Aldo Bianzino, 44 una compagna e un figlio di 14 anni, nella notte tra il 13 e il 14 ottobre viene trovato morto nella cella del carcere di Capanne a Perugia.
Sebbene inizialmente si sia parlato di sucidio, è certo che Aldo in quella cella è stato ammazzato.
Una guardia carceraria è stata iscritta nel registro degli indagati per la sua morte, ma ad oggi non si conoscono le motivazioni di tale provvedimento.
Un ringraziamento particolare a Emanuele Giordana e Lettera 22 per l’impegno e la serietà che stanno mettendo nel diffondere il caso, vergognosamente trascurato da stampa e televisione.
(Foto Il Manifesto)
Intanto, se parla sempre pochissimo, a Ferrara il 19 ottobre è iniziato il processo ai quattro agenti di polizia (Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri)accusati della morte di Federico Aldrovandi, 18 anni, avvenuta il 25 settembre 2005. Gli agenti sono formalmente accusati di aver «cagionato o comunque concorso a cagionare il decesso» di Federico. Anche Amnesty International sta preparando un fascicolo sulla morte del giovane.
Roma 28/10/07 — Morales: “La rivoluzione di oggi è la rivoluzione di ieri.”
“La rivoluzione di oggi è la rivoluzione di ieri. Una rivoluzione pacifica e democratica”. Lo ha affermato Evo Morales, Presidente della Bolivia, durante il discorso alle comunità boliviane in Italia, in svolgimento nella sala della Protomoteca del Comune di Roma.
Aumento delle riserve di risorse naturali, crescita del PIL del paese, riforma del sistema pensionistico, ridistribuzione del reddito e creazione di un sistema bancario per lo sviluppo produttivo delle imprese locali. Questi i temi toccati da Morales in un discorso fiume alla comunità immigrata.
“La Bolivia è un paese che in meno di due anni ha aumentato la propria riserva di risorse naturali, raggiungendo il 4% annuo di crescita del paese”.
In merito poi alle multinazionali che operano in Bolivia per l’estrazione di gas naturale, il Presidente Morales ha precisato: “Le imprese (straniere ndr) che investono in Bolivia e che danno adeguate garanzie economiche e per la popolazione, sono le benvenute. Chi opera solamente per i propri interessi, no”.
Fonte: Andinamedia
E siamo qui, come in una distesa sempre più buia
spazzati da allarmi confusi di lotta e di fuga,
dove eserciti ignoranti si affrontano nella notte.
(Dover Beach, Matthew Arnold)
L’anno scorso proprio in questo periodo nel quartiere romano nel quale vivo accadeva un grave episodio che ebbe vasta eco su stampa e televisione.
Una banda di incappucciati in pieno pomeriggio davanti alla scuola elementare effettuò una “spedizione punitiva”, come fu definita qui in zona, in un bar abitualmente frequentato da rumeni, picchiandoli a sangue sul marciapiede tra i bambini spaventati che uscivano da scuola e le vecchiette con le buste della spesa. Il bar fu distrutto e dato alle fiamme.
E’ passato un anno e oltre alla presenza di un posto di polizia mobile purtroppo nulla è stato fatto da parte degli enti e degli organi preposti per rendere vivibile un quartiere già penalizzato da anni di abbandono istituzionale.
Un anno fa, con l’associazione culturale di zona con la quale collaboro (Insieme per il Trullo) avevamo deciso di coinvolgere maggiormente le istituzioni per rendere vivibile il quartiere ma soprattutto per creare spazi di aggregazione giovanile, per ridare luce a una realtà sommersa che ha bisogno di essere sviscerata per poterla liberare dal demone.
Ci abbiamo provato nel nostro piccolo, ci stiamo provando tutt’ora, con impegno e serietà, con scarsità di mezzi ed entusiasmo, soprattutto soli, e purtroppo il demone è ancora lì.
E si chiama intolleranza, insofferenza, razzismo.
La notte scorsa un ragazzo di nemmeno 20 anni è stato inseguito per strada da un gruppo di venti giovani come lui, ma italiani, inseguito fra le auto in sosta, perfino nei cortili delle case, inseguito e picchiato, preso a mattonate in testa solo perchè rumeno.
Ed episodi come questo, mi dicono qui in giro, avvengono quasi tutte le sere, abbiamo le nostre strade popolate di giustizieri notturni che decidono chi deve essere punito e chi no in base a valutazioni del tutto arbitrarie sul grado di sobrietà, sulla nazionalità, sulla decenza del malcapitato di turno.
Quelli che potrebbero essere i nostri figli, ragazzini, poco più che adolescenti, vanno in giro armati di mattoni e spranghe per picchiare altre persone.
Questa è la realtà del quartiere, signori. E non posso fare a meno di chiedermi: dove sono i genitori che non sanno leggere l’odio negli occhi dei loro figli quando questi rientrano a casa? Dove è la scuola che è cieca e sorda? E gli amici? E i vicini? Le istituzioni? Le ragazze? Chi è il responsabile?
Può serpeggiare la violenza per le strade di notte ed essere tacitamente accettata da tutti come se si trattasse di un elemento di arredo urbano?
Questa è la realtà di un quartiere che l’anno scorso in più di un’occasione venne definito “estrema periferia romana” ma che posso con certezza affermare essere un quartiere semicentrale, adiacente alla zona ospedaliera, confinante con una delle zone più belle ed esclusive di Roma , la Valle dei Casali e il Casaletto, protesa verso la campagna ma vicinissima al centro.
Eppure sembra di vivere in un’ altra epoca per le strade del Trullo, la globalizzazione intesa nella sua accezione più positiva, e cioè terreno di scambio prima culturale che economico, reciproco dare e ricevere, la globalizzazione del diverso modo di sentirsi cittadini del mondo, qui è ancora un concetto astratto. Qui non si ha nemmeno chiaro il concetto dell’essere “cittadini” e il mondo è ancora troppo lontano…
E’ una lotta fra poveri quella che si svolge nel quartiere, una guerra per il territorio violenta e animalesca nelle sue manifestazioni, un delirio adolescenziale di manifestazione di potere e di potenza facilitato da un ambiente dove ancora sono dominanti vecchi valori arcaici e tribali.
Valori portati fin qui avvolti in pochi stracci, nelle valigie di cartone degli immigranti abruzzesi e calabresi durante e dopo la guerra, perchè qui, romani “de Roma”, non ce ne sono.
E allora veramente non si capisce che identità stiano difendendo questi giustizieri “fai da te”, quale territorio stiano delimitando con i loro raid notturni alla stregua di gruppi di cani randagi, alzando la gamba e pisciando contro i lampioni ad ogni testa spaccata di un rumeno.
L’economista Amatya Sen, premio Nobel, dice che “l’identità può anche uccidere, uccidere con trasporto”.
Ma qui non è l’identità che porta ad uccidere, è la paura di non averla, è il senso di smarrimento, il vuoto.
Si riempie di violenza quella mancanza di identità, mancanza di identità principalmente con se stessi e poi con una comunità che convive con noi e come noi, tra difficoltà e problemi e come gli abruzzesi e i calabresi giunti qui 50 anni fa, tra paure e solitudini, con il dolore e il rimpianto per una terra lontana.
Una comunità che, come noi, è formata da cittadini europei, cittadini di quell’Europa che ormai non dovrebbe avere più confini se non quelli che creiamo con l’ignoranza e l’arroganza, ma formata soprattutto e innanzitutto da esseri umani, come noi.
“Nel mondo contemporaneo esiste un’impellente necessità di interrogarsi anche sui valori, sull’etica e sul senso di appartenenza che dà forma alla nostra concezione del mondo globale, oltre che sull’economia e sulla politica della globalizzazione. In una visione non solitarista dell’identità umana, impegnarsi su tali questioni non impone di sostiture le nostre fedeltà nazionali e le nostre lealtà locali con un sentimento di appartenenza globale…che si rflette nell’operato di un gigantesco “Stato mondiale”.
Anzi, l’identità globale può iniziare a riscuotere quanto le è dovuto senza cancellare le altre fedeltà.
(Amatya Sen)
COMUNICATO
All’opinione pubblica cilena e internazionale
GIORNATA DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE A SOSTEGNO DELLE RICHIESTE DEI PRIGIONIERI POLITICI MAPUCHE RECLUSI IN SCIOPERO DELLA FAME NELLE CARCERI CILENE
VENERDÌ 26 OTTOBRE 2007
Le organizzazioni e le persone che sottoscrivono il presente comunicato hanno deciso di unire gli sforzi a sostegno della lotta e dell’esercizio del diritto alla libera determinazione del popolo mapuche e hanno convocato una giornata di solidarietà per oggi, venerdì 26 ottobre 2007.
La persecuzione politica, la repressione e la violazione dei diritti umani fondamentali sistematiche esercitate dallo stato del Cile nei confronti dei comuneros, le autorità e le organizzazioni mapuche, hanno obbligato ancora una volta i prigionieri politici reclusi in diverse carceri del Cile ad effettuare uno sciopero della fame in difesa della vita, della libertà e della giustizia.
A partire dal 10 ottobre 2007, Jaime Marileo Saravia, Patricia Troncoso Robles, Juan Millalen Milla, Héctor Llaitul Carrilanca e José Huenchunao Mariñan dal carcere di Angol, sono in sciopero della fame a oltranza. A questa azione si sono uniti Lonco Iván Llanquileo nel carcere di El Manzano e Waikilaf Cadin Calfunao dal carcere di massima sicurezza di Santiago di Cile, rivendicando le seguenti richieste:
Libertà per tutti i prigionieri politici mapuche
Smilitarizzazione delle zone in conflitto nella regione di Araucanía
Fine della repressione verso le comunità mapuche
Mentre il governo cileno, con a capo il Presidente Michelle Bachelet, finge di essere un’icona in materia di diritti umani, la comunità internazionale ripudia energicamente l’aumento degli abusi contro i diritti territoriali, economici, sociali, culturali, politici e civili dei popoli nativi e in particolare la persecuzione politica contro la comunità Mapuche, protetti dal sistema giudiziario e dai servizi di sicurezza altamente repressivi dello stato cileno.
Le proteste e le proposte di organizzazioni quali Amnesty International, la Lega della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), Human Rights Watch, l’Organizzazione Mondiale contro la Tortura (OMCT), diverse organizzazioni del movimento internazionale e nazionale di solidarietà con il popolo mapuche e le interrogazioni e le richieste di diversi organismi delle Nazioni Unite quali l’Ufficio dell’Alto Commissariato dei Diritti Umani, il Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali (PIDESC) e l’ufficio del Relatore Particolare Rodolfo Stavenhagen sui popoli indigeni sono stati ignorati.
Lo stato cileno non ha rispettato l’impegno di ratificare l’Accordo 169 dell’Organizzazione Internazionale dei Lavoratori (OIL) sui popoli indigeni e tribali e non mostra alcuna volontà politica di implementare la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni. Insiste nel promuovere un “riconoscimento costituzionale” ristretto, limitato e senza l’assenso dei diretti interessati che promuove l’assimilazione dei popoli originari a una cultura e ad un sistema político-economico che li esclude, li emargina e li disprezza.
Il diritto alla libera determinazione, all’autonomia e all’autogoverno, così come il diritto di disporre dei mezzi per finanziare le proprie funzioni autonome, sanciti negli articoli 3, 4 e 19 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni, non sono stati presi in considerazione da alcuna proposta e sono molto lontani dall’essere integrati nelle politiche indigene attuali dello stato cileno. Contrariamente a quanto richiede la normativa internazionale, la persecuzione, la tortura, le molestie, la repressione e il carcere sono la risposta del governo del Cile alle lotte di rivendicazione del popolo mapuche.
Davanti a questa situazione, il movimento di solidarietà con la lotta del popolo mapuche di diversi paesi dell’Europa dichiara quanto segue:
Che appoggia in modo incondizionato le richieste dei prigionieri mapuche che stanno effettuando lo sciopero dalla fame.
Richiede ed esorta il governo cileno a rispettare l’impegno di ratificare l’Accordo 169 della OIL e ad implementare la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni.
Appoggia la lotta del movimento mapuche per la sua ricostruzione come popolo e per la libera determinazione dei popoli originari in Cile.
Considera il governo del Cile e le sue istituzioni responsabili dell’integrità fisica, della salute e della vita dei prigionieri politici mapuche che stanno facendo lo sciopero della fame.
Lancia un appello al popolo e alle organizzazioni sociali cileni e internazionali per appoggiare la lotta e le rivendicazioni del popolo mapuche e dei popoli originari in Cile.
Vogliamo manifestare all’opinione pubblica cilena e internazionale che ci manterremo attenti e vigili sullo sviluppo dello sciopero della fame, sul rispetto delle sue richieste e continueremo a lavorare a sostegno della lotta del popolo mapuche e alle sue rivendicazioni in modo concertato e coordinato.
Sottoscrivono la presente Dichiarazione:
Organizzazioni
Movimiento Indio “Tupaj Amaru” Lazaro Pary, Ginebra, Suiza.
“Dónde Estan” Uruguay, Ginebra, Suiza.
APCN, Action Populaire contra la Mondialisation, Olivier de Marcellus, Genève, Suisse
Enlazando Alternativas, Ginebra, Suiza
MCI, Mouvement pour la Coopération Internacional. Anneli Valdés, Ginebra, Suiza.
Asociación Intifrance, Mme. Carmen Qorina Minchan Yegou, Toulouse, Francia.
MRAP (Mouvement contre le racisme et pour l’Amitié entre les Peuples) Section Amérique Latine, Philippe Le Clerre, Paris, Francia.
Comité de Solidarité «RELMU-PARIS », Paris, France.
H.I.J.O.S. Paris, Francia
Collectif de Soutien á l´ ALBA, Grenoble, France.
Icra Internacional, Mr. Hervé Valentin, Responsable para América Latina, París, Francia.
Circolo Culturale “Libero Fumagalli” Vicenzo Bianqui, Città di Como – Italia
Internacional Humanista, Lars Kramer Kristensen, Dinamarca
TINKU-Dannmark, Doris Palvio, Dinamarca
Centro de estudiante del Instituto de Cultura Aborigen, Puelmapu, Argentina.
“El Puente” Grupo de Apoyo y difusión de la Lucha de los Pueblos Originarios, Puelmapu, Argentina.
Red de Apoyo a los Pueblos Indígenas, Elisabeth Boeckman, Oslo, Noruega.
Grupo Internacional de Oslo / Marielle Leraan, Partido Socialista de Izquierda, Noruega
Centro Cultural Newen, Eirik Granfrank, Oslo, Noruega,
Sociedad de Amistad Austro-Chilena. , Hannes Seitner. Viena-Austria
Osservatorio per la Pace del Comune di Capannori — Lucca ITALIA pacecomunecapannoriluit (pacecomunecapannoriluit)
Asociación para los Pueblos Amenazados. Sudtirol, Italia infogfbvit (infogfbvit)
Presidente Porfirio Flores Lázaro, www.desarrollointi.org
“Per le giornate di Solidarietà Radio Onda Rossa sostiene l’iniziativa con la comunicazione nei suoi notiziari”,
Persone
Jessica Moraga, Valais,Suiza
Jeannette Paillan, España
Giovanni Russotto, Liguria, Italia
Giorgia Cada. Viena-Austria
Ines Bieringer. Viena-Austria
Hilda Arias. Viena-Austria
Mario Casasús, Periodista, la Jornada, Mexico,
Annalisa Melandri, Roma
Reyen Kvyeh, poeta mapuche, Temuco
Claudia Marcela Quilici, Assitente Sociale, Lucca, Italia mquilici20liberoit (mquilici20liberoit)
c.c:
Missione permanente del Cile davanti all’ONU, Ginevra, Svizzera
Missioni permanenti davanti all’ONU dei paesi Europei
Ambasciate e consolati del Cile in Europa
Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite sui Diritti Umani
Ufficio del Relatore Particolare dei Popoli Indigeni, UNHCHR
Ufficio per America Latina e Caraibi dell’Alto Commissariato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Organizzazioni internazionali indigene
Organizzazioni internazionali sui Diritti Umani
Stampa e mezzi di informazione cileni e internazionali.
Il 18 ottobre Michelle Bachelet è stata ricevuta da Papa Benedetto XVI in Vaticano, in un incontro che, secondo quanto rende noto un comunicato della Santa Sede: “ha permesso uno scambio di informazioni e riflessioni sulla situazione socio-politica del Cile e sul suo ruolo in America Latina”.
Nell’ incontro inoltre è stato ribadito “il contributo positivo apportato dalla Chiesa Cattolica alla società cilena, specialmente negli ambiti sociale ed educativo” .
La presidenta ha invitato il Papa in Cile ricordando l’importanza della visita di Giovanni Paolo II nel 1987, il contestatissimo viaggio papale immortalato nella storica fotografia che lo ritrae al balcone della Moneda con il dittatore Augusto Pinochet.
Il punto chiave dell’incontro tra la presidente del Cile e il Papa, incontro che sicuramente non potrà non essere gradito alla destra cilena ultraconservatrice e cattolica e all’Opus Dei fortemente presente nel paese, forse è proprio questo. Immaginiamo infatti lo spirito ghignante di Pinochet aleggiare nel salone mentre Benedetto XVI e Michelle Bachelet conversano amabilmente.
Tra gli invitati all’udienza papale c’erano oltre ai presidenti del Senato, della Corte Suprema e della Camera dei Deputati del Cile, il ministro degli Esteri, il presidente della Federazione Nazionale dei Lavoratori del Petrolio, la figlia di Michelle Bachelet, il calciatore under-20 Nicolás Medina, Isolde Reuque dirigente del Centro Culturale Mapuche , (indossando tra l’altro un abito tradizionale indigeno, come aveva fatto due giorni prima anche Jeannette Paillan, regista mapuche per chiedere la liberazione dei prigionieri politici davanti all’Università Roma Tre e che invece è stata tratta in fermo di polizia per un’ora affinchè la Bachelet non la incontrasse al suo arrivo).
Erano anche presenti però la deputata di destra fedele pinochettista María Angélica Cristi (il cui fratello Oscar Cristi Marfil fu direttore della Università delle Ande vincolata all’Opus Dei) e l’imprenditore cileno Ricardo Claro.
Ricardo Claro, non è un imprenditore qualunque, legato sia all’Opus Dei che ai Legionari di Cristo (consigliere di Generación Empresarial che fa parte delle istituzioni economiche legate ai Legionari) fece parte del governo di Pinochet fin dal 1973 in qualità di assistente del Ministro degli Esteri Ismael Huerta che accompagnò nel suo primo viaggio a Washington come rappresentante della dittatura davanti all’assemblea dell’ONU.
Ricardo Claro fu coinvolto inoltre nella sparizione di alcuni lavoratori della ditta Elecmetal di sua proprietà e durante la dittatura due navi appartenenti alla sua Compañia Sudamericana de Vapores, la Maipo e la Lebu furono utilizzate a Valparaíso come centri di detenzione e tortura e sulle quali passarono migliaia di detenuti molti dei quali persero la vita nella sue stive o risultano tutt’ora scomparsi.
Ma un altro fatto, avvenuto appena poche settimane prima del viaggio in Italia di Michelle Bachelet, fa riflettere su come la Santa Sede e l’Opus Dei cileno stiano ritessendo trame e rinsaldando vincoli di potere che riportano alla mente il tetro passato della dittatura cilena.
Si tratta del recentissimo (25/9–4/10) viaggio in Cile del Cardinale Angelo Sodano, già Nunzio Apostolico in quel paese tra il 1978 e il 1988 e fino alla fine intimo amico del dittatore e della sua famiglia ed ovviamente vicino all’Opus Dei, nonchè legato guarda caso da vincoli di amicizia a Ricardo Claro per il quale il Cardinale Sodano rappresenta il collegamento con il Vaticano…
Ufficialmente Sodano si è recato in Cile per la commemorazione del 20° anniversario della visita di Papa Giovanni Paolo II avvenuta nel 1978 e per il centenario della nascita del Cardinale Raúl Silva Enríquez , dietro invito del cardinale Errazuríz , arcivescovo di Santiago.
In realtà Sodano è stato invitato dalla Fondazione Giovanni Paolo II della Pontificia Università Cattolica del Cile (ancora Opus Dei..) e fondata pochi mesi dopo del viaggio papale in Cile dal Cardinale Juan Francisco Fresno ma con l’apporto fondamentale di imprenditori quali Anacleto Angelini e l’onnipresente Ricardo Claro tra gli altri.
Quindi Angelo Sodano è stato invitato in Cile da un potente gruppo di imprenditori, tra i quali spicca la figura di Ricardo Claro, legati anima e portafogli all’Opus Dei e al Vaticano.
L’appuntamento che però ha destato maggiori perplessità a detta di numerosi osservatori, in questo viaggio del Decano dei cardinali in quella che egli stesso definisce la “sua seconda patria”, è l’invito alla commemorazione del centenario della nascita del cardinale Raúl Silva Enriquéz.
Raúl Silva Enriquéz rappresentò il punto di rottura tra la Chiesa Cattolica e la giunta militare in quanto strenuo oppositore della dittatura (fu anche il fondatore della Vicaria della Solidariedad che forniva assistenza alle vittime del regime) fino all’arrivo alla Nunziatura in Cile di Sodano nel 1978.
I rapporti tra Angelo Sodano e Raúl Silva Enriquéz non furono mai idilliaci ( si parla addirittura di porte sbattute in faccia da Don Silva a Sodano e di veri e propri alterchi) come conferma il sacerdote cileno Enrique Moreno Laval che Don Rául lo ha conosciuto bene avendo ricevuto dalle sue mani l’ordinamento sacerdotale, chiedendosi, lui come tanti: “che è venuto a fare Sodano in Cile?”.
Molte le ipotesi, da quella di un particolare ringraziamento degli imprenditori legati alla Fondazione Giovanni Paolo II per qualche favore ricevuto o come ultimo omaggio alla carriera di Angelo Sodano che volge al termine.
Più facile invece ipotizzare un viaggio preparatorio dell’incontro di Michelle Bachelet con Benedetto XVI , avvenuto infatti solo un paio di settimane più tardi e che si profila sempre più come un incontro svoltosi all’ombra dell’Opus Dei.
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El 18 de octubre Michelle Bachelet ha sido recibida por el Papa Benedicto XVI, en un encuentro que, según dio a conocer un comunicado de prensa de la Santa Sede: “ha permitido un intercambio de información y reflexiones sobre la situación sociopolítica de Chile y su papel en América Latina.”
En ese encuentro se ha confirmado “el compromiso positivo de la Iglesia Católica en la sociedad chilena, sobre todo en los ámbitos sociales y educativos.
La presidenta invitó el Papa a Chile, recordando cuánto fue importante la visita de Juan Pablo II en 1987, el criticado viaje papal inmortalizado en la histórica fotografía donde aparece en el balcón de la Moneda junto con el dictador Augusto Pinochet.
El punto clave del encuentro entre la presidenta de Chile y el Papa, encuentro que seguramente non podrá no ser muy apreciado por la derecha ultraconservadora chilena y por el Opus Dei muy presente en el país, quien sabe si no sea propio ese. Nos imaginamos el espíritu de Augusto Pinochet con su mueca flotando en el salón mientras Benedicto XVI y Michelle Bachelet conversaban muy amablemente.
Entre los invitados a la audiencia papal se encontraban además de los presidentes del Senado, de la Corte Suprema, y de la Cámara de Diputados de Chile, también el ministro de Exteriores, el presidente de la Federación Nacional de los Trabajadores del Petroleo de Chile, Jorge Matute, la hija de Michelle Bachelet, Sofía, el futbolista de la nacional sub-20 Nicolás Medina y la dirigente de Centros Culturales Mapuches, Isolde Reuque, (llevando un traje típico indígena, cómo había hecho también dos días antes Jeannette Paillan, periodista y documentalista mapuche para pedir la liberación de los presos políticos delante de la Universidad Roma Tre y que ha sido detenida por una hora para que Bachelet no la encontrara.
Estaban además presentes a la audiencia la diputada de derecha fiel pinochettista María Angélica Cristi (su hermano Oscar Cristi Marfil fue rector de la Universidad de Los Andes, vinculada al Opus Dei) y el empresario chileno Ricardo Claro.
Ricardo Claro no es un cualquier empresario, relacionado él también al Opus Dei y a los Legionarios de Cristo (es colaborador de Generación Empresarial que forma parte de las instituciones económicas de los Legionarios) ha hecho parte del gobierno de Pinochet desde 1973 como concejal del canciller Ismael Huerta quien acompañó en su primer viaje en Washington en calidad de representante de la dictadura a la asamblea de la ONU.
Ricardo Claro ha sido también involucrado en la desaparición de algunos obreros de su empresa Elecmetal y durante la dictadura dos barcos de su Compañia Sudamericana de Vapores, la Maipo y la Lebu en Valparaíso fueron utilizadas como centros de detención y tortura y donde pasaron miles de prisioneros muchos de los cuales perdieron la vida en sus bodegas o se encuentran hasta el día de hoy desaparecidos.
Pero hay otro acontecimiento importante, ocurrido unas semanas antes del viaje de Bachelet a Italia, que hace reflexionar como la Santa Sede y el Opus Dei vuelven a tejer tramas y consolidando vínculos de poder quetraen a la memoria el oscuro pasado de la dictadura chilena.
Es el recentísimo viaje en Chile del Cardenal Angelo Sodano, que fue Nuncio Apostólico en el país entre 1978 y 1988 y hasta el final íntimo amigo del dictador y de su familia y obviamente y claramente vinculado al Opus Dei, asimismo está ligado por vínculos de amistad con el cardenal Sodano quien representa su conexión con el Vaticano.
Oficialmente Sodano ha llegado en Chile envitado por el arzobispo de Santiago, Errazuríz en ocasión de la commemoración del 20° aniversario de la visita del Papa Juan Pablo II en 1978 y por el centenario del nacimiento del cardenal Raúl Silva Enríquez.
En realidad Sodano ha sido envitado por la Fundación Juan Pablo II de la Pontificia Universidad Católica de Chile (todavía Opus Dei..) y fundada unos meses después del viaje papal en Chile por el cardenal Juan Francisco Fresno pero con el aporte fundamental de empresarios como Anacleto Angelini y el omnipresente Ricardo Claro entre otros.
Por lo tanto, la llamada de Angelo Sodano salió de un potente grupo de empresarios, entre los cuales sobresale la fígura de Ricardo Claro, ligados alma y bolsillo al Opus Dei y al Vaticano.
El encuentro que ha despertado mayores perplejidades en muchos observadores en ese viaje del Decano de los cardenales en la que él mismo llama “su segunda patria”, es propio la invitación por la conmemoración del centenario del nacimineto del cardenal Raúl Silva Enriquez.
Raúl Silva Enriquez representò el punto de fractura entre la Iglesia Católica y la junta militar por ser él valiente opositor de la dictatura (fue el fundador de la Vicaría de la Solidariedad que prestaba asistencia a las victímas del regimen) hasta cuando llegó a la Nunciatura en Chile el cardenal Sodano en 1978.
Las relacciones entre Sodano y Raúl Silva Enriquéz no fueron nunca idílicas (hasta se cuenta de puertas golpeteadas en la cara de Sodano de parte de Don Raúl y de verdaderos altercados) como confirma el sacerdote chileno Enrique Moreno Laval que Don Raúl lo conoce bien por haber recibido de sus manos la ordenación sacerdotal, preguntandose él como otros “a qué vino Sodano?
Muchas las suposiciones desde la de un particular agradecimiento de los empresarios vinculados por la Fundación Juan Pablo II por algún favor recibido o como ultímo homenaje a la carrera de Angelo Sodano que llega al final.
Más facil imaginar un viaje preparatorio al encuentro entre Michelle Bachelet y Benedicto XVI, ocurrido solamente dos semanas más tarde y que se perfila siempre más como un encuentro maniobrado por el Opus Dei.
La seconda ragione (la prima è il cambio del clima) per cui il prezzo del grano negli ultimi dodici mesi è raddoppiato “ha un nome e un cognome: George Bush. La sua decisione di lanciare una politica di incentivi che prevede di sostituire il 20% del petrolio con biuofuel in dieci anni ha scatenato una corsa a produrre mais…e si tratta di una scelta demenziale sia dal punto di vista economico che da quello del buon senso. Abbiamo problemi enormi per sfamare la popolazione mondiale e decidiamo di dedicare una parte importante del territorio, grandi risorse ed enormi quantità d’acqua per produrre energia per le automobili”.
“Quando vedo gli spot con gli agricoltori che dicono di essere fieri di “coltivare energia” mi vengono i brividi: non si possono usare materie prime sacre per sfamare i Suv.”
Non è Fidel Castro in mimetica verde che lo dice ma Guido Barilla, presidente della Barilla SpA in giacca e cravatta da dietro la scrivania del suo ufficio di New York, sicuramente scatenando molte meno polemiche.
Ahi , ahi attento Sig. Barilla…lo ammonisce Mario Calabresi che lo intervista per la Repubblica , “lo sa che la sua posizione somiglia molto a quella di Fidel Castro?
A Miami (e dove sennò?), nei giorni scorsi la SIP (Sociedad Interamericana de Prensa) ha conferito il Premio a la libertad de la Prensa (sic!!) a Marcel Granier, proprietario di RCTV, l’emittente televisiva alla quale il governo venezuelano non ha rinnovato la licenza.
Marcel Granier e la sua RCTV hanno apertamente appoggiato il golpe del 2002 e hanno riconosciuto la presidenza illegittima di Carmona, inoltre quando Chávez riprese il governo, pur di non dare la notizia trasmisero soltanto cartoni animati.
P.S. Chissà i nostri “Miami Boys” (and girls) che così di sovente ci allietano della loro presenza in questo modestissimo blog hanno partecipato…
E’ vergognoso quello che sta accadendo in questi giorni in relazione al viaggio di Michelle Bachelet, la presidente cilena.
Nonostante tutto quello che è accaduto in questo ultimo anno in Cile, proteste represse, prigionieri politici, arresti di massa e qualche morto nel corso delle manifestazioni, l’arrivo della presidente progressista cilena, quella che con la sua elezione avrebbe dovuto ridare lustro alla democrazia cilena, è stato accompagnato dal silenzio di tutta la nostra stampa.
E’ vergognoso che mentre a Roma qualche giorno prima si permettono svastiche e croci celtiche, saluti romani e canti fascisti ad un manifestazione di AN, due donne di mezza età Violeta Valenzuela, cittadina italiana di 50 anni presidente dell’Associazione Wenuykan e Jeannette Paillan 38 anni, mapuche residente in Spagna per completare i suoi studi di cinema, regista di documentari sulle realtà dei popoli indigeni che vengono distribuiti in tutto il Sud America, vengano fermate e portate in commissariato soltanto per voler protestare pacificamente, loro due sole, per la libertà dei prigionieri politici Mapuche.
“Volevamo solo che Michelle Bachelet ci vedesse questa mattina e leggesse il nostro striscione”, mi dice Jeannette che per l’occasione si era vestita con l’abito tradizionale mapuche.
Evidentemente le forze dell’ordine italiane, mentre tolleravano le urla e la confusione della manifestazione dei giovani di destra contro Mussi davanti all’Università, hanno trovato insopportabile la presenza di due donne, un piccolo striscione e una bandierina.
O semplicemente, come è più probabile devono aver ricevuto ordini dall’alto affinché l’ingresso della Bachelet non fosse disturbato da manifestanti come è già avvenuto in altri viaggi in Europa della presidente cilena, la quale d’altra parte ha sempre ribadito che in Europa c’è una visione distorta di quella che è la vera situazione dei prigionieri Mapuche.
Quella che non abbiamo però è la visione distorta della democrazia che c’è in Cile e questa la presidente sembra essersela portata al seguito, tanto è vero che due donne sole, di cui una in abito indigeno sono state con atteggiamento intimidatorio e arrogante portate in commissariato e lì trattenute senza validi motivi.
E’ troppo importante questa visita di Michelle Bachet e lei troppo corteggiata da tutte le parti. Viene accompagnata da un nutrito gruppo di imprenditori cileni che si dovranno incontrare con molti imprenditori italiani, un’incontro con Romano Prodi è stato fissato infatti per discutere importanti accordi bilaterali in campo energetico e tecnologico. Il Cile e le sue immense risorse sono terra di conquista per molti imprenditori italiani e una presidente neoliberista mascherata da socialista rende tutto più semplice, anche per la nostra sinistra al governo, la stessa che va ripetendo ancora oggi di sentire forti legami di amicizia con il popolo cileno per la dittatura che ha dovuto subire nel lontano 1973.
Poco importa se la popolarità di Michelle Bachelet in Cile come in tutta l’America Latina è a livelli così bassi che non passi giorno che a Santiago non si protesti o si manifesti contro qualcosa.
Non si poteva permettere che arrivassero in Cile dall’Italia anche immagini di protesta contro Bachelet “l’intoccabile”, poco importa se ritraessero appena due donne e uno striscione.
Gli investimenti italiani in Cile e la piaggeria verso la Santa Sede, (i cattolici conservatori sono un potere molto forte nel paese), sono questi i veri motivi del viaggio di Michelle Bachelet in Italia.
Altro che “presidenta socialista”.
Leggi anche
Intervista a Violeta Valenzuela e Jeannette Paillan
di Annalisa Melandri
Violeta Valenzuela è la presidente dell’associazione Wenuyakan — Amicizia con il popolo Mapuche e Jeannette Paillan è una giornalista mapuche, nota regista di documentari sulle realtà dei popoli originari nonchè prima donna mapuche produttrice di audiovisivi.
D. Violeta, so che sono diversi mesi che come organizzazione Wenuykan (Amicizia) stavate preparando un’iniziativa pacifica di protesta in occasione della visita in Italia della presidente cilena Bachelet. Quali sono i motivi della vostra protesta?
R. L’idea di organizzare una protesta pacifica è nata ripensando all’intervento della presidente Bachelet a Ginevra quest’anno quando colse l’occasione del suo incontro con la sua omologa svizzera per negare pubblicamente l’esistenza di prigionieri politici Mapuche in Cile. Quella dichiarazione suscitò allora numerose proteste contro la Bachelet. Quando abbiamo saputo che sarebbe venuta in Italia abbiamo pensato di protestare pacificamente per fare in modo che anche qui si conosca la verità e cioè che attualmente in Cile ci sono circa 50 prigionieri politici Mapuche di cui 5 in sciopero della fame nel carcere di Angol.
D. Cosa chiede il popolo Mapuche?
R. Che il governo cileno riconosca nella sua Costituzione l’esistenza dei popoli originari e che ratifichi la convenzione n. 169 ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) per il riconoscimento dei popoli indigeni. Inoltre che venga abolita la legge 18.314 anti-terrorista che fu creata dalla dittatura di Pinochet e che i governi della Concertazione continuano ad applicare in modo razzista soltanto nelle regioni abitate dai Mapuche.
D. Quali sono le rivendicazioni dei prigionieri politici Mapuche in sciopero della fame?
R. La libertà di tutti i prigionieri politici, il fermo delle incursioni e la smilitarizzazione della zona Mapuche e la denuncia di tutte le montature giudiziarie realizzate per condannare o incolpare le attività Mapuche.
D. Avete riscontrato problemi nell’organizzazione della protesta pacifica? Oggi eravate solo in due, come mai così scarsa adesione?
R. Innanzitutto abbiamo avuto grandi difficoltà dovute al fatto che è stato difficile reperire notizie certe sui luoghi e gli orari degli incontri della Bachelet qui in Italia e sugli appuntamenti in agenda, questa scarsa informazione sicuramente è stato un fatto programmato anticipatamente perchè Michelle Bachelet già aveva avuto precedenti contestazioni nel corso delle sue visite in Europa. Principalmente per questi motivi non siamo riusciti a raccogliere adesioni alla nostra protesta, inoltre in Italia la Bachelet è vista dalla sinistra al governo come un presidente progressista di sinistra ed è stato pertanto impossibile sommare alle nostre voci stamattina davanti al piazzale dell’Università quelle di tanti movimenti legate alla sinistra italiana, che anche se “su carta” ci hanno sempre sostenuto di fatto oggi non c’erano.
Ci terrei a far presente in questa occasione che la sede della nostra associazione, presso l’abitazione del ns. vicepresidente Sig. Gavino Puggioni, di cittadinanza italiana, è stata visitata il 15 ottobre dalla Digos, la quale era in possesso della mail di protesta inviata a Fabio Mussi contro la laurea ad honorem che verrà conferita dall’Università di Siena a Michelle Bachelet il 16 ottobre e che hanno indagato per diverse ore sull’attività dell’associazione e sui suoi programmi attuali e futuri.
D. Oggi, Violeta, tu e Jeannette Paillan mapuche residente in Spagna, le uniche due partecipanti alla protesta, perdonami, ma due donne di mezza età siete state portate in Commissariato per accertamenti, dove vi hanno trattenuto per un’ora. Che atteggiamento hanno avuto le autorità con voi?
Innanzitutto davanti alla sede dell’Università ci hanno ripetutamente invitato a tenere lo striscione chiuso. Lo striscione riportava la scritta “libertà per i prigionieri politici Mapuche”. Ci siamo rese subito conto che le forze dell’ordine erano infastidite e innervosite dalla nostra presenza, probabilmente perchè Jeannette era in abito tradizionale Mapuche e portavamo lo striscione arrotolato e una bandiera chiusa. Abbiamo notato anche la presenza di alcuni agenti cileni che però non si sono avvicinati a noi.
Nonostante ci fossero altre persone che aspettavano l’arrivo della Bachelet, probabilmente dei curiosi, le forze dell’ordine hanno invitato solo noi due ad andare via. Mentre ci stavamo allontanando per aspettare comunque l’arrivo della Bachelet da un’altra postazione (nel frattempo il nostro striscione lo avevano messo in una macchina della polizia) si è avvicinato un agente in borghese , probabilmente un ispettore, che con queste testuali parole “siete gentilmente invitate a salire in macchina “ ci ha fatto accompagnare in commissariato.
D. E lì cosa è successo?
R. Già in macchina, poiché avevano visto Jeannette scattare scattava fotografie, le hanno chiesto di consegnargli la macchina fotografica, al suo rifiuto le hanno chiesto le batterie.
Arrivati in commissariato ci hanno chiesto di consegnargli i documenti e i cellulari e quando abbiamo chiesto di poter fare una telefonata non ce ne hanno dato la possibilità. Con atteggiamento nervoso hanno controllato i nostri documenti ma era come se stessero cercando qualsiasi appiglio per giustificare un nostro eventuale fermo, noi per lo meno abbiamo avuto questa impressione. A Jeannete per esempio le hanno contestato che sul passaporto non ci fossero timbri di ingresso in Italia e le hanno detto che pertanto la sua presenza in Italia era illegale quando è noto che all’interno dell’ Unione Europa non è necessario nessun timbro sui documenti, le hanno anche detto che lei doveva avere una speciale autorizzazione del governo spagnolo per muoversi in ambito europeo.
A me hanno detto che in quel momento stavo promuovendo, per complicità con la mia amica, l’immigrazione clandestina.
D. Che impressione avete avuto questa mattina?
R. Che si sia fatto di tutto, anche con riferimento al silenzio della stampa affinchè non si ripetessero in Italia le proteste che hanno accompagnato i precedenti viaggi della Bachelet in Europa, ho avuto l’impressione che siamo state trattenute in commissariato il tempo necessario affinchè la presidenta potesse entrare nell’Università senza presenze di disturbo di nessun genere.
D. Tutto questo con evidente scopo intimidatorio?
R. Non lo so però io mi sono sentita in qualche modo sotto pressione e perseguitata, anche per la notizia che avevo ricevuto della visita della Digos presso la sede della Associazione. Ci hanno anche informate che il fermo cautelativo per i cittadini italiani è di 12 ore e per quelli stranieri di 24 ore.
D. La Bachelet però nel suo viaggio in Italia è accompagnata da una rappresentante Mapuche, Isolde Reuque.
R. Questo è quello che scrive la stampa, in realtà lei non è in Italia in qualità di rappresentante Mapuche ma semplicemente perchè è una rappresentante del Partido della Democracia Cristiana, viene in Italia per questo, non perchè è indigena.
D.Jeannette, quanta frustrazione provoca in voi il lottare in Europa per una battaglia completamente sconosciuta?
R. No, non provoca frustrazione, io sento che quello che succede al popolo Mapuche è la stessa cosa che succede agli altri popoli originari che non sono riconosciuti dai loro propri governi.
Questo disinteresse che avverto in Europa per la causa Mapuche è lo stesso disinteresse che sento per altre cause e che generalmente si chiama indifferenza verso il prossimo ed è quello che emblematicamente è successo oggi, stamattina, davanti all’università dove due donne sole di cui una evidentemente immigrata (per il mio abito) circondate da forze dell’ordine e nessuno si è avvicinato per vedere cosa stesse succedendo, nemmeno dei giornalisti che erano lì presenti.
Tutti noi, comprese Jeannette e Violeta, ci chiediamo se questa sia una iniziativa delle forze dell’ordine italiane o se è il tentativo del governo italiano di nascondere la verità sul Cile. O magari entrambe le cose, la seconda realizzata tramite la prima.