A: Quotidiano Liberazione e Partito della Rifondazione Comunista
CONTRO UNA SENTENZA INIQUA E UNA CENSURA INACCETTABILE
Vogliamo che la voce del giornalista e documentarista Fulvio Grimaldi non venga spenta, come avverrebbe se “Liberazione”, giornale comunista, insistesse nell’esecuzione della sentenza d’appello che ha condannato Grimaldi a restituire a “Liberazione” i 100mila euro avuti in primo grado come risarcimento del danno subito dall’editto bulgaro di Bertinotti che ne ha determinato il licenziamento su due piedi in occasione della pubblicazione di un suo articolo su Cuba nel 2003, non gradito all’allora segretario del PRC.
Di quel licenziamento Grimaldi non ha mai ricevuto né comunicazione né motivazione ufficiali. Alla reazione di protesta di oltre duemila lettori, il giornale ha risposto con spiegazioni non veritiere, negando a Grimaldi il diritto di replica. Grimaldi è un giornalista controverso le cui posizioni a volte non sono condivise da molti, ma volterianamente ne affermiamo il diritto ad esprimerle, oggi come quando le illustrava nel TG3 o le pubblicava sul giornale di un partito che in gran parte le condivideva e che, comunque, affermava nei suoi principi costitutivi la libertà di espressione, il pluralismo delle opinioni, il diritto di critica. Da molti anni questa voce di un’informazione non in linea con il “senso comune” dominante ci ha fatto conoscere realtà di conflitti e popoli in lotta contro l’imperialismo, dal Medioriente all’America Latina, dai Balcani all’Africa e all’Asia, dal terrorismo di Stato a quello ingannevolmente attribuito agli aggrediti e demonizzati, realtà che non avevano diritto di presenza nei media ufficiali. Andando contro una giurisprudenza consolidata, che raramente rovescia una sentenza in materia di diritto di lavoro, il giudice d’appello ha annullato una condanna a chi lo aveva estromesso da “Liberazione”, per cui da cinque anni lavorava con rubriche e reportage dalle aree di crisi, sostenendo in prima persona le spese di quegli impegni. I firmatari di questo appello vogliono continuare a leggere e a vedere i reportage di Grimaldi sulle lotte dei palestinesi, iracheni, jugoslavi, latinoamericani, già visti da migliaia di persone in Italia e fuori. Grimaldi ha proposto una soluzione transattiva che il giornale ha respinto. Ciò significa inesorabilmente la fine di una voce che riteniamo preziosa e insostituibile.
Chiediamo a “Liberazione” e al PRC, che tanto si sono spesi per l’articolo 18 e contro ogni censura, a partire da Santoro, Luttazzi e Biagi, di recedere da un accanimento rivendicativo che ha il sapore della rappresaglia padronale, incompatibile tra soggetti che si definiscono compagni.
Chi lo desidera può inviare il testo della petizione al quotidiano Liberazione all’indirizzo segreterialiberazioneit (segreterialiberazioneit) .
per firmare l’appello: qui
su Facebook
La società civile incontra…
Adrián Ramírez López
(presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani– LIMEDDH)
Il 4 maggio alle ore 10,00
presso il CDCA – Centro di Documentazione dei Conflitti Ambientali
Largo Vittorio Gassman Presso il Bioparco di Roma
si parlerà di:
- diritti umani in Messico e nel resto del mondo
- criminalizzazione della protesta sociale
- narcotraffico e militarizzazione
- solidarietà e militanza attiva
sono invitati a partecipare:
- i singoli cittadini
- le associazioni che si occupano di diritti umani, di lotte sociali e di lotta alla mafia e alla criminalità organizzata
- giornalisti e mezzi di informazione indipendenti
Il Dr. Adrián Ramírez López, medico, dal 1993 ricopre la carica di presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani A.C., organizzazione non governativa affiliata alla Federazione Internazionale dei Diritti Umani, alla Organizzazione Mondiale contro la Tortura e alla Associazione Agir Ensemble pour Les Doits de l’Homme, tutte con statuto consultivo rispetto all’ONU.
E’ inoltre titolare di cattedra in Medicina Forense nel corso di laurea di Diritto, professore dei corsi di laurea di Infermeria e Psicologia, professore invitato al corso universitario di Cooperazione per lo Sviluppo nelle Universidades Valencianas, in Spagna.
Ha dato conferenze al Colegio de Abogados de Madrid, a la Universidad Autónomade Madrid, a la Comisión Española de Ayuda al Refugiado, al Ilustre ColegioNacional de Doctores y Licenciados en Ciencias Políticas y Sociología.
Vanta una vasta esperienza come perito indipendente in medicina forense , in materia di tortura ed altre violazioni dei diritti umani.
Ha partecipato a 186 missioni di osservazione dei diritti umani ed ha offerto collaborazione e supporto in materia di Diritti Umani al Senato della Repubblica, alla Camera dei Deputati e all’Assemblea Legislativa del Distretto Federale.
E’ stato eletto vicepresidente della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), carica ricoperta dal 1997 al 2001.
Iniziativa a cura di Annalisa Melandri — www.annalisamelandri.it
Proposta da inviare a tutte le Liste elettorali presenti alle prossime elezioni regionali del 28 marzo 2010.
SCIOPERO ELETTORALE – SCIOPERO DELLE LISTE
Noi, cittadine e cittadini abitualmente partecipi alle competizioni elettorali,
di fronte alla sfrontatezza della compagine governativa sempre più avvezza al non rispetto delle più elementari norme a presidio della trasparenza e dell’uguaglianza di tutte le parti sociali e politiche, dimostrata in quest’occasione perfino a competizione elettorale già avviata;
non volendo più subire l’arroganza del premier e dei suoi accoliti che hanno piegato ai loro voleri anche le più alte istituzioni dello Stato, come è avvenuto in quest’ultima vicenda del provvedimento ad listam:
RIGETTIAMO la protervia di chi calpesta le regole e annulla continuamente gli spazi di democrazia e PROPONIAMO a tutte e tutti uno sciopero elettorale,
CHIEDIAMO inoltre alle Liste dei partiti, già presenti nella scheda elettorale, di ritirasi in segno di protesta per le elezioni regionali del 28 marzo, per dimostrare di non voler più assoggettarsi alle truffe governative e poiché non sussistono le condizioni democratiche necessarie al sereno svolgimento di una competizione elettorale.
Prendiamo le distanze, non mischiamoci con i furfanti!
Gli elettori e le elettrici non più succubi
7 marzo 2010
Firme:
Annalisa Melandri , Roma attivista per i diritti umani
Pietro Orsatti, giornalista, Roma
Giorgio Sabaudo, Brescia
Fabrizio Dedoni Quartu S.Elena (CA)
Nicola de palo
Paolo Praolini Altidona (FM)
Ricevo da parte di Marisa Masucci la petizione in italiano e qui in spagnolo da inoltrare alle autorità peruviane in difesa dei diritti dei prigionieir politici, violati pesantemente con la recente approvazione da parte del governo della nuova legge che regola le condizioni carcerarie.
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Negli ultimi tempi si sta verificando in Perù una serie di eventi che, con il pretesto della lotta al terrorismo, stanno rendendo sempre più difficile la condizione dei prigionieri politici, mediante un irrigidimento delle leggi e il ritorno a condizioni di detenzione che, con il crollo della dittatura fujimorista e dopo il lavoro effettuato dalla Commissione della Verità e Riconciliazione, sembravano dovere essere superate definitivamente. A ciò contribuisce senza dubbio la campagna di demonizzazione dei prigionieri ed degli ex-prigionieri politici realizzata dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, mediante la quale si diffonde la preoccupazione che la loro liberazione possa contribuire ad ingrossare le fila dell’insorgenza armata, nonostante ad oggi non esista alcuna evidenza dell’incorporazione nei gruppi armati attualmente operanti di ex prigionieri politici che hanno ottenuto la libertà.
Nelle scorse settimane è stata approvata una legge che prevede l’abolizione dei benefici penitenziari, grazie ai quali era possibile, attraverso la realizzazione di attività di studio e di lavoro condotte in carcere, ottenere la libertà dopo avere scontato i tre quarti della pena. Bisogna sottolineare che si tratta di persone che si trovano in condizioni di detenzione dai primi anni novanta, con condanne che oscillano tra i 15 e i 30 anni di reclusione.
Il 13 ottobre scorso, inoltre, 36 prigionieri politici, appartenenti a Sendero Luminoso, al Movimiento Revolucionario Túpac Amaru ed ai nazionalisti, che avevano richiesto un miglioramento delle condizioni carcerarie dopo le ultime restrizioni nell’erogazione di servizi minimi (acqua, luce, alimenti e cure mediche), sono stati trasferiti dal carcere Miguel Castro Castro di Lima ad altri istituti di detenzione, tra cui quello di massima sicurezza di Piedras Gordas (costruito per detenuti di alta pericolosità e in cui vige un sistema penitenziario molto duro) e quello di Cañete, ubicato a diverse centinaia di chilometri dalla capitale. A questo si aggiunge che viene loro negata la possibilità di lavorare e di studiare, con il pretesto che tali attività non sono più necessarie, essendo stati aboliti i benefici penitenziari. Tutto ciò, oltre ad allontanarli dalle loro famiglie, rendendo di fatto impossibile ricevere le visite settimanali a cui in teoria hanno diritto, li priva di diritti fondamentali per la persona umana, quali l’accesso alla cultura e all’attività lavorativa.
A rendere ancora più inaccettabile questo trattamento, che ha tutto il sapore di una vendetta a danno di indifesi, ci sono le notizie riguardanti le condizioni di detenzione dell’ex presidente della repubblica del Perù, Alberto Kenya Fujimori, condannato per crimini di lesa umanità (torture, sparizioni di persone, esecuzioni extragiudiziarie), che viene ripreso mentre passeggia fuori dall’edificio penitenziario dove dovrebbe trovarsi recluso e nel quale gli viene permesso di ricevere visite giornaliere senza alcuna limitazione di orario, trasformando di fatto il suo luogo di detenzione in un centro di coordinamento politico. Di fronte a tali evidenze le autorità penitenziarie si sono giustificate considerandole parte del programma per il suo reinserimento nella società civile.
Appare doveroso manifestare indignazione nei confronti di tutto questo, chiedendo, oltre a una uguaglianza dei trattamenti per tutti i cittadini peruviani, la reintroduzione dei benefici penitenziari, la garanzia di condizioni di vita accettabili all’interno delle carceri e il ritorno dei 36 prigionieri politici nel carcere da cui sono stati trasferiti.
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PETIZIONE ALLE AUTORITA’ PERUVIANE IN DIFESA DEI DIRITTI DEI PRIGIONIERI POLITICI
Al Sig. Presidente della Repubblica del Perù – Alan García Pérez
Jirón de la Unión s/n cuadra 1
Lima
Al Sig. Ministro della Giustizia del Perù – Aurelio Pastor
Carlos Tenaud cuadra 3 s/n
Miraflores , Lima 18
Al Sig. Direttore dell’INPE (Istituto Nazionale Penitenziario) — Jorge León Ballén
Jirón Carabaya N° 456 – Lima
Stimati Signori,
Apprendo con preoccupazione che negli ultimi tempi si stanno verificando eventi di cui sono vittima i prigionieri politici peruviani. Dopo l’entrata in vigore della legge che li priva della possibilità di godere dei benefici penitenziari, 36 di loro, dopo avere richiesto un miglioramento delle condizioni carcerarie minime (diminuzione delle restrizioni nell’erogazione di acqua, luce, alimenti e cure mediche), sono stati trasferiti improvvisamente dal carcere di Lima Miguel Castro Castro a quello di massima sicurezza di Piedras Gordas e ad altri istituiti penitenziari lontani da Lima. So inoltre che, dopo l’abolizione dei benefici penitenziari, si è verificato un irrigidimento delle condizioni di detenzione, come il divieto di dedicarsi ad attività di studio e di lavoro.
Allo stesso tempo vengo a conoscenza del fatto che l’ex presidente della Repubblica, Alberto Kenya Fujimori, condannato per crimini di lesa umanità, ha libero accesso all’esterno dell’edificio penitenziario in cui dovrebbe trovarsi recluso e riceve quotidianamente visite senza limiti di orari.
So che la costituzione del Perù considera diritto fondamentale della persona l’uguaglianza di fronte alla legge e ritengo che la cultura, il lavoro, la salute e l’alimentazione siano diritti inalienabili della persona umana.
Ritengo infine che una società giusta debba considerare la detenzione non una vendetta ma una via per il reinserimento nella società civile e mi augurio che l’irrigidimento delle condizioni di detenzione dei prigionieri politici e la disparità di trattamento tra i cittadini della Repubblica non allontanino il Perù da un cammino di riconciliazione che gli permetterebbe di sanare ferite profonde.
Chiedo quindi la reintroduzione dei benefici penitenziari e il ritorno dei 36 detenuti politici al carcere di Castro Castro , oltre alla garanzia di condizioni di vita accettabili all’interno delle carceri peruviane.
Nella certezza di ottenere il vostro interessamento su quanto sopra esposto, trattandosi di giustizia e di umanità, ringraziando, porgo distinti saluti
Nome e Cognome
Indirizzo
Paese
INPE (Instituto Nacional Penitenciario):
Nella parte inferiore della pagina: “quejas y sugerencias” (reclami e suggeriementi) bisogna compilare i seguenti campi:
Nombres: nome/i di battesimo
Apellido paterno: cognome
Apellido materno: sarebbe il cognome della madre, che in Italia non abbiamo. Trattandosi di un campo obbligatorio, è necessario riempirlo, anche solo con una lettera dell’alfabeto
Correo: indirizzo e-mail
Oficina regional: Instituto Nacional Penitenciario
Hechos: incollare il testo della petizione in spagnolo
ENVIAR: INVIARE
PRESIDENCIA DE LA REPUBLICA
Pagina “Cartas al presidente” (lettere al presidente)
Nombres: nome/i di battesimo
Apellidos: cognome
Fecha de nacimiento: data di nascita
Documento de identidad: documento d’identità
Dirección: indirizzo
Ciudad o comunidad: città
Provincia: provinvia
País: Italia
Correo electrónico: indirizzo e-mail
Motivo del mensaje: denuncias
Mensaje: incollare il testo della petizione in spagnolo
ENVIAR: INVIARE
Al Sr. Presidente de la República del Perù – Alan García Pérez
Jirón de la Unión s/n cuadra 1
Lima
Al Sr. Ministro de Justicia del Perú — Aurelio Pastor
Carlos Tenaud cuadra 3 s/n
Miraflores , Lima 18
Al Sr. Director del INPE – Jorge León Ballén
Jirón Carabaya N° 456 – Lima
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Estimados Señores,
observo con preocupación que en los últimos tiempos se vienen dando circunstancias de las cuales son víctimas los presos políticos peruanos. Después de la promulgación de la ley que elimina los beneficios penitenciarios, 36 de ellos, después de haber pedido una mejoría de las condiciones mínimas de vida al interior de la prisión (reducción de las restricciones en el servicio de agua, electricidad, alimentación, atención médica) han sido transferidos de improviso del penal limeño Miguel Castro Castro al penal de máxima seguridad de Piedras Gordas y a otras cárceles lejos de Lima. Sé también que, después de la abolición de los beneficios penitenciarios, las condiciones de detención se han vuelto más rígidas, con la prohibición, por ejemplo, de dedicarse a actividades de estudio y trabajo.
Mientras que por otro lado soy testigo como el ex presidente de la República, Alberto Kenya Fujimori, condenado por crímenes de lesa humanidad, tiene la posibilidad de caminar libremente fuera de la cárcel donde debería de estar encerrado y sin embargo recibe sus visitas sin ninguna restricción.
Sé que la Constitución del Perù establece como un derecho fundamental de la persona la igualdad frente a la ley y creo que la cultura, el trabajo, la salud y la alimentación sean derechos inalienables de la persona humana.
Opino, en fin, que en una sociedad justa la detención no tenga que ser una venganza sino un camino para la reincorporación dentro de la sociedad civil y espero que el endurecimiento de las condiciones de detención de los presos políticos y la desigualdad en el trato entre los ciudadanos de la República no alejen al Perú del camino de reconciliación que permita sanar sus heridas profundas.
Por lo tanto pido la restitución de los beneficios penitenciarios, el retorno a la prisión de Castro Castro de los 36 presos políticos y la garantía de condiciones de vida aceptables dentro de las cárceles peruanas.
Con la certeza de obtener Vuestro interés por lo expuesto, por ser de justicia y humanidad, Les saludo agradeciéndoLes.
Nombre y Apellido
Dirección
País
LA VOSTRA ASSENZA E’ UNA RISPOSTA COMUNQUE CHIARA RIGUARDO AL VOSTRO CONCETTO DI DEMOCRAZIA!
Rileviamo con profondo disappunto che nonostante fosse stato chiesto un appuntamento con l’ambasciatore Roberto Ochoa Madrid con ampio margine di anticipo, il giorno del sit-in l’ambasciata dell’Honduras a Roma era vuota, come comunicatoci anche dalla dirigente della P.S. che ha provato a contattare qualche responsabile del servizio diplomatico dietro nostra richiesta. Anche la bandiera dell’Honduras era stata ritirata. Interpretiamo tale comportamento come un esplicito rifiuto al dialogo con un’ ampia rappresentanza della società civile cittadina e nazionale e come espressione di una precisa posizione politica della sede diplomatica honduregna in Italia e dello stesso ambasciatore Sig. Roberto Ochoa Madrid.
Sig. Roberto Micheletti
Casa Presidencial
Tegucigalpa, Honduras
Congreso Nacional de Honduras
Tegucigalpa, Honduras
Secretario de Estado en el Despacho de Relaciones Exteriores
del gobierno de facto — Honduras
Carlos López Contreras
Tegucigalpa, Honduras
Ministro degli Affari Esteri – Italia
Franco Frattini
Ambasciatore Honduras in Italia
Roberto Ochoa Madrid
Roma, Italia
Roma, 13 ottobre 2009
Noi rappresentanti delle associazioni per la difesa dei diritti umani, del mondo del lavoro e dei sindacati, della cooperazione internazionale e dell’associazionismo civile cittadino, ringraziando l’Ambasciatore Ochoa Madrid per averci ricevuto in questa giornata di mobilitazione e di protesta contro il colpo di Stato che ormai da più di 100 giorni ha annullato le regolari pratiche democratiche e politiche del paese, spodestando il legittimo presidente Manuel Zelaya, desideriamo renderVi partecipi delle nostre preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani che vengono commesse ormai quotidianamente in Honduras, nonché per gli sviluppi della situazione soprattutto in vista delle prossime elezioni che il regime golpista intende tenere per il 29 novembre prossimo, che non avrebbero alcuna legittimità in assenza del libero confronto politico e delle garanzie democratiche.
Chiediamo al Sig,. Ochoa che inoltri pertanto alla giunta del Sig. Micheletti questa nostra missiva.
Rispetto alla situazione ad oggi in Honduras osserviamo quanto segue:
- Sia la promulgazione dello Stato d’assedio e il decreto n. PCM –16–2009 di sospensione delle garanzie costituzionali, emesso il 26 settembre scorso, sono misure apertamente “violatorie del diritto internazionale”, come denunciato anche dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH). La loro revoca verbale, in data 6 ottobre u.s., effettuata dal governo de facto in vista dell’imminente visita dell’OSA, non è stata infatti inserita nella Gazzetta Ufficiale e quindi non viene applicata dalle autorità che continuano ad agire in base al decreto di sospensione dei diritti. Ragione per la quale, secondo quanto denuncia anche l’associazione francese Reporters Sans Frontières, le due emittenti indipendenti e critiche verso il regime, Radio Globo e Canal 36 ad oggi non hanno potuto riprendere regolarmente le loro trasmissioni e non hanno ottenuto il materiale che era stato loro sequestrato. Non possiamo fare a meno di osservare che se da una parte si dice di voler rispettare la data del 29 novembre come data possibile delle elezioni presidenziali in Honduras, ormai da tre mesi circa ogni voce che si leva contro il colpo di Stato viene zittita con la repressione e la violenza, non permettendo così il libero esercizio della campagna elettorale in vista di tale appuntamento.
- L’ultima missione dell’OEA in visita nel paese, data la risposta negativa del governo de facto del Sig. Micheletti si è conclusa senza nessuna novità positiva, visto il rifiuto di accettare da parte della giunta golpista il punto numero sei dell’accordo di San José, base fondamentale per ogni trattativa, e cioè la restituzione del presidente Zelaya alla presidenza del Paese.
- Esprimiamo inoltre la nostra preoccupazione per le persone che continuano a restare in carcere con accuse infondate e sottoposte a torture e a trattamenti violenti e degradanti da parte delle autorità di polizia. Secondo i dati diffusi dal Comitato dei Familiari dei Detenuti e Desaparecidos in Honduras (COFADEH),i prigionieri politici attualmente sarebbero circa 45, anche se il portavoce del Frente Nacional di Resistencia Popular considera che siano molti di più. Particolarmente preoccupante è il caso della maestra Agustina Flores López, cinquantenne, sorella della direttrice del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) e membro dirigente del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado, Bertha Cáceres, arrestata il 29 settembre scorso con l’accusa di sedizione, la quale è stata vittima di torture e trattamenti degradanti da parte di membri della polizia. Da un video ad oggi in circolazione risulta chiaramente che la Sig.ra López è stata picchiata violentemente mentre era già ammanettata da donne del corpo di polizia. E’ notizia di ieri la sua scarcerazione sotto cauzione, resta tuttavia indiziata di gravi reati con l’intero impianto accusatoria privo di garanzie e trasparenza.
- Sempre dati della COFADEH indicano in 17 il numero delle persone morte in Honduras a causa della violenza scatenatasi in seguito al colpo di Stato del 28 giugno.
- Giungono inoltre preoccupanti notizie circa indagini che l’ONU starebbe portando avanti su gruppi di paramilitari colombiani appartenenti alle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) assoldati da latifondisti locali per la loro protezione. Lo stesso gruppo dell’ONU starebbe lavorando sulle denunce ricevute rispetto all’uso di apparecchiature acustiche a largo spettro, utilizzate contro Zelaya e i suoi sostenitori nei pressi dell’ambasciata brasiliana da parte dei membri di polizia e di mercenari.
Affermato quanto sopra, chiediamo quanto segue:
- Che venga immediatamente restituita la presidenza, usurpata manu militari con la forza e la violenza al legittimo mandatario del paese Manuel Zelaya, regolarmente eletto dal popolo honduregno e che gli venga data la possibilità di terminare il suo mandato. con la forza e la violenza al legittimo mandatario del paese Manuel Zelaya, regolarmente eletto dal popolo honduregno e che gli venga data la possibilità di terminare il suo mandato.
- Che nel paese venga ripristinato immediatamente lo Stato di Diritto e venga garantito il rispetto dei diritti umani, civili e politici previsti da tutti i trattati internazionali ratificati anche dall’Honduras.
- Che cessi immediatamente la criminalizzazione della protesta sociale attuata dal regime con scopo intimidatorio e repressivo e la persecuzione penale contro gli oppositori al regime e venga garantito e rispettato il loro legittimo diritto al dissenso.
- Che vengano immediatamente liberati tutti i prigionieri politici detenuti e si intraprendano indagini volte a stabilire responsabilità penali rispetto ai casi denunciati di decessi, nonché rispetto a tutti i casi di torture, trattamenti crudeli e degradanti, detenzioni arbitrarie contro le persone che hanno manifestato contro il regime.
- Che venga garantito e rispettato il diritto alla libertà di espressione e il diritto all’informazione e che quindi tutti i mezzi di comunicazione critici al regime vengano messi in grado di lavorare tranquillamente e in assoluta sicurezza per i loro operatori.
- Che vengano svolte opportune indagini rispetto alla denuncia della presenza di gruppi paramilitari colombiani che starebbero operando nel paese al soldo di gruppi di latifondisti locali.
E inoltre affermiamo:
- Che riconosciamo come legittimo presidente dell’Honduras il Sig. Manuel Zelaya.
- Che solidarizziamo con il Frente Nacional de Resistencia Popular e con tutto il popolo honduregno nella lotta contro il colpo di Stato.
- Che sosteniamo il Frente Nacional de Resistencia Popular e tutto il popolo honduregno nelle legittime richieste di indire un’Assemblea Costituente che gli restituisca dignità e partecipazione civile.
- Che non riconosceremo i risultati delle elezioni politiche del 29 novembre prossimo in quanto realizzate sotto un regime golpista senza nessuna garanzia di rispetto delle regole democratiche sia per quanto riguarda la campagna elettorale sia per il loro svolgimento.
Al ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini chiediamo:
- Che non riconosca come legittime le elezioni politiche del 29 novembre prossimo in quanto indette da un regime golpista senza nessuna garanzia di rispetto delle regole democratiche sia per quanto riguarda la campagna elettorale sia per il loro svolgimento, come già dichiarato dal segretario generale dell’ONU, dall’OEA, e dal governo degli Stati Uniti nel caso non venga ripristinato Manuel Zelaya alla presidenza del paese.
- Che operi attivamente per la cancellazione di ogni rapporto economico e trattato commerciale con il governo golpista honduregno fino a quando non venga ripristinata la democrazia nel paese.
- Che proibisca l’ingresso nel nostro paese di tutti i membri del governo golpista e dei collaboratori dichiaratamente complici del regime, cominciando dal Sig. Micheletti Bain, originario di Bergamo.
- Che si faccia promotore presso l’Unione Europea perché venga sospeso qualsiasi rapporto economico e commerciale con l’Honduras.
Distinti saluti
Primi firmatari: Associazione A Sud, Comitato Carlos Fonseca, Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell’Uomo, Comitato Pro Zelaya, Collettivo Italia-Centro America, Associazione Italia-Nicaragua, Annalisa Melandri, Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive!, On. Marco Rizzo, Comunisti Sinistra Popolare, Ex-SNIA, Fulvio Grimaldi, Sandra Paganini, Circolo della Tuscia, Italia Cuba
No se puede aceptar un golpe de Estado en el siglo XXI!
Roma, 21 luglio 2009
La Presidenza dell’ Unione Europea in data odierna ha confermato il suo appoggio politico al legittimo presidente dell’ Honduras Manuel Zelaya e ha sostenuto la mediazione in Costa Rica del presidente Oscar Arias. Tuttavia oltre alla sospensione del dialogo poltico e dello sviluppo dei Trattati bilaterali in discussione, non è riuscita a prendere iniziative più coraggiose rispetto al governo golpista di Roberto Micheletti, quale per esempio la sospensione del Sistema di Preferenze Generalizzate (SPG) che permette ai paesi in via di sviluppo di beneficiare di un accesso più agevole ai mercati dei Paesi Industrializzati e che è vincolato al rispetto delle 27 principali convenzioni internazionali in materia di Democrazia e di Diritti Umani.
Il Comitato Pro Zelaya, costituitosi spontaneamente il 28 giugno scorso, nelle stesse ore in cui avveniva il colpo di Stato in Honduras, chiede pertanto che iniziative più importanti in campo economico vengano intraprese contro il governo golpista e la sua giunta civico-militare, affinché sia permesso un immediato rientro nel paese del legittimo presidente Manuel Zelaya e il ripristino dell’ ordine costituzionale e il rispetto dei diritti umani nel paese, gravemente minacciati dalla giunta golpista.
Denuncia inoltre l’ incapacità e la mancanza di volontà tanto dell’ Unione Europea, quanto anche del governo degli Stati Uniti nel riuscire a prendere decisioni importanti e coraggiose di fronte a situazioni gravi e di emergenza democratica, come sta avvenendo in queste ore in Honduras.
Nonostante infatti il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), José Miguel Insulza, abbia detto che “nessuno nel mondo appoggia il regime di Micheletti”, nessun singolo paese o organizzazione di tipo intergovernativa ha di fatto intrapreso severe restrizioni economiche o alcun tipo di boicottaggio commerciale contro il governo golpista honduregno.
Il Comitato Pro Zelaya inoltre solidarizza e si somma alla lotta del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato e coincide nella sua posizione intransigente di rifiuto di qualsiasi proposta di amnistia da concedere ai golpisti, in quanto questa potrebbe creare un grave precedente di immunità nel paese e nella regione.
Ricordiamo che l’Honduras ha accettato in passato la competenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani, e che pertanto le ha ceduto la facoltà di vigilare l’adempimento delle obbligazioni civili e democratiche assunte verso il proprio popolo.
Qualsiasi legislazione che prospetti una possibile amnistia per i golpisti pertanto si puo’ considerare violatoria della Convenzione Americana sui Diritti Umani.
Annalisa Melandri
portavoce
Questa è la lettera che in occasione del sit-in di fronte all’ambasciata del Perù in Italia in protesta per i gravi fatti accaduti in Amazzonia è stata conseganta dalle associazioni presenti all’ambasciatore peruviano.
Roma 11 giugno 2009
All’Ambasciatore del Perù in Italia
Alle autorià di governo del Perù
Ai mezzi di comunicazione
di fronte ai fatti accaduti in Perù nei giorni scorsi e alla repressione messa in atto contro le popolazioni amazzoniche in agitazione pacifica in difesa dei propri diritti e territori, come società civile italiana e associazioni, organizzazioni e movimenti sociali, forze politiche e sindacali
esprimiamo:
- dura condanna di fronte all’atteggiamento criminale del governo peruviano e delle forza armate;
- solidarietà ed appoggio incondizionati nei confronti del movimento indigeno;
- indignazione di fronte alla dichiarazioni del presidente del Perù Alan Garcìa che nei giorni scorsi ha parlato ai mezzi di comunicazione riferendosi agli indigeni come “cittadini di serie b”;
- indignazione per il continuo clima di terrore, intimidazione, minaccia e criminalizzazione dei movimenti e della protesta sociale;
- appoggio alle richieste avanzate dal movimento indigeno peruviano che chiede il rispetto dei diritti riconosciuti dalla costituzione e la deroga immediata dei decreti incostituzionali emessi per dare implementazione al TLC firmato con gli Stati Uniti;
chiediamo:
- che venga fermata immediatamente la repressione contro i movimenti sociali ed indigeni;
- che vengono indagate e punite le responsabilità del massacro di Bagua – nel quale, per la violenza delle repressione, hanno perso la vita decine di indigeni e alcuni agenti di polizia – e degli altri atti persecutori commessi contro i movimenti sociali;
- che si dia seguito alla richieste dei movimenti sociali ed indigeni derogando alle normative incostituzionali emesse in violazione dei diritti riconosciuti dall’ordinamento interno ed internazionale alla popolazione civile urbana e rurale;
- che decadano gli ordini di cattura emessi contro i leader indigeni amazzonici e i leader sociali oggetto di criminalizzazione.
Associazione A Sud
Ass. Survival
Ass. Donne per la Solidarietà
Comitato Immigrati in Italia – sede di Roma
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
FIOM CGIL – Federazione Italiana Operai Metalmeccanici
FIM CISL – Federazione Italiana Metalmeccanici
Sinistra e Libertà
Il licenziamento di Dante De Angelis non può essere un problema esclusivamente di chi sta scioperando per farlo riassumere, i ferrovieri e il sindacato di base, ma deve interessare tutti coloro che del treno ne fanno un mezzo di trasporto importante. Vi chiediamo pertanto di partecipare a questa protesta per la giustizia e la sicurezza di tutti i viaggiatori, diffondendo quanto più possibile questo volantino e inviandolo agli indirizzi indicati. La richiesta è rivolta soprattutto ai pendolari che possono riprodurlo e lasciarlo in giro sulle panchine delle stazioni, nei bar e “casualmente” dimenticarne qualcuno sui sedili dei treni.(A.M) Scarica qui il volantino formato word
Spett.le Direzione
Trenitalia Spa
Ferrovie
dello Stato S.p.a.
Piazza della Croce Rossa, 1 — 00161 Roma
Roma, maggio 2009
Siamo donne e uomini che utilizzano con convinzione il treno per gli spostamenti interurbani.
Il treno da sempre è considerato, a ragione, un mezzo di trasporto poco inquinante, compatibile con l’ambiente e sicuro. Più sicuro degli altri mezzi di trasporto; ciò è quanto emerge infatti dalla storia del trasporto su rotaia.
Noi, viaggiatori e cittadini di questo paese, desideriamo che il treno continui a mantenere queste sue caratteristiche.
I lavoratori delle ferrovie, sappiamo, stanno facendo di tutto perché il treno mantenga e migliori queste sue prerogative, soprattutto, per quanto attiene alla loro attività, la SICUREZZA.
Sappiamo che, grazie alle loro lotte sindacali, i ferrovieri hanno raggiunto importanti innovazioni a vantaggio della sicurezza, una delle più significative è stata l’aver conquistato il “Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (Rls), come espressione della sorveglianza e verifica degli stessi lavoratori al buon funzionamento delle macchine e delle procedure.
Noi viaggiatori ci sentiamo sicuri, in un certo senso protetti, sapendo che chi produce il trasporto ferroviario, allo stesso tempo vigila con attenzione per tutelare la salute e l’incolumità di chi lavora e chi viaggia.
Ci è sembrata questa conquista un gran passo avanti di civiltà, purché il “Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (Rls), operi nel rispetto della verità.
Invece… un giorno veniamo a sapere che uno di questi “Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”, uno dei più attivi e attenti, svolgendo il proprio lavoro di macchinista (quello che conduce il treno) e discutendo con i suoi compagni di lavoro, si era accorto di alcune anomalie che potevano compromettere la sicurezza di chi lavora e di chi viaggia e –giustamente– l’ha prontamente segnalato all’Azienda Trenitalia.
Si poteva pensare che questo macchinista fosse stato proposto per un premio, così sarebbe successo in un paese civile, così doveva accadere in un paese democratico… invece… è stato licenziato! Si chiama Dante De Angelis.
Sembra un racconto dell’orrore, o forse del terrore. Terrore e intimidazione con cui i dirigenti di Trenitalia cercano di ridurre al silenzio i ferrovieri, con la minaccia di licenziamento, mettendo a repentaglio la loro e la nostra sicurezza.
Ma ancor più preoccupante ci sembra la motivazione del licenziamento: “è venuto definitivamente meno il rapporto di fiducia”. Con queste parole Trenitalia ha licenziato Dante De Angelis.
Noi viaggiatori vorremmo, anzi, esigiamo, di poter avere fiducia nella correttezza dei dirigenti di Trenitalia quando è in gioco la salvaguardia dell’incolumità di chi lavora e chi viaggia. Non riusciamo a comprendere quale altra fiducia la dirigenza di Trenitalia pretenda dai ferrovieri. O forse confonde fiducia con omertà?
Da quel 15 agosto del 2008, giorno in cui il ferroviere macchinista e Rls Dante De Angelis è stato licenziato per aver detto la verità all’opinione pubblica su alcuni pericoli incombenti, (poi puntualmente verificatisi), noi viaggiatori sui treni italiani NON CI SENTIAMO PIU’ SICURI.
E non ci sentiremo sicuri, né cittadini di un paese civile, fino a quando Dante De Angelis non verrà reintegrato in servizio e finché non venga sanzionata l’attività antisindacale di Trenitalia lesiva dell’incolumità di chi lavora e di chi viaggia.
Il nostro auspicio, che è anche una precisa richiesta, è che l’Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti e tutta la dirigenza facciano un sostanziale passo indietro e riconoscano il proprio errore.
Annalisa Melandri
per un gruppo di viaggiatori delle Ferrovie di Roma Trastevere
All’ambasciatore di Israele a Roma
GHIDEON MEIR
Desidero con questa comunicare la mia profonda condanna per i gravissimi crimini contro l’umanità che il suo paese, Israele, sta compiendo in queste ore contro la popolazione civile di Gaza e per quelli commessi fino a questo momento in quella regione, trasformandola di fatto in una immensa prigione a cielo aperto, dove vengono da voi negati sistematicamente i più elementari diritti umani.
Privare un milione e mezzo di persone dei generi di prima necessità giustificando questo con motivi di sicurezza è inaccettabile e umanamente discutibile, e viola inoltre qualsiasi trattato internazionale.
L’arroganza che contraddistingue da sempre il vostro agire, le violazioni costanti dei diritti umani, la violenza dei vostri attacchi “chirurgici”, il fatto di impedire che viveri e medicinali possano entrare nella striscia di Gaza o che i feriti possano essere trasportati fuori per le cure, fa di voi, per questo, uno Stato che merita condanna e disprezzo.
Annalisa Melandri