MESSICO
Appello alla solidarietà
Parte oggi la Carovana di solidarietà “Bety Cariño e Jyri Jaakkola” che ha come obiettivo portare aiuti umanitari nel municipio autonomo di San Juan Copala, nel sud del Messico, nello stato di Oaxaca nelle giornate del 7, 8 e 9 giugno.
La Carovana, che trasporta cibo e medicinali, testimonia la gravissima situazione di violenza che vive la regione insieme alla drammatica condizione sofferta dal municipio di San Juan Copala, assediato e circondato da gruppi paramilitari che impediscono qualsiasi accesso alla comunità.
Questi gruppi sono stati i responsabili della tragica morte di Bety Cariño, attivista dei diritti umani e Jyri Jaakkola, osservatore internazionale, lo scorso 27 di aprile, quando una precedente carovana che trasportava aiuti umanitari fu attaccata proprio da paramilitari vicini al partito del governatore dello Stato, Ulises Ruiz Ortiz. Gli stessi gruppi paramilitari si sono macchiati di altre due omicidi politici qualche settimana più tardi, quando il 20 maggio hanno assassinato il principale leader del municipio di San Juan COpala, Alejandro Ramirez e la sua sposa, Cleriberta Castro.
Le famiglie che vivono nel municipio sono 700 ed a causa dell’embargo imposto dai paramilitari sono ormai stremate e privi di medicinali e cibo. La Carovana “Bety Cariño e Jyri Jaakkola” vuole proprio evitare il verificarsi di una tragedia umanitaria di cui il governo Calderon, oltre che dello Stato di Oaxaca, sarebbero direttamente responsabili.
Il governatore, esponente del partito della destra messicana PRI, è già tristemente conosciuto per le brutali repressioni e violazioni dei diritti umani messe in atto in passato contro le comunità indigene e contadine impegnate nella difesa dei beni comuni e della loro sovranità.
Denunciamo dunque le continue aggressioni contro le comunità indigene e contadine del municipio autonomo San Juan Copala e dello Stato di Oaxaca.
Invitiamo la società civile italiana:
* a sostenere la Carovana di Solidarietà “Bety Cariño e Jyri Jaakkola”
* a fare pressioni sull’Ambasciata messicana, ADERENDO ALLA LETTERA che darà consegnata mercoledì prossimo 9 giugno all’Ambasciatore del Messico in Italia denunciano la situazione di violazione dei Diritti Umani in messico e chiedendo che cessino immediatamente le violenze contro le comunità e gli attivisti per la giustizia sociale ed ambientale, si interrompa l’accerchiamento dei paramilitari contro il municipio autonomo San Juan Copala e vengano individuati i responsabili degli omicidi politici di Bety Cariño, Jyri Jaakkola, Alehandro Ramirez e Cleriberta Castro.
Le associazioni e organizzazioni che intandano aderire possono scrivere entro le ore 12.00 di mercoledì 9 /06 una mail con oggetto “APPELLO MESSICO a:
Per quanto volessero seguire direttamente quanto avverrà in questi giorni, Radio Planton trasmetterà informazioni continue dalle 11 di mattina alle 5 del pomeriggio, ora messicana
Per maggiori informazioni sulla Carovana di Solidarietà
Il coordinamento nazionale per la Conferenza Mondiale delle Donne – Caracas 2011 sostiene la rivolta di Joy
Joy è la donna nigeriana che – nell’agosto del 2009 – ha denunciato un tentativo di stupro compiuto da Vittorio Addesso, ispettore capo del Cie di Via Corelli, a Milano, dove allora si trovava rinchiusa. In quell’occasione fu aiutata da una compagna di reclusione, Hellen, come lei vittima della “tratta”.
Dopo le proteste scoppiate nel Cie contro “il pacchetto sicurezza” di Maroni, le due donne vennero portate in carcere insieme ad altre migranti. Al processo denunciarono di esser state spogliate e picchiate dagli uomini di Addesso, il quale avrebbe preteso “prestazioni sessuali gratuite”. In tribunale, però, non vennero credute: la giudice decise di denunciarle per calunnia e di condannarle a sei mesi per le rivolte.
Dopo essere stata a San Vittore, poi nel carcere di Como, ora Joy ed Hellen sono di nuovo in un Cie, a Modena, in attesa dell’espulsione in Nigeria: ovvero di una probabile condanna a morte per aver cercato di fuggire alla “tratta”. Per questo, Joy ha tentato il suicidio.
“La polizia stupra nei Cie” è stato lo slogan ripetuto nelle manifestazioni di solidarietà a Joy ed Hellen. La polizia stupra nei Cie, aggiungendo al già nutrito repertorio di metodi repressivi quello “classico”riservato alle donne. Niente di nuovo sotto il sole. Carceri e tribunali – strumenti cardine del dominio di classe – non offrono speranze di riscatto per gli oppressi.
La libertà di Joy ed Hellen, la nostra libertà, si ottiene con la lotta. Rompiamo le gabbie. Chiudiamo i Cie, luoghi di detenzione e di tortura. Il governo vuole costruirne altri vicino agli aeroporti. Impediamolo.
Impediamo le deportazioni.
Libertà per Joy ed Hellen. No allo stato di polizia.
Martedì 8 giugno alle 14,30, tutte davanti al tribunale di Milano, dove avrà luogo il cosiddetto “incidente probatorio” e il confronto tra Addesso, Joy ed Hellen.
NOI NON SIAMO COMPLICI
LOTTIAMO UNITE
Coordinamento nazionale
per la Conferenza Mondiale delle Donne – Caracas 2011
conferenzadonneliberoit
http://conferenzamondialedonne.wordpress.com/
I maestri in Messico cercano di aprire il portone settecentesco del Ministero dell’ Istruzione nel corso di una protesta per i salari troppo bassi. Volevano consegnare una lettera e non erano stati ricevuti. Così sono passati ai fatti. Sono stati anche denunciati per aver provocato danni al portone, antico di trecento anni.
Com’è il portone del palazzo a viale Trastevere?
COSA STA SUCCEDENDO A CUBA?
I “DISSIDENTI”
LA CONTINUITA’ DELLA RIVOLUZIONE
LE NOVITA’ DEL NUOVO CORSO DI RAUL CASTRO
GLI USA DI OBAMA
L’AMERICA LATINA NELL’OCCHIO DEL CICLONE
Ne parliamo con una delle più autorevoli voci cubane
ARLEEN RODRIGUEZ
Giornalista e direttrice della prestigiosa rivista
“TRICONTINENTAL”
Già direttrice del secondo quotidiano cubano
“JUVENTUD REBELDE”
Direttrice e fondatrice del settimanale del settimanale latinoamericano
“OPCIONES”
Conduttrice dei programmi più popolari della tv cubana
MOJITO PARA TODOS
Lunedì 7 giugno, ore 20,30
via Garibaldi 48, Manziana
c.o “EL PATIO LATINO”
Circolo della Tuscia,
Via Garibaldi 48,
00066 Manziana
INFO: italiacubatuscialiberoit
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L’Honduras è sempre stato un paese affetto da “instabilità cronica” e l’ultimo colpo di Stato del giugno 2009 che ha deposto il presidente legittimo Manuel “Mel” Manuel “Mel” Zelaya ne è la prova.
Dal 1936 e per lunghi 16 anni il paese visse sotto la dittatura del generale Tiburcio Carías Andino, già fondatore del Partido Nacional. 16 lunghi anni caratterizzati da uccisioni politiche, sparizioni forzate, torture e arresti indiscriminati.
La famiglia dell’attuale Cardinale di Tegucigalpa, Andrés Rodríguez Maradiaga, anche allora fu protagonista degli eventi e intimamente legata agli attori.
Suo padre, Andrés Rodríguez, che vediamo in questa foto storica del 1936 del momento della presa del potere, fu braccio destro di Tiburcío Carías. Suo nonno invece, Jesús María Rodríguez, fu nominato ministro dell’Educazione negli anni’40 dallo stesso dittatore.
Nella foto, inviatami dall’Honduras in questi giorni, in secondo piano da sinistra si vedono: Andrés Rodríguez, Juan Manuel Gálvez (Ministro di Guerra, Marina e Aviazione), A. Bermúdez ( Presidente de facto della Corte di Giustizia), Antonio Clavasquín Rivera .
In basso da sinistra: Abraham Williams Calderón (Vice Presidente de facto), Tiburcio Carías Andino (Presidente de facto), Plutarco Muñoz (Presidente de facto del Congresso Nazionale).
Por CUBA
Sin discutir la buena fe de los intelectuales Italianos que recientemente se han posicionado públicamente contra el gobierno Cubano, después de la trágica muerte en la cárcel de Orlando Tamayo Zapata, hablando — aunque siempre basándose en información proviniendo de los Estados Unidos — “de prisioneros políticos y de consciencia” en las cárceles de Cuba, nosotros quisiéramos recordar a la opinión publica italiana, subyugada por una prensa “independiente” desde siempre enemiga de la revolución castrista, revolución esta que sigue siendo un punto de referencia y una fuerte inspiración para todas las fuerzas políticas siempre más numerosas, y no solo en America Latina, que luchan por un mundo sin explotación, sin guerra y sin violencia.
La muerte de Zapata, que el gobierno Cubano ha públicamente recordado con dolor y sentimiento de solidariedad, mientras que todavía se espera que el gobierno italiano haga un gesto similar por la muerte de Stefano Chucchi y del suicidio de decenas de encarcelados en nuestras muy democráticas prisiones, ha servido de ocasión para una campaña de desvergonzada difamación “democrática” de la revolución cubana.
No importa que Zapata fuera detenido por varios crímenes y que solo recientemente intentara dar a la propia protesta carcelaria una precisa connotación política (incluida la petición de disponer de una cocina y de un teléfono privado en la celda).
No importa que también documentos públicos de Amnistía Internacional confirmen que en Cuba jamás nadie ha sido torturado (excepto en la base Americana di Guantánamo) y que nunca se han practicado ejecuciones extrajudiciales, por las cuales el “democrático” Estado de Israel se ha hecho tristemente famoso.
No importa, en fin, que en un reciente proceso in Florida se haya descubierto que un viejo y reconocido terrorista como Santiago Álvarez había sido uno de los financiadores constantes de las Damas de Blanco: también ellas ciertamente con buena fe, pero igualmente utilizadas por la CIA para maniobras suyas — que duran desde hace 50 años con una serie de impresionantes atentados — para derribar el democrático gobierno Cubano.
Nosotros sabemos que en Cuba, como ha recordado Fidel Castro, la asistencia sanitaria para todos es una ley desde hace decenios, mientras Obama tiene dificultades en hacerla aceptar por el Congreso USA; sabemos que médicos, maestros, profesores cubanos operan al servicio de todos los pobres de America Latina (con uno de los mejores hospitales de oftalmología del mundo a disposición gratuita para quien tenga necesidad). Sabemos que la educación escolar es gratuita para todos los isleños; y que las restricciones a las cuales el pueblo cubano todavía sigue estando sometido (en terminos de disponibilidad de mercancías, de dinero convertible, etc.) son sólo la consecuencia del feroz e injustificado Embargo comercial económico y financiero de Estados Unidos y su aliados contra Cuba.
Estamos escandalizados, pero no sorprendidos, con el cinismo con el que la prensa, sobretodo italiana y española, han utilizado la muerte de Orlando Zapata, por la cual expresamos una vez más el nuestro sincero dolor.
Esperando que su historia y el uso que se ha hecho tanto por parte de periodistas como de políticos italianos sirvan no tanto a la “liberación” de supuestos prisioneros políticos cubanos, sino finalmente a abrir los ojos a la opinión publica sobre la descarada propaganda de uno imperialismo internacional que, esperamos, tenga ya los días contados.
Gianni Vattimo, filosofo, europarlamentare
Gianni Minà, giornalista
Margherita Hack, astronoma
Marco Rizzo, giornalista, già europarlamentare
Luciano Vasapollo, Università di Roma
Fabio Pratesi, medico
Francesco Baccini, cantautore
Danilo Zolo, giurista Università di Trieste
Aldo Bernardini , docente Università di Teramo
Ivan Cicconi, economista
Angelo D’Orsi, storico Università di Torino
Maria Fierro, giurista
Alfonso Galdi , giurista
Silvia Giorcelli, storica Università di Torino
Domenico Losurdo, storico Università di Urbino
Cristiano Lucarelli , calciatore
Massimiliano Marotta, storico ISF di Napoli
Andrea Mingardi, cantautore
Red Ronnie, musicologo
PierAldo Rovatti, filosofo Università di Trieste
Prof. Amati Paolo
Battiglia Roberto, Rivista Nuestra America
Cararo Sergio, giornalista
Prof.Ciattini Alessandra
Prof. Forneris Gilberto
Prof. Garroni Stefano
Prof Gotor José Luis
Prof. Ieradi Luisa Anna
Prof. Lucchese Franco
Prof. Lux Simonetta
Martufi Rita, Dir.Centro Studi Cestes-Proteo
Orsati Grazia, Dir Rivista Nuestra America
Prof. Punzo Francesco
Prof Punzo Luigi
Riccio Alessandra, condirettrice Latinoamerica
Rossi Marina, Avvocato
Prof. Ruggieri Franca
Santopadre Marco, giornalista
Vasapollo Domenico, Dir. Natura Avventura
Vasapollo Federica, S Univ. Sapienza
Vasapollo Viviana, Archeologa
Giovanni Barbieri, giornalista
Paolo Federici, ass.Italia Cuba
Antonio D’Angelo, architetto
Loredana Macchietti, editore “Latinoamerica”
Alessandro Perrone, consigliere
Annalisa Melandri, blogger
Franca Pesce, docente
Alessandro Riccio,
direttore Filippo Cannizzo, fondazione Ugo Spirito
Marco Papacci, ass.Italia-Cuba
Violetta Nobili, redazione Nuestra America
Federico Castelli, artista
Maurizio Carboneschi, seg.Anaic
Primo Soravia, ass. Italia-Cuba
Robert Pieder Thum
Donata Zurlo
Roberta Antonacci
Roma 17 maggio 2010
Per adesioni o informazioni : appellopercubaliberoit
padre Andrès Tamayo
Questa è la risposta che mi ha inviato il Dr. Romeo Enzo, capo redattore esteri del TG 2 alla mia mail in cui comunicavo la mia (e vostra) indignazione per l’organizzazione dell’evento in cui era ospite il Mons. Maradiaga:
Cara Signora,
Non ci conosciamo ma mi permetta di dirLe che Lei sta gratuitamente rovesciando un cumulo di fango su una persona che da’ la vita per il suo popolo, specie per i più poveri. Il cardinale Rodriguez Maradiaga e’ un globe trotter della carita’, uno che si e’ impegnato come pochi per ottenere la cancellazione del debito che pesa sui cosiddetti paesi in via di sviluppo, a cominciare dall’Honduras. Evidentemente, gentile Signora, le sue informazioni sono del tutto inesatte e farebbe bene a spegnere la sua (incomprensibile) acredine verso una personalita’ di cui tutta l’America Latina dovrebbe andare orgogliosa.
Saluti.
Enzo Romeo
Ora è ovvio che il Dr. Romeo è libero di presenziare a tutti gli eventi nel modo che ritiene più opportuno, è anche ovvio però che i cittadini si domandino se è compatibile o meno la sua presenza in qualità di giornalista della RAI (servizio pubblico) in un incontro , dove non si parla tra l’altro nemmeno di politica e nemmeno di temi legati alla sua professione, e dove è prevista la presenza di un cardinale considerato dall’opinione pubblica di mezzo mondo come sostenitore di un colpo di Stato.
Piaccia a Romeo (e a Maradiaga) o meno, non sono soltanto io a pensarla così. Ricordo che per esempio anche il presidente del Brasile (quarta potenza mondiale) Lula da Silva, considera quello avvenuto il 28 giugno del 2009 un colpo di Stato e ricordo che fu proprio il Cardinale Maradiaga ad averlo sostenuto pubblicamente in più di un’occasione, invitando anche il presidente legittimo Manuel Zelaya a non far ritorno nel paese. Come è andata a finire lo sappiamo tutti. Sicuramente lo sa anche Enzo Romeo. Maradiaga fino a quel momento era considerato da molti un cardinale progressista e la sua possibile nomina a papa fu salutata con speranza da numerosi fedeli latinoamericani. E’ incompatibile sicuramente tutto questo con la sua presunta appartenenza all’Opus Dei, struttura da sempre criticata anche da alcuni settori del mondo cattolico per le sue posizioni estremamente conservatrivci e per essere lontana dalle aspirazioni e dal mondo dei più umili.
La sua posizione rispetto al colpo di Stato in Honduras ha deluso molti, moltissimi fedeli ma soprattutto ha deluso il fatto che lui non si sia mai pronunciato per le morti che quel colpo di Stato ha provocato e per quelle che continuano ad avvenire nel silenzio dei mezzi di comunicazione internazionali, TG2 compreso, del quale il nostro Romeo è capo redattore esteri. Ha deluso il fatto che lui non si sia mai pronunciato per uomini di chiesa come padre Andrés Tamayo costretto ad abbandonare l’Honduras in seguito a minacce avute per il sostegno offerto al popolo honduregno nella lotta contro il colpo di Stato. A padre Tamayo è stata cancellata la nazionalità honduregna e gli è stata tolta la parrocchia nella quale lavorava con dedizione da oltre dodici anni. Siamo sicuri che di tutto ciò il TG2 non ne racconterà mai nulla. Sono gli uomini di Chiesa come Padre Tamayo, egregio Dr. Romeo, che in Honduras “danno la vita” per il loro popolo e non il Cardinale Maradiaga. Noi di questo ne siamo sicuri.
Di Geraldina Colotti
Anarchici, squatter, centri sociali… Per la questura sono un network itinerante del disordine e della violenza, per chi non ha niente e resta ai margini della società perbene, sono una sponda corsara e generosa, armata solo del proprio sarcasmo.
Venerdì, 14 maggio, verso le 4 del pomeriggio. Fra i pellegrini diretti al Duomo per l’ostensione della Sindone, molti nasi rivolti verso il cielo indicano un evento inaspettato: sulle Porte palatine, un gruppo di anarchici ha issato uno striscione che dice «Liberi tutti». Poco dopo, alcuni ragazzi verranno placcati da agenti in borghese, gettati a terra e ammanettati, alla fermata del tram. In serata, si saprà che due di loro sono stati arrestati con l’accusa di resistenza e lesioni. Uno verrà rilasciato sabato sera, prima ancora dell’udienza di convalida, l’altro invece domenica scorsa.
Per consentire la visione del sacro lenzuolo che, secondo la tradizione cattolica, ha avvolto il viso di Gesù Cristo (circa cinque minuti di sosta davanti alla teca che lo conserva), il prefetto di Torino, Paolo Padoin, ha ottenuto altri 200 uomini in più, arrivati da tutta Italia.
Massima sorveglianza. E linea dura contro quel «vero e proprio network itinerante del disordine e della violenza organizzata», così definito dal questore Aldo Faraoni. Gente da condannare senza troppi «formalismi», secondo Faraoni, il quale — nel suo intervento per i 158 anni della polizia di stato, ha manifestato il proprio disappunto per alcuni arresti effettuati nei mesi scorsi e poi revocati dalla magistratura: «Non sono abituato a fare polemiche — ha affermato — ma forse in alcuni casi bisognerebbe lasciare da parte certi formalismi».
Un network «armato» più che altro del proprio sarcasmo, che compie piccole incursioni e si fa beffe del clima incandescente, alimentato ad arte — dicono gli antagonisti — da certa stampa prona alle veline di questura: la quale — in barba alla legge sulla privacy — fornisce nomi e cognomi di presunti partecipanti agli scontri «senza neanche curarsi di verificare se questi nomi fossero in quel momento per lo meno nei dintorni del Duomo oppure invece a farsi gli affari propri in altri angoli della città». Così, uno striscione aperto all’improvviso diventa un’azione di forza passibile di arresti e bastonate, una pacifica incursione si trasforma in un «assalto ai pellegrini» con tanto di fermi, denunce e allarmi.
«A Torino, di questi tempi, si finisce in galera per uno striscione. Politici, media e magistratura vogliono tapparci la bocca, criminalizzando e inquisendo pratiche di solidarietà e resistenza che temono contagiose», dice Maria Matteo, della Federazione anarchica, che scrive articoli ficcanti sul giornale della Fai.
«Siamo abituati a fare i conti con la repressione, cerchiamo di non piangerci addosso — afferma Chiara del centro sociale Askatasuna — ma oggi qui c’è davvero un brutto clima, una risposta eccessiva per un livello minimo di resistenza».
Dello stesso parere è Barbara, del centro sociale Gabrio. E con voce analoga si esprimono anche i siti — come Macerie o Informa-azione — più vicini alle aree che preferiscono «creare informazione antagonista» piuttosto che parlare con la stampa.
Anarchici, «insurrezionalisti», centri sociali, squatter… Delinquenti da reprimere come vorrebbero questure e centrodestra o nuovi aedi, anticorpi di una Torino che cambia pelle senza sapere ancora quale fisionomia assumere?
La crisi — scrivono gli anarchici — morde con violenza le periferie, dove ogni giorno c’è chi perde il lavoro, va in cassa integrazione, si adatta a scaricare cassette per tre euro l’ora. Torino è una città in cui «si vive e si lavora come nell’800, precari e senza tutele». Le fabbriche sono diventate centri commerciali, con tanto di sponsor pubblici, ma non ci sono risorse per case, scuole, asili, ospedali, ambulatori, assistenza ad anziani e disabili, trasporti pubblici. Una città-vetrina «tutta luci d’artista, sindoni, grandi eventi e grandi opere» che nessuno deve sporcare, mentre «il ricatto del lavoro impone a tutti ritmi massacranti e salari da fame».
Chi non ci sta, resta ai margini. Agli immigrati — nuovi schiavi «di questa Europa di confini e filo spinato», va peggio, perché se perdono il contratto di lavoro, perdono il diritto legale di stare in Italia. La loro vita, vale poco o nulla. I figli di chi resta rischiano di non andare più a scuola, perché stabilire quote-limite alla presenza di bambini immigrati significa obbligare le famiglie a spostamenti fuori dal quartiere dove non possono arrivare. Chi alza la testa, chi «si mette in mezzo», viene inquisito, sorvegliato e arrestato, oppure perde il lavoro perché il suo nome è stato reso pubblico prima di qualunque sanzione.
«La cornice — racconta Maria — sono i fatti del 10 dicembre 2009: in una mattinata, furono sgomberati due posti occupati, Cà Neira e L’Ostile. Nel tardo pomeriggio quelli di Cà Neira occuparono un nuovo stabile, l’ex cinema Zeta, ma furono subito sgomberati. In 4 vennero portati in questura. Il presidio sotto L’Ostile fu duramente caricato in un carosello di auto blu in mezzo al corso e lacrimogeni. Si cercò di resistere. Una compagna ebbe una mano fratturata dalle manganellate e finì all’ospedale, 16 solidali finirono nel mirino della magistratura».
Antirazzismo, antifascismo, diritto alla casa, resistenza alla guerra e al militarismo sono i terreni in cui si ritrovano pratiche diverse. E fioccano denunce, inchieste, rinvii a giudizio. Il 18 giugno, due anarchici andranno a processo con l’accusa di aver diffamato e minacciato l’europarlamentare leghista Mario Borghezio. Alla vigilia del 25 aprile, davanti alla sede della Lega, apparve un fantoccio raffigurante Borghezio appeso a testa in giù, come Benito Mussolini a Piazzale Loreto. Analoghi manifesti vennero affissi sui muri della città. Un messaggio chiaro: il fascismo ha il volto della Lega, delle ronde, degli attacchi razzisti. E «non basta la testimonianza, non basta l’indignazione. Bisogna mettersi in mezzo».
A mettersi in mezzo, per impedire la piazza alla Lega e a Casa Pound, per un’azione di protesta simbolica davanti all’Unione industriali in occasione del G8 all’Aquila, sono stati in tanti. Uniti, nelle diverse pratiche e orientamenti, anche nel «cacerolazo» (la battitura di pentole alla maniera argentina) messo in campo, il 2 giugno del 2008, sotto la casa del colonnello e medico Baldacci: responsabile dell’allora Cpt dove un immigrato era morto senza cure il 23 maggio.
Insieme per l’occupazione simbolica dell’atrio del Museo egizio, il 29 giugno del 2008, per ricordare l’operazio egiziano ucciso dal padrone per avergli chiesto il pagamento del salario.
E ancora insieme a contestare lo sgombero della casa occupata dai rom in via Pisa, contro la proposta di prendere le impronte ai bambini rom, o a dimostrare davanti alla lavanderia La nuova, che lava i panni al Cie di corso Brunelleschi.
«Un’ottantina di iniziative messe insieme — spiega Emilio, della Fai — per cucire addosso a un po’ di anarchici un reato associativo che potrebbe portarli in galera». E il 24 settembre toccherà ad altri sei andare alla sbarra per una di quelle azioni di protesta. Intanto — prosegue Emilio — «circa 10.000 i torinesi vengono gettati in strada perché non possono più pagare affitto, bollette, retta dell’asilo per i figli. Occupare una casa vuota, resistere agli sfratti, è un delitto o un diritto? Noi suggeriamo che si può praticare fin da subito l’autogestione, il mutuo appoggio, la solidarietà concreta tra oppressi e sfruttati. E questo inquieta il potere, che si difende tutelando il diritto di chi ha molto contro chi non ha nulla».
Le voci «contro» disturbano. Disturba Radio Blackout, sotto sfratto perché «incompatibile» con i progetti di ristrutturazione del Comune (www.radioblackout.org). Disturba il centro di documentazione Porfido (Via Taurino, 12/C), che annoda i fili fra storia e presente.
Disturba un esempio di pratica condivisa e autogestita come l’occupazione di Corso Peschiera realizzata da rifugiati sudanesi, eritrei, etiopi. Un’occupazione che, dal 2008, ha costruito momenti aggregativi tra centri sociali, anarchici e associazioni del privato sociale (dalla Caritas migranti a Emergency).
Anche sulla scia di quell’esperienza, al Gabrio è nata la Microclinica Fatih, un ambulatorio popolare autogestito — spiega Claudio — «dedicato a Fatih, il trentottenne maghrebino, morto nel 2008, dopo aver chiesto invano di essere curato per una intera notte nell’allora Cpt di corso Brunelleschi, oggi Cie».
Il termine Microclinica — aggiunge Viola — «è un piccolo laboratorio di prima accoglienza mutuato dalla resistenza zapatista, un’esperienza dal basso per portare salute a tutti».
Dagli sgomberi del 10 dicembre 2009 prende avvio un’operazione di polizia che, il 12 maggio, porta in carcere sette antagonisti. Quattro posti occupati vengono perquisiti, 16 «solidali» finiscono nel mirino della questura per la resistenza alle cariche durante quegli sgomberi.
Il giorno dopo, una cinquantina di ragazzi compiono un blitz pacifico al Salone del libro. Di fronte allo stand dove il prefetto Paolo Padoin, insieme al procuratore generale Marcello Maddalena e al procuratore Giancarlo Caselli sta presentando il suo libro Il prefetto, questo sconosciuto srotolano lo striscione con la scritta «Tutti liberi» e improvvisano un corteo negli spazi del salone al grido di «libertà». L’ennesimo episodio di «gruppi fuori dalla storia e dalla società», dirà il sottosegretario agli interni Michelino Davico.
E un ampio schieramento di polizia accoglie i manifestanti che, sabato 15 maggio, danno vita nella mattinata a un presidio a Porta Palazzo: un appuntamento inizialmente indetto contro i Centri di identificazione e espulsione (Cie) e le morti in carcere come quella di Stefano Cucchi, e poi esteso alla denuncia degli arresti del 12 maggio.
Intorno all’una il presidio si trasforma in un piccolo corteo che gira per un’ora nel quartiere multietnico. «Fermati un minuto e pensa — megafona un antagonista — uno di questi giorni, il ragazzo che incontri al bar verrà portato in una galera per i “senza documenti”. Con la nuova legge ce lo terranno sino a sei mesi per poi deportarlo in un paese dove non può e non vuole più vivere. Fino a qualche mese fa faceva il muratore…».
La gente si ferma, ascolta. Un vecchio edicolante scuote la testa: «Ma guarda quanta polizia… Speriamo che non partano le manganellate come l’altra volta», dice.
Nel pomeriggio, il presidio si sposta davanti al carcere delle Vallette tra slogan, musica e «interventi di denuncia della violenza poliziesca». E ancora una volta, la Torino dei «solidali» cammina insieme.
Migranti, No tav, Pacchetto sicurezza, sportello legale e per il diritto alla casa, resistenza agli sfratti. «Su questi temi ci si ritrova — dice Chiara dell’Askatasuna — e si fa blocco contro la repressione che cerca di prendersela con chi pratica livelli di resistenza sul territorio e difende spazi sociali nella nostra città».
Terreni comuni in cui si ricostruisce il nuovo volto della Torino solidale.
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Il cardiMale Oscar Rodríguez Maradiaga interverrà venerdì 28 maggio alla presentazione del libro del Dr. Giuseppe Crea: ““Agio e disagio nel servizio pastorale. Riconoscere e curare il burnout nella dedizione agli altri”
Presso le suore Suore Guanelliane, Piazza S. Pancrazio 9 – Roma
Intervengono oltre all’autore del libro e al Cardinale:
Prof. Eugenio Fizzotti, presidente dell’Alæf
Associazione di Logoterapia e Analisi Esistenziale Frankliana (ALÆF)
Dott. Enzo Romeo, giornalista, caporedattore esteri TG2 (???)
Modera: dott. Fabrizio Mastrofini, giornalista radio vaticana
Qui di seguito qualche indirizzo per i volenterosi che volessero dimostrare tutta la loro indignazione per l’invito rivolto al Cardinale golpista di Tegucigalpa.
Giuseppe Crea:
Per telefono:
06/7843151 06/7843151
339/3708944 339/3708944
(ore serali)
Per e-mail: creagiustiscaliit
Figlie di Santa Maria della Provvidenza
c.a. Superiora
Sr. Giustina Valicenti
infocgfsmporg
prof. Eugenio Fizzotti, presidente dell’Alæf
dott.
Enzo Romeo, caporedattore esteri TG2 mail:
eromeoraiit ????
redazione tg2 06–33171152
Modera: dott. Fabrizio Mastrofini, giornalista radio vaticana
sedocvatiradiova
radio vaticana
telefono: + 39 6 698 83 551
RADIO VATICANA
PALAZZO PIO
PIAZZA PIA 3
00120 CITTA’ DEL VATICANO
Qui una bozza di lettera, basta cambiare la firma in fondo e il destinatario (o lasciarla così e mettere per es. p.c. Dott. Crea)
Alle Figlie di Santa Maria della Provvidenza
c.a. Superiora
Sr. Giustina Valicenti
infocgfsmporg
Roma, 25 maggio 2010
Siamo venuti a conoscenza soltanto ora dell’invito rivolto al Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga, cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) per la presentazione del libro di Giuseppe Crea che avrà luogo presso il Vs. Istituto il 28 maggio prossimo alle ore 18 in Piazza San pancrazio n. 9 Roma.
Sappiamo che il Mons. Maradiaga, fin dai giorni immediatamente successivi al colpo di Stato avvenuto in Honduras il 28 giugno dell’anno scorso, con il quale è stato deposto e cacciato dal paese il presidente legittimamente eletto Manuel Zelaya, si è distinto per le sue posizioni apertamente schierate con il governo golpista di Roberto Micheletti e contrarie al ritorno di Manuel Zelaya nel paese.
Il Mons. Maradiaga, e la gerarchia cattolica honduregna, avevano d’altra parte espresso già prima del golpe, forte perplessità e opposizione verso il progetto, portato avanti dal governo Zelaya, di installare una Quarta Urna nelle sedi elettorali, progetto che avrebbe condotto ad un’Assemblea Costituente in un paese dove vige tutt’ora la Costituzione scritta dal dittatore Policarpo Paz nel 1982. Un’Assemble Costituente che avrebbe restituito finalmente un po’ di sovranità popolare ad un paese, L’Honduras, uno dei più poveri del mondo, con una mortalità infantile del 48% fino al 5° anno di età, con una disparità tra classi ricche e classi povere tra le più alte in assoluto. Un paese dove vige un sistema sociale in cui una decina di famiglie possiede la totalità della ricchezza e del potere, controlla le istituzioni politiche e giudiziarie e, in combutta con le gerarchie militari ed ecclesiastiche, gestisce ogni aspetto della vita sociale ed economica.
Ci sono inoltre ben noti i legami dell’Opus Dei con le alte gerarchie cattoliche honduregne e sappiamo che lo stesso Mons. Mardiaga ne è membro attivo da oltre due decenni.
E’ noto anche che “secondo documenti in possesso del mensile El Libertador, il cardinale Rodríguez aveva ottenuto un salario mensile di 5.300 dollari da parte dello Stato. Il favore era stato concesso nel 2001 dal presidente della Repubblica, Carlos Flores Facussé ed era stato sospeso proprio da Manuel Zelaya”. Il suo salario è stato immediatamente ripristinato dal governo golpista.
Il Monsignore e il resto della gerarchia cattolica non hanno mai d’altra parte espresso nessuna condanna rispetto alle decine di persone che sono state uccise dai militari e dai gruppi paramilitari e sulle migliaia che hanno subito e continuano a subire gravi violazioni dei diritti umani. La violenza golpista non si è esaurita infatti con le “elezioni” farsa del novembre scorso, che hanno sancito la vittoria di Porfirio Lobo, ma continua a ritmo costante colpendo giornalisti, attivisti, leader comunitari e contadini, sindacalisti, in uno stillicidio continuo e costante di vite umane ignorato completamente dai media internazionali.
Il Monsignore Maradiaga, poco solidale e poco vicino al popolo, lo è ancor meno con gli uomini della sua Chiesa. Mai una parola di condanna ha proferito contro le persecuzioni a cui sono sottoposti da parte del governo uomini come padre Andrés Tamayo, a cui è stata tolta la nazionalità honduregna e che è stato espulso dal paese, o il gesuita Ismael Moreno (Padre Melo) e il sacerdote Fausto Milla, perseguitati e minacciati più volte di morte per il loro lavoro pastorale a fianco dei più poveri e per il loro impegno contro il colpo di Stato.
Esprimendo la nostra più completa disapprovazione e indignazione per l’organizzazione dell’evento di cui sopra, vi invitiamo a considerare l’opportunità di cancellare il medesimo in segno di rispetto per lo meno verso i morti per mano dell’esercito e dei paramilitari al soldo dei golpisti.
Vi informiamo anche che settori della società civile attenti al rispetto dei diritti umani in particolare per quanto riguarda l’area dell’America latina si sta stanno già organizzando per esprimere pubblicamente il proprio dissenso (come già avvenuto presso la sede dell’IILA in occasione della conferenza del Monsignore il 20 maggio scorso) da quest’ennesima legittimazione di un vero colpo di Stato, oltre che per denunciare con tutti i mezzi e canali disponibili le complicità in tale legittimazione, qualora dovessero esserci.
Annalisa Melandri
www.annalisamelandri.it
collaboratrice italiana della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH)
a nome di altri attivisti di Roma
e associazioni diverse
P.S. Vi informiamo che una cerimonia di consegna di una laurea Honoris Causa al Monsignor Maradiaga lo scorso mese di novembre in Francia è stata annullata dall’ambasciata per timore di proteste. Qui la notizia relativa:
http://www.ellibertador.hn/Nacional/3493.html
Per Cuba
Senza discutere sulla buona fede degli intellettuali italiani che hanno di recente preso posizione pubblica contro il governo cubano a seguito della tragica morte in carcere di Orlando Tamayo Zapata, parlando – ma sempre sulla base delle informazioni USA – di “prigionieri politici e di coscienza” nelle galere di Cuba, noi desideriamo ricordare alla pubblica opinione italiana, succube di una stampa “indipendente” da sempre nemica della rivoluzione castrista, che questa rivoluzione continua a essere un punto di riferimento e una potente ispirazione per tutte le forze che, sempre più numerose non solo in America Latina, si battono per un mondo senza sfruttamento, senza guerra e senza violenza. La morte di Zapata, che il governo cubano ha pubblicamente ricordato con dolore e senso di solidarietà, mentre si attende ancora che il governo italiano faccia qualche gesto analogo per la morte di Stefano Cucchi e il suicidio di decine di carcerati delle nostre democratiche prigioni, è stata occasione per una campagna di sfacciata denigrazione “democratica” della rivoluzione cubana. Non importa che Zapata fosse anzitutto detenuto per svariati reati comuni e solo di recente avesse inteso dare alla propria contestazione della vita carceraria (compresa la richiesta di disporre di una cucina e di un telefono privato in cella) una precisa connotazione politica. Non importa che anche pubblici documenti di Amnesty International diano atto che a Cuba non è mai stato torturato nessuno (eccetto che nella base americana di Guantanamo) e non si sono mai praticate quelle esecuzioni extragiudiziali per cui si è reso tristemente famoso il “democratico” Stato di Israele. Non importa, infine, che in un recente processo in Florida sia stato accertato che un vecchio e riconosciuto terrorista come Santiago Alvarez sia stato tra i finanziatori costanti delle Damas de blanco: anche loro certamente in buona fede, ma altrettanto certamente utilizzate dalla CIA per le sue manovre–che durano da cinquant’anni con una serie impressionante di attentati – per rovesciare il democratico governo di Cuba.
Noi sappiamo che a Cuba, come ha ricordato Fidel Castro, l’assistenza sanitaria per tutti è legge da decenni, mentre Obama fatica a farla accettare dal Congresso USA; sappiamo che medici, maestri, professori cubani operano al servizio di tutti i poveri dell’America Latina (con uno dei migliori ospedali oftalmici del mondo a disposizione gratuita di chi ne ha bisogno), che l’istruzione è libera e gratuita per tutti nell’isola; e che le restrizioni a cui ancora oggi il popolo cubano è soggetto (in termini di disponibilità di merci, di denaro convertibile, ecc.) sono solo conseguenza del feroce e immotivato embargo a cui l’isola è sottoposta da parte degli Usa e di pochi loro alleati. Siamo scandalizzati, ma non sorpresi, del cinismo con cui i media, soprattutto italiani e spagnoli, hanno utilizzato la morte di Orlando Zapata, per la quale esprimiamo ancora una volta il nostro sincero dolore. Sperando che la sua storia e l’uso che se ne è fatto da parte anche di giornalisti e politici italiani servano non tanto alla “liberazione” dei pretesi “prigionieri politici” di Cuba, ma ad aprire finalmente gli occhi dell’opinione pubblica sulla spregiudicatezza della propaganda di un imperialismo internazionale che, lo speriamo, ha ormai i giorni contati. Su queste idee chiediamo un pronunciamento dal mondo dell’intellettualità, dell’arte e dello spettacolo…
Gianni Vattimo, filosofo, europarlamentare
Gianni Minà, giornalista
Margherita Hack, astronoma
Marco Rizzo, giornalista, già europarlamentare
Luciano Vasapollo, Università di Roma
Fabio Pratesi, medico
Francesco Baccini, cantautore
Danilo Zolo, giurista Università di Trieste
Aldo Bernardini , docente Università di Teramo
Ivan Cicconi, economista
Angelo D’Orsi, storico Università di Torino
Maria Fierro, giurista
Alfonso Galdi , giurista
Silvia Giorcelli, storica Università di Torino
Domenico Losurdo, storico Università di Urbino
Cristiano Lucarelli , calciatore
Massimiliano Marotta, storico ISF di Napoli
Andrea Mingardi, cantautore
Red Ronnie, musicologo
PierAldo Rovatti, filosofo Università di Trieste
Prof. Amati Paolo
Battiglia Roberto, Rivista Nuestra America
Cararo Sergio, giornalista
Prof.Ciattini Alessandra
Prof. Forneris Gilberto
Prof. Garroni Stefano
Prof Gotor José Luis
Prof. Ieradi Luisa Anna
Prof. Lucchese Franco
Prof. Lux Simonetta
Martufi Rita, Dir.Centro Studi Cestes-Proteo
Orsati Grazia, Dir Rivista Nuestra America
Prof. Punzo Francesco
Prof Punzo Luigi
Riccio Alessandra, condirettrice Latinoamerica
Rossi Marina, Avvocato
Prof. Ruggieri Franca
Santopadre Marco, giornalista
Vasapollo Domenico, Dir. Natura Avventura
Vasapollo Federica, S Univ. Sapienza
Vasapollo Viviana, Archeologa
Giovanni Barbieri, giornalista
Paolo Federici, ass.Italia Cuba
Antonio D’Angelo, architetto
Loredana Macchietti, editore “Latinoamerica”
Alessandro Perrone, consigliere
Annalisa Melandri, blogger
Franca Pesce, docente
Alessandro Riccio,
direttore Filippo Cannizzo, fondazione Ugo Spirito
Marco Papacci, ass.Italia-Cuba
Violetta Nobili, redazione Nuestra America
Federico Castelli, artista
Maurizio Carboneschi, seg.Anaic
Primo Soravia, ass. Italia-Cuba
Robert Pieder Thum
Donata Zurlo
Roberta Antonacci
Roma 17 maggio 2010
Per adesioni o informazioni :
appellopercubaliberoit
Roma 17 maggio 2010
Per adesioni o informazioni : appellopercubaliberoit