Questa è una poesia scritta da un giovane cantautore colombiano, trovador, mejor dicho.
Lizandro Carvajal: “le luci si accendono. Sul palco un giovane cantautore colombiano, “più moderno che medioevale”. Con la sua chitarra sembrano una cosa sola. Sono una miscela indissolubile, un centauro contemporaneo: mezzo uomo, mezzo chitarra…
Consiglio una passeggiata nel suo sito, tra suoni e colori, atmosfere suggestive, esperimenti e laboratori di melodie.
Lizandro sarà in Europa a maggio, in una tournée che lo porterà anche in Polonia, Francia e Spagna, chi fosse interessato a organizzare un concerto con lui, magari cogliendo l’occasione per parlare di Colombia, può contattarlo tramite il suo sito.
E ora che succede,
se siamo rimasti soli,
che ci invadano, che sarebbe meglio.
Sarebbe una benedizione per la nostra terra,
che circondino le nostre frontiere,
che ci invadano i nostri
fratelli latinoamericani.
Che ci invadano gli ecuatoriani,
così magari avremo di nuovo
tenero come mais, il cuore che abbiamo perduto.
Che ci invadano i cubani!
affinchè i nostri bambini
siano educati gratuitamente
e non muoiano davanti alle porte
degli ospedali privati.
Che venga il meglio della nostra America.
Che venga un contingente
di ragazze brasiliane
con le quali fare l’amore
fino a perdere la lieve forza di cui si ha bisogno
per premere un grilletto.
La cosa migliore per la Colombia
sarebbe un’invasione brasiliana di vasta portata;
Così che un giorno,
vinciamo un mondiale di calcio.
Abbiamo urgente bisogno
di una invasione venezuelana,
per tornare a dire
le cose con chiarezza,
sinceramente, senza tradimenti,
Con oratoria bolivariana.
Ci serve con urgenza
un’invasione boliviana
che ci tolga questa vergogna
di essere indios, questa vergogna,
che ci condanna eternamente
al peggiore dei sottosviluppi.
Reclamo con ansia l’invasione
di truppe di piqueteros argentini,
di madres y abuelas de plaza,
che ci raccontino storie
nelle quali riconoscere
le nostre proprie storie.
Che vengano truppe spagnole e cilene,
a raccontarci come imputridisce il cuore
di una patria fascista.
Vengano gli uruguaiani con il loro mate amaro
a raccontarci la milonga triste e sdolcinata
dei loro desaparecidos.
Che vengano tutti i fratelli
del mondo in questa terra dimenticata
a farci capire che il nostro
paese non è il migliore del mondo
perchè è una patria ingiusta.
Che Colombia è passione…
e morte.
Speriamo che ci invada la batucada festosa
che ponga fine al nostro lutto
che ponga fine a questo silenzio assordante.
Siamo soli, alla destra della cartina geografica.
Ci fa compagnia soltanto il nostro caro amico
Quello che invase il paese delle mille e una notte.
“Las luces se encienden. En el escenario está un joven trovador colombiano, “más moderno que medieval”. Con su guitarra parecen uno solo. Son una mezcla indisoluble, un centauro contemporáneo: mitad hombre, mitad guitarra. Ahora con su voz suave y sin agites, interpreta, guitarra en mano, sus propias canciones. Al fondo del escenario, con un telón blanco, proyecta hermosas imágenes que a su espalda confirman la plástica de su espectáculo: idea, sonido, palabra, imagen, todas mezcladas en un derroche de poesía y luz, acorde y color, ritmo y forma.”
Y ahora qué más da;
si nos hemos quedado solos,
que nos invadan sería lo mejor.
Sería una bendición para nuestra tierra
que rodeen nuestras fronteras
y que nos invadan nuestros
hermanos latinoamericanos.
Que nos invadan los ecuatorianos,
tal vez así volvamos a tener
de tierno maíz el corazón que perdimos.
¡Que nos invadan los cubanos!
Para que nuestros niños
se eduquen gratuitamente
y no mueran en las puertas
de los hospitales privados.
Que venga lo mejor de nuestra América.
Que venga un contingente
de garotas brasileras
que nos hagan el amor hasta
perder la leve fuerza que se necesita
para apretar un gatillo.
Sería lo mejor para Colombia
una invasión brasilera a gran escala;
De pronto así, algún día,
ganemos un mundial de fútbol.
Necesitamos urgentemente
una invasión venezolana,
para volver a decir
las cosas con claridad,
con franqueza, sin santaderismos,
Con elocuencia bolivariana.
Se requiere con urgencia
Una invasión boliviana,
Que nos quite esa vergüenza
de ser indios; esa vergüenza,
que nos condena eternamente
al peor de los subdesarrollos.
Reclamo con ansias la invasión
De tropas de piqueteros argentinos,
De madres y abuelas de plaza,
Que nos cuenten historias
En donde podamos reconocer
nuestras propias historias.
Que vengan tropas españolas y chilenas,
a contarnos como se pudre el corazón
de una patria fascista.
Vengan los uruguayos con sus mates amargos
a contarnos la milonga dulzona y triste
de sus desaparecidos.
Que vengan todos los hermanos
del mundo a esta tierra olvidada
a hacernos entender que nuestro
país no es el mejor país del mundo,
porque es una patria injusta.
Que Colombia es pasión…
y muerte.
Ojala nos invadan la batucada festiva
que acabe con nuestro luto,
que acabe con este silencio que aturde.
Estamos solos, a la derecha del mapa.
Sólo nos acompaña nuestro buen amigo
El que invadió el país de las mil y una noches.
“Era otro Pancho Villa, era un loco que a nada le tenía miedo”, (era un altro Pancho Villa, era un pazzo che non aveva paura di niente)…, così hanno gridato i suoi compagni ai suoi funerali, mentre decine di trattori con la scritta “governo assassino” sfilavano insieme al suo feretro.
In Messico, Armando Villareal Martha, dirigente di Agrodinámica Nacional, era un leader stimato e seguito dai contadini del suo stato, Chihuahua, e dell’intero paese, ed era nello stesso tempo temuto dal governo federale per i suoi metodi radicali di lotta.
Le sue battaglie andavano dalla difesa dei diritti dei lavoratori del settore agricolo e zootecnico alle proteste contro l’approvazione dei capitoli più controversi del Trattato di Libero Commercio del Nord America (aveva guidato la marcia da Ciudad Juárez fino allo zócalo della capitale); da quelle contro le privatizzazioni del settore energetico, alle pressioni sul governo perchè rivedesse i prezzi, troppo elevati, delle tariffe elettriche dell’energia da utilizzare per le irrigazioni e quelli dei fertilizzanti e concimi, che in tre anni sono saliti da 3mila a 8mila pesos la tonnellata.
Si vocifera che stesse per pianificare l’occupazione totale della centrale petrolchimica della Pemex nella città di Camargo, inattiva da molti anni e in procinto di essere smantellata e svenduta per “dimostrare al paese lo spreco del sistema che vende attrezzature nuove e costosissime come ferro vecchio”. Già era successo qualche mese fa, quando più di 200 agricoltori, con alla testa Armando Villareal Martha avevano occupato alcune installazioni degli stabilimenti ormai chiusi, chiedendo al governo di riattivare l’impianto, che fino a pochi anni fa produceva fertilizzanti chimici e che adesso invece giungono ai contadini e produttori messicani dall’estero a prezzi troppo alti per le loro tasche. La sua era una lotta impari contro il neoliberismo che stava distruggendo il senso del lavoro e le esistenze dei suoi compagni di vita e di lotta e che aveva ridotto alla miseria e costretto all’emigrazione nei vicini Stati Uniti, centinaia di famiglie.
Non sono riusciti a zittirlo in tutto questo tempo con le minacce e nemmeno con il carcere ingiusto, ci sono riusciti il 14 marzo scorso, crivellando di colpi l’auto nella quale viaggiava nel municipio di Nuevo Casas Grandes nello stato di Chihuahua e che era guidata in quel momento dal figlio, solo miracolosamente rimasto illeso.
Racconta la gente del luogo che poche ore prima del suo omicidio, nella zona si era notata una grande presenza di polizia federale e che invece già poche ore dopo la sua morte, le squadre della Commissione Generale dell’Elettricità (CFE) stavano staccando la corrente dai pozzi agricoli di quella zona e di quelle circostanti. Armando Villareal Martha era stato già minacciato di morte varie volte in passato, mentre nel 2002 fu arrestato e si trovò a scontare un anno e mezzo di carcere, accusato di vari reati e delitti contro la sicurezza dello Stato, condanna che lo fece diventare a tutti gli effetti il primo prigioniero politico del governo di Vicente Fox.
Adesso i suoi compagni dicono che si è trattato di un crimine di Stato.
Il nostro appello sulla Colombia arriva al Parlamento Europeo: 26 eurodeputati scrivono al presidente colombiano Uribe.
Chi è colpevole? Ama gli altri come te stessa. Chiusi gli occhi e vidi il modo come un embrione sul punto di abortire”
Melissa Patiño (dal carcere)
Melissa e gli altri
Melissa Patiño Hinostroza ha 20 anni ed è una giovane poeta peruviana di Lima.
Si trova in carcere dal 29 febbraio scorso, arrestata ad Aguas Verdes, dipartimento di Tumbes, al confine con l’Ecuador, con l’accusa di terrorismo internazionale, mentre faceva rientro in patria dopo aver partecipato al Secondo Congresso della Coordinadora Continental Bolivariana, tenutosi a Quito dal 23 al 27 febbraio. Congresso che rappresenta un importante momento di incontro per tutta la sinistra latinoamericana, per i movimenti sociali e le organizzazioni popolari della regione, e al quale avevano partecipato, insieme a circa 800 delegati di diversi paesi del mondo, anche i tre giovani messicani che si trovavano nel campo delle FARC per motivi di studio e dove hanno perso la vita in seguito all’attacco dell’esercito colombiano in cui è morto il comandate guerrigliero Raúl Reyes, che stava conducendo trattative con la Francia per la liberazione di Ingrid Betancourt.
Insieme a Melissa sono stati arrestati con la stessa accusa e senza nessuna prova, anche altri 6 peruviani che si trovavano con lei sullo stesso autobus messo a disposizione dagli organizzatori del Congresso, durante il viaggio di ritorno dall’Ecuador al Perú e che sono: Roque González La Rosa, Damaris Danitza Velasco Huiza, Armida Esperanza Valladares Jara, Guadalupe Alejandrina Hilario Rivas, María Socorro Gabriel Segura y Carmen Mercedes Asparrent Rivero.
Sono stati accusati dal direttore generale della Polizia Nazionale di essere affiliati alle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC) e al Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru (MRTA) e di essere in procinto di compiere attentati nel paese con lo scopo di colpire i vertici internazionali che si terranno a Lima nei prossimi mesi.
Nonostante non ci sia nessuna prova che dimostri queste accuse, la notizia del vincolo dei giovani con le FARC e con l’MRTA, che è uno dei due gruppi ribelli (l’altro è Sendero Luminoso) attori della guerra civile del Perù tra il 1980 e il 2000, ha trovato ampia diffusione nei mezzi di comunicazione che già davano per sicuri gli attentati che i “terroristi” stavano organizzando.
La solidarietà degli intellettuali e degli artisti
Melissa Patiño, oltre ad essere studentessa della prestigiosa Università San Marcos di Lima, svolge un’intensa attività culturale essendo membro del “Círculo del Sur” , che riunisce giovani poeti limeñi e che ha come scopo la diffusione della poesia e della letteratura.
Melissa è anche molto conosciuta ed apprezzata per le sue opere dalla nutrita comunità di intellettuali, poeti e scrittori di Lima, molti dei quali premi nazionali di poesia ed affermati artisti.
Tutti, all’unisono, confermano l’assoluta estraneità della giovane a qualsiasi movimento politico.
Personalmente conosco abbastanza bene alcuni di essi, soprattutto Rosina Valcárcel, che è una delle promotrici delle numerose iniziative che si stanno svolgendo a Lima in questi giorni per richiedere la liberazione di Melissa e degli altri.
Rosina Valcárcel è un’ antropologa, importante poeta e scrittrice, giornalista, nonché attivista sociale.
E’ anche la figlia del grande poeta Gustavo Válcarcel, scomparso nel 2002 dopo una vita intensa fatta di un attivo impegno politico, di viaggi, (a Cuba, in Russia, in Cile) , di poesia e letteratura e che conobbe negli anni ’50 l’esilio in terra messicana per sfuggire alla dittatura di Manuel Odría.
Il 5 marzo scorso, di ritorno dal primo sit-in organizzato per strada di fronte alla sede della Direzione Contro il Terrorismo (DIRCOTE), in cui era prevista la lettura di poesie di Melissa, Rosina mi ha raccontato di come sia stata violenta e sproporzionata la reazione delle forze di polizia che hanno represso duramente e con l’uso di idranti, il tentativo di alcuni artisti ed intellettuali che si erano riuniti per chiedere la liberazione della loro compagna. Tra gli altri, erano presenti Victor Delfín, stimato scultore della generazione del ’50, Gustavo Espinoza, ex parlamentare degli anni ’60, e Dante Castro, scrittore, premio Casas de las Americas, della generazione anni ’80.
“Non si potrà mai raggiungere un clima di riconciliazione se si continua a perseguitare le persone per il loro passato”
“Oggi ho una nuova vita, non ho vincoli con nessun gruppo terroristico. Inoltre la stessa Commissione di Verità e un gruppo di analisti politici hanno riconosciuto che in Perú, l’esperienza del MRTA si è conclusa. Non mi si può giudicare some sospetto all’infinito.Non si potrà mai raggiungere un clima di riconciliazione se si continua a perseguitare le persone per il loro passato”.
Così dichiara in un’intervista rilasciata dal carcere di massima sicurezza dove è attualmente detenuto, Roque González La Rosa, uno dei sette arrestati e coordinatore nazionale del Capitolo Perú della CCB
La sua posizione forse è la più difficile di tutti, dal momento che in passato aveva già scontato nove anni di prigione per militanza nel MRTA e che si trovava al momento del suo arresto, in condizione di libertà vigilata. Fece parte infatti nel 1995, del gruppo che sequestrò l’imprenditore boliviano Samuel Doria Medina, e che fu rilasciato soltanto dopo il pagamento di un riscatto di 1.4 milioni di dollari, cifra che servì al finanziamento dell’operazione contro l’ambasciata giapponese a Lima avvenuta nel 1996.
Si trova in carcere anche sua moglie, Damari Velazco, che lo accompagnava durante il viaggio in Ecuador.
Una delle altre persone arrestate, è Armida Valladares Jara, presidente dell’Associazione per la difesa della Vita e della Libertà “Micaela Bastidas” (APRODEVIL) , alla quale appartengono i familiari dei prigionieri politici accusati di far parte del MRTA e che da circa 18 anni conducono una difficile battaglia per la difesa dei diritti civili dei loro congiunti detenuti e per la denuncia del clima di intolleranza e criminalizzazione al quale essi stessi, fuori dal carcere, sono sottoposti.
La politica di “sicurezza” in vista dei prossimi vertici internazionali.
L’arresto di queste 7 persone, si inserisce in un contesto generale e più ampio di “sicurezza pubblica” che le autorità e le forze di polizia peruviane, a capo delle quali si trova il ministro dell’Interno Alva Castro, stanno portando avanti in vista dei prossimi vertici internazionali che si terranno a Lima. Particolarmente importante è il Foro di Cooperazione Economico Asia Pacifico (APEC), del quale il Perú detiene la presidenza quest’anno, oltre al quinto Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea e dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi, che si terrà a Lima nel mese di maggio.
Parallelamente all’incontro dei Capi di Stato di UE e America Latina e Caraibi, si terrà a Lima, negli stessi giorni, anche il terzo appuntamento de la Cumbre de los Pueblos: Enlazando Alternativas 3 (Vertice dei Popoli: intrecciando alternative 3) ‚ una rete bicontinentale, che esprime la resistenza della società civile europea e latinoamericana al “progetto europeo” , in particolare contro il “neoliberismo dal volto umano”, che le multinazionali europee cercano di sviluppare nel paese andino e che l’Unione Europea cercherà di formalizzare con questo con la firma di nuovi Trattati di Libero Commercio.
E’ particolarmente importante questo appuntamento di Lima, in quanto il Perú, come si è appena visto è uno uno dei paesi latinoamericani (insieme alla Colombia) più aderenti alle politiche economiche neoliberali e uno dei meno tolleranti verso le domande sociali e con una lunga tradizione di criminalizzazione della protesta.
A conferma di quanto appena detto, giunge denuncia proprio in questi giorni, da parte di alcuni rappresentanti delle organizzazioni sociali, di una “sistematica campagna” portata avanti dal governo peruviano con lo scopo di boigottare l’organizzazione di Enlazando Alternativas 3.
Tra di essi il senatore italiano Francesco Martone e i dirigenti peruviani Miguel Palacín e Rosa Guillén, hanno denunciato quanto sopra in una conferenza stampa. In particolare Miguel Palacín ha ricordato di come i rappresentanti del governo di Alan García abbiano in varie occasioni accusato gli organizzarori della Cumbre de Los Pueblos di voler “promuovere la violenza e destabilizzare il regime costituzionale”.
Il senatore Martone, ha affermato invece, che il Vertice dei Popoli sta cercando di “smantellare la retorica” dell’ Europa, la quale, contrariamente a quanto a parole dice di voler fare, ha più interesse in un’agenda economica che non nell’impegno nella lotta contro la povertà e i cambiamenti climatici.
Nella Cumbre de los Pueblos di Enlazando Alternativas 3 è prevista anche la partecipazione dei presidenti di Ecuador e Venezuela, i quali insieme agli altri delegati, “analizzeranno ed elaboreranno proposte” da presentare al vertice ufficiale, e dove proprio Hugo Chávez, Rafael Correa ed Evo Morales, tra gli altri, attivamente impegnati nella difesa della loro sovranità territoriale e politica, nonché dell’integrazione latinoamericana, rappresentano una nota discordante con i rappresentanti degli altri governi. Proprio contro Venezuela, Ecuador e Bolivia, denunciano da Enlazando Alternativas, si sta negli ultimi mesi sviluppando una violenta e campagna di “terrorismo mediatico”.
Il “terrorismo mediatico” nella regione contro il “movimento bolivariano”. Perù e Colombia in prima linea.
Il Congresso della Coordinadora Continental Bolivariana, (CCB), evento internazionale che ha riunito a Quito delegati di 21 paesi, si è svolto in un clima di assoluta legalità e legittimità, dal momento che sia la sua organizzazione , sia il calendario, erano perfettamente a conoscenza del governo ecuadoriano che li aveva previamente autorizzati. La campagna mediatica contro la CCB va avanti da tempo, e i suoi delegati spesso sono accusati di essere terroristi al soldo dei gruppi ribelli della regione come le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia). Quest’anno il secondo congresso della CCB è stato attaccato da più parti e principalmente dal governo colombiano di Álvaro Uribe, in seguito al fatto che i tre giovani messicani morti nel campo delle FARC in Ecuador durante l’attacco dell’esercito colombiano avvenuto il 1 marzo scorso, erano giunti proprio da Quito, dove avevano partecipato ad alcuni incontri della CCB.
Il vicepresidente Francisco Santos aveva affermato in quell’occasione che le FARC reclutavano giovani tra gli appartenenti dei circoli bolivariani presenti in Messico e finanziati dal Venezuela.
Nessuno degli altri 21 paesi, cui delegati hanno partecipato agli incontri della Coordinadora Bolivariana, hanno intrapreso azioni repressive verso i propri partecipanti, ad eccezione del Perú che ne ha arrestati sette senza prova alcuna e che si distingue nella regione, proprio insieme alla Colombia, per l’impronta conservatrice della sua politica interna.
Già negli ultimi mesi il governo di Alan García aveva infatti represso duramente alcune manifestazione di protesta sociale e di mobilitazione, soprattutto quelle rivolte alla lotta contro le politiche neoliberali e il TLC.
Nel mese di febbraio, i due giorni di sciopero nazionale degli agricoltori, che protestavano per chiedere al governo misure efficienti per contrastare gli effetti nocivi del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, si sono concluse con la morte di quattro persone e decine di arresti. In quell’occasione furono sospese da parte del presidente del Consiglio dei Ministri, Jorge del Castillo, le garanzie costituzionali, dichiarando lo stato di emergenza.
In questi giorni, invece,in vista dei prossimi appuntamenti internazionali, il ministro dell’Interno, Alva Castro, annunciando che “farà il possibile per dare tutte le garanzie ai paesi e agli ospiti, dimostrando che il Perú è un paese democratico, di libertà e che ha come segno e destino, il progresso”, si è impegnato a mettere il silenziatore su qualsivoglia forma di dissenso o di protesta.
Così, con l’arresto dei 7 “terroristi internazionali” cerca di dimostrare al mondo intero che “il paese sta prendendo tutte le precauzioni necessarie per il successo dei vertici internazionali” come ha confermato l’attuale ministro della Difesa Flórez Aráoz, felicitandosi con l’operato di Alva Castro.
La criminalizzazione del movimento bolivariano, che in questo caso diventa sinonimo di “chavismo” era iniziata sin dalla campagna eletterale in Perù dell’anno 2006 che si concluse nel mese di giugno con la vittoria di Alan García sul candidato Ollanta Humala del Partido Nacionalista, accusato di essere appoggiato e finanziato da Hugo Chávez.
Volarono parole grosse in quell’occasione fra Chavéz e García e si giunse quasi alla rottura diplomatica delle relazioni tra i due paesi. La campagna di Alan García volta a spaventare gli elettori su una possibile vittoria del “chavismo” e di un candidato tanto vicino al “dittatore populista” probabilmente fu ciò che gli permise di vincere su Ollanta Humala.
Tale campagna, effettivamente non si è mai conclusa. Nel mese di ottobre dell’anno passato, l’ex ministro della Difesa Allan Wagner, ha accusato i circoli bolivariani dell’ALBA (Alternativa Bolivariana per le Americhe), detti Casas de Alba, di essere in effetti centri di destabilizzazione del potere finanziati da Caracas.
In Perù ne hanno sede una decina e si occupano di inviare pazienti all’estero per interventi di varia natura alla vista, nell’ambito della così detta Operación Milagro, un piano sanitario sviluppato congiuntamente dai governi di Cuba e del Venezuela e rivolto ai settori più umili e poveri della popolazione latinoamericana.
L’Operación Milagro fa parte integrante del programma dell’ALBA.
L’attività dell’ Alternativa Bolivariana delle Americhe, (ALBA) rappresenta infatti un accordo commerciale e non solo, tra Venezuela, Cuba, Bolivia e Nicaragua e che si contrrappone nella regione a quella dell’ Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) promossa dagli Stati Uniti.
I sette giovani arrestati sono stati presentati ai media e al paese come la “prova del vincolo tra il regime del Venezuela e l’MRTA” che si svilupperebbe tramite le Casas de Alba.
Il ruolo di Perú e Colombia
Il Perú e la Colombia si configurano pertanto alleati fondamentali degli Stati Uniti per contrastare nella regione le politiche dei governi “nemici” di Washington come quelli del Venezuela, della Bolivia e dell’Ecuador, il così detto “asse del male latinoamericano”.
Alleati importanti sia dal punto di vista economico, con i quali è possibile ancora stipulare Trattati di Libero Commercio, in quanto le proteste sociali vengono contenute e silenziate, sia strategici, in quanto la firma del TLC con il Perú sembrerebbe fosse stata vincolata alla costruzione di una base militare americana a Piura, al confine con l’Ecuador e che sarebbe stata destinata a sostituire quella di Manta. Proprio in questi giorni in Ecuador, l’Assemblea Costituente ha approvato alcuni articoli della nuova Costituzione, nei quali è espressamente vietata la presenza delle basi straniere militari in territorio nazionale. Correa inoltre ha ufficialmente anticipato che alla scadenza del 2009 non rinnoverà la concessione agli Stati Uniti dell’utilizzo del porto di Manta come base militare.
Si intende bene quindi il motivo per cui la “bolivarizzazione di alcune organizzazioni politiche peruviane”, come ha affermato il ministro della Difesa Flórez Aráoz, possa essere vista con estrema preoccupazione si internamente ma anche da Washington.
Flórez Aráoz, ha definito il presidente venezuelano Hugo Chávez addirittura come “pericoloso”.
L’”infiltrazione chavista” secondo il ministro agirebbe nel paese come agisce il neosenderismo, cioè cercando consenso sociale tra la popolazione”.
In questo contesto, le Casas de Alba, sarebbero delle “teste di ponte utilizzate per indottrinare i settori più economicamente svantaggiati della popolazione”.
Sarebbero cioè , insieme alla CCB, anche la nuova veste del MRTA e punto chiave di connessione in questo processo sono proprio gli ex tupacamaristi accusati di essere vincolati oggi con le FARC, come González La Rosa, in carcere da più di un mese con altre sette persone, accusato di essere un terrorista internazionale, senza nemmeno una prova a dimostrarlo.