Carta al Parlamento Europeo en defensa de los derechos del Pueblo Mapuche

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Algunas asociaciones de ciudadanos chilenos refugiados en Europa de la dictatura de Pinochet y que actúan en defensa  de los derechos del pueblo Mapuche,en Chile, basándose en las Recomendaciones de algunos comités de la ONU, entre ellos el Comité por los Derechos del Niño,  Derechos de los Pueblos Indígenas, por los Derechos Civiles y Políticos, y por Amnesty International, han enviado una petición al Parlamento Europeo y con copia a parlamentarios chilenos , denunciano las graves violaciones de los derechos humanos que sufre sistemáticamente el pueblo Mapuche en el Sur de Chile.
Se establece entonces una fecha; marzo 2008 para  verificar si se cumplen progresos hasta esa fecha.
En Chile la situación sigue siendo cada día más difícil, por todas las comunidades indígenas, en particular por el pueblo Mapuche (en la Patagonia de Chile y de Argentina) que se ve continuamente negado su derecho a la tierra.
Las transnacionales extranjeras con la complicidad del gobierno destruyen el ecosistema y niegan el futuro a los pueblos originarios.
La lucha pacífica del pueblo Mapuche por la defensa de sus derechos viene reprimida muy duramente y sus leaderes son encarcelados y condenados como terroristas según la Ley n. 18.314 emanada por la dictatura de Pinochet y vigente hasta ahora, a 15 años de gobiernos de la Concertación.
Desafortunadamente hasta el dia de hoy, el gobierno de Chile no ha tomaio en cruenta todas las presiones de la Comunidad Internacional todas las presiones de la comunidad internacional para que los miembros de la comunidad Mapuche que han sido encarcelados por protestas o reivindicaciones sociales, non sean condenados como terroristas.
 
En este espacio web, modesto, apoya la lucha del pueblo Mapuche y se hace tambien vocero en Europa de las demandas necesarias para que sean reconocidos sus derechos fundamentales.
Aqui la carta al Parlamento Europeo
 
Enviar apoyo y adhesiones a:
 
Solidariedad con el pueblo Mapuche – Coordinadora Italia
href=“violetadotserenaatfastwebnetdotit“>violetadotserenaatfastwebnetdotit
 
y
 
Associación  Cultura Mapuche
Gotemburgo – Suecia
href=“kulturamapucheatgmaildotcom“>kulturamapucheatgmaildotcom
Visite el sitio KULTURA MAPUCHE con todas las adhesiones
 

Orgoglio gay tra passato e presente.…

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Dia del orgullo gay 2006 em Madrid

La fotografia è di Aurelio Antona e si riferisce al Gay Pride 2006 di Madrid
La foto es de Aurelio Antona y se refiere al Día del Orgullo Gay 2006 en Madrid
Questa poesia di Paul Verlaine (1844–1896) dal titolo Queste passioni rappresenta un’esplicita difesa fatta dal poeta francese  della dignità dell’amore omosessuale:

Queste passioni che loro soli chiamano ancora amori
sono amori anch’essi, teneri e furiosi,
con particolarità curiose
che non hanno gli amori certi d’ogni giorno.
Eroiche anche più d’essi e meglio d’essi,
esse s’adornano di splendori d’anima e di sangue
tali che al confronto gli amori inquadrati
non sono che Riso e Gioco o bisogni erotici,
che vani proverbi, che un nulla da bimbi troppo viziati.
“Ah! I poveri amori banali, animali,
normali! Gusti grossolani o frugali bulimie,
senza contare la stupidità delle fecondità!”
possono dire coloro che l’alto Rito consacra,
avendo conquistato la pienezza del piacere,
e l’insaziabilità del loro desiderio
che benedice la fedeltà del loro merito.
La pienezza! Costoro l’hanno superlativamente:
baci sazi, ingozzati, mani privilegiate
nella ricchezza delle carezze ripagate,
e questo divino finale annientamento!
Così sono i forti e i forti, l’abitudine
della forza li rende invitti al diletto.
Copioso, gustoso, debordante, il diletto!
Lo credo bene che loro l’abbiano, la piena pienezza!
E per esaudire i loro voti, ciascuno di loro, a turno,
compie l’azione suprema, ha la perfetta estasi
– talvolta la coppa o la bocca e talvolta il vaso –
estatico come la notte, fervente come il giorno.
I loro bei sollazzi sono grandi e gai. Niente crisi di quelle:
svenimenti, nervi. No: giochi coraggiosi, poi felici
braccia stanche attorno al collo, per meno languidi
che stretti sonni a due, tutti interrotti per ricominciare.
Dormite, innamorati! Mentre attorno a voi
il mondo disattento alle cose delicate,
rumoreggia o giace in sonnolenze scellerate,
senza neppure, è così sciocco!, essere geloso di voi.
E quei risvegli franchi, chiari, ridenti, verso l’avventura
di fieri dannati di un più magnifico sabba?
E salve, testimoni puri dell’anima in questa lotta
per l’affrancamento dalla greve natura!
 


Annalisa Melandri e Comitato Internazionale 8 Marzo

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Ringrazio il Comitato Internazionale 8 Marzo — Donne mondo per avermi dedicato questa pagina come poetessa del mese di Giugno .

Il Comitato Internazionale 8 Marzo è un’associazione di donne che pone alla base della propria attività, la realizzazione di un’alleanza tra donne di ogni paese, cultura e religione, stabilendo una relazione solidale tra esse, attraverso:

• dibattiti e mostre su temi riguardanti i diritti e le culture delle donne;

• un laboratorio delle culture che propone corsi di lingua e cucina italiana, cucito, maglia e ricamo su maglia, pittura su ceramica, danze popolari, ecc.

• “Lune di Primavera” manifestazione annuale su un tema guida: mostre, concorso letterario multiculturale: racconti, poesie, diari della memoria, arte e spettacoli, dibattiti, convivialità;

• Pubblicazioniricorrenti: Agenda “di Marzo in Marzo” ;DisArmonie, collana dei racconti premiati al concorso letterario.

Contatti:   via della Viola, 1      06100  Perugia
                  tel.        075/5733456    
                  tel./fax  075/42316
                  e-mail    donnemondo1atinterfreedotit


Un giallo chiamato Minà — recensione di Roberto Zanini

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Copio (letteralmente) da Le Monde diplomatique n. 6 in uscita con il manifesto in questi giorni, questa bella recensione di Politicamente scorretto di Gianni Minà scritta da Roberto Zanini.
 
Un giallo chiamato Minà
di Roberto Zanini
GIANNI MINÀ è una delle capocce più dure che il giornalismo italiano abbia mai prodotto. Politicamente scorretto è la sua ultima fatica ed è un saggio, un saggio coraggioso sull’informazione che non c’è. Torri Gemelle, G8 a Genova, Cuba – parecchia Cuba – il Social forum di Porto Alegre, Silvia Baraldini….
Insomma ovunque ci sia bisogno di qualcosa di meglio della pappetta insapore da prima serata Minà c’è, e il più delle volte c’è già stato.
Intanto è una fatica si fa per dire, perché in realtà la fatica l’aveva già fatta: il libro è una  raccolta di articolo pubblicati su Unità, Repubblica,  Latinoamerica e manifesto – parecchio manifesto – negli ultimi dieci anni.
Sono in versione integrale, cioè senza i tagli praticati nelle redazioni, e c’è un certo gusto nel cercare di scoprire se erano tagli politici o tecnici (una pagina di giornale è uno spazio fisico finito anche se Minà a volte non ci crede). C’è anche un articolo della Stampa, e un impedibile carteggio che si mangerà mezza recensione ma va bene così. Apparve sul Corriere della Sera uno scambio di lettere tra Minà medesimo e i Reporters sans frontieres, che in Italia vantano il volto e la penna di Mimmo Candito ma laggiù alla sede di Parigi hanno questo Robert Menard che rende poco onore al mestiere, o almeno al modo minaesco di interpretarlo.
Insomma i Reporters di monsieur Menard presero denaro dal Ned, il National endowmnet of democracy, braccio armato del parlamento americano (Minà dice della Cia, mica è detto che si sbagli) che finanzia una quantità di porcherie – “iniziative democratiche di base”, dice il suo presidente – in numerosi angoli del globo. Nel dettaglio, Minà scrisse una lettera al Corriere denunciando i finanziamenti sospetti del Ned ai Reporters, il presidente del Ned rispose (e il Corriere ricevette e volentieri pubblicò che mister Minà si era inventato tutto., Minà replicò citando fatti numeri e nomi dei finanziamenti Ned alle peggio schifezze latinoamericane (e il Corriere non pubblicò: la replica è in questo libro ed è una chicca). I Reporters di Menard presero soldi  “per far progredire – di nuovo parole del presidente del Ned – la libertà di informazione in Africa occidentale”. Fu certo casuale la contemporanea, violenta campagna scatenata dai Reporters sans frontieres contro Cuba.
Questo libro insomma è un saggio sull’informazione, quella che non circola mai. George Walker Bush ha 97 citazioni per un totale di 128 pagine, staccando di molto Fidel Castro Ruz, 60 citazioni per 78 pagine. Così per farsi un’idea, vi sono molti giornalisti italiani, quasi mai benevolmente, cinque citazioni per Magdi Allam, otto per P.G. Battista, tredici per Paolo Mieli…
Ma questo libro è in realtà un giallo.
Chi ha fatto sparire Gianni Minà dai teleschermi? Chi ha depurato la televisione italiana da un autore che alterna premi cinematografici (l’ultimo a Berlino), successi di cassetta (le montagne di cd di Maradona venduti con la Gazzetta dello Sport) e, scoop da prima pagina (dall’ intervista a Fidel ai bagagli manomessi di Ilaria Alpi)?
Ebbene, come giallo ha un difetto: gli assassini si scoprono subito. Si chiamano Bettino Craxi (“stavi sul cazzo all’omone”, apprendiamo gli disse Giampalolo Sodano parecchi anni dopo) e si chiamano D’alema (“stavo sulle palle a un talVelardi, uno degli ex pelati di D’Alema”), con un po’ di comprimari di contorno,.
Genitalia a parte, il lettore apprende infine una cosa che i frequentatori del manifesto sanno benissimo: sfrattato dal teleschermo, smessa Repubblica e chiusa l’Unità, Minà arriva al manifesto. Ed è il piccolo giornale che avete in mano a consentirgli di sopravvivere giornalisticamente: questo, la rivista Latinoamerica e la Sperling&Kupfer che gli affida una collana (Continente Desaparecido, la stessa per cui appare questo Politicamente scorretto). Insomma la “sua” rivista, la “sua” collana, il nostro giornale. A proposito Gianni: il tuo ultimo pezzo risale a un secolo fa. Quando ne mandi un altro? Parlo sul serio Gianni. Non far finta di non sentire. Gianni, dico a te. Gianni!

Omero Ciai, La Repubblica e la Colombia

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E’ noto ormai che la Colombia trova spazio sulle pagine de  La Repubblica solo quando fornisce occasione per parlare  di Ingrid Betancourt o di Gabriel García Márquez.
Omero Ciai è stato inviato in Colombia  dal quotidiano per il quale lavora,  per il  ritorno di Gabo  nella sua Arataca –Macondo, dopo un’assenza  del premio Nobel dalla sua città natale durata ventiquattro anni.
Evviva! Finalmente l’occasione giusta per i lettori de La Repubblica di conoscere un po’ della realtà e della lunga guerra che tormenta un paese dimenticato da tutti.
Invece no!
Con tutto quello che accade laggiù ci si sarebbe aspettato uno sforzo giornalistico un po’ più serio del “reportage” del 31 maggio. Non metto in dubbio che  sia più rilassante e  divertente leggere del viaggio in trenino dell’anziano e fin troppo silenzioso Gabriel  García Márquez piuttosto che la cronaca di tutte le quotidiane tragedie che i colombiani vivono sulla propria pelle.
Un accenno però, anche minimo, almeno per inserire il “reportage” in una situazione politica e sociale più chiara, (visto che comunque La Repubblica  non lo fa mai), alla parapolitica, alle confessioni (che stanno togliendo il sonno a Uribe) di Salvatore Mancuso, ex capo delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia, un corpo paramilitare di estrema destra), prima notizia in quei giorni in Colombia e in America latina, credo fosse stato doveroso.
Probabilmente i lettori abituali di La Repubblica non sanno nemmeno, perché nessuno glielo dice mai,  che in Colombia un ex capo paramilitare, Salvatore Mancuso, nostro connazionale, calabrese per l’esattezza, “signore della coca”, “signore della guerra” e il più potente narcotrafficante colombiano, nonché capo delle AUC, al momento è in carcere e oltre ad aver confessato 55 omicidi e 6 stragi sta rendendo tutta una serie di dichiarazioni che testimonierebbero la collusione dei vertici del governo colombiano con il paramilitarismo.
Stanno accadendo cose terribili in Colombia, la violenza a questo punto sembra essersi irrimediabilmente incancrenita e non c’è un settore della società che ne  sia immune.
Ci sono stati  recenti e massicci scioperi dei maestri e degli studenti universitari, con l’occupazione di molte università, la situazione dell’infanzia è terribile, tanto che negli  ultimi due mesi solo nel Chocò, per la “disattenzione” delle locali autorità, la denutrizione  ha ucciso 37 bambini e sempre nel Chocò nel corso di un desalojamiemto (sgombero), tre bambini indigeni sono stati gettati nelle acque del Río San Juan da membri dell’ESMAD le squadre mobili antisommossa della Polizia Nazionale e i loro corpi ancora non sono stati recuperati.
Siamo a questo punto talmente in malafede da chiederci come mai le limitate proteste delle università private contro Chávez trovano spazio sui nostri mezzi di informazione e invece nessun accenno alle grandi proteste degli studenti universitari in Colombia, tra l’altro duramente represse dalla polizia? Nell’Università Nazionale a Bogotà a fine maggio si è tenuto l’Incontro Nazionale Universitario al quale hanno partecipato studenti di 24 università pubbliche e 8 università private per denunciare il controllo di stampo fascista del governo di Uribe nelle facoltà, le continue minacce a cui è sottoposto il movimento studentesco, la detenzione arbitraria e la tortura di alcuni leader dello stesso.
Di tutto questo non un accenno sul “reportage” de La Repubblica.
Delle favelas colombiane ne immaginiamo vagamente l’esistenza perché Omero Ciai ne descrive i contorni che sfuggono insieme al resto del paesaggio dietro ai finestrini del treno. Egli non si degna nemmeno per un attimo di scendere la treno e fare quello che la sua professione richiederebbe. Indubbiamente è stato molto più comodo proseguire il viaggio con Gabo….
Delle proteste dei maestri ne troviamo un vago riferimento quando il trenino lascia il porto di Santa Marta dal quale è partito alla volta di Arataca e incontra migliaia  di maestri che lanciano un vano appello a Márquez affinché sostenga la loro causa.
La Colombia sembra lontana anni luce in questo reportage e i colombiani sembrano comparse uscite da un depliant delle vacanze, gli uomini a torso nudo, qualcuno “perfino” in bermuda, ragazze che ballano la cumbia e anche una  gentile bambina che aiuta il nostro Ciai ad allacciarsi le scarpe.
La Repubblica non scrive mai di Colombia, come scrive troppo poco e male di Sud America e proprio per questo poco, verrebbe a questo punto da domandarsi:  ma veramente La Repubblica ha spedito fin laggiù un suo inviato solo per questo?
E la società, il popolo, la fame, i bambini, la Colombia, davvero è stata sprecata un’occasione così per farceli conoscere?
 
No, che dite…
La Repubblica qualche giorno dopo, il 4 giugno, ci delizia con un altro brillante “reportage” dal titolo : “Colombia, caccia al bimbo della giungla”.
Orbene in questi giorni in Colombia e non solo c’è un gran rumore intorno alla presunta liberazione di Ingrid Betancourt . E ‘ una notizia importante che però va osservata e letta tenendo sempre ben presente il “realismo magico” che permea il paese ed i suoi avvenimenti, soprattutto quelli che coinvolgono direttamente il presidente Uribe. Con tanto da dire, tanto da approfondire sull’argomento, rapporti diplomatici in ballo, ora più tesi ora meno tra Francia a Colombia, l’annuncio a sorpresa di Uribe dell’ imminente  liberazione della Betancourt e le sue reali ripercussioni sulla politica e sulle trattative di pace in Colombia, l’articolo di Omero Ciai sembra la versione colombianizzata della leggenda di Tarzan, il re delle scimmie. La storia di questo bambino, figlio dell’amica del cuore di  Ingrid Betancourt rapita insieme a lei nel 2002, Clara Rojas e di un guerrigliero fariano.
Secondo John Pinchao Blanco, militare anch’egli prigioniero delle FARC che guarda caso è riuscito a fuggire dallo stesso campo di prigionia della Betancourt e della Rojas dopo circa nove anni di prigionia,  “il padre del bambino è stato trasferito in un’altra zona , oppure è stato ucciso perché il metodo delle FARC è impedire qualsiasi intimità tra gli ostaggi e i guerriglieri che li vigilano, impediscono anche alla mamma di vedere suo figlio perché sono loro che si occupano della sua crescita e della sua educazione”.
Poi Omero Ciai si sofferma sui pericoli che corre questo bambino in piena foresta colombiana “sottratto ai genitori e tenuto prigioniero in una giungla dove insieme alle malattie, dal tifo all’epatite, rischia (udite! udite!) la denutrizione cronica.”
Ancora una volta mi viene spontanea la domanda, la Colombia, in questo romanzetto esotico, dove sta? dove stanno i Colombiani? dove stanno i 37 bambini morti di fame (morti di fame Sig. Ciai, non malati di denutrizione cronica) negli ultimi due mesi?
E’ tutta la realtà di un paese che viene  travisata nel breve “reportage” dell’inviato Omero Ciai.
La storia di Emmanuel il “bimbo della giungla”, si legge, avrebbe colpito al cuore i colombiani e così Uribe avrebbe imposto come priorità la liberazione della Betancourt.
Un Uribe in difficoltà sia per le pressioni di Sarkozy sia per (e qui veramente si raggiunge la mistificazione) un “paio di scandali”. Omero Ciai ancora una volta preferisce di gran lunga scopiazzare un paio di notizie di cronaca invece di fare il suo mestiere e approfondire gli argomenti con arguzia e perspicacia.
Ciai  finalmente accenna brevemente a Mancuso, sfocandone i contorni e le dimensioni del suo collaborare con la giustizia e al fatto che Washington minaccia di ridurre gli aiuti alla Colombia per lo scarso impegno nella lotta alla produzione di droga.
Questi sarebbero il “paio di scandali”. Uribe in realtà sta praticamente annaspando in un mare di letame, che rischia di ingrossarsi sempre di più e di travolgerlo. Salvatore Mancuso è un fiume in piena e le sue dichiarazioni coinvolgono personaggi che occupano i settori più diversi del paese, dai sindaci  ai governatori, dai deputati  ai banchieri, fino ad alcuni generali, all’ex capo della polizia Rosso Josè Serrano, arrivando  al vice presidente Francisco Santos (che mentre Mancuso lo accusava era ricevuto in Italia con tutti gli onori da D’Alema in un incontro da egli stesso definito “proficuo e significativo”), e all’attuale ministro della difesa Juan Manuel Santos (cugino di Francisco e appartenenti alla potente famiglia Santos  proprietaria  del quotidiano El Tiempo), nonchè all’ambasciatore colombiano a Roma Sabas Pretelt de La Vega.
In questo periodo in Colombia grazie alle dichiarazioni di Mancuso e di altri paramilitari che stanno collaborando con la giustizia, decine e decine di fosse comuni vengono individuate e ciò che rimane dei resti di coloro che furono barbaramente trucidati dai paramilitari che altro non facevano che seguire la “politica dello stato” come lo stesso Mancuso ha dichiarato, riesumati e identificati. La Colombia sembra non uscire dall’orrore in cui è si trova ormai da  50 anni e Ciai scrive di un “paio di scandali”.
Uribe resta lì al suo posto, quasi per miracolo, le strade del crimine convergono verso di lui, poi come per magia lo sfiorano e per La Repubblica non è altro che un presidente in difficoltà che però è stato  toccato dalla storia del bimbo nella giungla e che quindi fa  di tutto per liberarlo insieme agli altri ostaggi.
Suvvia, è talmente evidente che l’annuncio della liberazione di Betancourt è l’ennesima mossa di un uomo che sta giocando tutte le  carte che gli sono rimaste per diluire l’attenzione dei media sugli scandali che lo coinvolgono sempre più da vicino, che l’articolo di Ciai non può che strappare un sorriso a chi è abituato ad informarsi altrove.
Leggi La Repubblica e vieni a conoscenza che “200 guerriglieri delle Farc sono stati concentrati nella prigione di Chiquinquira e verranno liberati con un indulto presidenziale nelle prossime ore”. Tra gli ostaggi ci sarebbe Rodrigo Granda, arrestato a Caracas nel 2004 e considerato il ministro degli esteri delle Farc. Granda, la cui liberazione è stata richiesta dal ministro degli Esteri francese  Kouchener, potrebbe fare da intermediario per la liberazione della Betancourt.
Tutto starebbe nelle sue mani dunque, e tutto dipenderebbe dal fatto che accetti o meno la liberazione.
Non un accenno al fatto che le FARC e Rodrigo Granda in prima persona  (il quale è stato liberato il 5 giugno scorso)  respingono fermamente l’ulteriore farsa di Uribe e fanno sapere che i duecento detenuti che dovrebbero essere liberati in realtà sono “disertori” o “traditori” o “delinquenti comuni” e in nessun caso militanti fariani. Granda in un’intervista rilasciata al giornalista colombiano Germán Silva Losada fa sapere che è stato liberato per le pressioni esercitate dal presidente francese Sarkozy e che comunque la necessaria condizione urgente è la smilitarizzazione (ipotesi sempre respinta da Uribe) dei municipi di Florida e Pratera, dove si possano incontrare tutte le parti per definire lo scambio.
In questa  vicenda confusa e tutt’altro che in via di definizione, perfino l’altro gruppo guerrigliero colombiano, l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) non sempre in accordo con la politica delle FARC, tramite il Comando Centrale,  invita tutti i prigionieri politici dell’ELN nelle carceri colombiane a solidarizzare con i prigionieri fariani  per “respingere insieme le manovre del governo”.
Il pressappochismo e la superficialità fatti giornalismo, dove mancano approfondimenti, dove non si capisce come mai la reale portata delle notizie viene svilita a favore di un sensazionalismo di bassa lega che inevitabilmente finisce per penalizzare l’informazione critica e rivolta al sociale e alla dimensione umana del paese.
Ovviamente è più “facile”  leggere della “caccia al bimbo della giungla” e del viaggio di Márquez sul trenino verso Macondo, ma poi ci perdonino La Repubblica e Omero Ciai se le notizie, quelle vere, ce le andiamo a cercare altrove.
Leggi anche:

Grande Ismael Serrano

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La traicion de Wendy-Ismael Serrano

Si Peter Pan Viniera.…

“Crescere, crescere e dimenticare ciò che siamo stati. rinunciare alle utopie. Ai sogni che abbiamo avuto da bambini. Dimenticarsi dell’Isola che non ‘c’è e trasformarsi in un perfetto idiota. Questo è il tradimento di Wendy. Per alcuni una legge naturale, per noi marginale.Accendi la luce. Così che Peter Pan non si spaventerà….” I.S.
“Crecer. Crecer y olvidar lo que fuimos. Renunciar a las utopías. A los sueños que de pequeños tuvimos. Olvidarse de NuncaJamás y convertirse en un completo idiota. Esta es la traición de Wendy. Para algunos una ley natural.
Para nosotros innecesaria. Así que enciende la luz. Que Peter Pan no se asustará….” I.S.
 
Si Peter Pan viniera a buscarme una noche azul,
que me sorprenda a oscuras. Por favor, que no dé la luz,
no vaya a descubrir que suelo mentir
cuando juro ser aún ese niño.
Quién le va a contar que la gran ciudad
no dejó ninguno ninguno, ni uno vivo.
Estrellas fugaces, mi más breve instante, respiran el humo,
escuchan el mudo rumor que nace en sus vientres.
Fueron arrojados al acantilado
de la cruel favela,
huyen de las hienas, de escuadrones de la muerte.
Si Peter Pan viniera a buscarme una noche azul,
que se extingan los soles, ¿dónde diablos te esconderás tú?
Mowgly coserá botas en Ceilán,
no escuchará rugir de noche a Bagheera.
Tom Sawyer reirá tras el humo del crack
si en esta redada logra salvar la vida.
Si Peter Pan viniera a buscarme una noche azul,
que nos sorprenda a oscuras, por favor apaga la luz.
Si quieres evitar que en la tempestad
le queme la fiebre de niños ancianos.
Quién le hará entender que al amanecer
cierran con grilletes sus ojos cansados.
Niños que perdí, a los que mentí,
gritan a lo lejos, arañan el hielo de la luz de la mañana.
Niños con espinas, con cuencas vacías,
que te lanzan piedras,
tiñen las sirenas de todas las ambulancias.
 

Stati Uniti isolati all’assemblea generale dell’OEA — La Rice si alza e se ne va.

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logo OEA

Tra le tante cose che sono state dette sul caso RCTV quella che è passata quasi inosservata è che gli Stati Uniti sono rimasti  praticamente  isolati nell’ultimo vertice dell’OEA (Organizzazione degli Stati Americani) che si è tenuto nei giorni scorsi a Panama.
Condoleeza Rice nel suo  discorso aveva chiesto che una delegazione della OEA si recasse in Venezuela al fine di controllare sul mancato rinnovo di RCTV considerando che si tratta della “misura più antidemocratica assunta dal presidente Chávez fino a questo momento”.
Dura replica del ministro degli Esteri venezuelano Nicolas Maduro che ha definito “inaccettabile” la richiesta della Rice e la ha accusata di stravolgere l’agenda della riunione (che aveva per temi ambiente e sviluppo) con il caso RCTV.
Secondo Nicolas Maduro la richiesta di Condoleeza Rice dimostra chiaramente che gli Stati Uniti hanno legami con l’opposizione venezuelana e le recenti manifestazioni a Caracas.
“Fate attenzione come coincida perfettamente la strategia di questa opposizione venezuelana, collegata all’Ambasciata degli Stati Uniti, con la petizione della Rice all’OEA. Stavano cercando di spargere sangue per le strade di Caracas in questi giorni, per chiedere l’intervento dell’OEA”, ha detto Maduro.
Condoleeza Rice ha abbandonato prima del previsto la riunione della OEA nel corso dell’intervento del ministro degli Esteri venezuelano il quale le ha anche chiesto di permettere alla “nuova televisione sociale del Venezuela” Tves un reportage nel carcere di Guantánamo con  interviste a tutti i detenuti. Ha anche ipotizzato che una commissione speciale dell’OEA supervisioni il muro con la frontiera messicana “ e le violazioni dei diritti umani che avvengono lì tutti i giorni”.
Di fatto la richiesta di Condoleeza  Rice è passata inascoltata alla 37 assemblea Generale dell’OEA così come la discussione sul  caso di Luis Posada Carriles. Nonostante le forti pressioni del Senato degli Stati Uniti che  chiedevano di mettere  in agenda nell’Assemblea dell’OEA una discussione sulla decisione del Venezuela di non rinnovare la licenza a RCTV, evidentemente la maggior parte dei 34 paesi che compongono l’organismo non credono sia opportuno confrontarsi in questo modo con il governo venezuelano.
Il segretario generale dell’OEA José Miguel Insulza pur esprimendo personali perplessità sull’operato del governo  venezuelano infatti ha ribadito che “la OEA non può agire contro la legittima volontà degli stati membri”. “Quella di RCTV non è una chiusura, visto che può ancora emettere via cavo o via satellite” e “questo non si può chiamare attentato alla libertà d’espressione, attentato è una parola troppo forte” ha aggiunto.
Anche per il segretario generale dell’OEA.


“Fa caldo, è presto, ma si riempirà”.

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“Fa caldo, è presto, ma si riempirà”.  Così ha detto Diliberto ieri a Piazza del Popolo alla manifestazione filogovernativa contro Bush, aspettando un popolo che non è arrivato. La piazza non era proprio così ma insomma.… Il popolo ha scelto l’altra manifestazione, quella in movimento…


Desaparecidos de la guerra contra el terror

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Jim Lobe
IPS
EEUU afronta una demanda judicial por el paradero de 39 detenidos-desaparec idos

El gobierno de Estados Unidos afronta ante la justicia una demanda para que revele el paradero de al menos 39 detenidos-desaparec idos en el marco de su “guerra contra el terrorismo”.

Las tres organizaciones de derechos humanos a cargo de la querella estiman que la Agencia Central de Inteligencia (CIA) mantiene desde hace cinco años a los desaparecidos en cárceles secretas.

El capítulo estadounidense de Amnistía Internacional, el Centro de Derechos Constitucionales y la Clínica Internacional de Derechos Humanos de la Facultad de Derecho, de la Universidad de Nueva York, entablaron la demanda en el marco de la ley de Libertad de Información.

Las tres organizaciones con sede en Nueva York sostienen que el gobierno retiene documentos que pueden contribuir a conocer el destino de 39 detenidos– desaparecidos y proporcionar datos sobre su paradero.

“Queremos saber dónde están esas 39 personas ahora y qué les pasó desde el momento de su desaparición” , señaló Joanne Mariner, a cargo de investigaciones sobre terrorismo y antiterrorismo de la organización Human Rights Watch (HRW).

A pesar de no ser demandante, HRW contribuyó con un informe sobre el que se basa el proceso, publicado el jueves, el mismo día en que se presentó la querella.

“Ya es un grave abuso mantenerlas en prisiones secretas de la CIA. Y ahora tememos que las puedan haber transferido a países donde pueden seguir en cárceles secretas y más abusos”, añadió.

El informe de 21 páginas, para que el que realizaron aportes también las organizaciones Cageprisioners y Reprieve, ambas con sede en Londres, menciona la identidad y otros datos de 39 personas desaparecidas tras su detención.

En su mayoría fueron apresados en Pakistán entre 2001 y 2005.

El documento “Off the Record” (“fuera de registro”, en inglés) también registra la detención de esposas o hijos, e incluso el caso de un bebé de seis meses, de las personas que fueron apresadas.

Las seis organizaciones indicaron que se trata del listado más completo de personas detenidas-desaparec idas que se haya compilado desde que Estados Unidos declaró su guerra contra el terror en 2001.

“Nosotros no cuestionamos el deber del gobierno de proteger a las personas de atentados terroristas” , declaró desde Londres el director de investigaciones de Amnistía, Claudio Cordone.

“Pero sí se cuestiona el secuestro de hombres, mujeres y hasta niños y el hecho de mantenerlos en prisiones secretas privándolos de los derechos más básicos de cualquier detenido. El gobierno de Estados Unidos debe terminar de una vez por todas con esa práctica ilegal y moralmente repugnante”, enfatizó.

Por su parte, la CIA se negó a confirmar o desmentir la veracidad de la información de la investigación de las organizaciones de derechos humanos.

“Cuando se trata de la CIA y de la lucha antiterrorista, no faltan acusaciones de inexactitudes” , alegó el portavoz de la agencia, Paul Gimigliano.

“La verdad lisa y llana es que actuamos de acuerdo con la legislación estadounidense y que nuestras iniciativas antiterroristas, sometidas a un cuidadoso análisis y supervisión, han sido muy eficaces para desbaratar conspiraciones y salvar vidas”, añadió.

La publicación del informe coincide con una renovada polémica por varios aspectos de las prácticas de detención del gobierno de George W. Bush.

Este viernes comenzó en la septentrional ciudad italiana de Milán el tan esperado proceso en ausencia de 25 agentes de la CIA y del ex jefe de Inteligencia de Italia por el supuesto secuestro de un imán en las calles de esa ciudad en febrero de 2003.

El hecho se habría enmarcado en el programa de Washington de “entregas extraordinarias” , que consiste en la detención de un sospechoso en un país y su entrega a las autoridades de otro donde la tortura y los tratos inhumanos son habituales.

El imán Hassan Mustafa Osama Nasr fue trasladado a Egipto donde, según sus relatos, fue torturado durante un interrogatorio antes de ser liberado bajo arresto domiciliario.

En el ámbito local, la CIA también es cuestionada.

El mes pasado, la gubernamental Junta de Ciencia de la Interrogación publicó un duro informe que cuestiona las técnicas violentas utilizadas por la agencia porque no son efectivas y son contraproducentes.

Las organizaciones de derechos humanos las calificaron de tortura y el ex asesor de la secretaria de Estado (canciller) Condoleezza Rice, Philip Zelikow, las había considerado “inmorales”.

Mientras, el Comité de Inteligencia del Senado publicó la semana pasada un informe que cuestiona el valor del programa de interrogatorios y detenciones secretas de la CIA.

Además, sugiere que la información de inteligencia obtenida por estos medios no compensan la publicidad negativa ni evitan la recaudación de datos falsa.

Por último, la Unión Estadounidense de Libertades Civiles demandó la semana pasada a una subsidiaria de la aerolínea Boeing, involucrada en el programa de entregas extraordinarias de la CIA, en representació n de un egipcio, un etiope y un italiano trasladados a cárceles secretas donde habrían sido torturados.

Al igual que la tortura, las desapariciones forzosas violan varios tratados de derechos humanos ratificados por Estados Unidos.

Esa práctica se inició con el conocido decreto “Nacht und Nebel” (“noche y niebla”), del régimen nazi alemán durante la Segunda Guerra Mundial (1939–1945), y fue muy utilizado por las dictaduras militares de América Latina en los años 70 para eliminar opositores.

El propio Bush reconoció por primera vez en septiembre de 2006 que la CIA tenía prisiones secretas en varias partes del mundo.

Bush anunció entonces la transferencia de 14 presos destacados, incluido el supuesto estratega de los atentados del 11 de septiembre de 2001 contra Nueva York y Washington, Khalid Sheikh Mohammed, de una cárcel de la CIA al centro de detención en la base naval estadounidense de Guantánamo, Cuba.

Cientos de supuestos terroristas habrían sido detenidos y trasladados en el marco del programa de entregas extraordinarias, aunque la mayoría de ellos enviados luego a Guantánamo, liberados o habrían corrido otra suerte, según las explicaciones oficiales.

El informe reagrupa en tres categorías a las 39 aún desaparecido. Tres de ellos pertenecen al grupo de los que Estados Unidos en algún momento reconoció, a nivel oficial, haber detenido, de otros 18 hay pruebas sólidas, incluidos testimonios de testigos, de que permanecieron en prisiones secretas.

Del resto existe alguna prueba de que están en algún centro de detención secreto.

La mayoría de esas personas habrían sido originalmente detenidas en Pakistán. Figuran ciudadanos de Egipto, Kenia, Libia, Marruecos y España. También se habrían realizado secuestros en Irán, Iraq, Somalia y Sudán.

Respecto de los casos en que familiares de presuntos terroristas habrían sido detenidos, el informe señala que algunos fueron liberados y otros no aparecen.

Los hijos de siete y nueve años de Khalid Sheikh Mohammed habrían sido apresados por las fuerzas de seguridad pakistan&
iacute;es en septiembre de 2002. Y una vez que él fue secuestrado, según el informe, los niños fueron utilizados por la CIA para “obligar al padre a cooperar con Estados Unidos”.


Bush a Roma

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Fonte: Il Manifesto


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