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e poi dicono che la sinistra non c’è più…
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Una folla di giovani e di meno giovani, di varie associazioni, di sindacati e alcuni esponenti politici, tutti insieme venerdì 9 maggio 2008 hanno rifatto in corteo il presunto tragitto che Peppino Impastato ha fatto trent’anni fa prima di essere ucciso barbaramente dagli uomini del boss di Cinisi Tano Badalamenti. Più o meno 10.000 persone con le bandiere al vento, con i propri striscioni e con i propri slogan per dire che Peppino non è morto invano e che oggi le sue idee non moriranno mai. Il corteo è iniziato da Terrasini davanti la casa, dove Peppino e i suoi compagni avevano la sede della straordinaria Radio Aut, con la quale denunciavano il sistema politico-mafioso di Cinisi. La nipote di Peppino, Luisa Impastato ha distribuito migliaia di fiori, gerbere, donate da un’associazione pugliese, portate dai partecipanti al corteo. Tanta l’emozione di tutti ma tantissima emozione dell’amico di Peppino, Salvo Vitale che ha dato il saluto incazzato per l’avvio del corteo. Da Terrasini a Cinisi un corteo lunghissimo aperto dallo striscione dei compagni di Peppino “La mafia uccide il silenzio pure”. C’erano giustamente i ragazzi di Radio Aut, Libera, l’Arci, Addio Pizzo e tantissimi altri. Il corteo ha sfilato per il lungo mare, dove le tante bandiere rosse e non solo sventolavano al vento, con la musica festosa che risuonava per tutta la spiaggia, mentre atterravano gli aerei diretti all’aeroporto di Punta Raisi. Poi si è passati dal passaggio a livello della strada ferrata, dove la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 Peppino veniva dilaniato dal tritolo. Infine l’entrata trionfale a Cinisi con in testa il fratello Giovanni e i compagni di Peppino, con il corteo che intonava “Bella Ciao”. Mi ricordava la scena del film “I cento passi” quando arriva quella folla di giovani per dare l’ultimo saluto a Peppino e portarlo al cimitero, ma se allora erano in mille dopo 30 anni erano in seimila. Passando dalla Casa Memoria dove Peppino ha vissuto, l’hanno salutato con il pugno alzato e hanno ricordato anche la grande Mamma Felicia. Il corteo si è concluso 100 passi sopra la casa di Tano Badalamenti, dove dal palco prima di tutti ha preso la parola, il compagno Umberto Santino, Presidente del Centro Impastato, il quale ha detto che la lotta di Peppino “è stata culturale, sociale e politica. Oggi è importante non solo per ricordare ma per continuare la lotta alla mafia come sistema di potere”. Ha denunciato il rapporto che esiste tra la mafia e il berlusconismo. “La manifestazione di oggi è riuscita ma stiamo attenti perchè Cosa nostra è alle corde ma molto rimane da fare”. Ha proposto che quella piazza fosse intitolata a Peppino e che la casa di Badalamenti venga confiscata. Poi ha denunciato che “di Cinisari o Cinisensi ce ne sono stati ben pochi come quando feci il comizio dell’11 maggio 2008 al posto di Peppino Impastato che le finestre erano chiuse. Anche nel caso di oggi ciò si è ripetuto”. Ha invitato i Cinisensi a non aver come eroi Tano Badalamenti e i mafiosi ma di aver come eroe Peppino Impastato e Felicia. Poi ha preso la parola Salvo Vitale l’amico di Peppino e presidente della Casa Memoria. Con il suo inconfondibile humor ha detto “ci siamo rotti le balle di fare solo manifestazioni corteo, oggi ha un senso se alziamo lo scontro. Non ne possiamo più. Dobbiamo prendere a modello la resistenza per sconfiggere la mafia”. Ha concluso il fratello Giovanni dicendo che a distanza di 30 anni ce l’hanno fatta perché il messaggio di Peppino è stato recepito dai giovani. Poi ha risposto ai suoi concittadini dicendo che non è ricordando Peppino che si scredita Cinisi ma “ospitando” capimafia come i Lo Piccolo. Poi il 9 maggio si è concluso all’insegna della musica con il concerto. Noi del circolo Arci di “Corleone Dialogos” siamo stati presenti e l’abbiamo sentito come un dovere partecipare perché Peppino è simbolo di chi ha fatto antimafia attraverso anche l’informazione libera e per noi questa rimane la via da seguire ed è vero che le sue idee oggi sono le nostre idee. Grazie Peppino la tua morte non è stata vana.
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Altre foto del corteo si trovano qui, ringrazio gli amici della redazione di Corleone Dialogos
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Ieri, mi sono trovata a passare del tutto casualmente, durante una imprevista quanto piacevole passeggiata, per Via Caetani. Praticamente erano secoli che non passavo di lì.
Devo dire che mi sono emozionata e forse anche commossa, le autorità avevano deposto da poco le loro corone di fiori e qualcuno aveva lasciato un mazzo di lilium accompagnato da una bella lettera scritta a mano indirizzata ad Aldo Moro. Trent’anni dopo. E ho pensato che io avevo pubblicato solo un ricordo a Peppino Impastato, ma nulla che ricordasse anche il trentennale della morte di Aldo Moro. Non so bene per quale motivo, forse perchè ho sempre la tendenza a ricordare prima gli ultimi o a scrivere generalmente più di quello di cui si racconta meno. “Tanto” – mi dico, “agli altri c’è già chi ci pensa”.
Credo anche che niente avvenga per caso, almeno le cose che mi riguardano. E così mi sento, anche se solo con una foto, di ricordare l’uomo Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse a Roma il 9 maggio 1978. Forse rimasto oggi anche più solo di Peppino, a differenza di lui, ricordato solo freddamente dalle autorità. Peppino, invece nella sua Sicilia è stato ricordato da migliaia di persone. Lo voglio ricordare, Aldo Moro, anche perchè, almeno per me, non è vero che “ha avuto ciò che si meritava” come ebbe a dire il cardinale Siri, quando gli diedero la notizia della sua morte.
Appartiene al tuo sorriso
l’ansia dell’uomo che muore,
al suo sguardo confuso
chiede un pò d’attenzione,
alle sue labbra di rosso corallo
un ingenuo abbandono,
vuol sentire sul petto
il suo respiro affannoso:
è un uomo che muore.
(Peppino Impastato)
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Questo il Programma del Forum Sociale Antimafia 2008
Fa troppo male all’Italia democratica e moderna un gruppo di nazifascisti che ammazza a sangue freddo un coetaneo per una sigaretta. Ma questa è un’ipotesi confortante, il fatto ben più triste è che quanto accaduto era meglio se non fosse successo, dato il governo che ci ritroviamo.
E allora va messo in atto il piano B. Che consiste:
a) nello spoliticizzare l’accaduto e a questo ci pensano le istituzioni e i mezzi di comunicazione. Ci ha provato Gianfranco Fini, neo presidente della Camera, affermando che è stato più grave bruciare una bandiera che non aver ammazzato un giovane.
b) nel tentativo subdolo e ignobile di trasformare la vittima, nella coscienza di noi tutti, trovandogli pecche, atteggiamenti da poter criticare, qualsiasi appiglio per cui anche a livello giudiziario quanto commesso dagli omicidi possa trovare anche una sola minima giustificazione. E a questo ci stanno pensando i legali degli assassini e di nuovo, i mezzi di comunicazione.
E infatti:
Prima era una sigaretta, Nicola, ieri invece stava già fumando un canna che avrebbe rifiutato ai cinque nazi che lo hanno massacrato. Oggi è tornata per fortuna ad essere una sigaretta. E certo, vuoi mettere la differenza tra uno che fuma una sigaretta e uno che fuma una canna? Un pestaggio si trasforma in una rissa tra balordi. E poi la spersonificazione della vittima. Nicola oggi non è più Nicola, ma semplicemente “codino”. Lo è sui giornali, lo è in rete, lo è stato nei vari TG.
Intanto sembra che avrebbe anche risposto male ai suoi assassini, anzi avrebbe detto a uno di essi: “io ti spacco la faccia”. Quattro di loro si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in attesa dei risultati dell’autopsia, ma tutti negano di aver colpito Nicola mentre l’unico che ha parlato è Andrea Visentini. Secondo il suo legale Francesco Delaini, egli avrebbe tentato di sedare la rissa, scoppiata perchè “codino”, con aria minacciosa si sarebbe avvicinato al gruppo dicendo a uno di loro “io ti spacco la faccia”. Anzi, i tre ragazzi, tra i quali la vittima stavano, quando gli è stata chiesta la sigaretta, “cercando inutilmente di entrare spingendo la porta chiusa” di un locale, un bar in Vicolo Leoni. Speriamo che non va a finire che i cinque nazi hanno massacrato Nicola per impedirgli di effettuare una furto con scasso al bar.
Capisco che in questo consista il lavoro degli avvocati, ma almeno un po’ di rispetto per i morti per favore e vergogna!
L’informazione e la desaparición
La riapertura in Argentina dei processi contro la dittatura militare
9 Maggio 2008
10:00–18.30
Istituto Italo-Latino Americano
P.za Benedetto Cairoli, 3
Roma
partecipano:
Flavio Fusi, giornalista — Rai Tre
E.L Duhalde, segreteria dei diritti Umani — governo argentino
Vera Vigevani Jarach, Madres de Plaza de Mayo — Linea Fundadora
Angela Boitano, Familiares
Livio Zanotti, scrittore e corrispondente estero — La Stampa e RAI
Donato Di Santo, esperto di America Latina
Victoria Ginzberg, giornalista — Pagina 12
Gennaro Carotenuto, Università di Macerata
Alessandra Coppola, giornalista — Corriere della Sera
Cecilia Rinaldini, giornalista — Rai
promosso e ideato
dalla Fondazione Basso – Sezione Internazionale
“Verona non è una città fascista” si affanna a dichiarare in queste ore Flavio Tosi, sindaco leghista e nazista come l’ha chiamato Paolo Ferrero, della politica esasperata della “sicurezza e del decoro”. E’ ovvio che nessuno gli crede.
Nicola Tomassoli è morto oggi pomeriggio per i troppi calci presi in testa da 5 deficienti sì, come li chiama il sindaco, ma pur sempre 5 deficienti fascisti e nazisti.
E intanto sembra affiorare una realtà che è sempre esistita e che tutti conoscono.
Stasera a Rai Tre a “Chi l’ha visto” in diretta da Verona un consigliere comunale del Pdci ha detto: “con dieci mesi di gestione Tosi il centro storico di Verona è diventato invivibile per alcune persone che sono generalmente considerate diverse da altre” . E voleva dire che giovani con i capelli lunghi o con un look che potrebbe essere identificato come di sinistra, extracomunitari, nomadi, gay vengono generalmente minacciati, picchiati, infastiditi da altre persone. E questo è vero, in questi giorni è riportato praticamente dovunque, in televisione e sui giornali. E’ drammaticamente e tristemente vero che Verona sembra essere diventata proprietà privata di sedicenti neofascisti e neonazisti che decidono come ci si deve vestire, che taglio di capelli portare, per chi votare.
E’ drammaticamente vero che l’estrema destra cattolica e ultraconservatrice tiene in scacco Verona e che i suoi figli vanno in giro la sera a picchiare coetanei.
E’ vero anche che il sindaco leghista ed altri esponenti della giunta comunale hanno partecipato alla manifestazione del 15 dicembre 2007 organizzata dalla Fiamma Tricolore, da Forza Nuova e dal Veneto Fronte Skinheads, il cui programma del giorno era il seguente : Qualcuno vorrebbe far diventare Verona zona franca per il sudiciume impunito della sinistra estremista, grazie ad una tolleranza senza precedenti da parte di una Procura ancora troppo spudoratamente politicizzata. Occorre una risposta forte ed immediata che solo noi possiamo dare.
E vero che Flavio Tosi dovrebbe dimettersi subito perchè anche sua è la responsabilità morale della morte di Nicola, per aver legittimato violenze e intolleranza, per essere rappresentazione istituzionale del nazifascismo che dilaga a Verona.
Anche sua, ma non solo, perchè vero è purtroppo anche che, sotto la precedente giunta di centro sinistra, guidata da Paolo Zanotto, poco o niente è stato fatto per porre un argine a manifestazioni di odio e di intolleranza contro il “diverso”.
Manifestazioni come questa, (vedere, ma soprattutto ascoltare per credere), corredate da uno dei tanti deliranti interventi di Roberto Fiore, avvenivano a Verona il 27 maggio 2006, nella città medaglia d’oro della Resistenza, governata allora da una giunta di centrosinistra.
Inutile chiedere adesso condanne esemplari per i 5 giovani picchiatori naziskin se non saranno applicate poi in futuro anche pene più severe per chi commette istigazione all’odio razziale e se l’apologia del fascismo continuerà ad essere tollerata per le nostre strade. Inutile fare analisi sociali sulle cause se a formazioni politiche come Forza Nuova è consentito presentare liste in Parlamento, se personaggi come Roberto Fiore possono diventare europarlamentari, se si permetterà ancora a organizzazioni come il Fronte Veneto Skinheads di esistere ed agire.
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Segnalo, per una panoramica vasta ed esauriente della galassia nazifascista di Verona la lettura di:
All’estrema destra del Padre di Emanuele del Medico Ed. La Fiaccola
In difesa della tradizione : L’alleanza tra tradizionalisti e neofascisti di Giuseppe Scaliati Prospettiva Editrice
Leggo su la Repubblica di ieri: Alcuni nomadi del campo del Testaccio, che fino allo scorso anno vivevano dentro l’ex Mattatoio, hanno riferito a Rory Capelli che li ha intervistati, di essere delusi perchè da tempo ormai, dopo essere stati spostati dall’interno del Mattatoio dove si trovavano al suo esterno, con la promessa di una nuova sistemazione, sono ancora là fuori in attesa.
Sono italiani e votano. “La vuole sapere una cosa?” hanno riferito al giornalista, “oltretutto abbiamo votato Alemanno”.
Una mia amica romena invece mi ha raccontato che lei, il marito ed altri suoi connazionali prima delle elezioni sono stati invitati e hanno partecipato a qualche riunione organizzata dal Popolo della Libertà. Loro invece non potevano votare.
CON I MOVIMENTI SOCIALI BOLIVIANI E IL GOVERNO MORALES
PER LA DEMOCRAZIA, LA PARTECIPAZIONE, LA GIUSTIZIA SOCIALE
CONTRO IL REFERENDUM REAZIONARIO DELL’OLIGARCHIA
LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE, LA SCHIAVITU’
SOSTENIAMO LE NAZIONI E I POPOLI INDIGENI DELLA BOLIVIA
NEL LEGITTIMO RECUPERO DELLE PROPRIE TERRE ANCESTRALI
DICIAMO NO AGLI ABUSI E ALLE VIOLENZE DEI LATIFONDISTI
Per il 4 maggio 2008, settori conservatori della Bolivia, oligarchia e latifondisti, e le autorità del Dipartimento di Santa Cruz, loro emanazione, hanno promosso il “Referendum per gli Statuti di Autonomia”. Un atto illegittimo e illegale che si pone al di fuori delle leggi e della Costituzione minacciando l’unità nazionale.
Lo Statuto di Autonomia proposto disconosce il governo centrale e dispone che le regioni abbiano il controllo delle terre e delle risorse naturali, cosi come delle tasse derivanti dallo sfruttamento delle medesime risorse. Non riconosce né i popoli indigeni, né la loro cultura o i loro idiomi come elementi fondamentali delle sue proposte. Anzi!
Inoltre prevede un’autonomia pressoché completa dallo stato centrale – art.122 “Nel caso in cui la conformazione dell’organo di controllo di costituzionalità della Bolivia venga realizzato in violazione dei principi costituzionali di indipendenza dei poteri, delle idoneità e delle specificità della funzione giuridica, il Dipartimento Autonomo di Santa Cruz non si sottometterà alla sua giurisdizione […]” — con addirittura diritti politici diversi per i cittadini cruzeñi rispetto al resto dei boliviani, e conta anche su di una legislazione sulla terra molto differente: art. 102, “Il diritto alla proprietà della terra, la regolarizzazione dei diritti, la distribuzione, riditribuzione e amministrazione della terra nel Dipartimento di Santa Cruz è responsabilità del Governo Dipartimentale [..]”; art. 105, “Il Governo Dipartimentale, attraverso l’Istituto Dipartimentale della Terra (IDT), applicherà processi di raggruppamento, distribuzione e ridistribuzione della terra per evitare l’apparizione del fenomeno del minifondo improduttivo [..]”; art. 109, “Il Governatore firmerà tutti i Titoli Agrari che accreditano proprietà sulla terra […]”.
Questi articoli forniscono una risposta precisa alla domanda su chi abbia redatto un simile Statuto di Autonomia e su quali fossero le sue intenzioni: contrastare le riforme politiche-economiche del governo Morales e le azioni dei movimenti sociali che si sono battute per la difesa delle risorse naturali, per il cambiamento politico, l’eliminazione dei latifondi e la restituzione delle terre agli indigeni.
Rodolfo Stavenhagen, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei popoli indigeni, nel rapporto redatto in seguito alla visita ufficiale in Bolivia dal 25 novembre al 4 dicembre 2007, ha dichiarato:
“Il progetto di statuto di autonomia prevede una serie di disposizioni di carattere razzista, compreso l’articolo 161, che sarebbe estremamente dannoso per le popolazioni indigene del dipartimento”.
Di fatto l’art. 161 dello statuto mostra il suo carattere razzista quando “riconosce con orgoglio la sua condizione razziale a maggioranza meticcia” e limita il riconoscimento dei popoli indigeni ai soli oriundi: “conservare la cultura e promuovere lo sviluppo integrale e autonomo dei popoli indigeni oriundi del dipartimento: Chiquitano, Guaraní, Guarayo, Ayoreo e Mojeño…”.
In realtà più del 20% della popolazione di Santa Cruz si auto identifica come Quechua o Aymarà. (dati censimento 2001)
E come vogliono “promuovere lo sviluppo dei popoli indigeni” i latifondisti e l’oligarchia Cruzeña?
Con la riduzione in schiavitù degli indigeni guaranì e l’opposizione armata al legittimo recupero delle terre ancestrali da parte dei popoli indigeni!
È il caso della hacienda “Caraparicito”, di proprietà del nordamericano Larsen.
Questo latifondista tiene in suo potere indigeni guaranì ridotti in schiavitù e per due volte, il 29 febbraio e il 4 aprile, ha impedito che venisse portata a compimento la restituzione delle terre, occupate da lui illegalmente, al Popolo Guaranì, ostacolando, sequestrando e minacciando di morte le commissioni ufficiali giunte alle porte della sua hacienda.
Il 4 aprile, Larsen ha minacciato personalmente e in maniera esplicita Alejandro Almaraz, viceministro per la Questione della Terra, e Wilson Changaray, Presidente dell’Assemblea del Popolo Guaranì.
Anche il già citato Rodolfo Stavenhagen, relatore speciale delle Nazioni Unite, ha dichiarato di aver
“osservato con preoccupazione e condannato le aggressioni che nei giorni passati hanno colpito nella regione dell’Altipiano Cruzeño alcuni funzionari pubblici e membri delle comunità guaranì durante il processo di restituzione dei territori ancestrali a questo popolo”.
Il raggiungimento di una giustizia sociale a livello globale, di nuovi modelli di sviluppo che non comportino lo sfruttamento o la distruzione dell’ambiente naturale né degli esseri umani che lo popolano, passa dall’abbattimento delle oligarchie, dal recupero delle terre occupate arbitrariamente dai latifondisti, dall’eradicazione di ogni schiavitù, discriminazione, razzismo.
Facciamo un appello ai movimenti sociali Italiani, alle personalità politiche e intellettuali affinché sottoscrivano questo messaggio di solidarietà con le nazioni e i popoli indigeni, i movimenti sociali Boliviani e il Governo Morales.
Primi firmatari :
Confederazione COBAS, ARCI, Partito Rifondazione Comunista, SELVAS.ORG-Osservatorio Informativo, Associazione ASUD, REBOC — Rete Boicottaggio Coca Cola– Comitato Carlos Fonseca, Associazione Italia Nicaraguacircolo “Leonel Rugama” Roma, Spazio Sociale EX-51 Roma- El Vagon Libre.Onlus — Claudio albertani, insegnante messico – Guido Piccoli, giornalista
[1] La Bolivia, paese a maggioranza indigena (il 62% della popolazione) è la patria di 36 popoli indigeni ufficialmente riconosciuti, dei quali i maggiori per numero sono i Quechua e gli Aymarà.
[2] I popoli indigeni hanno ottenuto i titoli di proprietà per 11 milioni di ettari, sulla base della Legge Agraria 3545 di “Reconducción Comunitaria de la Reforma Agraria”, promulgata il 28.11.2006 dal presidente della repubblica Evo Morales.
[3] La nuova costituzione risponde a vari momenti storici: il superamento della colonia con il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni; il fallimento della riforma agraria del 1953; le conseguenze delle dittature degli anni ’70; il flagello neoliberista imposto dal 1985; le nuove sfide della Bolivia e del Mondo: una democrazia partecipativa, una giustizia reale e una umanità in armonia con la natura.
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per aderire:
comitatocarlosfonsecavirgilioit (comitatocarlosfonsecavirgilioit)
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