Il presidente boliviano Evo Morales lo scorso fine settimana è stato costretto a sospendere improvvisamente il suo viaggio nella città di Sucre, capitale costituzionale della Bolivia, per motivi di sicurezza. Gruppi di estrema destra, organizzati dall’ Alcaldia (il Comune) e formati da studenti dell’Università Pontificia di San Francisco Xavier e da appartenenti al Comité Interinstitucional, come ha denunciato il ministro del Governo Alfredo Rada, hanno dato origine a gravi disordini il cui bilancio è stato di una cinquantina di feriti. Persone armate di bastoni e pietre si sono prima scontrate con le forze dell’ordine, accerchiandole e insultando i militari che si sono ritirati su disposizione del governo per evitare il degenerare della situazione. Successivamente hanno preso di mira 20 contadini ed indigeni di etnia quechua affiliati al Mas (il partito di Morales), aggredendoli, insultandoli e legandoli dopo averli denudati nella piazza principale della cittadina, dove sono stati costretti a baciare il terreno, a maledire il MAS e il governo centrale e a chiedere scusa per le tre vittime degli scontri avvenuti lo scorso novembre durante l’approvazione della bozza della Nuova Costituzione.
Il viaggio di Morales si doveva svolgere in occasione dei festeggiamenti per i 199 anni della città.
Il Comité Interinstitucional che da tempo rivendica il passaggio di tutti i poteri dalla capitale governativa La Paz alla città di Sucre dove invece risiede soltanto la Corte Suprema, si è trasformato in un vero e proprio gruppo ribelle.
L’alto commissariato Onu per i diritti umani in Bolivia ha condannato duramente quanto accaduto: “questi incidenti violenti sono incompatibili con il rispetto dei diritti umani, violano la dignità umana, il diritto all’integrità personale e il divieto di sottoporre una persona ad atti degradanti”.
E infatti quello che ha caratterizzato la protesta contro la visita di Morales è stata la forte connotazione razzista che questa ha assunto.
Le comunità indigene e contadine della zona sono molto scosse da quanto avvenuto. Scene come quelle che si sono viste nella piazza principale del paese, riportano la storia indietro di centinaia di anni e il fatto che a compiere tali azioni siano stati soprattutto giovani e persone vicine alle istituzioni locali rende la situazione, già di per sè preoccupante (per la spinta autonomista delle regioni della Media Luna che va avanti da tempo), ancora più grave. Evo Morales ha invitato la Chiesa Cattolica, Metodista ed Evangelica a farsi promotrici di una campagna nazionale contro il razzismo, ma i suoi sostenitori, per la maggior parte indigeni e contadini, chiedono a questo punto al presidente boliviano maggior fermezza nella lotta al razzismo, che nelle ricche regioni orientali del paese sta assumendo le connotazioni di una vera e propria guerra civile.
Grande assemblea studentesca oggi alla Sapienza. Contro il parere della magistratura, dei politici e delle forze dell’ordine, che all’unanimità parlano di una rissa tra studenti di opposte fazioni e non di un’aggressione neofasciosta premeditata, le istituzioni universitarie, rappresentate al momento dal pro rettore vicario Luigi Frati (per l’assenza del rettore Guarini che da Mosca dove si trova segue comunque la vicenda e approva l’operato del suo vice) si schierano apertamente con i ragazzi dei collettivi di sinistra, condannando l’aggressione subita da tre di loro e chiedendo che venga fatta distinzione tra aggrediti e aggressori. Per Emiliano Marini, infatti, simpatizzante di sinistra, sono stati confermati ieri nel processo per direttissima che si è tenuto insieme ad altri sei giovani, di cui 4 appartenenti a Forza Nuova, gli arresti domiciliari e il processo è stato rimandato a luglio. I suoi compagni ne chiedono oggi a gran voce la liberazione.
Il pro rettore vicario Luigi Frati, sta assumendo un ruolo sempre più importante in tutta la vicenda e significativo e fondamentale appare proprio in questo momento la sua presa di posizione a favore di un’università antifascsita dove la violenza e la prepotenza non possono più essere tollerate. Ieri è stato duramente attaccato da Forza Nuova per queste sue dichiarazioni :”lo stesso sindaco Alemanno, che ha una storia non proprio vicina alla nostra ha condannato apertamente la xenofobia di queste persone…potrebbe essere anche strumentale o quello che vi pare, ma questo rafforza ancora di più le nostre riflessioni”. A nome del preside che rappresento — ha aggiunto Frati — fermiamo ogni forma di violenza e di espressione se accompagnata da qualcuno che ha in mano un pugnale o bastoni. Questi soggetti non possono prendere parola all’interno dell’università”. Ieri pomeriggio inoltre alle ore 18 è uscita dal suo ufficio questa circolare: L’università sta esaminando la possibilità di costituirsi parte civile nei procedimenti giudiziari che riguardano fatti che hanno danneggiato la vita accademica…ribadiamo ancora una volta la linea di garanzia per un confronto libero e civile delle idee e di condanna delle aggressioni e di ogni atto che con la violenza o in nome della violenza vuole imporre idee”.
Foto LaJornada
Le piogge torrenziali degli ultimi giorni nei dipartimenti di Tolima, Boyacà, Cundinamarca e Antioquia hanno causato in varie zone lo straripamento del fiume Magdalena.
Si contano già 16 morti e 124mila persone hanno subito danni o perdite alle loro abitazioni o cose.
Nella cittadina di Puerto Boyacà il río Magdalena ha inondato diverse zone e la situazione è preoccupante per le cattive condizioni del tempo.
Ricordiamo che quella di oggi è stata un’aggressione fascista premeditata compiuta da militanti Forza Nuova contro tre studenti universitari di sinistra che stavano attaccando dei manifesti nei pressi della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza.
Attenti ai media pertanto. Non si è trattato né di “botte tra antifascisti e militanti neri” come riporta Panorama.it, né di “rissa” come invece racconta la Repubblica.it, né di “scontri tra militanti di estrema destra e giovani dei centri sociali” come si legge sul sito del Corriere della Sera.
Alle 20.00 il TG1 parla di “scontri fuori dall’università tra estremisti di destra e centri sociali” mentre il TG2 fa peggio, intervista Roberto Fiore, il quale difendendo i picchiatori di Forza Nuova dà la sua versione dei fatti e cioè che i militanti fascisti sarebbero stati aggrediti dagli studenti di sinistra.
E’ da condannare fermamente inoltre il riferimento che sia il Corriere della Sera che il TG1 fanno ai centri sociali come parte contrapposta ai militanti di estrema destra. I centri sociali della zona praticamente non hanno nulla a che vedere con l’accaduto, che riguarda esclusivamente studenti della Sapienza e militanti di Forza Nuova. Citare i centri sociali in questa vicenda, non fa altro che gettare discredito su di essi senza motivo apparente, se non quello probabilmente di agevolare il neosindaco di Roma nel suo proposito di ridimensionare la loro presenza nel tessuto urbano, come nelle settimane scorse ha già anticipato di voler fare.
E’ controverso che l’aggressione compiuta da una squadraccia di venti persone incappucciate, ai danni dei negozi di cittadini del Bangladesh avvenuta qualche giorno fa nel quartiere romano del Pigneto, non abbia una matrice politica come ha reso noto la Polizia. Non c’è ombra di dubbio invece sulla matrice politica che ha guidato l’aggressione di questa mattina agli studenti dei collettivi antifascisti, avvenuta poche ore fa nei pressi dell’Università La Sapienza.
Sembra di essere tornati nella Roma degli anni ’70. Siamo invece nel 2008 e i militanti di Forza Nuova, eredi di quei fascisti picchiatori e assassini, dei quali uno è appena diventato sindaco di Roma, come decenni fa utilizzano ancora mazze, tirapugni e bastoni contro altri giovani, colpevoli soltanto di attaccare dei manifesti per strada.
All’origine dell’aggressione ci sarebbe però la revoca dell’autorizzazione da parte del pro rettore dell’università La Sapienza, al convegno organizzato da Forza Nuova e da Lotta Studentesca che si sarebbe dovuto tenere giovedì prossimo nelle aule della facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo, dal titolo: “Foibe, l’unica verità contro il negazionismo dei collettivi antifascisti”. Era previsto anche un intervento di Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova.
Gli studenti antifascisti, indignati giustamente dal fatto che nella facoltà si tenesse un convegno organizzato da un partito di estrema destra di chiara matrice neofascista e neonazista, hanno occupato ieri la presidenza della facoltà di Lettere e Filosofia e hanno scritto una lettera al rettore, firmata anche da numerosi docenti, invitandolo a rivedere l’autorizzazione al convegno. Il rettore, preoccuapato che la situazione potesse degenerare e probabilmente influenzato anche da quanto accaduto qualche giorno fa al Pigneto e dal clima di intolleranza e di violenza che si respira in questi giorni nella capitale, ha deciso così di revocare l’autorizzazione.
Nella nottata le vie adiacenti alla facoltà, per ripicca, sono state tappezzate dai militanti di Forza Nuova di volantini di chiara matrice fascista e mentre oggi studenti dei collettivi antifascisti stavano provvedendo a coprirli, è scattata l’aggressione. Da quattro auto sono scese circa venti persone, armate di spranghe, bastoni e catene. Qualcuno parla anche di coltelli. Raccontano i testimoni: “uno aveva la maglietta dei Boys”, un gruppo ultrà della curva romanista notoriamente di estrema destra, “e un altro una croce celtica tatuata sul polpaccio”, “tutti sui trent’anni”.Il bilancio dell’aggressione, avvenuto davanti a decine di persone, è di tre feriti da “codice giallo” , un ragazzo con una spalla lussata altri due con ferite alla testa.
Nel primo pomeriggio è stata indetta presso l’ateneo, da parte dei collettivi universitari un’assemblea e una conferenza stampa.
Il pro rettore ha dichiarato che si tratta di “fatti di un’enorme inciviltà” e che questo dimostra pertanto che l’organizzazione del convegno aveva scopi diversi da quello culturale come di voleva far credere.
Inoltre ha dichiarato di aver messo i manifesti dell’iniziativa a disposizione dell’autorità giudiziaria, in quanto “non è possibile, nel 2008, mettere un pugnale nel proprio simbolo: uno che mette nel suo simbolo un pugnale non ha cittadinanza in questa università”.
Ciclo di incontri con rappresentanti dei movimenti indigeni e sociali latinoamericani
Dopo la Cumbre de los Pueblos di Lima, conclusasi con la grande mobilitazione dei movimenti sociali e con il fallimento delle politiche commerciali che la UE voleva imporre ai paesi della regione Andina, dal 28 maggio al 6 giugno saranno in Italia alcuni rappresentanti dei movimenti sociali e indigeni latinoamericani per una serie di iniziative pubbliche in varie città italiane.
Il ciclo di incontri - organizzato dall’associazione A Sud — partirà da Roma per toccare Napoli, Milano, Trieste ed avrà come obiettivi: denunciare, insieme ai protagonisti dei movimenti sociali latinoamericani, l’impatto che gli accordi commerciali hanno sulla vita dei popoli e sulle risorse naturali dell’Unione Europea e dell’America Latina; continuare a costruire alleanze, cooperazione e relazioni tra movimenti, società civile e istituzioni locali; discutere — assieme alla società civile e alle amministrazioni italiane — dei cambiamenti in atto in America latina e nel mondo, e del contributo dei movimenti sociali e indigeni latinoamericani alla risoluzione dei conflitti sociali e ambientali del pianeta.
Un forte accento sarà dato alla drammatica situazione che vive la Colombia, da decenni teatro di una violenta guerra a bassa intensità, alla sistematica repressione subita dai leader sindacali, sociali, indigeni, afrodiscendenti etc. ed alle proposte che i movimenti sociali colombiani stanno portando avanti per difendere i diritti umani (in particolare la libertà di opinione e di associazione) e per cercare una soluzione collettiva di pace che vada oltre la smobilitazione armata.
La delegazione sarà composta da:
- Luis Evelis Andrade Casama, Presidente e Consejero Mayor della Autorità Nazionale Indigena della Colombia — ONIC
- Miguel Palacin Quispe, Coordinatore Generale del Coordinamento Andino delle Organizzazioni Indigene — CAOI
- Gloria Amparo Suárez, Portavoce Organización Femenina Popular, Colombia
- Omar Fernández Obregón, Religioso francescano, poeta, rappresentante del Movimento dei Cristiani per la Pace con Giustizia e Dignità, fondatore della Coalizione dei Movimenti e delle Organizzazioni Sociali Colombiane — COMOSOC
- Nelly Celorio Parameno, Movimiento Afrodiciendentes Huellas Africanas, Colombia
- Higinio Obispo González, Leader indigeno del popolo Eperara e co-fondatore del COMOSOC
- Gilberto Luis Martínez Guevara, Leader sindacale, componente della Giunta Nazionale della Centrale Unitaria dei Lavoratori CUT — Colombia
Leggi le biografie degli ospiti della delegazione latinoamericana
per partecipare, per informazioni e contatti:
+39 348 6861204
I media rispettino il popolo ROM — Appello
21 maggio 2008
- Negli ultimi giorni abbiamo assistito a una forte campagna politica e d’informazione riguardante il tema dell’immigrazione. Siamo rimasti molto impressionati per i toni e i contenuti di molti servizi giornalistici, riguardanti specialmente il popolo rom. Troppo spesso nei titoli, negli articoli, nei servizi i rom in quanto tali — come popolo — sono stati indicati come pericolosi, violenti, legati alla criminalità, fonte di problemi per la nostra società.
Purtroppo l’enfasi e le distorsioni di questo ultimo periodo sono solo l’epilogo di un processo che va avanti da anni, con il mondo dell’informazione e la politica inclini a offrire un capro espiatorio al malessere italiano.
Singoli episodi di cronaca nera sono stati enfatizzati e attribuiti a un intero popolo; vecchi e assurdi stereotipi sono stati riproposti senza alcuno spirito critico e senza un’analisi reale dei fatti. Il popolo rom è storicamente soggetto, in tutta Europa, a discriminazione ed emarginazione, e il nostro Paese è stato più volte criticato dagli organismi internazionali per la sua incapacità di tutelare la minoranza rom e di garantire a tutti i diritti civili sanciti dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
Siamo molto preoccupati, perché i mezzi di informazione rischiano di svolgere un ruolo attivo nel fomentare diffidenza e xenofobia sia verso i rom sia verso gli stranieri residenti nel nostro Paese. Alcuni lo stanno già facendo, a volte con modalità inquietanti che evocano le prime pagine dei quotidiani italiani degli anni Trenta, quando si costruiva il “nemico” — ebrei, zingari, dissidenti… — preparando il terreno culturale che ha permesso le leggi razziali del 1938 e l’uccisione di centinaia di migliaia di rom nei campi di sterminio nazisti.
Invitiamo i colleghi giornalisti allo scrupoloso rispetto delle regole deontologiche e alla massima attenzione affinché non si ripetano episodi di discriminazione. Chiediamo all’Ordine dei giornalisti di rivolgere un analogo invito a tutta la categoria. Ai cittadini ricordiamo l’opportunità di segnalare alle redazioni e all’Ordine dei giornalisti ogni caso di xenofobia, discriminazione, incitamento all’odio razziale riscontrato nei media.
Promotori:
Lorenzo Guadagnucci, giornalista Firenze (3803906573)
Beatrice Montini, giornalista Firenze (3391618039)
Zenone Sovilla, giornalista Trento (3479305530)
Primi firmatari:
Massimo Alberizzi, giornalista Milano
Checchino Antonini, giornalista Roma
Paolo Barnard, giornalista Bologna
Emanuele Chesi, giornalista Forlì
Riccardo Chiari, giornalista Firenze
Maurizio Chierici, giornalista Parma
Michele Concina, giornalista Roma
- Domenico Coviello, giornalista Firenze
Manuela D’argenio, giornalista
Toni De Marchi, giornalista, Roma
Monica Di Sisto, giornalista Roma
Amelia Esposito, giornalista Bologna
Paolo Finzi, Milano
Miriam Giovanzana, giornalista Milano
Domenico Guarino, giornalista Firenze
Carlo Gubitosa, giornalista Taranto
Gabriela Jacomella, giornalista Milano
Claudio Jampaglia, giornalista Roma
Cristiano Lucchi, giornalista Firenze
Alessandro Mantovani, giornalista Bologna
Martino Mazzonis, giornalista Roma
Giulio Montenero, giornalista Trieste
Alfio Nicotra, giornalista Roma
Pino Nicotri, giornalista Milano
Silvia Ognibene, giornalista Firenze
Arianna Parsi, giornalista
Eva Pedrelli, giornalista, Thailandia
Raffaele Palumbo, giornalista Firenze
Sandro Pintus, giornalista Firenze
Anna Pizzo, giornalista Roma
- Pietro Raitano, giornalista Milano
Sabrina Sganga, giornalista Firenze
Cecilia Stefani, giornalista Firenze
Elena Tebano, giornalista Milano
Duccio Tronci, giornalista Firenze
Paola Trotta, Milano
Pietro Vaccari, blogger
Gabriele Vannini, Firenze
Raf Valvola, mediattivista Milano
le altre adesioni
di Alessandro Robecchi
Poche righe in cronaca, e nemmeno su tutti i giornali, per l’anziana signora che ha ridotto in schiavitù la badante rumena a Lainate (Milano). A differenza dei delinquenti stranieri (di cui si pubblica nome e cognome), e a differenza dei rapinatori italiani (di cui si pubblicano le iniziali), della signora schiavista non si sa nulla, se non l’età avanzata, 75 anni, e la dignitosa semiricchezza dell’abitazione, una villetta. E così, volendo usarla come metafora, un nome glielo devo trovare io, e la chiamerò Italia. Dunque, la storia: Italia è vecchia. Italia vuole qualcuno che la accudisca essendo i giovani d’Italia incapaci di accudire i vecchi, o svogliati, o scontrosi ed avendo Italia servizi sociali inesistenti. Italia si serve di mano d’opera straniera. Ma Italia fa in modo che questa mano d’opera straniera non conosca i suoi diritti, che sia sfruttata e terrorizzata. Italia non la paga e la ricatta con l’incubo dell’espulsione o dell’arresto. Italia le fa fare la doccia fredda, una volta al mese. Italia le dà da mangiare i suoi avanzi. La rinchiude in un seminterrato. Italia spende poco per pagare la straniera che lavora per lei, ma spende molto in tecnologia per il controllo e la repressione: telecamere a circuito chiuso e addirittura sensori acustici per conoscere i movimenti della sua schiava. Italia usa parole come “serva” e frasi come “è solo una rumena”. Italia ha vicini di casa che conoscono la situazione, ma stanno zitti, perché sono italiani anche loro, complici, in qualche modo figli d’Italia. Il capitano dei carabinieri intervenuto ha descritto bene Italia: “Un mix di cattiveria, ignoranza e razzismo”. Forse qualche mese fa, osando un po’, avrei potuto chiamarla Padania, ma oggi non ho dubbi sul nome da dare alla vecchia schiavista: Italia le sta benissimo, ci canta, per così dire. E non capisco cosa aspettino i governanti d’Italia e la loro melliflua opposizione, a recarsi in blocco fuori dalla villetta di Lainate a intonare qualche canto corale. Per esempio Fratelli d’Italia. Che diamine, un po’ di coerenza!