ambedue si fanno risalire al lugubre Servizio Segreto (SS) della Polizia Nazionale nei governi di Balaguer, entità responsabile di omicidi e torture da far rabbrividire.
 
Ambedie hanno diretto l’operazione di polizia nella quale ho rischiato di perdere la vita a settembre dello scorso anno. Lo stesso capo della polizia, Guzmán Fermín, ha ammesso in riservatezza la partecipazione di Bencosme Candelier in questa operazione, cercando di evadere proprie responsabilità e di segnare la distanza con lui per i contrasti che li dividono. Bencosme gli altri generali sono coinvolti nel massacro di Paya, prodotto delle lotte tra le mafie colombiano-domenicane, realizzato per appropriarsi di un enorme carico di cocaina e di una ingente somma di danaro che ancora non sono stati recuperati.
 
I tre, per vie diverse hanno adesso una relazione “carnale” con Montoya. Sono i suoi compari in tutto e per tutto.
 
Montoya , come capo dell’esercito colombiano ha visitato clandestinamente il paese prima di essere ambasciatore e tra le sue missioni c’era quella di preparare il piano per uccidermi, missione che è rimasta a carico di Chaux Mosquera e Beatriz Arena. Il generale Freddy Padilla de León, attuale capo dell’esercito colombiano, ha seguito i preparativi e dopo una settimana in incognito è apparso annunciando un accordo di “cooperazione strategica” tra ambedue le forze armate.
 
In entrambe le occasioni il generale dominicano Ramón Aquino García, allora Segretario delle Forze Armate Dominicane e ora capo della Direzione Nazionale di Investigazioni (DNI) , vincolata alla CIA, si è prestato a favorire questi propositi, impegnandosi inoltre a “investigare” sui “vincoli” dominicani con l’insorgenza colombiana.
 
Aquino García si è alleato con il generalato mafioso colombiano ed è stato decorato due volte: ufficialmente ed extraufficialmente. In quest’ ultimo caso gli è stato   consegnato come prova di “amicizia” e “riconoscimento” il fucile del comandate fariano Martín Caballero, caduto in combattimento qualche anno fa.
 
Una vecchio legame con le mafie civili e militari colombiane ha avuto il Contralmirante Ventura Bayonet, ex capo della Direzione Nazionale del Controllo degli Stupefacenti (DNCD) e della Marina di Guerra, dove costituì gli “squadroni della morte”, fece fortuna e successivamente organizò il sicariato militare all’interno delle Forze Armate. Oggi è sottosegretario di questa istituzione nonostante le evidenze che lo vedono coinvolto nel massacro di Paya, nella protezione dei voli carichi di droga, nel traffico per mare della cocaina e nel contrabbando di alcolici.
 
Ed egli è uno di quelli che è stato a favore del mio omicidio.
 
Va precisato che una parte dei capi della scorta presidenziale, tra i quali il generale Florentino y Florentino (socio del cartello Quirino e oggi capo del corpo di sicurezza della frontiera) e il proprio Aquino García hanno usato questa posizione per catapultarsi alle alte gerarchie delle Forze Armate e stabilire relazioni di complicità e associazione con le mafie civili e militari colombiane. Entrambe queste persone sono state ministri delle Forze Armate.
 
Tutti questi generali delle Forze Armate e della Polizia Nazionale sono compari dei generali colombiani, protetti da Leonel Fernández e pedine chiave nel processo di accelerazione nella conversione dello Stato Dominicano in “narco stato”, ciò che ha reso più facile e veloce per lui arricchirsi insieme agli alti gerarchi civili e militari del governo attuale.
 
Nessuno spazio alla paura
 
Questo quadro di degrado criminale non solo favorisce la trama delittuosa contro di me, ma soprattutto minaccia, se non si risponde ad esso con fermezza e coraggio, di consolidare (favorito dalla recente controriforma costituzionale) uno Stato narco-corporativo, espressione del potere dei vecchi e dei nuovi ricchi, che privatizza tutto il patrimonio nazionale ed è accompagnato da una forte impronta fascistoide mascherata da democrazia rappresentativa.
 
Rispetto a così infauste prospettive non è consentito avere paura spaventarsi, ma dobbiamo indignarsi, ribellarsi, e combatterle prima che sia troppo tardi. Denunciare la loro illegittimità e illegalità e mobilitare il paese per sventarle, ricostruendo lo Stato per mezzo di un processo costituente.
 
La paura deve essere vinta e allontanata. La nostra società è stanca di tanta criminalità di Stato associata alla delinquenza comune. Dobbiamo avere il coraggio di sfidarla fino a sconfiggerla definitivamente. La partecipazione del popolo a questa lotta di trascendentale importanza è l’unica cosa che garantisca la vittoria dell’onestà e della giustizia collettiva.

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(*) L’ Associazione dei genitori e familiari delle vittime di Sucumbíos ha espresso le stesse opinioni rispetto alla citata Commissione nel corso del loro viaggio in Ecuador, realizzato immediatamente dopo aver partecipato al Congresso del MCB di Caracas. Leggi qui.

 
traduzione di Annalisa Melandri
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Discorso di Hugo Chávez a Copenhagen

8 commenti

Signor Presidente, signori, signore, amici e amiche, prometto che non parlerò più di quanto altri non abbiano già fatto questo pomeriggio, ma permettetemi un commento iniziale che avrei voluto facesse parte del punto precedente discusso da Brasile, Cina, India e Bolivia. Chiedevamo la parola, ma non ci è stato possibile prenderla.
Ha parlato la rappresentante della Bolivia, e porgo un saluto al compagno Presidente Evo Morales qui presente, Presidente della Bolivia. Tra le varie cose ha detto che, ho preso nota, il testo che è stato presentato non è democratico, non è rappresentativo di tutti i paesi. Ero appena arrivato e mentre ci sedevamo abbiamo sentito il Presidente della sessione precedente, la signora Ministra, dire che c’era un documento da queste parti, che però nessuno conosce: ho chiesto il documento, ancora non lo abbiamo avuto. Credo che nessuno sappia di questo documento top secret.
Certo, la collega boliviana l’ha detto, non è democratico, non è rappresentativo, ma signori e signore: siamo forse in un mondo democratico? Forse il sistema mondiale è rappresentativo? Possiamo aspettarci qualcosa di democratico e rappresentativo nel sistema mondiale attuale? Su questo pianeta stiamo vivendo una dittatura imperiale e lo denunciamo ancora da questa tribuna: abbasso la dittatura imperiale! E che su questo pianeta vivano i popoli, la democrazia e l’uguaglianza! E quello che vediamo qui è proprio il riflesso di tutto ciò: l’esclusione.
C’è un gruppo di paesi che si reputa superiore a noi del sud, a noi del terzo mondo, a noi sottosviluppati, o come dice il nostro grande amico Eduardo Galeano: noi paesi travolti come da un treno che ci ha avvolti nella storia [sorta di gioco di parole tra desarrollados = sviluppati e arrollados = avviluppati NdT]. Quindi non dobbiamo stupirci di quello che succede, non stupiamoci, non c’è democrazia nel mondo e qui ci troviamo di fronte all’ennesima evidenza della dittatura imperiale mondiale. Poco fa sono saliti due giovani, per fortuna le forze dell’ordine sono state decenti, qualche spintone qua e là, e i due hanno cooperato, no? Qui fuori c’è molta gente, sapete?
Certo, non entrano tutti in questa sala, sono troppi; ho letto sulla stampa che ci sono stati alcuni arresti, qualche protesta intensa, qui per le strade di Copenaghen, e voglio salutare tutte quelle persone qui fuori, la maggior parte delle quali sono giovani. Non ci sono dubbi che siano giovani preoccupati, e credo abbiano una ragione più di noi per essere preoccupati del futuro del mondo; noi abbiamo – la maggior parte dei presenti – già il sole dietro le spalle, ma loro hanno il sole in fronte e sono davvero preoccupati. Qualcuno potrebbe dire, Signor Presidente, che un fantasma infesta Copenaghen, parafrasando Karl Marx, il grande Karl Marx, un fantasma infesta le strade di Copenaghen e credo che questo fantasma vaga per questa sala in silenzio, aleggia in quest’aula, tra di noi, attraversa i corridoi, esce dal basso, sale, è un fantasma spaventoso che quasi nessuno vuole nominare: il capitalismo è il fantasma, quasi nessuno vuole nominarlo. È il capitalismo, sentiamo ruggire qui fuori i popoli. Stavo leggendo alcune delle frasi scritte per strada, e di questi slogan, alcuni dei quali li ho sentiti anche dai due giovani che sono entrati, ho preso nota di due. Il primo è ‘Non cambiate il clima, cambiate il sistema’.
Io lo riprendo qui per noi. Non cambiamo il clima, cambiamo il sistema! E di conseguenza cominceremo a salvare il pianeta. Il capitalismo, il modello di sviluppo distruttivo sta mettendo fine alla vita, minaccia di metter fine alla specie umana. E il secondo slogan spinge alla riflessione. In linea con la crisi bancaria che ha colpito, e continua a colpire, il mondo, e con il modo con cui i paesi del ricco Nord sono corsi in soccorso dei banchieri e delle grandi banche degli Stati Uniti, si è persa il conto, per quanto è astronomico. Ecco cosa dicono per le strade: se il clima fosse una banca, l’avrebbero già salvato. E credo che sia la verità. Se il clima fosse una delle grandi banche, i governi ricchi l’avrebbero già salvato. Credo che Obama non sia arrivato, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace quasi nello stesso giorno in cui mandava altri 30mila soldati ad uccidere innocenti in Afghanistan, e ora viene qui a presentarsi con il Premio Nobel per la Pace, il Presidente degli Stati Uniti. Gli USA però hanno la macchinetta per fare le banconote, per fare i dollari, e hanno salvato, vabbhé, credono di aver salvato, le banche ed il sistema capitalista.
Bene, lasciando da parte questo commento, dicevo che alzavamo la mano per unirci a Brasile, India, Bolivia e Cina nella loro interessante posizione, che il Venezuela e i paesi dell’Alleanza Bolivariana condividono fermamente; però non ci è stata data la parola, per cui, Signor Presidente, non mi conteggi questi minuti, la prego. Ho conosciuto, ho avuto il piacere di conoscere Hervé Kempf – è qui in giro -, di cui consiglio vivamente il libro “Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta”, in francese, ma potete trovarlo anche in castigliano e sicuramente in inglese. Hervé Kempf: Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta. Per questo Cristo ha detto: E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio. Questo l’ha detto Cristo nostro Signore.
I ricchi stano distruggendo il pianeta. Pensano forse di andarsene su un atro pianeta quando hanno distrutto questo? Hanno qualche piano a tal proposito? Fino adesso nell’orizzonte della galassia non se ne vede nessuno come la terra. Questo libro mi è appena arrivato, me l ha regalato Ignacio Ramonet, che è anche lui qui presente, ho terminato il prologo ed il preambolo, questa frase è molto importante, Kempf dice quanto segue: “Non possiamo ridurre il consumo materiale a livello globale se non facciamo in modo che i potenti scendano di vari gradini e se non combattiamo la disuguaglianza. È necessario che al principio ecologista tanto utile al momento di prendere coscienza, pensare globalmente ed agire localmente, aggiungiamo il principio che impone la situazione: consumare meno e distribuire meglio”. Credo che sia un buon consiglio che ci da questo scrittore francese Hervé Kempf.
Bene, Signor Presidente, il cambiamento climatico è senza dubbio il problema ambientale più devastante di questo secolo, inondazioni, siccità, tormente, uragani, disgeli, innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani e ondate di calore, tutto questo acuisce l’impatto delle crisi globali che si abbattono su di noi.  L’attività umana d’oggi supera i limiti della sostenibilità, mettendo in pericolo la vita del pianeta, ma anche in questo siamo profondamente disuguali. Voglio ricordarlo: le 500 milioni di persone più ricche del pianeta, 500 milioni, sono il sette per cento, sette per cento, seven per cento della popolazione mondiale.  Questo sette per cento è responsabile, queste cinquecento milioni di persone più ricche sono responsabili del cinquanta per cento delle emissioni inquinanti, mentre il 50 per cento più povero è responsabile solo del sette per cento delle emissioni inquinanti. Per questo mi sembra strano mettere qui sullo stesso piano Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti hanno appena 300 milioni di abitanti. La Cina ha una popolazione quasi 5 volte più grande di quella degli USA. Gli Stati Uniti consumano più di 20 milioni di barili di petrolio al giorno, la Cina arriva appena ai 5,6 milioni di barili al giorno, non possiamo chiedere le stesse cose agli Stati Uniti e alla Cina.
Ci sono questioni da discutere, almeno potessimo noi Capi di Stato e di Governo sederci a discutere davvero di questi argomenti.  Inoltre, Signor Presidente, il 60% degli ecosistemi del pianeta hanno subito danni e il 20% della crosta terrestre è degradata; siamo stati testimoni impassibili della deforestazione, della conversione di terre, della desertificazione e delle alterazioni dei sistemi d’acqua dolce, dell’iper-sfruttamento del patrimonio ittico, della contaminazione e della perdita della diversità biologica. Lo sfruttamento esagerato della terra supera del 30% la sua capacità di rigenerazione. Il pianeta sta perdendo ciò che i tecnici chiamano la capacità di autoregolarsi, il pianeta la sta perdendo, ogni giorno si buttano più rifiuti di quanti possano essere smaltiti. La sopravvivenza della nostra specie assilla la coscienza dell’umanità. Malgrado l’urgenza, sono passati due anni dalle negoziazioni volte a concludere un secondo periodo di compromessi voluto dal Protocollo di Kyoto, e ci presentiamo a quest’appuntamento senza un accordo reale e significativo.
Voglio dire che riguardo al testo creato dal nulla, come qualcuno l’ha definito, il rappresentante cinese, il Venezuela e i paesi dell’Alleanza Bolivariana per le Americhe, noi non accettiamo nessun altro testo che non derivi dai gruppi di lavoro del Protocollo di Kyoto e della Convenzione: sono i testi legittimi su cui si sta discutendo intensamente da anni. E in queste ultime ore credo che non abbiate dormito: oltre a non aver pranzato, non avete dormito. Non mi sembra logico che ora si produca un testo dal niente, come dite voi.
L’obiettivo scientificamente sostenuto di ridurre le emissioni di gas inquinanti e raggiungere un accordo chiaro di cooperazione a lungo termine, oggi a quest’ora, sembra aver fallito. Almeno per il momento. Qual è il motivo? Non abbiamo dubbi. Il motivo è l’atteggiamento irresponsabile e la mancanza di volontà politica delle nazioni più potenti del pianeta, nessuno si senta offeso, ricorrendo al grande José Gervasio Artigas quando disse: “Con la verità non temo e non offendo”. È davvero un atteggiamento irresponsabile di marce, di contromarce, di esclusione, di gestione elitaria, un problema di tutti e che solo possiamo risolvere collettivamente. Il conservatorismo politico e l’egoismo dei grandi consumatori, dei paesi più ricchi testimoniano di una grande insensibilità e della mancanza di solidarietà con i più poveri, con gli affamati, con coloro più soggetti alle malattie, ai disastri naturali, Signor Presidente, è chiaramente un nuovo ed unico accordo applicabile a parti assolutamente disuguali, per la grandezza delle sue contribuzioni e capacità economiche, finanziarie e tecnologiche, ed è evidente che si basa sul rispetto assoluto dei principi contenuti nella Convenzione.
I paesi sviluppati dovrebbero assumersi degli impegni vincolanti, chiari e concreti per la diminuzione sostanziale delle loro emissioni e assumere degli obblighi di assistenza finanziaria e tecnologica ai paesi poveri per far fronte ai pericoli distruttivi del cambiamento climatico. In questo senso, la peculiarità degli stati insulari e dei paesi meno sviluppati dovrebbe essere pienamente riconosciuta. Signor Presidente, il cambio climatico non è l’unico problema che colpisce la umanità, altri flagelli ed ingiustizie ci colpiscono, la forbice che separa i paesi ricchi da quelli poveri non ha smesso di crescere, nonostante tutti gli obiettivi del millennio, la riunione di finanziamento di Monterrey, tutte questi vertici, come diceva qui il presidente del Senegal, denunciando una grande verità, promesse e promesse incompiute ed il mondo continua nella sua marcia distruttiva.
Le entrate totali delle 500 persone più ricche del mondo sono superiore alle entrate delle 416 milioni di persone più povere, le 2800 milioni di persone che vivono nella povertà, con meno di 2 dollari al giorno e che rappresentano il 40 per cento della popolazione mondiale, ricevono solo il 5 per cento delle entrate mondiale. Oggi muoiono all’anno 9,2 milioni di bambini prima di arrivare al 5’ anno di vita ed il 99,9% di queste morti avvengono nei paesi più poveri. La mortalità infantile è di 47 morti per mille nati vivi, ma nei paesi più ricchi è solo 5 per mille. La speranza di vita mondiale è di 67 anni, nei paesi ricchi è di 79 anni, mentre in alcune nazioni povere è solo di 40 anni. Ci sono 1100 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, 2600 milioni prive di servizio di sanità, più di 800 milioni di analfabeti e 1020 milioni di persone affamate: ecco lo scenario mondiale. E ora, la causa, qual è la causa? Parliamo della causa, non evitiamo le responsabilità, non evitiamo la profondità del problema, la causa senza dubbio, torno all’argomento di questo disastroso scenario, è il sistema metabolico distruttivo del capitale e della sua incarnazione: il capitalismo.
Ho qui una citazione di quel gran teologo della liberazione che è Leonardo Boff, come sappiamo, brasiliano, che dice: Qual è la causa? Ah, la causa è il sogno di cercare la felicità con l’accumulazione materiale e il progresso senza fine, usando, per fare ciò, la scienza e la tecnica con cui si possono sfruttare in modo illimitato le risorse della terra; e cita qui Charles Darwin e la sua “Selezione Naturale” la sopravvivenza dei più forti, però sappiamo che i più forti sopravvivono sulle ceneri dei più deboli. Rousseau, dobbiamo ricordarlo sempre, diceva che tra il forte ed il debole la libertà opprime, per questo l’impero parla di libertà, è la libertà di opprimere, invadere, assassinare, annichilare, sfruttare, questa è la sua libertà, e Rousseau aggiunge la frase salvatrice: solo la legge libera.
Ci sono alcuni paesi qui che stanno giocando affinché non ci sia alcun documento, perché non vogliono una norma, perché l’inesistenza di questa norme permette loro la libertà si sfruttare, la libertà di travolgere gli altri. Facciamo uno sforzo e facciamo pressione qui, nelle strade, affinché si realizzi questo impegno, esca un documento che impegni i paesi più potenti della terra.Bene, si domanda Leonardo Boff. Avete conosciuto Leonardo Boff? Non so se è presente qui, l’ho conosciuto poco tempo fa in Paraguay, lo abbiamo sempre letto. Può una terra finita sopportare un progetto infinito?
La tesi del capitalismo, lo sviluppo infinito, è un modello distruttivo, accettiamolo. Dopo Boff ci domanda: Che possiamo aspettarci da Copenhagen? Solo questa semplice confessione: così come ci troviamo non possiamo continuare, ed un proposito semplice, andiamo a cambiare la rotta, facciamolo, ma senza cinismo, senza menzogne, senza doppie agende, senza documenti prodotti dal nulla, con la verità davanti a noi.
Fino a quando ci chiediamo dal Venezuela, signor Presidente, signore, signori, fino a quando andiamo a permettere simili ingiustizie e disuguaglianze; fino a quando andiamo a tollerare l’attuale ordine economico internazionale e i meccanismi di mercato vigente, fino a quando andiamo a permettere che grandi epidemie come l’HIV AIDS colpiscano la popolazione intera; fino a quando permetteremo che gli affamati non possano alimentarsi, ne nutrire i propri figli; fino a quando andiamo a permettere che continuino a morire milioni di bambini per malattie curabili, fino a quando andiamo a permettere conflitti armati che massacrano milioni di esseri umani innocenti, con il fine di appropriarsi delle risorse degli altri popoli da parte dei potenti? Noi popoli del mondo chiediamo agli imperi, a quelli che pretendono di continuare a dominare il mondo e noi, chiediamo loro che finiscano le aggressioni e le guerre. Niente più basi militari imperiali, né colpi di Stato, costruiamo un ordine economico e sociale più giusto e equitativo, sradichiamo la povertà, freniamo subito gli alti livelli di emissioni, arrestiamo il deterioramento ambientale ed evitiamo la grande catastrofe del cambiamento climatico, integriamoci nel nobile obiettivo di essere tutti più liberi e solidali.
Signor Presidente, da quasi due secoli, un venezuelano, libertador di nazioni e precursore di coscienze ha lasciato per la posterità un apoftegma pieno di volontà: “Se la natura si oppone lotteremo contro di lei e fare in modo che ci obbedisca…” era Simón Bolívar, el Libertador. Dal Venezuela Bolivariano, dove un giorno come oggi da circa dieci anni, dieci anni esatti viviamo la tragedia climatica più grande della nostra storia: la tragedia di Vargas così chiamata, da questo Venezuela che tenta con la sua Rivoluzione di conquistare la giustizia per tutto il suo popolo.
Il solo cammino possibile è quello del socialismo, il socialismo, l’altro fantasma del quale parlava Carlo Marx, anche questo aleggia da queste parti, il socialismo, questa è la rotta, questa la direzione per la salvezza del pianeta, non ho il ben che minimo dubbio, ed il capitalismo è il cammino dell’inferno e della distruzione del mondo.Il socialismo, da questo Venezuela, che per questo è minacciato dall’impero nordamericano. Dai paesi che conformano l’ALBA, la Alleanza Bolivariana esortiamo, lo dico con rispetto, però dal profondo della mia anima, a nome di molti su questo pianeta, esortiamo i governi ed i popoli della Terra, parafrasando Simón Bolívar, el Libertador: se la natura distruttiva del capitalismo si oppone, dunque lotteremo contro essa e faremo in maniera che ci ubbidisca, non aspettiamo con le braccia conserte la morte dell’umanità.
La storia ci chiama all’unità e alla lotta. Se il capitalismo ci oppone resistenza, noi siamo obbligati a dar battaglia contro il capitalismo ed aprire il cammino alla salvezza della specie umana, tocca a noi alzare le bandiere di Cristo, de Mahoma, della uguaglianza, dell’amore, della giustizia, dell’umanismo, del vero e più profondo umanismo. Se non lo facciamo, la più bella creazione dell’universo, l’essere umano, sparirà, sparirà.
Questo pianeta è vissuto migliaia di milioni di anni, e questo pianeta è vissuto per migliaia di milioni di anni senza di noi, la specie umana: non ha bisogno di noi per esistere. Bene, noi senza la Terra non viviamo, e stiamo distruggendo la Pachamama, come dice Evo e come dicono i nostri fratelli aborigeni del Sudamerica.
In conclusione, signor presidente, solo per concludere, ascoltiamo Fidel Castro quando dice: una specie è in pericolo di estinzione, l’essere umano. Ascoltiamo Rosa Luxemburg, quando dice: Socialismo o barbarie.
Ascoltiamo Cristo il redentore quando dice: Benvenuti i poveri perché loro sarà il regno dei cieli. Signor presidente, signore e signori, dobbiamo essere capaci di non fare di questa terra la tomba dell’umanità, ma facciamo di questa terra un cielo, un cielo di vita, di pace, di pace e fratellanza, per tutta la umanità, per la specie umana. Signor presidente, signori, mille grazie e buon appetito.   

[trad. dal castigliano RPTA/Italia – www.redportiamerica.com]

Sabina Guzzanti, quando il culto dell’uomo politico di destra parte, qualche volta, dalla sinistra

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Tra le varie cose che mi è capitato di leggere qua e là dopo l’aggressione a Berlusconi, senza dubbio spicca per originalità la dichiarazione di  Sabina Guzzanti.
 
La Guzzanti, non si è limitata a vedere come hanno fatto altri in Berlusconi ferito, un “uomo come gli altri”  o la sofferenza umana e il dolore, o la paura. Sabina Guzzanti, che ovviamente sa benissimo che Berlusconi non è un marziano, ha invece visto per la prima volta in quel volto sofferente,  “un politico”.
 
Qualcosa mi sfugge… qualcosa sfugge evidentemente anche alla Guzzanti. Berlusconi era un politico anche prima di essere aggredito. Il sangue versato lo ha reso soltanto un politico ferito. Era politico  nei suoi attacchi contro la  magistratura e contro il  presidente della Repubblica, nelle sue invettive contro la stampa “rossa” o la televisione di Stato, nell’applicazione del  pacchetto sicurezza o nella riforma della scuola, perfino nei respingimenti in mare. Non erano quelli i capricci di un bambino viziato. Erano azioni, deplorevoli, di un politico di destra.   
 
La Guzzanti invece lo vede sanguinante e solo ora lo scopre politico. Così come secondo il credo cattolico Gesù muore sulla Croce per farsi Salvezza Universale, Berlusconi, ora per molti della sinistra buonista è  diventato  politico e umano soltanto perché sofferente, grazie al  suo volto ferito e macchiato di sangue.
 
E’ nota la doppia simbologia del sangue; il sangue versato è il simbolo universale del sacrificio, ma anche il simbolo della rigenerazione e della potenza purificatrice.
 
C’è un proverbio arabo che rispecchia bene quanto è accaduto in questi giorni : “il sangue è scorso, il pericolo è passato”. L’uomo fascista  e corrotto, il peccatore  immorale, il mafioso e commediante, ha versato il sangue e si è trasformato in politico. Ha lavato i suoi peccati per noi con il suo sangue, offrendocelo mediaticamente, da buon politico, dal  predellino di una Mercedes. Evviva.  Ma quando è che anche noi di sinistra diventeremo dei buoni politici?
 

Falsos positivos: documentario di Simone Bruno e Dado Carrillo

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Aggressione a Berlusconi: legittimi dubbi.

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Consentiteceli. Senza per questo farci sentire o chiamarci terroristi (o cretini)… 


Copenhagen, 16 dicembre 2009

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Movimento Continentale Bolivariano: coscienza, unità e creatività

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Salvador Tió con i familiari dei giovani messicani massacrati a Sucumbíos. Altre foto del Congresso del Movimiento Continental Bolivariano qui.
La Coordinadora Continental Bolivariana (CCB) va verso il Movimiento Continental Bolivariano (MCB) con un grande congresso.
 
Al suddetto evento (che si è svolto a Caracas tra il 7 e il 9 dicembre) hanno partecipato  circa 1200 delegati e delegate provenienti da trenta paesi, la maggior parte della nostra America, ma anche dell’ Europa, dell’America del Nord e dell’Australia.
 
Organizzazioni rappresentative dei popoli originari, movimenti femminili, giovanili, ambientalisti, intellettuali, lavoratori, contadini, religiosi, forze politiche di sinistra, si sono dati  appuntamento qui, sotto il   motto del Libertador: “l’unità ci aprirà i cammini della speranza”.
 
Eminenti figure della lotta e del pensiero rivoluzionario continentale e mondiale ci accompagneranno, tra le quali Jorge Beinstein (ricercatore argentino), Luís Barrios (sacerdote portoricano residente negli Stati Uniti), Iñaki Gil de San Vicente (intellettuale basco), Miguel Ángel Sandoval (ex-candidato della presidenza del Guatemala), Héctor Acevedo (poeta salvadoregno  e dirigente del FMLN), Carlos Reyes (uno dei leader ed ex candidato alla presidenza del Fronte di Resistenza contro il Golpe in Honduras), Elizabeth Flores (dirigente sindacale indigena della Bolivia), Néstor Kohan (intellettuale argentino), Lidia Veras (cantautrice venezuelana), Dax Toscano (intellettuale ecuadoriano), Jerónimo Carrera (intellettuale e riconosciuto dirigente comunista venezuelano), Oscar Figueras (segretario generale del PC venezuelano), María Gurutxiaga (femminista basca), Salvador Tió (intellettuale indipendente portoricano) e Salvador Caputo (dirigente del PC argentino).
 
Nella manifestazione culturale a chiusura dell’ evento hanno partecipato importanti complessi musicali, teatrali e cantautori.
Questo importante evento ha scatenato un’intensa campagna di criminalizzazione   contro i suoi organizzatori da parte del capo dell’esercito colombiano e del presidente Uribe (specialmente contro Narciso Isa Conde e altri compagni membri della presidenza collettiva e della direzione esecutiva), imputando la partecipazione indiretta delle FARC nel congresso al  messaggio audiovisivo di solidarietà del comandante Alfonso Cano e stigmatizzando la partecipazione di questa organizzazione insorgente all’interno della  diversità rivoluzionaria che compone il MCB.
 
In questo stesso contesto, allegando dati falsi tratti dal computer del comandante delle FARC Raúl Reyes, si inserisce la richiesta di estradizione e l’ordine di cattura emesso contro il deputato venezuelano, presidente alterno del Parlamento Latinoamericano, Amilcar Figueroa, contro Maria Augusta Calle, deputata dell’Ecuador e contro Gustavo Larrea, ex ministro dell’Interno del governo di Rafael Correa.
 
Per tutte queste ragioni il Congresso del MCB ha deciso di tenere una linea di solidarietà con tutti i compagni perseguitati e minacciati di morte dal regime narco-terrorista-paramilitare di Uribe e dagli Stati Uniti   
 
Carlos Casnueva
Segretario Generale
 
Narciso Isa Conde
Coordinatore della Presidenza Collettiva
11 dicembre 2009 Caracas
   
Movimento Continentale Bolivariano:
Coscienza, creatività, unità
sala stampa Agencia Bolivariana de Prensa
ABP 10/12/2009
  
Il giorno 8 dicembre si sono realizzati i tavoli di lavoro che hanno perfezionato le conclusioni politiche  alla base del Movimento  Continenttale Bolivariano. Le parole che danno il titolo a questo articolo possono definire lo spirito di lavoro collettivo che si è percepito  nelle sale del Parque Central di Caracas, mentre già la “grande stampa” aveva diffuso la notizia che anche il comandante Cano faceva parte di  questo incontro di forze rivoluzionarie.
 
Tavolo 1: Strategie, controffensiva e resistenza di fronte alla situazione attuale di crisi economica e nuovo assalto imperialista.
 
Tavolo 2: Ruolo dei Movimenti sociali nell’espansione continentale  delle lotte e articolazione dei distinti attori sociali nell’offensiva anti neoliberista.
 
Tavolo 3: Diritti umani e diritto internazionale umanitario (prigionieri politici dell’impero e dei governi subordinati)
 
Tavolo 4: Incontro internazionale di mezzi di comunicazione e
comunicatori bolivariani.
 
Il dibattito è stato utile e ha fornito  elementi utili al consolidamento e allo sviluppo di un maggior livello di  coscienza e di  impegno nei partecipanti.
Poco a poco  si vanno configurando  le strategie, percorsi in cui in ognuno degli argomenti  si possa affrontare un lavoro che fortifichi il pensiero bolivariano e sviluppi organicamente il MCB in ognuno dei paesi dove già esiste e si possano aprire  nuovi capitoli. La decisione di avanzare in questo spazio di unità strategica e di avanzare nella costruzione della Patria Grande e del socialismo è stata il distintivo che ha segnato  tutti i tavoli di lavoro.
Sono emerse molteplici e iniziative dei diversi capitoli e dei  delegati venezuelani, brillando per creatività e pregio e incorporandosi alle proposte centrali, arricchendo così il dibattito, il lavoro e l’unità.
traduzioni in italiano:
Annalisa Melandri
maggiori info sulle pagine:
Movimiento Continental Bolivariano: www.conbolivar.org
Agencia Bolivariana de Prensa: www.abpnoticias.com

El nuevo maccartismo de la era Obama — Entrevista a Luis Ernesto Almario

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El nuevo maccartismo de la era Obama:entrevista a Luis Ernesto Almario
por Annalisa Melandri y Salvador Tió/Colaboradora ABP Italia y CCB en tránsito hacia el MCB Puerto Rico
ABP/04/12/2009

En el aeropuerto de la ciudad de Los Angeles, el pasado 26 de noviembre el periodista colombiano residente en Australia Luis Ernesto Almario estaba esperando la conexíón de su vuelo con destino final Caracas cuando ha sido detenido por la policía de migración estadounidense junto al FBI y a la CIA por casi un día y luego deportado nuevamente hacia Australia. Luis Ernesto Almario, periodista corresponsal de Radio Café Stéreo en Australia y miembro de la Asociación Bolivariana de Periodistas (Asobolpe) iba a presenciar en la primera convocatoria de dicha Asociación en Caracas el 8 de diciembre.

Hace unos meses había ocurrido algo similar también al escritor Hernando Calvo Ospina, al consejero del grupo Izquierda Unitaria del Parlamento europeo Paul Emile Dupret, al secretario General del Partido Comunista Colombiano Jaime Caycedo Turriago y al defensor de Derechos Humanos el abogado colombiano Athemay Sterling.

Con George Bush presidente los servicios de seguridad de Estados Unidos buscaban peligrosos terroristas islámicos a lo largo y ancho de todo el planeta, ahora en la era Obama evidentemente los “halcones del Norte” vuelven nuevamente su mirada hacia el Sur y persiguen otra vez como en los años ‘50, comunistas y representantes e intelectuales de izquierda que solidarizan los las justas luchas de los pueblos oprimidos.

¿Luis Ernesto puedes contarnos en detalles lo que te ha ocurrido el 25 de noviembre pasado en el aeropuerto de Los Angeles?

Fui arrestado por gendarmes inscritos a Land Security, puesto en un calabozo, aislado sin comunicación alguna, sin alimentos, reseñado, fotografiado y sometido a un intenso y fatigoso interrogatorio. En el operativo participaron 24 policías de emigración, armados hasta los dientes y al termino de 2 interrogatorios se hicieron presentes representantes de la CIA y el FBI. Ellos habían pactado no “tocarme”,se referían a agresión física o tortura seguramente.

En escala en los Angeles, California con destino Miami– Caracas eran las 6.30 am del 26 de noviembre y me proponía hacer transbordo con mi maleta cambiando de aeroplano DELTA, me apresaron despejando el aérea de revisión de documentos y equipaje.

Cayó un “pez gordo” susurraban los gendarmes al esposarme y yo les dije “pero en kilos”. “¿Por que me detienen?” pregunté preocupado de perder el vuelo y ellos apuntaron :“no se preocupe es la rutina, nosotros le ayudamos a continuar su viaje” y guardaron silencio respecto a mi cuestionamiento.

¿Prácticamente cuáles son las acusaciones que han formulado en tu contra en los Estados Unidos? ¿Te han acusado de ser un terrorista?

Si, Un periodista terrorista internacional, responsable de la “maquina” de propaganda de las FARC y de recibir salario de Anncol, Radio Café Stereo y la Agencia Bolivariana de Prensa al servicio de la guerrilla en Colombia.

¿Piensas que estos hechos estén relacionados con tu participación al encuentro de Comunicadores Bolivarianos y al Congreso de la CCB (hacia MCB) que se tendrá en los próximos días en Caracas?

No creo. Todo es posible. Hicieron muchas preguntas sobre Venezuela, sobre mis amigos: ¿quienes me invitaron a vacaciones?, sobre la familia en Caracas, ¿por que Venezuela y no Colombia?. Fui parco en responder: “no quiero saber nada de Colombia, no me interesa, resido en Australia desde hace muchos años”.

¿Te amenazaron en algún modo? ¿Cómo te trataron?

Si. “Como soy un terrorista internacional que debería de estar en Guantanamo”, afirmaron mis captores.

“La solución a su problema es pedir perdón por estar en contra de los Estados Unidos, de los americanos y la embajada te dará la visa para estar aquí o de paso.” me dijeron. Les contesté que no firmaba perdón alguno y que hicieran lo que quicieran. Al termino de mi detención en los Estados Unidos los gringos me montaron en un avión de DELTA y en calidad de deportado me regresaron a Sydney ( Australia).

La Asociación de Periodistas Bolivarianos prácticamente aún no existe, iba a coordinarse por primera vez en Caracas el próximo 8 de diciembre. Ante estas promesas de criminalización del trabajo periodistico, ¿en que condiciones podrá desarrollarse en el futuro la tarea de los periodistas y comunicadores de la Asociación?

Cual quiera que sean las condiciones que nos imponga el Coloso del Norte, en cualquier terreno y circunstancias hay que librar la batalla en defensa de los intereses de nuestros plueblos, que buscan la segunda independencia del imperialismo norteamericano, hay que de cristalizar el sueño del libertador Simón Bolivar ” forjar una Patria Grande “.

La Asociación de Periodistas Bolivarianos es “nuestra trinchera”, el chaleco anti balas para estar en la primera linea de fuego, sólo unidos seremos fuertes, hay que vivir para vencer y no “luchar para morir”. Nuestro pensamiento libertario, el lapicero, maquina de escribir o computadora es nuestra mortifera arma de combate, vamos para adelante con verraquera.

En los meses pasados ha ocurrido algo similar al periodista Hernando Calvo Ospina, al consejero del grupo Izquierda Unitaria (GUE/NGL) del Parlamento europeo Paul Emile Dupret y a Lourdes Contreras, esposa de Narciso Isa Conde. ¿Crees que estamos frente a un nuevo maccartismo?

El “TIO SAM” está alambrando sus haciendas en América Latina, cortando cabezas rebeldes y dejando pasar sus bestias criminales pro imperialistas, rodillonas y vendes patrias, continuando su dominio y saqueo de sus riquezas naturales. Las bases militares en Colombia, sus porta aviones agresivos, son un ejemplo de lo que viene pierna arriba.

 

 

Somos todos “periodistas terroristas”

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Somos todos “periodistas terroristas”
Por Annalisa Melandri — periodista terrorista

www.annalisamelandri.it

La Asociación Bolivariana de Periodistas aún no ha nacido y ya ha sido objeto de atención de parte de los servicios de seguridad de los Estados Unidos.

El periodista colombiano residente en Australia desde décadas, Luis Ernesto Almario, corresponsal de Radio Café Stereo, colaborador de la Agencia Bolivariana de Prensa y de la Asociación Bolivariana de Periodistas ha sido detenido el miércoles pasado, 25 de noviembre, en el aeropuerto de Los Ángeles mientras estaba en tránsito hacia Caracas donde tenía que participar al congreso del Movimiento Continental Bolivariano, (nacido desde la Coordinadora Continental Bolivariana) y al primer encuentro internacional de periodistas bolivarianos y operadores de la información en donde se iba a conformar la Asociación.

Luis Ernesto Almario ha sido detenido por 24 horas en el aeropuerto, interrogado por miembros del FBI y de la CIA, acusado de ser un “periodista terrorista” al sueldo de las FARC, amenazado en cuanto tal de ser trasladado a Guantanamo, chantajeado y deportado en Australia a pesar de la intervención del cónsul a Los Ángeles y después de haberle secuestrado la memoria USB en la que estaba su trabajo y el borrador la prueba de un libro en curso de obra.

El sig. Almario que adjuntó con sacrificio el dinero por el billete aéreo se encuentra ahora de hecho imposibilitado a viajar a Caracas para participar en los eventos en programa. Podrá hacerlo solamente comprando otro pasaje.

Lo que le ha sucedido reenvía a cuanto ya ocurrido algunos meses atrás al periodista colombiano Hernando Calvo Ospina y al consejero del Parlamento europeo del grupo Izquierda Unitaria (GUE/NGL), Paul Emile Dupret, que — en ocasiones diferentes — durante el vuelo Paris/Ciudad de México, fueron informados por los miembros de la tripulación, (en ambos casos la compañía aérea era Air France), que los Estados Unidos no habían concedido la autorización a sobrevolar el propio espacio aereo al velívolo de Air France porqué su presencia a bordo atentaba a la seguridad del Estado.

Lo sucedido reenvía a una serie innumerable de abusos, prepotencias y detenciones injustificadas como la del abogado colombiano defensor de los derechos humanos, Athemay Sterling, detenido en los Estados Unidos con las mismas acusaciones, para llegar hasta la matanza premeditada cumplida el 1 marzo del 2008 contra el campamento diplomático de las FARC a Sucumbiós en Ecuador en donde han encontrado la muerte cuatro jóvenes estudiantes mexicanos además del número dos de la guerrilla colombiana Raúl Reyes y otros veinte guerrilleros.
Ataque llevado en territorio neutral al conflicto colombiano en desprecio de los tratados internacionales entre Estados y a la legislación internacional en materia de Derechos Humanos.

Si ser “periodista terrorista” es la acusación que nos mueve el poder administrado por unos criminales, si ser periodistas a sueldo de la guerrilla colombiana es la acusación que el FBI o la CIA mueven junto a la inteligencia colombiana contra quienquiera utiliza la palabra, el intelecto y el sentido crítico para denunciar los crímenes de Estado cometidos en Colombia, si ser “periodista terrorista” quiere decir ser atentos observadores de lo que sucede en un país atormentado por una dictadura disfrazada de democracia, entonces sí, confesémoslo sin rebozo y sin miedo qué somos todos periodistas terroristas al sueldo de la libertad y de la verdad. Qué también podéis llamar guerrilla.

Siempre es la dignidad que hace la diferencia.

Todos aquéllos siervos del poder, que se venden hoy como hicieron en pasado, para cubrir y esconder el terrorismo de Estado, en Honduras como en Irak, en Israel como en Vietnam, son y serán siempre esclavos de los poderosos. Y los podéis, si quieren, también llamar periodistas.

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Come eravamo…

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Ringrazio l’amico Spartaco che mi ha inviato queste brevi righe ricordandomi quanto accadeva in Italia nei giorni del golpe in Cile. Una risposta decisa e contundente  di ogni settore della società che stava a dimostrare quanto forte e sentita fosse la solidarietà internazionale. Uno spunto per riflettere su quanto accaduto e accade in Honduras,  per non abbassare la guardia, ma soprattutto lo sguardo.(A.M.)
 
Tra il 12 e il 15 settembre 1973:
Si realizzano brevi fermate sul lavoro indette dalla Flm per protestare contro il golpe in Cile, in altre località le fermate del lavoro sono spontanee.
Si sciopera fra l’altro nelle fabbriche bolognesi e della cintura genovese, a Matera, alla Siemens di Catanzaro e alla Fiat di Torino, dove è indetta per il 13 una manifestazione dalla Camera del lavoro con Emilio Pugno; il 13 si manifesta anche a Firenze e a Verbania; a Lecce, Bergamo, Porto Marghera, Trento e Milano il 14. Sempre a Milano, è stato compiuto un attentato incendiario contro gli uffici della compagnia aerea Panamerican, in piazza Velasca, rivendicato dal ‘Fronte internazionale militante contro il capitalismo Usa’.
Il 15, dimostrazioni si svolgono a Roma, Livorno, Mantova, Como, Verona, Pisa, Cagliari, Lecce.
Ovunque, la parola d’ordine è “non riconoscere la Giunta golpista”. A Roma, i carabinieri fermano 2 giovani che, insieme ad altri, stavano scrivendo sui muri slogan contro il regime militare cileno, picchiandone duramente uno.
 

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