Bush e Chávez
Daniele Mastrogiacomo libero!!
George Bush, los americanos y Simón Bolívar
1. Me alegra también mucho de que los Estados Unidos no entren en la Federación. 2. Convidar a los Estados Unidos para aparentar desprendimiento y animar a los convidados: después que estemos reunidos será la fiesta de los Lapitas y ahí entrará el león a comerse a los convivos. 3. Más importante es conocer nuestro pasado y nuestra realidad social que copiar el Código de Leyes de Washington. 4. Y, así, yo recomiendo a Usted que haga tener la mayor vigilancia sobre esos americanos que frecuentan las costas: son capaces de vender a Colombia por un real. 5. Hablo de la conducta de los Estados Unidos del Norte con respecto a los independientes del Sur, y de las rigurosas leyes promulgadas con el objeto de impedir toda especie de auxilio que pudiéramos procurarnos allí. 6 . Los americanos del norte, por ser sólo extranjeros tienen el carácter de heterogéneos para nosotros. Por lo mismo jamás seré de opinión de que los convidemos para nuestros arreglos americanos… 7 . No creo que los americanos deban entrar en el congreso del istmo (Congreso Anfictiónico): ese paso nos costaría pesadumbres con los albinos… 8 . Jamás conducta ha sido más infame que la de los norteamericanos con nosotros: ya ven decidida la suerte de las cosas y con protestas y ofertas, quien sabe si falsas, nos quieren lisonjear para intimar a los españoles y hacerles entrar en sus intereses… 9. Ya por su antineutralidad 10. Los Estados Unidos parecen destinados por
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Fuente: www.congresobolivariano.org
Omero Ciai, Pablo Neruda e Pablo De Rokha
La banconota “nucleare” iraniana
In Iran la nuova banconota da 50mila Rial, circa 4 Euro, celebra l’energia nucleare, in circolazione dal prossimo 12 Marzo.
Lettera al Presidente della Colombia Alvaro Uribe
Sono trascorsi già due anni dal massacro di otto persone della Comunità di pace di San José di Apartadó, due anni durante i quali la Comunità ha continuato ad essere vittima di minacce, sfollamenti forzati, assassini e perfino, pericolose e miserabili segnalazioni diffuse dai mezzi di comunicazione di massa da parte di alti funzionari statali.
Questo secondo anniversario di impunità, coincide coi 10 anni della, tristemente ricordata, operazione militare “Genesis” che provocò il più grande sfollamento forzato di cui si abbia notizia nella storia recente della Colombia. Migliaia di contadini, indigeni ed afrodescendientes dell’ Urabá chocoano ed antioqueño, furono obbligati ad abbandonare le loro terre, mentre venivano compiuti un gran numero de omicidi e sparizioni contro gli abitanti di questi territori.
Gli assassini di Luis Eduardo, Bellanyra, Alfonso,Sandra, Santiago, Natalia, Alejandro, Elisenia, Nelly Johana, ed altre persone della zona di San José di Apartadó, la imposizione paramilitare della coltivazione della palma di olio nel Bajo Atrato che danneggia in maniera evidente la proprietà collettiva del territorio delle comunità afrodescendientes, e la intimidazione permanente delle comunità in resistenza civile del Cacarica e Jiguamiandó, l’assassinio di numerosi difensori dei diritti umani, di membri del movimento indigeno e di sindacalisti sono solo alcuni esempi della critica situazione dei Diritti Umani in Colombia.
Rispettosamente, signor Presidente, le sollecitiamo la Giustizia.
Consideriamo fondamentale che siano identificati e processati gli autori materiali ed intellettuali del massacro del 21 di febbraio e delle oltre 500 violazioni gravi ai diritti umani contro i membri della comunità di pace di San José di Apartadó, come gli autori responsabili degli sfollamenti, , omicidi e sparizioni, durante l’operazione “Genesis” . Così come, Signor Presidente, aspettiamo che si compia la giustizia di fronte ai crimini contro gli indigeni, i sindacalisti, difensori di diritti umani ed in generale contro il movimento sociale colombiano.
La ringraziamo per la sua attenzione
e p.c.
Gli iraniani sono forse antisemiti?
DI NAZANIN AMIRIAN
Rebelión
Tutto è pronto per un’aggressione militare di Israele, Stati Uniti e dei loro alleati contro l’Iran, dalle conseguenze letteralmente inimmaginabili.
Un “incidente” accenderà la miccia della guerra. Gli ultimi atteggiamenti propagandistici di Bush, soprattutto nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, manifestano che il mandatario yankee abbia abbandonato il nemico Al Qaeda per convertire gli sciiti (cioè l’Iran) nel peggior nemico dell’intera umanità.
Per questo, oltre alle misure attuate nella regione con il fine di intraprendere la nuova follia bellica (come per esempio stimolare un’incipiente guerra civile in Libano, schierare i soldati della NATO in questo paese con lo scopo di destabilizzare Hezbollah in quanto alleato dell’Iran, provocare un conflitto tra Hamas e Al Fatah in Palestina e aumentare il numero delle truppe di occupazione in Iraq e Afghanistan) minaccia direttamente l’Iran con l’obiettivo di preparare l’opinione pubblica mondiale, così come per misurare le possibili reazioni della Repubblica Islamica.
Da lì l’assalto al consolato iraniano nel Kurdistan iracheno e la detenzione dei suoi funzionari, la fuga di notizie sul settimanale britannico The Sunday Times dei piani israeliani per lanciare un attacco nucleare all’Iran (ciò vuol dire che è Israele a possedere armi nucleari illegali mentre l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica le cerca in Iran!), che secondo militari iraniani hanno come obiettivo circa 1500 bersagli militari e civili; l’imposizione di sanzioni contro il commercio iraniano di materiali e tecnologia nucleare per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU; gli ordini di Bush di uccidere gli agenti iraniani in Iraq, in un chiaro stile mafioso, e i suoi progetti per ridurre il peso degli sciiti nel governo iracheno in favore dei sunniti e l’approvazione dell’Assemblea Generale dell’ONU di una risoluzione che condanna le negazioni dell’Olocausto, con lo sguardo rivolto all’Iran.
Proprio per questo ultimo atto, credo sia opportuno spiegare la posizione dei differenti settori del regime islamico rispetto a quella polemica conferenza del presidente Ahmadinejad, così come aghiungere una breve menzione sulle relazioni storiche tra gli Iraniani e gli Ebrei.
L’iniziativa del presidente Ahmadinejad, nel Dicembre scorso, di celebrare un incontro per “verificare se l’Olocausto realmente abbia avuto luogo durante la II Guerra mondiale” e che ha riunito elementi di estrema destra, nazisti, veterani razzisti, leader del Ku Klux Klan, tra gli altri, non solo ha provocato proteste fuori dal paese ma anche nei circoli politici iraniani e perfino in seno al frammentato regime islamico, dove lo scontro tra il clero conservatore e i militari islamici, rappresentato dal capo dell’esecutivo si è acuito più che mai. In mezzo si sono trovati i cittadini rassegnati che continuavano a domandarsi: “perché il presidente improvvisamente si occupa di alcuni fatti successi sessanta anni fa, all’altro capo del mondo e che non solo non hanno nulla a che vedere con l’Iran e i suoi interessi, ma al contrario con quello che sta accadendo nella regione?”.
È importante chiarire che né il discorso antisemita, né qualcosa di somigliante all’Olocausto hanno mai avuto luogo in Iran né nel resto del Medio Oriente. Le persecuzioni sistematiche che hanno subito gli ebrei in questa regione da parte dei diversi sistemi politici più che per motivi religiosi sono state per motivi politici; nello stesso modo in cui ci sono state persecuzioni contro gli sciiti, i sunniti, i comunisti, gli armeni e i curdi. Pertanto sebbene esista il fenomeno dell’antisionismo, dalla fondazione di Israele, questa regione non riconosce l’antisemitismo come una corrente politico-ideologica.
L’estemporaneo dibattito sull’Olocausto promosso da Ahmadinejad la cui intenzione forse non è stata altro che che quella di smascherare il doppio volto con il quale gli organismi internazionali misurano i crimini commessi da parte dei differenti stati e il suo intento di capeggiare la causa palestinese, sono stati duramente criticati nel paese. Questa retorica contro Israele non ha precedenti nei 27 anni della storia della Repubblica Islamica. Perfino Baztab, uno dei principali giornali digitali del regime, ha lanciato in internet la teoria secondo la quale una mano oscura tra coloro vicini al presidente avrebbe tessuto la trappola della conferenza. Per supportare la sua tesi, il giornale ricordava che anche l’ayatollah Khomeini, pur avendo una chiara posizione contro Israele non dubitò mai della veridicità dell’Olocausto, né tanto meno organizzò mai un seminario internazionale al riguardo.
Per questo si domanda: “Quali motivi aveva per spendere milioni di dollari e parlare di qualcosa che successe a migliaia di chilometri di distanza dall’Iran? E ricorda al capo dell’esecutivo che “lei è il presidente dell’Iran e non della Palestina”. Dal canto suo il quotidiano Jomhuri-e-Eslmi principale portavoce religioso, crede che con questo dibattito il presidente pretende di “stendere una cortina di fumo e sviare l’attenzione dell’opinione pubblica interna sui gravi problemi economici e politici che affliggono il paese”.
Un’altra critica viene mossa da parte dell’ex presidente Mohamed Jatami il quale considera insensato discutere sulla possibile esagerazione di alcuni storici e ricorda che “la morte anche solo di un ebreo è un crimine”. Un altro religioso riflettendo ad alta voce: “questo fatto non ha nulla a che vedere né con l’Iran, né con l’Islam né con nessuna delle necessità del paese. Non è giusto che il mondo intero veda agli iraniani, un popolo con tanta civiltà alle sue spalle, seduto al fianco di nazisti e fascisti”.
Farad Bagherzadeh, giornalista, va oltre e propone di condurre in tribunale gli organizzatori del congresso per aver “attentato contro la sicurezza nazionale del paese, in questo delicato momento”.
La storia delle relazioni tra gli iraniani e gli ebrei si fa risalire al secolo VI prima di Cristo. I racconti biblici di Ezra, Ester, Neemia e Daniele non solo situano il popolo ebraico in Persia, ma i testi di storia testimoniano che Ester (“stella” in persiano) fu una regina ebrea che governò l’Iran e che i 32 luoghi sacri degli ebrei, tra i quali la tomba del profeta Daniele situata nella vecchia città di Susa, nel sud dell’Iran, continuano ad essere luoghi di pellegrinaggio per gli ebrei e musulmani della regione.
Oggi circa 25000 Parsim, “persiani” in ebraico, il nome con il quale si indicano gli ebrei iraniani, fanno si che l’Iran sia dopo Israele, lo stato con il maggior numero di membri di questa comunità in Medio Oriente. Essi sono i discendenti degli ebrei liberati da Ciro il Grande dopo la conquista di Babilonia nel 539 a.C. Quell’imperatore persiano, promulgò, nella prima Dichiarazione dei Diritti Umani, un decreto con il quale si autorizzavano gli ebrei esiliati a far ritorno a Gerusalemme e riedificare il loro tempio, con la libertà totale di praticare la loro religione, parlare la loro lingua e mantenere vive le loro tradizioni. Oggi la comunità ebraico-iraniana possiede 43 sinagoghe attive, beneficia dei servizi sociali propri come vigilanza, case di riposo per anziani e un ospedale nella capitale di 102 camere che dà accoglienza anche ai connazionali non ebrei. Operano inoltre associazioni come il Consiglio centrale degli ebrei in Iran, la comunità ebraica di Teheran, così come organizzazioni di donne, giovani e circoli sportivi.
Pertanto, fatto salvo le multinazionali delle armi
e i settori relazionati, a nessuno, sia musulmano, cristiano e ebreo, conviene revisionare la storia e provocare ulteriori guerre e sofferenze in questa martoriata zona del pianeta.
Fonte: http://www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=45629
29.01.2007
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ANNALISA MELANDRI
Saggezza — María Guerra
Diego Rivera — The flowers seller
Al Messico e alla mia amica Monique Camus