So che tra di voi ci sono moltissime persone di buona volontà, vi pregherei di inviare per mail questa lettera agli indirizzi indicati. Molto spesso far sapere che fuori dal paese ci sono singole persone, comuni cittadini che si informano e tengono d’occhio quanto accade nel campo delle violazioni dei diritti umani serve a molto, anche e soprattutto (e non è poco), a far sapere ai familiari delle vittime di tali violazioni che non sono soli.
Al Presidente degli Stati Uniti del Messico
Felipe de Jesús Calderón Hinojosa
Residencia Oficial de los Pinos Casa Miguel Alemán
Col. San Miguel Chapultepec, C.P. 11850, México DF
All’Ambasciatore del Messico in Italia
Jorge Eduardo Chen Charpentier
Via Lazzaro Spallanzani n. 6
00161 ROMA
26 settembre 2008,
Ad un anno esatto dalla scomparsa di Francisco Paredes Ruiz, avvenuta in Messico il 26 settembre 2007, ci uniamo alla richiesta inoltrata alle istituzioni del paese da parte di numerose associazioni in difesa dei diritti umani, tra le quali la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) e l’ Associazione dei Familiari dei Detenuti Scomparsi e delle Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani in Messico (Afadem-Fedefam), nonché a quella dei figli del Sig. Paredes, esigendo la sua riapparizione in vita.
Francisco Paredes Ruiz era un difensore dei diritti umani impegnato soprattutto contro le sparizioni forzate di persone ed era anche uno dei fondatori della Fondazione Diego Lucero, associazione che da anni porta avanti battaglie per la difesa dei diritti umani nello stato di Michoacán ed in tutto il paese.
Le autorità messicane, come dichiara Yanahu Paredes Lachín, figlia del Sig. Paredes, si sono rifiutate di accettare la denuncia per sparizione forzata di persona. Il caso del Sig. Francisco Paredes viene considerato pertanto come un sequestro di persona, mentre tutte le evidenze testimoniano che si tratta di una sparizione forzata e nonostante ci siano indizi che Francisco Paredes sia stato detenuto per un certo periodo di tempo in una caserma o in un carcere di massima sicurezza.
E’ inaccettabile che nonostante il Governo messicano abbia firmato accordi internazionali per porre fine alla pratica della sparizione forzata, considerata universalmente crimine contro l’umanità, le autorità competenti del paese non abbiano dimostrato fino a questo momento nessuna volontà di risolvere questo caso.
Chiediamo pertanto al governo messicano che accolga la richiesta dei figli di Francisco Peredes Ruiz, Yanahui, Cristina e Francisco, accettando la denuncia di sparizione forzata del loro genitore e che svolga le dovute indagini con la serietà e il rispetto che la gravità del caso richiedono.
Esigiamo inoltre l’immediata riapparizione in vita oltre che di Francisco Paredes Ruiz, anche di Alberto Cruz Sánchez e Edmundo Reyes Amaya, scomparsi da Oaxaca il 25 maggio 2007 e di Lauro Juárez scomparso il 30 dicembre dello stesso anno, nonché di tutte le persone scomparse del Messico.
Inviare cortesemente anche una copia a:
Cesar Nava Vázquez
Secretario Particular del C. Presidente de la República
Lic. Juan Camilo Mouriño Terrazo, Secretario de Gobernación
Lic. Victor Manuel Serrato Lozano, Presidente de la Comisión de los derechos humanos del Estado de Michoacán,
Alta Comisionada de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos
Representante en México de la Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos
Sr. Santiago Cantón, Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos,
Secretaria Embajador mexicano en Italia
Natalia Vlady Soto
Con copia:
Missione FIDH nelle zone di frontiera del Messico
dal 25 febbraio al 13 marzo 2007
La Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ha svolto nel corso del 2007, dal 25 febbraio al 13 marzo, una missione nell’ambito della Campagna internazionale su “Migrazioni e Diritti Umani”, nelle due zone di frontiera che al momento rappresentano le due aree più critiche rispetto alle violazioni dei diritti umani che sistematicamente vengono commesse nei confronti dei migranti. Le frontiere sotto esame sono state quelle messicane, a sud del paese al confine con il Guatemala, e a nord, al confine con gli Stati Uniti.
In particolare la zona di confine tra Messico e Stati Uniti segna anche una zona di “frattura tra un’America ricca e dominante nei programmi economici e politici e un’ America povera e sommessa alle regole del gioco stabilite dal vicino Nord”, come si legge nella relazione presentata dalla FIDH, al termine della missione.
Negli ultimi 12 anni sono stati più di 4 mila i migranti che hanno trovato la morte attraversando il muro, “materiale e virtuale” che separa il Messico dagli Stati Uniti.
Migranti “illegali” vengono definiti dalle autorità e dai mezzi di comunicazione, definizione alla quale la Federazione Internazionale dei Diritti Umani, della quale fa parte anche la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) si oppone fermamente, in quanto considera aberrante la definizione stessa di “illegale” applicata ad un essere umano. Quel termine illegale” posto vicino alla parola migrante implica una criminalizzazione del fenomeno della migrazione e spesso anche una confusione tra migrazione e terrorismo, confusione che si è accentuata soprattutto nel corso dell’ ultima amministrazione statunitense e che ha un risvolto particolarmente inquietante perchè sta legittimando in nome della sicurezza nazionale misure sempre più repressive e violazioni sempre più gravi dei diritti umani.
Sempre più uomini e donne si spingono oltre i confini del Messico, costi quel che costi, mossi dalla speranza di una vita migliore, e quindi la causa principale delle migrazioni resta comunque e sempre la povertà. C’e da dire inoltre che con la firma del Trattato di Libero Commercio tra il Canada, gli Stati Uniti e il Messico, il così detto NAFTA, le disuguaglianze tra il Messico e gli altri paesi non sono diminuite, anzi sono aumentate drammaticamente. In dieci anni, tra il 1994 e il 2004 più di un milione di contadini messicani sono stati costretti ad abbandonare le loro terre per l’arrivo nel mercato nazionale di mais e grano provenienti dagli Stati Uniti a prezzi irrisori.
Le violazioni dei diritti umani che la FIDH ha potuto rilevare nel corso della sua missione nelle due zone di confine sopra citate, sono state innumerevoli.
Numerose interviste e testimonianze raccontano di moltissimi casi di decessi che avvengono per le cadute dai così detti “treni della morte” che trasportano i migranti dal sud al nord del paese, verso il confine con gli Stati Uniti. I corpi dei deceduti vengono gettati in fosse comuni o in cimiteri di zone rurali (tristemente noto quello di Tapachula) e ai familiari generalmente non viene data comunicazione del decesso dei loro congiunti.
Durante le operazioni di identificazione dei migranti e durante i controlli effettuati nei “treni della morte” è stato rilevato e denunciato un uso sproporzionato ed eccessivo della violenza da parte delle forze dell’ordine preposte ai controlli. L’impunità, successivamente protegge l’operato di polizia ed esercito nei casi accertati di violazioni dei diritti umani.
Ulteriori e gravi violazioni vengono commesse quando i migranti sono detenuti nelle così dette “estaciones migratorias” dove dovrebbero permanere fino al momento che non “venga chiarita la loro posizione migratoria ed effettuata la loro deportazione” e comunque non per un periodo superiore ai 90 giorni. Le violazioni più comuni in questo caso vanno dal prolungamento dei termini consentiti di custodia, fino alle pessime condizioni igieniche e sanitarie dei luoghi adibiti, oltre naturalmente a gravi casi di violenze fisiche e maltrattamenti sui migranti ospitati nei centri.
A queste detenzioni “legali” si aggiungono detenzioni illegali di migranti da parte di bande di criminali a puro scopo estorsivo.
La relazione della FIDH si conclude con le raccomandazioni che la Federazione Internazionale e i suoi partner in territorio nazionale fanno sia ai governi degli Stati Uniti che del Messico per il rispetto dei diritti dei migranti in quanto esseri umani.
Seminario Internazionale
“I diritti umani dei migranti nelle Americhe”
16/17/18 giugno 2008– Città del Messico
Nel giorni 16, 17 e 18 giugno del 2008, invece a Città del Messico, a complemento del lavoro svolto dalla FIDH l’anno precedente, si è tenuto il Seminario Internazionale “I diritti umani dei migranti nelle Americhe” convocato proprio dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani e dalle sue due leghe messicane, la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) e la Commissione Messicana per la Promozione e Difesa dei Diritti Umani ( CMDPDH) nonché dall’organizzazione Sin Fronteras I.A.P., con l’obiettivo primario di analizzare le gravi violazioni dei diritti umani emerse proprio nel corso della missione realizzata appena un anno prima lungo le frontiere nord e sud del Messico.
Vari i temi affrontati:
- L’analisi dei flussi migratori nelle frontiere
- La detenzione e la deportazione dei migranti
- I diritti dei lavoratori migranti
Il Dr. Adrián Ramírez, presidente della LIMEDDH nel corso del suo intervento durante il seminario ha condiviso la sua esperienza ventennale di difensore dei diritti umani: “quando ci avviciniamo alle testimonianze delle vittime quodiniane di questi abusi, possiamo vedere le ferite inflitte sui corpi delle persone, la tristezza e le lacrime delle donne violentate e gli abusi ai quali costantemente sono sottoposti durante il loro viaggio verso gli Stati Uniti. E questo muro, che non detiene la migrazione, ma semplicemente quello che fa è che scavalcando il muro le persone diventano adatte a lavorare negli Stati Uniti…”.
Non poteva essere non affrontata inoltre la “direttiva ritorno” recentemente approvata dall’Unione Europea, che come spiega il Dr. Ramírez “rappresenta un grave regresso per i diritti umani nel mondo” e lancia un monito all’Unione Europea: “ da qui vi diciamo che quello che è accaduto in Francia con la morte di questi due cittadini migranti dell’Africa e che poi ha generato tanta violenza è semplicemente la manifestazione del fatto di non aver considerato gli esseri umani di qualsiasi parte del mondo come umani e che la xenofobia l’unica cosa che alimenta è l’odio e il ritardo nella soluzione dei problemi gravi dell’umanità”.
Nel corso del Seminario, al quale hanno partecipato più di 20 paesi, è stata lanciata la campagna internazionale a favore dei diritti dei migranti e la scelta per questa iniziativa è caduta proprio non casualmente su Città del Messico, in quanto questo paese è notoriamente “origine, transito e destinazione dei migranti”.
…
1)Video/Audio dell’ intervento del Dr. Adrián Ramírez, presidente della LIMEDDH nel corso del seminario internazionale “I diritti umani dei migranti nelle Americhe”
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2)Relazione della FIDH, Muros, abusos y muertos en las fronteras : Violaciones flagrantes de los derechos humanos de los migrantes indocumentados en camino a Estados Unidos, marzo de 2008|fr->
http://www.fidh.org/spip.php?article5336
…
3)Consigliati sul tema dei migranti in México:
qui di seguito il video dell’intervento del Dr. Adrián Ramírez, presidente della LIMEDDH
… Dimenticare ci fa più male
Verónica, Soren, Fernando, Juan
e Lucía, insieme ai i vostri amici e alle vostre famiglie
prenderemo i vostri sorrisi e i vostri desideri
e li trasformeremo in parole e azioni…
(Dr. Adrián Ramirez López)
Leggi il bollettino n. 1 (spagnolo)
“Abbiamo il coraggio di denunciare il crimine contro l’umanità che ha commesso l’esercito colombiano quando ha bombardato di notte un accampamento delle FARC in territorio ecuadoriano, violando la sovranità di questo paese, uccidendo i sopravvissuti, e sapendo che lì si trovavano civili di altre nazionalità come i nostri figli messicani”.
Con queste parole i genitori di Verónica, Soren, Fernando e Juan, i quattro studenti messicani massacrati a Sucumbíos (Ecuador) dall’esercito colombiano, appoggiato dalla forze militari statunitensi e del Mossad, annunciano il primo numero di un bollettino, realizzato in collaborazione con la LIMEDDH, la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani, che ogni mese consegneranno all’ambasciata colombiana a Città del Messico e che verrà contemporaneamente consegnato alle rappresentanze diplomatiche della Colombia in Italia, Spagna e Francia. Il bollettino si chiamerà Cada Uno por la Justicia (Ognuno per la Giustizia), nome che identifica anche la campagna nazionale e internazionale di “giornate di solidarietà con il popolo colombiano e con la Patria Grande in memoria dei massacrati di Sucumbíos (Ecuador)
Un bollettino mensile per ricordare chi erano Verónica Natalia Velázquez Ramírez , Juan Gonzáles del Castillo, Fernando Franco Delgado, Soren Ulises Avilés Ángeles, quattro giovani studenti che mossi unicamente dal desiderio di pace e di solidarietà con altri popoli latinoamericani, e motivati dai loro studi, si erano avvicinati ad un accampamento non militare, dove si stavano svolgendo tra l’altro importanti trattative di mediazione internazionale per la liberazione di Ingrid Betancourt e di altri ostaggi nelle mani delle FARC. E per raccontare chi è Lucia Morett l’unica sopravvissuta costretta attualmente a vivere in Nicaragua in attesa di poter fare rientro tranquillamente senza conseguenze nel suo paese.
Un bollettino mensile per riscattare la memoria di questi ragazzi dalla infamante campagna mediatica montata dal governo colombiano nel loro paese d’origine con l’appoggio di gruppi dell’estrema destra messicana e avallata dal silenzio complice del governo del loro paese, che li sta facendo apparire come terroristi da tempo legati alle FARC e ai movimenti armati messicani.
Infine, un bollettino mensile per ricordare veramente quali sono le violazioni dei diritti umani che si commettono quotidianamente in Colombia da parte di un governo che impunemente viola trattati internazionali, utilizza i simboli della Croce Rossa Internazionale in operazioni di intelligence e commette efferati crimini di guerra.
Qui il resoconto dell’evento realizzato ieri a Città del Messico
Anche se Amnesty International la definisce genericamente ed erroneamente Giornata Internazionale degli Scomparsi, in realtà si tratta della giornata internazionale in solidarietà e per la riapparizione in vita dei detenuti scomparsi o più in generale di tutti coloro che sono stati arrestati o sottratti all’affetto dei loro cari e alle loro vite dallo Stato e dei quali non si ha più nessuna traccia.
E‘ importante chiarire che il crimine di “desaparición forzada” (sparizione forzata) è innanzitutto un crimine contro l’umanita’, come disposto dall’articolo 7 dello Statuto di Roma su cui si basa la Corte Penale Internazionale, equiparabile da vari trattati internazionali alla tortura e si configura tale in quanto commesso dallo Stato, diversamente si tratterebbe di un crimine identificabile con la accusa generica di “sequestro di persona”. In altre parole solo lo Stato, di qualsiasi paese si tratti, commette “desapareciones forzadas” e fa sparire quindi forzatamente le persone. E’ un crimine permanente e quindi imprescrittibile e rappresenta anche una violazione permanente dei diritti umani dei familiari delle persone scomparse.
Yanahuit e Cristina Paredes sono le due figlie di Francisco Paredes Ruiz, 58 anni, scomparso il 26 settembre del 2007 da Morelia, Michoacán, Messico. Era un difensore dei diritti umani appartenente alla Fondazione Diego Lucero. Da quella data non si hanno più sue notizie. Oltre alle evidenti negligenze delle istituzioni locali nell’accettazione delle denuncie sporte dalle figlie del Sig. Paredes, ci sono forti indizi che egli sia stato sequestrato da organi di polizia.
Le due ragazze sono molto giovani e oltre al dolore per la scomparsa del padre si trovano in una grave situazione finanziaria. Avevano infatti già perso la mamma un anno prima della scomparsa del papà a causa di una grave malattia e sono rimaste pertanto completamente sole, senza nemmeno poter disporre del poco denaro di famiglia disponibile in quanto non possono accedere al conto corrente del padre, proprio per la sua condizione di persona scomparsa. Se è vivo la banca chiede infatti una delega, se è morto un certificato di morte. Ma lui non è né vivo né morto. Se lo sia o no, lo Stato messicano lo sa ma non lo dice.
La Limeddh (Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani) sta seguendo il caso Paredes Ruiz.
Chiunque voglia aiutare economicamente le figlie del Sig. Paredes Ruiz può farlo tramite questo conto corrente:
4915662233828246
C/o BANORTE
intestato a CRISTINA E. PAREDES LACHINO
…
Ascolta qui l’intervista di Cecilia Rinaldini a Dave Hardy, coordinatore della Coalizione Internazionale contro le Sparizioni Forzate
Intervista esclusiva al Dr. Adrián Ramírez Lopez , presidente della LIMEDDH.
La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) , l’Associazione dei Familiari dei Detenuti Scomparsi e delle Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani del Messico (AFADEM-FEDEFAM), l’Associazione Nazionale degli Avvocati Democratici (ANAD) ed altre associazioni messicane per la difesa dei diritti umani e civili, in un comunicato diretto al Comitato Internazionale della Croce Rossa, hanno espresso la loro ferma condanna dell’azione di guerra dell’esercito colombiano nella quale sono morte 24 persone tra cui il portavoce internazionale delle FARC Luis Édgar Devia Silva, meglio conosciuto come Raúl Reyes e per lo meno quattro giovani messicani studenti dell’università pubblica del Messico l’UNAM.
Una giovane, Lucía Andrea Morett è ferita e ricoverata con grevi lesioni in un Ospedale Militare dell’Ecuador.
Gli studenti, tutti frequentanti la facoltà di Lettere e Filosofia dell’università messicana dell’UNAM, come confermato dal quotidiano messicano La Jornada del 10 marzo, si trovavano in Ecuador, a Quito per partecipare al II Congresso Continentale Bolivariano che riunisce i militanti sociali e le forze progressiste e di sinistra latinoamericane. Successivamente, dopo aver raccolto interviste a politici ecuadoriani e materiale per i loro studi, avevano accettato di recarsi nel campo delle FARC, dove avrebbero dovuto proseguire le loro attività di ricerca e studio e dove nella notte del 1 marzo sono stati sorpresi nel sonno dal fuoco dell’esercito colombiano.
L’accampamento si trovava fuori dalla zona di conflitto ed era luogo di mediazione e transito anche di visitatori stranieri per le trattative in corso per la liberazione degli ostaggi nelle mani della guerriglia, trattative che stava portando avanti con successo proprio Raúl Reyes e di cui il governo colombiano era al corrente.
Adrián Ramírez Lopez, presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani ci spiega quali sono i termini della denuncia presentata alla Croce Rossa Internazionale e la posizione assunta dal governo Calderón in questa situazione:
A.M. — Dr. Adrián Ramírez Lopez, la LIMEDDH ha denunciato alla Croce Rossa Internazionale ciò che è stato definito “un massacro perpetrato dall’esercito colombiano in Ecuador”.
Tra i morti sono stati recuperati i cadaveri di quattro giovani studenti messicani e una ragazza è tuttora ricoverata in ospedale in Ecuador.
Come hanno reagito alla notizia l’opinione pubblica messicana e la stampa? Già si parla di infiltrazione delle FARC nell’ UNAM.
A.R.- La maggior parte dei mezzi di comunicazione ha intrapreso una campagna per discreditare gli studenti e i giovani ricercatori e ha cercato di mettere in relazione l’ UNAM con le FARC e di conseguenza con i cartelli della droga.
La ragazza è ricoverata in Ecuador nell’Ospedale Militare e anche se non è in pericolo di vita, il suo recupero sarà molto lento ed avrà bisogno di interventi di chirurgia ricostruttiva per la profondità e l’estensione di alcune lesioni.
A.M. – L’azione del governo colombiano è sembrata soprattutto un attacco contro le trattative in corso per lo scambio umanitario che lo stesso Raúl Reyes stava portando avanti con i governi del Venezuela e dell’Ecuador.
Si può parlare di violazione del Diritto Internazionale dei Diritti Umani anche se si tratta di un’azione militare contro un accampamento della guerriglia delle FARC, organizzazione inserita nella lista dei gruppi terroristi?
A.R. Ricordiamo che l’attacco si produce durante un momento di distensione del conflitto, che stava già dando i suoi frutti per la liberazione degli ostaggi da parte delle FARC, dal momento che gli ultimi quattro ostaggi erano stati liberati il 27 febbraio scorso. Fu una dimostrazione chiara dei risultati del processo di negoziazione che le parti stavano portando avanti in modo coerente e responsabile, con la mediazione e il notevole intervento della Francia e Svizzera, dell’Unione Europea e di paesi come il Venezuela e l’Ecuador, nell’ambito dell’Accordo Umanitario.
Noi, come organizzazioni messicane firmatarie, denunciamo la gravità di quest’accaduto, dal momento che il governo colombiano con il suo operato ha dimostrato soltanto disprezzo per la vita e per la pace. Tale crimine, inoltre, non solo ha provocato la morte di 24 persone, ma è stato condotto contro l’accordo umanitario e la liberazione degli ostaggi ( mentre in questo senso invece c’erano stati notevoli progressi negli ultimi mesi) contro l’apertura dei processi di pace e di distensione in Colombia e nello stesso momento ha minacciato gravemente la sicurezza della regione.
In questo modo, con il suo operato, il governo colombiano non soltanto ha violato il territorio e quindi la sovranità dell’Ecuador, ma ha anche condotto un attacco diretto, smisurato, sleale e premeditato a un accampamento situato in un luogo chiaramente stabilito come punto comune di dialogo e di connessione nella trattativa, violando tanto il Diritto Internazionale, quanto il Diritto Internazionale dei Diritti Umani e il Diritto Internazionale Umanitario.
A.M. – Come hanno risposto il governo messicano e il presidente Calderón alle accuse del vicepresidente Santos che ha affermato che quello che è accaduto deve far preoccupare il governo del Messico e che le FARC sono ramificate in tutto il contiente? Inoltre in una sua recente dichiarazione egli ha affermato che i messicani uccisi “non erano certamente angioletti…”
A.R.- Il governo di Calderón ha assunto una posizione di silenzio e non ha dato il via ai procedimenti necessari che ha a disposizione lo stato messicano per proteggere i suoi cittadini in qualsiasi paese del mondo. Tale posizione, sommata a quella della Procura Generale della Repubblica, che sta indagando sui giovani in Messico, lo rende complice del governo colombiano.
A.M. – Dovrà rispondere la Colombia di fronte a qualche organismo internazionale per quanto accaduto in territorio ecuadoriano?
A.R.- La Corte Penale Internazionale è un tribunale di giustizia internazionale la cui missione è giudicare le persone che hanno commesso crimini di guerra, genocidio o lesa umanità. La sua base giuridica si poggia su tre documenti fondamentali: Lo Statuto di Roma, la risoluzione 808 del 22 febbraio del 1993 e la risoluzione 827 del 25 maggio 1993.
Nello stesso modo è possibile presentare i casi davanti alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani e questa a sua volta li può presentare alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
Purtroppo in ogni caso passerebbero da 5 a 10 anni per ottenere giustizia, per questo ci stiamo preparando insieme con i familiari e con i sopravvissuti per predisporre un piano di azione a lungo termine e presenteremo un appello alla solidarietà internazionale affinché ci appoggi.
A.M. – Come presidente di un’ associazione in difesa dei Diritti Umani come vede la situazione in Colombia e come lei crede che si possa raggiungere la pace in questo paese?
A.R.- Innanzitutto la situazione dei diritti umani in Colombia è la più grave in America ed è una delle più gravi nel mondo, per tanto richiederebbe grandi sforzi politici e diplomatici, impresa che nell’attuale situazione geopolitica è difficile, non sarà facile ottenere infatti che gli Stati Uniti e il governo della Colombia possano modificare la loro dottrina di “sicurezza democratica” e guerra totale.
Quello che possiamo fare è continuare a costruire ponti di solidarietà internazionale per cercare di evitare stragi maggiori e d’altra parte andare avanti con la costruzione di azioni di protezione a livello mondiale dei diritti umani e nello stesso momento, ottenere vincoli più stretti di solidarietà internazionale.
Entrevista exclusiva al Dr. Adrián Ramírez Lopez , presidente de la LIMEDDH, Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos.
La Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos, la Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Victimas de Violaciones a los Derechos Humanos en México (AFADEM-FEDEFAM), la Asociación Nacional de Abogados Democráticos(ANAD) y otras asociaciones mexicanas por la defensa de los derechos humanos y civiles en un comunicado directo al Comité Internacional de la Cruz Roja, exprimen su firme condena de la acción bélica del ejército colombiano en la cual han resultado muertas 24 personas, entre las cuales estaba el portavoz internacional de las FARC Luis Édgar Devia Silva, más conocido como Raúl Reyes y además por lo menos quatro jovenes méxicanos estudiantes de la pública universidad de México, la UNAM..
Una joven, Lucía Andrea Morett se encuentra herida y hospitalizada en Ecuador.
Los estudiantes, casi todos del curso de Letras y Filosofía de la prestigiada universidad, como confirmado también por el diario La Jornada del 10 de marzo, se encontraban en Ecuador partecipando al II Congreso Continental Bolivariano qué reune los militantes sociales y las fuerzas de izquierda latinoamericana. Luego, después de haber realizado varias entrevistas y haber recogido material para sus estudios, habían aceptado de moverse hacia un campamento de las FARC donde la noche del 1 de marzo han sido sorprendidos mientras dormían por las bombas y el fuejo del ejercito colombiano.
El campamento se encontraba fuera de de las “zonas rojas” o de conflicto y fungía como campamento de interlocución y sitio de mediación y punto común de comunicación y enlace en la negociación para la liberación de los rehenes entre los cuales Ingrid Betancourt. Negogiaciones que etsabn conducidas por el mismo RaúL Reyes y que eran a conocimiento del gobierno colombiano.
Adrián Ramírez, presidente de la LIMEDDH (Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos) acepta de explicarnos cúales son los términos de la denuncia presentada a la Cruz Roja Internacional y la postura asumida por el gobierno de Felie Calderón en esa circustancia.
A.M. — Dr. Adrián Ramírez ‚ la LIMEDDH denunciò a la Cruz Roja Internacional lo que ha sido definido un masacre perpetuado por el ejército colombiano en el estado de Ecuador. Entre los fallecidos se encontraron los cuerpos de quatro jovenes estudiantes mexicanos y una joven està hospitalizada en Ecuador.
¿Cómo reaccionó la opinión publica mexicana y la prensa a la noticia? Pues ya se habla de infiltración de las FARC en la UNAM.
A.R.- La mayoría de los medios de comunicación comenzaron una campaña para descalificar a los estudiantes y jóvenes investigadores y trato de relación a la UNAM con las FARC y a su vez con los cárteles de la droga.
La hospitalizada está en Ecuador en el Hospital militar, y aunque no ha peligro para su vida, la recuperación será muy lenta y requerirá de cirugía reconstructiva ante la profundidad y extensión de algunas lesiones.
A.M. –El ataque del gobierno colombiano pareció más a un ataque contro las tratativas en curso por el intercambio humanitario que el mismo Reyes estaba adelantando con los gobiernos de Venezuela y Ecuador.
¿Se puede hablar de violacción del Derecho Internacional de los Derechos Humanos aún se trate de un campo de la guerrilla de las FARC, organización rebelde que se encuentra en el listado de los grupos terroristas?
A.R. — Recordamos que el ataque se produce durante un periodo de distensión del conflicto, que rendía ya frutos de liberación a rehenes por parte de las FARC, siendo la última liberación de cuatro de ellos, el pasado día 27 de febrero. Clara muestra de los resultados del proceso de negociación que las partes estaban llevando de manera consecuente y responsable, con la mediación y estimable intervención de Francia y Suiza, la Unión Europea y países como Venezuela y Ecuador, en el marco del Acuerdo Humanitario.
Las organizaciones mexicanas firmantes, denunciamos la gravedad de estos hechos, ya que con su actuación el gobierno colombiano sólo muestra su desprecio por la vida y por la paz. Tal crimen, además, no sólo atentó contra la vida de 24 personas, sino contra el acuerdo humanitario y la liberación de rehenes – que habían experimentado notables progresos en los últimos meses –, la apertura de procesos de paz y distensión en Colombia, al tiempo que amenaza fuertemente la seguridad de la región de América Latina.
De esta manera en su actuación, el gobierno colombiano no sólo violó el territorio y por tanto la soberanía de Ecuador, sino que además llevó a cabo un ataque directo, desmedido, alevoso y con premeditación, a un campamento localizado en un espacio claramente establecido como un punto común de comunicación y enlace en la negociación, violando tanto el Derecho Internacional, como el Derecho Internacional de los Derechos Humanos y el derecho internacional humanitario.
A.M. -¿Cómo respondieron el gobierno mexicano y el Presidente Calderón a las acusaciones del vicepresidente Santos quien afirmó que lo ocurrido tiene preocupar el gobierno de Mexico y qué las .FARC están ramificadas en todo el continente? Además su recién declaración es que los mexicanos asesinados “no eran ningún angelitos”…
A.R. — El gobierno de Calderón ha asumido una posición de silencio y no ha impulsado los mecanismos con los que cuenta el Estado Mexicano para proteger a sus ciudadanos en cualquier país del mundo. Tal postura, aunada con las declaraciones de la Procuraduría General de la República, en el sentido de que se investiga a los jóvenes en México, lo hace cómplice del gobierno colombiano.
A.M. — ¿Tendrà que responder Colombia frente a algún organismo internacional por lo ocurrido en territorio ecuadoriano?
A.R. La Corte Penal Internacional es un tribunal de justicia internacional cuya misión es juzgar a las personas que han cometido crímenes de guerra, genocidio, o lesa humanidad, su base jurídica se encuentra en tres documentos básicos: El Estatuto de Roma , la resolución 808 del 22 de Febrero de 1993 , y la resolución 827 del 25 de Mayo de 1993 .
De la misma manera es posible llevar los casos a la Comisión Interamericana de Derechos Humanos y esta a su vez, lo podría elevar a la Corte Interamericana de Derechos Humanos.
Lamentablemente en cualquiera de los casos, pasarán de 5 a 10 años para lograr justicia, es por ello que nos preparamos junto con los familiares y sobrevivientes para hacer un plan de acción de largo plazo y hacemos un llamado a la solidaridad internacional para que apoye.
A.M. — Como presidente de una asociación en defensa de los Derechos Humanos cómo vee la situación en Colombia y cómo Usted cree que se pueda lograr la paz en ese país?
A.R. — Primero la situación de los derechos humanos en Colombia es la más grave en América y una de las más graves en el mundo y por lo tanto requiere grandes esfuerzos políticos y diplomáticos, que en el esquema geopolítico no será fácil lograr que Estados Unidos y el gobierno de Colombia puedan cambiar su doctrina de “seguridad democrática” y guerra total.
Lo único que podemos hacer es seguir construyendo puentes de solidaridad internacionales para tratar de evitar estragos mayores y por otro lado, seguirlos preparando en el manejo de los recursos de protección internacional de los derechos humanos y asimismo, lograr lazos más estrechos de solidaridad internacional.
Ho incontrato Yesica Sánchez Maya, presidente della Limeddh di Oaxaca, nella sede dell’associazione il 20 agosto scorso.
Attualmente lavorano per la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani di Oaxaca, a vario titolo circa 12 persone, fino a un anno fa, cioè fino al momento in cui si è manifestato in tutta la sua violenza il conflitto sociale, soltanto lei e una segretaria riuscivano ad occuparsi di tutto.
Questo già rende l’idea di cosa sia cambiato qui in questi mesi.
L’acutizzarsi e il successivo divampare così violentemente del conflitto sociale infatti è come se avessero permesso alla società oaxaqueña di sviluppare una coscienza diversa di quello che sono e quello che rappresentano i diritti umani e dell’importanza fondamentale che rappresenta la denuncia delle loro violazioni per poter permettere alle associazioni che se ne occupano di intervenire in difesa delle persone.
Nonostante la pace apparente e la ritrovata serenità dei cittadini, che sembrano sforzarsi di raccontare, soprattutto ai turisti, di quanto ormai la situazione sia tornata tranquilla, basta però dare uno sguardo ai giornali la mattina per rendersi conto di come la situazione reale non sia proprio questa.
Yesica spiega che ormai si tratta di un conflitto latente, che non esplode in manifestazioni violente come è accaduto un anno fa o più recentemente a luglio di quest’anno, in occasione della festa della Guelaguetza, ma che non per questo al momento sia meno violento.
L’ultimo e più recente caso di desaparecidos risale infatti al mese di maggio di quest’anno con la denuncia della scomparsa da parte dell’EPR (Esercito Popolare Rivoluzionario) di due suoi militanti.
La situazione dei diritti umani a Oaxaca ruota principalmente intorno a tre argomenti fondamentali e cioè:
- la difesa dei diritti delle donne
- la difesa dei popoli indigeni
- l’appoggio al movimento sociale che si è reso necessario negli ultimi tempi.
Il movimento sociale a Oaxaca – la repressione
Chiediamo a Jessica cosa intende per “movimento sociale di Oaxaca” ed anche se il pensiero corre immediatamente alla APPO, lei ci spiega che sebbene questo sia stato il movimento che maggiormente ha monopolizzato l’attenzione sia nel paese che all’estero, (anche per la grande l’adesione che raccolto di circa 300 organizzazioni civili e sociali), l’impegno della Limeddh in questo senso va ben oltre, essendo Oaxaca uno stato che conta con la presenza di 16 popolazioni indigene, ognuna con la sua lingua e le sue tradizioni, ed avendo una storia di violazione dei diritti umani ben precedente alla formazione della APPO.
Lo scorso anno si è manifestata una crisi politica sociale strutturale dove l’autoritarismo ha raggiunto un limite tale da rompere l’apparente armonia che esisteva tra la popolazione e il governatore.
Ma esisteva di fatto questa armonia?
“No, non c’era” – ci spiega Yesica – “ma esisteva un patto non scritto con il quale, nonostante gli episodi di denuncia di violenze e di scontri, si riusciva a mantenere un clima di relativa tranquillità dove la situazione non degenerava in violenza e in confronti violenti tra le forze di polizia e la popolazione”.
Il 22 maggio del 2006 ebbe inizio la protesta dei maestri, i quali come tutti gli anni avevano costituito un presidio. Essi non protestavano soltanto per ottenere aumenti salariali. Le loro rivendicazioni non erano infatti soltanto sindacali, essi lottavano anche per il diritto allo studio degli indigeni, per le borse di studio, per le migliorie strutturali nelle scuole.
I maestri, come spesso accade, si erano fatti portavoce delle istanze di tutta la comunità.
Già erano trascorsi fino a quel momento due anni di governo di Ulises Ruiz e poiché a Oaxaca era noto che egli aveva vinto le elezioni con un fraude, quella che si presentava fu l’occasione propizia per potersi legittimare (usando la forza) in uno scenario politico e sociale che di fatto lo stava delegittimando.
Lo slogan che Ulise Ruiz portava avanti con il suo governo era “ni marchas ni plantones” (né manifestazioni né presidi) e questo è stato il segno peculiare che ha caratterizzato tutto il suo agire politico e sociale.
Aveva già attaccato in vario modo le organizzazioni sociali e l’unica entità che mancava ancora all’appello era il sindacato dei maestri.
Il suo governo iniziò a portare avanti una campagna denigratoria contro i maestri dei presidi, mostrandoli come degli inetti, smidollati dediti a leggere novelas invece di tenere lezioni, senza voglia di lavorare e pericolosi per l’ordine pubblico.
Ulises stava così preparando il campo per legittimare la repressione che sarebbe venuta, stava organizzandosi perchè si arrivasse poi al 14 giugno, giornata dello sgombero violento dello zócalo, creando un sentimento generalizzato di insofferenza verso i maestri da parte della popolazione di Oaxaca.
“Noi siamo sicuri” — conferma Jessica - “che effettivamente chi governava e chi dirigeva la situazione qui a Oaxaca, almeno fino al giugno 2006 quando è scoppiata la crisi, non fosse Ulises Ruiz, ma Jorge Franco Vargas, che fu segretario generale del Governo. Praticamente qui a Oaxaca comandava lui. Egli è una persona autoritaria, e così per esempio in linea con questa politica lo sgombero dello zócalo fu programmato per le 4 di mattina. I maestri stavano dormendo, dietro le barricate c’erano famiglie intere, era nell’aria che accadesse qualcosa ma non con quella violenza. C’erano 3000 poliziotti contro, 20mila-40mila maestri (anche se alcuni hanno parlato di circa 70mila). Li hanno assaliti nel sonno, non si era mai vista in Oaxaca una repressione così violenta, con gas lacrimogeni, donne che hanno abortito, anziani picchiati. Si dice, senza avere riscontri certi, di persone che sono morte”.
Quello che è successo la notte del 14 giugno ha fatto sì invece che il popolo si domandasse come sia stato possibile che il governatore avesse potuto agire in quel modo contro la cittadinanza. La popolazione iniziò a manifestare sentimenti di rabbia contro di lui, soprattutto per il modo in cui fu condotta l’operazione, così violentemente, di notte, senza preavviso.
I maestri però si organizzarono e il giorno seguente riuscirono a riconquistare lo zócalo cittadino, erano le 12 e davanti ai nostri uffici i poliziotti lanciavano gas lacrimogeni e si scontravano con i maestri”, racconta Yesica.
Fino a quel momento tutto il movimento sociale che con la repressione di Ulises Ruiz si era tenuto nell’ombra, dopo queste manifestazioni di violenza uscì allo scoperto e si organizzò.
E’ importante riconoscere a Oaxaca la funzione di colonna portante del movimento che hanno avuto i docenti in quanto essi hanno sempre appoggiato le rivendicazioni di tutti gli altri settori della società, per esempio quelle degli indigeni o quelle delle donne.
Sappiamo che qui il ruolo dei maestri è fondamentale ed essi sono molto rispettati dalla popolazione perchè rappresentano il punto di collegamento tra la comunità indigena e il resto della società civile.
Certo questo è il loro ruolo politico, ma la loro importanza è ben altra, ed è ancora più alla base che si può toccare con mano, chi non ha un maestro di riferimento nella famiglia? chi è che conosce meglio di tutti le problematiche dello stato di Oaxaca? Sono i maestri, nessuna struttura dello stato arriva alle comunità indigene più emarginate e povere di come i maestri sanno e possono fare.
La notte dell’attacco allo zócalo è stato praticamente il momento in cui è caduta la piccola goccia che mancava affinché il bicchiere d’acqua traboccasse, è stato il momento in cui la crisi politica e sociale, l’ impunità, la mancanza della divisione dei poteri, la mancanza di autonomia del potere giuridico, nonché la mancanza di potere della Commissione nazionale dei diritti umani e di tutta una serie di enti, riuscì ad emergere con maggior chiarezza e gravità.
Questi vuoti politici, civili e sociali, hanno avuto come risultato il fatto che la forza popolare li colmasse, il coinvolgimento della cittadinanza che riuscì a manifestarsi come ente di potere e che ebbe in sé la forza di contrastare un governatore indesiderato.
Il fatto più interessante fu che mentre il governo ripeteva che il problema a Oaxaca era soltanto un problema di conflitto che riguardava il sindacato dei maestri, tanto più si faceva imponente la partecipazione del popolo al conflitto, tanto più la gente si stringeva intorno ai maestri e alla APPO, tanto più il governo andava ripetendo che si trattava di un conflitto alla cui base stavano soltanto rivendicazioni salariali che riguardavano soltanto un pugno di maestri.
Per delegittimare la protesta dei maestri e di tutta la cittadinanza, il governo organizzò anche una marcia, detta “la marcia della vergogna”.
I suoi sostenitori sfilarono tutti vestiti di bianco, chiamati in appoggio tra alcuni settori economici della società quali ad esempio i commercianti, ma anche tra i poveri che per 200 o 300 pesos accettarono di manifestare a favore del governatore Ulises Ruiz.
Non fu nulla rispetto all’affluenza di persone che si registrò nelle marce della APPO e dei maestri.
La APPO, costituitasi formalmente al fianco del sindacato dei maestri il 21 giugno, diventò subito un movimento talmente ampio e importante ma privo purtroppo di una dirigenza.
“Si formò pertanto un consiglio provvisorio dove volta per volta venivano prese decisioni e stabiliti piani di azione, tutto funzionava molto bene” — ci racconta ancora Yesica — “almeno fino a luglio/agosto quando il governo dette un’accelerazione alla sua strategia repressiva”.
Ci furono dei morti e dei casi di detenzioni arbitrarie quali quella del professore Germán Mendoza Nube, membro della sezione 22 della CNTE.
Furono giorni terribili nei quali le forze di polizia operarono al di fuori della legalità in cui oltre al citato caso di detenzioni arbitrarie, si fabbricarono prove e testimonianze inesistenti contro i detenuti, e ci fu anche la scomparsa di Evangelio Mendoza González, ex segretario generale della Sezione 22 del SNTE, poi trovato in un carcere fuori dallo stato di Oaxaca.
Fu una palese dimostrazione di forza da parte del governo con lo scopo di mettere in guardia su quali fossero le conseguenze di una protesta che continuava con il passare dei giorni.
Dimostrazione di forza che ottenne però l’effetto contrario: ebbe inizio infatti a Oaxaca una caccia al poliziotto, nei giorni intorno al 21 agosto non se ne vedevano più in giro, tanto era pericoloso per loro, la gente era arrabbiata, i poliziotti avevano ucciso delle persone, ne avevano arrestate tante altre senza motivo e si erano messi contro il popolo.
“Contemporaneamente a questi sentimenti di rabbia si era creato un clima di festa fra le barricate, lì la gente si sentiva vicina e solidale, “camminavi nello zócalo e c’era chi preparava il caffè, chi la cena, si respirava un clima di festa, gli uffici erano tutti chiusi . Si era giunti al collasso delle istituzioni. Questo fu per tutto il mese di Agosto”.
E questo è quello che accadeva tra le barricate nel racconto che ce ne fa Yesica, durante la nostra conversazione.
Alla fine del mese il governo aprì un tavolo di negoziazioni con la APPO, si tennero 6 incontri, durante i quali la richiesta costante del movimento fu le dimissioni del governatore. Le chiedevano all’unanimità tutto il popolo di Oaxaca, ma purtroppo c’erano molti interessi economici, ma soprattutto politici in gioco. La testa di Ulises Ruiz venne giocata a tavolino tra il PRI e il PAN. Trattarono la legittimazione di Calderón contro l’intoccabilità di Ulises Ruiz. Oaxaca dipendeva dai giochi della politica di tutto il paese e questo fece in modo che non si arrivò alla caduta del governatore.
Paradossalmente d’altro canto il governo federale aveva riconosciuto il movimento di Oaxaca come un movimento giusto e legittimo, ma il governo federale non aveva il potere di mettere o togliere governatori.
Nello stesso momento, il movimento medesimo si trovò al centro di una polarizzazione sociale, alcuni metodi infatti, come le barricate, i blocchi stradali, a lungo andare provocarono malcontento tra i cittadini.
Si avvicinava anche la data dell’insediamento formale di Felipe Calderón al governo del paese, per cui il governo federale fece pressioni su quello di Oaxaca esortandolo a dargli appoggio decisivo per fermare la APPO che si stava facendo sempre più ingombrante.
La APPO si stava rafforzando infatti, nonostante la sua crisi strutturale e quella organizzativa.
E quindi quello che fece il governo di Ulises Ruiz il 17 di ottobre 2006 fu generare una serie di provocazioni in differenti luoghi della città.
Era ormai chiaro che la APPO era diventata un avversario molto maggiore di quello che i politici stessi e le forze di polizia credevano e il governo federale dovette riconoscere a un certo punto che il governatore Ulises Ruiz era incapace di contenere tutta quella polarizzazione sociale e far fronte alla crisi. Il 27 di ottobre Ulises Ruiz fece aprire differenti punti di scontro con il movimento in varie zone di Oaxaca, dove disgraziatamente morì Bradley Roland Will, che fu l’avvenimento che portò il caso Oaxaca alle cronache internazionali.
Il governo criminalizzò il movimento sociale in vari modi diversi, prima dicendo che si trattava solo di una protesta da parte dei maestri per il ritardo nei pagamenti dei salari, successivamente accusò il movimento di essere un braccio della guerriglia, quando si rese evidente che questa accusa non venne presa in considerazione, gli integranti della APPO vennero accusati di essere dei vandali e dei delinquenti.
Questa fu la strategia di stato usata per legittimare l’azione da parte del governo federale, vennero create le condizioni quindi per l’ingresso della PFP (Polizia Federale Preventiva) a Oaxaca il 29 di ottobre.
Ad Oaxaca oltre alla PFP entrarono però anche la Marina, i servizi segreti militari infiltrati nella PFP, i corpi speciali, gli agenti federali di investigazione.
Il popolo pensando di poter rispondere con le molotov e con le pietre fece azioni di resistenza e si registrarono altri due morti.
Continua a raccontare Jessica i lunghi giorni di ottobre e novembre.
Precisamente il 2 di novembre a Oaxaca si celebra la festa più importante, che è quella di tutti i santi. Girò voce però che proprio il 2 novembre la PFP sarebbe entrata nell’Università in un’azione volta contro la Radio Universidad, la voce del movimento.
Questo si preparò a difenderla, ma mentre nel centro, nello zócalo, la Polizia Federale Preventiva in modo molto civile smantellava le barricate senza provocazioni né uso della forza, dall’altro lato della città ci furono scontri violentissimi, ma l’errore più grande che commisero in questa circostanza gli agenti della Polizia federale preventiva fu quello di entrare nelle chiese.
Infatti nei giorni precedenti aveva giocato un ruolo fondamentale la Chiesa che aveva dato alloggio ai perseguitati della APPO, mentre il governatore trovava appoggio nella Chiesa Protestante.
“Attraverso un efficiente servizio di contro– insorgenza attivato dal governo locale vennero identificate persone, volti, e anche la nostra associazione ricevette delle minacce”, racconta Yesica.
Il 25 novembre la situazione esplose, una gigantesca manifestazione di decine di migliaia di persone chiese ancora una volta le dimissioni di Ulises Ruiz e il ritiro della PFP, ma venne duramente repressa, lasciando un saldo di più di 150 feriti, 150 arrestati e tre morti.
Questo fatto provocò una destabilizzazione molto forte nel movimento, e si registrarono dei cambiamenti all’interno di esso.
Il movimento e i leader
Inizialmente l’unico leader che il popolo aveva riconosciuto nella APPO non fu Flavio Sosa, come molti hanno creduto, ma Enrique Rueda. Egli purtroppo subì una pressione molto forte da parte degli organi di polizia, lui e la sua famiglia ricevettero minacce pesantissime che lo costrinsero a un ritiro dal movimento.
Ebbe gravi problemi di sicurezza e subentrarono inoltre difficoltà tra lui e la APPO per i quali a un certo momento sparì dalla circolazione e non se ne ebbero più notizie.
Il movimento si divise intorno a questo fatto ed egli da molti fu accusato di essere un traditore della APPO. Questo avvenne a settembre del 2006.
In quel momento siccome la linea del movimento era comunque quella di non avere un ruolo di protagonismo nei mezzi di comunicazione, non si davano conferenze stampa, né il movimento rilasciava interviste. Flavio Sosa fu l’unico che riuscì a gestire il rapporto con i mezzi di comunicazione e sebbene egli non fosse il leader della APPO, lo Stato lo aveva identificato come tale, e pertanto colpendolo con l’arresto a tradimento come fece il 4 di dicembre, voleva dimostrare alla nazione e non solo di aver colpito la APPO.
“Flavio Sosa è una persona dotata di carisma naturale” spiega Jessica “ed era la persona più adatta a gestire il rapporto con i mezzi di comunicazione, inoltre possedeva anche buone basi politiche, purtroppo Flavio gode di poca credibilità, ha precedenti difficili da digerire: Flavio che saluta Fox, che milita nel PRD e poi nel PAN, molte persone hanno criticato Flavio Sosa per queste cose, egli dovette lavorare molto per ottenere credibilità, non è detto che la ottenne fino in fondo, comunque divenne un leader mediatico. Enrique invece mancava di basi politiche, era il leader dei 70 mila maestri, in una mano aveva i 70 mila maestri, nell’altra il popolo di Oaxaca, ma gli mancava probabilmente abilità politica e forse anche ideologia.”
Quando il governo cominciò ad attaccare Enrique Rueda, lo fece perfino indagando nel suo passato, egli aveva un piccolo precedente per corruzione, ma non fu abbastanza forte per difendersi e rispondere agli attacchi contro di lui, fu ogegtto di un processo generale di discredito e la stessa sezione 22 della quale era dirigente, si divise intorno a questo fatto.
Lo Stato riuscì ad aprire un fronte nella sezione 22 del sindacato e si formò pertanto la sezione 59, che legalmente non è sezione, ma venne definita tale giocando con l’immaginario della gente. In realtà fu ed è soltanto un gruppo di persone create dallo stato per contrastare la sezione 22 dei maestri. Voleva passare come il volto buono della docenza.
Lo stesso stato permise quindi che la figura di Flavio Sosa assumesse una rilevanza così forte per poi poter dimostrare una volta messo in un carcere di massima sicurezza che il movimento era finito.
Uno sguardo al fuuro
Dopo il 25 di novembre, quello che si verificò non fu tanto la decadenza del movimento quanto la messa in evidenza di tutte le lotte interne ad esso che hanno creato un fronte di debolezza e nello stesso momento, la gente, che allora ebbe molta paura, ha trovato il coraggio per tornare per strada. Oggi si sono formati gruppi di persone, nell’università, nei quartieri, a Oaxaca si sta vivendo un processo di riarticolazione, di reidentificazione della domanda sociale.
In questo grande contenitore che era la APPO, ma che non aveva direzione, ci fu una richiesta di organizzazione di piccoli gruppi che avevano gli stessi bisogni ma le cui richiesta partivano da punti di vista differenti.
Si può dire che il processo di trasformazione profondo di Oaxaca stia iniziando adesso piuttosto che un anno fa , l’anno scorso fu la grande fiamma che mostrò l’esistenza di un problema e l’incapacità del governatore e dello Stato federale a risolverlo.
“A Oaxaca c’è un vuoto politico”, ci spiega Yesica, “tanto è vero che nel processo elettorale ci fu un forte astensionismo e quasi nessuno riconosce il governatore Ulises Ruiz. Tutt’ora c’è un clima di paura, adesso stanno cercando e incriminando giovani che erano nelle barricate per reati inesistenti e creati ad arte, come possesso di droga, furto. Persiste un clima di repressione invisibile, c’è gente che viene arrestata illegalmente, torturata e nessuno lo sa”
Paradossalmente possiamo affermare che se Ulises se ne fosse andato a luglio il processo di rinnovamento della società di Oaxaca non avrebbe avuto luogo.
In passato lo Stato di Oaxaca ha avuto tre governatori dei quali la popolazione ha ottenuto le dimissioni, ma tali dimissioni non hanno mai cambiato le cose.
Anzi in quelle circostanze si indurirono le repressioni contro i dirigenti sindacali e contro coloro accusati di appartenere alla guerriglia.
In Messico ci sono due formazioni guerrigliere, la principale è l’EZLN che ha abbandonato le armi per combattere in modo differente, poi ci sono l’EPR, (Esercito Popolare Rivoluzionario) e vari altri movimenti minori.
Il governatore con la sua repressione e criminalizzazione della protesta è riuscito a far organizzare il movimento guerrigliero e a compattare le sue forze. Persone uscite dal carcere rinnovando l’appoggio alle manifestazioni e alle barricate della APPO hanno affermato che seguiranno al via armata della guerriglia se dovessero essere arrestate nuovamente.
In questa congiuntura molte persone attualmente vedono una via d’uscita nella lotta armata, mentre prima non accadeva.
Chiediamo a Yesica di spiegarci come lei vede il futuro di Oaxaca, partendo magari da quel momento di organizzazione che sono state le barricate:
“Le barricate hanno svolto un ruolo catalizzatore e di incontro, si sono formati gruppi e amicizie importanti, nelle barricate abbiamo vissuto per mesi, chi portava il caffè, chi la cena e chi il pranzo, c’erano famiglie intere, molte persone che non militavano in nessuna organizzazione sociale hanno iniziato lì a creare blocchi accomunati da esigenze simili come le richieste per l’acqua, lo smaltimento dei rifiuti, la sicurezza.
A partire dal quel momento di sentimento comunitario che si è diffuso tra le barricate, si è creta una sorta di coscienza di sé.
Sono venute qui alla sede della Limeddh gruppi di donne e di persone a chiederci di organizzare seminari sui diritti umani, a chiedere di aiutarle a difendere i loro diritti, ad informarle su come associarsi.
Ci siamo trovati improvvisamente a fronteggiare una mole di lavoro immensa, ma per fortuna non siamo soli.
Oggi circa 43 diverse ONG stanno lavorando su Oaxaca.
Oaxaca ha bisogno di un nuovo patto sociale, di una nuova costituente, come spazio civile è stato molto importante l’appoggio che abbiamo ricevuto più che dalle organizzazioni, dai singoli cittadini, ora riusciamo a parlare di legittimità dei diritti umani, la gente è informata, vengono e ci dicono: noi non conoscevamo fino q a questo momento cosa era la Commissione Interamericana, cosa erano l’ONU, che cosa sono le missioni di osservazione sui territori.
Siamo riusciti a tessere una rete di solidarietà dal basso che accoglie ogni tipo di ideologia sotto lo sforzo comune della difesa dei diritti umani che poi è quello di cui Oaxaca aveva bisogno.
Questi spazi sociali, come per esempio il nostro della Limeddh, e tanti altri, hanno una grande responsabilità nella costruzione di una identità sociale, perchè se non si apre questo processo di costruzione il popolo di Oaxaca rimarrebbe privo del suo diritto alla cittadinanza. Crediamo che a Oaxaca il popolo stia iniziando piano piano, un processo di trasformazione.
Le realtà locali insieme all’appoggio internazionale hanno giocato un ruolo fondamentale e hanno permesso che si raggiungessero obiettivi importanti nella difesa dei diritti umani nello Stato di Oaxaca.
Oaxaca, 25 agosto 2007
..
Liga Mexicana por la Defensa de Los Derechos Humanos — Oaxaca
Francisco Paredes Ruiz
Di Edmundo Reyes Amaya e di Gabriel Alberto Cruz Sánchez, i militanti del EPR (Esercito Popolare Rivoluzionario) scomparsi il 25 maggio scorso, non si hanno più notizie ormai da quattro mesi.
Le autorità messicane negano che i due siano detenuti, ma voci sempre più insistenti dicono che siano tenuti prigionieri nel Campo Militar N. 1 di Città del Messico.
Mentre l’America Latina va progressivamente democratizzandosi e si lascia alle spalle gli anni bui delle dittature, il Messico invece sembra guardare al passato e la società civile è scossa dal ripetersi sempre più spesso di fatti che caratterizzarono la “guerra sucia” degli anni ’70.
Sparizioni, torture, arresti arbitrari e la paura tra la popolazione…
E’ del 26 di settembre la notizia della scomparsa di un’altra persona, a Morelia, Michoacán, come ha denunciato la Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (Limeddh).
Si tratta di Francisco Paredes Ruiz, 58 anni, ex guerrillero appartenente negli anni ’70 al Movimento Armato Rivoluzionario (MAR). Nel 1971 fu condannato per cospirazione, associazione a delinquere, detenzione illegale di armi, furto e possesso di documenti falsi.
Ciò nonostante, secondo un documento della Procura Generale della Repubblica (PGR) del 1976, nel quale si riconosce che i militanti dei movimenti armati degli anni ’70 furono detenuti arbitrariamente, torturati e condannati senza prove a carico, il processo n. 100/71 a Francisco Paredes Ruiz non fu regolare né nello svolgimento né nelle accuse.
Attualmente Francisco Paredes Ruiz è un difensore dei diritti umani che lotta e lavora per la riapparizione in vita di persone scomparse.
Egli fa parte della Fondazione Diego Lucero che a Michoacán si occupa delle persone scomparse durante la “guerra sucia” e collabora attivamente con l’Associazione dei Familiari dei Detenuti, Scomparsi e Vittime della Violazione dei Diritti Umani in Messico (AFADEM) oltre ad essere un attivista del nuovo Fronte Nazionale contro la Repressione che si costituirà formalmente il prossimo 2 di ottobre, anniversario del massacro di Tlatelolco.
In questa intervista esclusiva, raccolta il 28 agosto scorso durante la prima riunione del Fronte Nazionale Contro la Repressione, Rosario Ibarra de Piedra, senatrice del Partito del Lavoro e attivista sociale fondatrice del Comitato Eureka, ci aveva manifestato le sue preoccupazioni sulla repressione alla quale sarebbe andato incontro il nuovo Fronte Nazionale contro la Repressione.
Adrían Ramirez, presidente della Limeddh rende noto che: “di fronte al rischio che questo caso possa essere messo in relazione con le indagini in corso sugli avvenimenti EPR-Pemex, le autorità devono assicurare il rispetto alle norme giuridiche e procedere conformemente al diritto”.
La presente nota è stata inviata a queste autorità:
Presidente FELIPE DE JESÚS CALDERÓN HINOJOSA Residencia Oficial de los Pinos Casa Miguel Alemán Col. San Miguel Chapultepec, C.P. 11850, México DF Tel: +52 (55) 27891100 Fax: +52 (55) 52772376 felipecalderonpresidenciagobmx (felipecalderonpresidenciagobmx)
Licenciado Francisco Javier Ramírez Acuña, Secretario de Gobernación, Bucareli 99, 1er. piso, Col. Juárez, Delegación Cuauhtémoc, México D.F., C.P. 06600, México, Fax: +52 (55) 5093 3414 frjramirezsegobgobmx (frjramirezsegobgobmx)
Lic. Eduardo Medina-Mora Icaza Procurador General de la República, Procuraduría General de la República Paseo de la Reforma nº 211–213 Piso 16, Col. Cuauhtémoc C.P. 06500, MÉXICO ofprocpgrgobmx (ofprocpgrgobmx)
Dr. José Luis Soberanes Fernández Presidente de la CNDH Periférico Sur 3469, Col. San Jerónimo Lídice, 10200, México, D.F. Tel: 631 00 40, 6 81 81 25 Fax: 56 81 84 90 Lada sin costo: 01 800 00 869 correofmdhcndhorgmx (correofmdhcndhorgmx)
Dip. Emilio Gamboa Patrón Av. Congreso de la Unión 66 Col. El Parque, Del. Venustiano Carranza, CP, 15969, Mexico, DF Tel. conmutador y pedir fax 56 28 13 00 emiliogamboacongresogobmx (emiliogamboacongresogobmx)
Senador Santiago Creel Miranda Torre Azul, Piso 20, Reforma 136 Col. Juárez, Del. Cuauhtémoc, México DF, 06600 Teléfono 53.45.30.00 Ext: 3042,3493, Fax 3527 screelsenadogobmx (screelsenadogobmx)
Louise Arbour Alta Comisionada de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos tb–petitionsohchrorg (petitionsohchrorg)
Sr. Amerigo Incalcaterra Representante en México de la Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos oacnudhhchrorgmx
Sr. Santiago Cantón Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos cidhoeaoasorg (cidhoeaoasorg)
El Observatorio para la Protección de los Defensores de Derechos Humanos Tel. y fax: FIDH: + 33 (0) 1 43 55 20 11 / + 33 (0) 1 43 55 18 80 Tel. y fax OMCT : + 41 22 809 49 39 / + 41 22 809 49 29 Appealsfidh-omctorg (Appealsfidh-omctorg)
Ana Hurt Programa Regional para América, Secretariado Internacional de Amnistía Internacional ahurtamnestyorg (ahurtamnestyorg)
Ambasciata del Messico in Italia – Ambasciatore Sr. Jorge Chen Charpentier correoemexitaliait (correoemexitaliait)
Si invitano tutti i compagni e compagne a inviare scritti e comunicazioni alle autorità di cui sopra in solidarietà a Francisco Paredes Ruiz e alla sua famiglia.
Son ya 4 meses que desaparecieron Edmundo Reyes Amaya y Gabriel Alberto Cruz Sánchez, los integrantes del EPR (Ejercito Popular Revolucionario) y de ellos desde el 25 de mayo no se conoce su paradero.
Las autoridades méxicanas niegan que los dos sean detenidos en algun penal, sin embargo se vocifera que ellos se encuentran el Campo Militar Número 1 de la Ciudad de México.
Mientras toda America Latina se va progresivamente democratizando y se deja a las espaldas los años terribles de las dictaturas, México parece mirar hacia atrás y la sociedad civil està estremecida por el repetirse de acontecimientos que caracterizaron la “guerra sucia” de los ’70.
Desapariciones, torturas, detenciones arbitrarias, miedo entre la población.…
Es del 26 de septiembre la noticia de la desapareción de otra persona en Morelia, Michoacán, como denunciado por la Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos (Limeddh).
Se trata de Francisco Paredes Ruiz, 58 años, ex guerrillero perteneciente al exinto Movimiento Armado Revolucionario (MAR). En 1971 fue condenado por cospiración, asociación delictuosa, portación ilegal de arma prohibida, robo e uso de documentos falsos.
Sin embargo según un documento de la Procuranduría General de la República (PGR) de 1976 en el cual se reconoce que los integrantes de los movimientos armados de los ’70 fueron detenidos arbitrariamente y torturados y condenados sin pruebas a cargo, el proceso n. 100/71 a nombre de Francisco Paredes Ruiz no fue regular ni en la forma, ni en las acusaciones.
Actualmente Francisco Paredes Ruiz es un defensor de derechos humanos que lucha y trabaja por la presentación con vida de personas desaparecidas.
Él pertenece a la Fundación Diego Lucero que en Michoacán se ocupa de la aparición con vida de los desaparecidos de la guerra sucia y colabora activamente con la Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Víctimas de Violaciones a los Derechos Humanos en México (AFADEM), además de ser un activista del nuevo Frente Nacional contra la Represión que serà presentado oficialmente el proxímo 2 de octubre, aniversario de la masacre de Tlatelolco.
En esa entrevista, tomada el 28 de agosto durante la primera reunión del Frente, Rosario Ibarra, senadora por el Partido del Trabajo y activista fundadora del Comité Eureka, había manifestado sus preocupaciones sobre la represión que se iba organizando contra el nuevo Frente Nacional contra la Represión.
Adrían Ramirez, presidente de la Limeddh afirma que “ante el riesgo de que este caso pueda estar relacionado con investigaciones realizadas con los hecos recientes EPR-Pemex, las autoridades deben ponderar el respeto a las normas jurídicas y proceder conforme a derecho”.
Esa nota ha sido enviada a:
Presidente FELIPE DE JESÚS CALDERÓN HINOJOSA Residencia Oficial de los Pinos Casa Miguel Alemán Col. San Miguel Chapultepec, C.P. 11850, México DF Tel: +52 (55) 27891100 Fax: +52 (55) 52772376 felipecalderonpresidenciagobmx (felipecalderonpresidenciagobmx)
Licenciado Francisco Javier Ramírez Acuña, Secretario de Gobernación, Bucareli 99, 1er. piso, Col. Juárez, Delegación Cuauhtémoc, México D.F., C.P. 06600, México, Fax: +52 (55) 5093 3414 mailto:frjramirezsegobgobmx (frjramirezsegobgobmx)
Lic. Eduardo Medina-Mora Icaza Procurador General de la República, Procuraduría General de la República Paseo de la Reforma nº 211–213 Piso 16, Col. Cuauhtémoc C.P. 06500, MÉXICO ofprocpgrgobmx (ofprocpgrgobmx)
Dr. José Luis Soberanes Fernández Presidente de la CNDH Periférico Sur 3469, Col. San Jerónimo Lídice, 10200, México, D.F. Tel: 631 00 40, 6 81 81 25 Fax: 56 81 84 90 Lada sin costo: 01 800 00 869 correofmdhcndhorgmx (correofmdhcndhorgmx)
Dip. Emilio Gamboa Patrón Av. Congreso de la Unión 66 Col. El Parque, Del. Venustiano Carranza, CP, 15969, Mexico, DF Tel. conmutador y pedir fax 56 28 13 00 emiliogamboacongresogobmx (emiliogamboacongresogobmx)
Senador Santiago Creel Miranda Torre Azul, Piso 20, Reforma 136 Col. Juárez, Del. Cuauhtémoc, México DF, 06600 Teléfono 53.45.30.00 Ext: 3042,3493, Fax 3527 screelsenadogobmx (screelsenadogobmx)
Louise Arbour Alta Comisionada de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos tb-petitionsohchrorg (tb-petitionsohchrorg)
Sr. Amerigo Incalcaterra Representante en México de la Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos oacnudhhchrorgmx (oacnudhhchrorgmx)
Sr. Santiago Cantón Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos cidhoeaoasorg (cidhoeaoasorg)
El Observatorio para la Protección de los Defensores de Derechos Humanos Tel. y fax: FIDH: + 33 (0) 1 43 55 20 11 / + 33 (0) 1 43 55 18 80 Tel. y fax OMCT : + 41 22 809 49 39 / + 41 22 809 49 29 Appealsfidh-omctorg (Appealsfidh-omctorg)
Ana Hurt Programa Regional para América, Secretariado Internacional de Amnistía Internacional ahurtamnestyorg (ahurtamnestyorg)
Se solicitan todos los compañeros a enviar notas y comunicaciones a las autoridades en solidariedad a Francisco Paredes Ruiz y su familia.
La Limeddh è una Organizzazione Non Governativa creata nel 1985 a Città del Messico come entità aperta, indipendente e pluralista per la denuncia di casi di violazioni o inadempienze nella difesa dei diritti umani.
La Limeddh è affiliata alla Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) e all’ Organizzazione Mondiale contro la Tortura (OMCT) ed è socia di “Agire insieme per i Diritti Umani”.
Attraverso questa affiliazione beneficia dello statuto consultivo presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e il Consiglio Europeo.
La Limeddh agisce quotidianamente al fianco delle vittime di violazione dei diritti umani offrendogli assistenza legale, medica e psicologica.
Inoltre mobilita la società civile con i suoi bollettini e rapporti, partecipa a missioni di osservazione e documentazione di violazione dei diritti umani.
In Messico avvengono quotidiane violazioni dei diritti umani che vanno dal rifiuto o ritardo nell’espletamento delle pratiche amministrative relative alle denunce fino a persecuzioni, torture, detenzioni arbitarie, sparizioni forzate e perfino esecuzioni extragiudiziarie. Le vittime sono indifferentemente uomini, donne, anziani e bambini.
Inoltre violazioni al diritto del giusto salario, al diritto al lavoro e in generale ai diritti economici, sociali e culturali.
In questo contesto la Limeddh svolge varie attività:
- Segue le persone o le organizzazioni decise a difendere i propri diritti umani in un contesto di cooperazione paritaria.
- Offre assistenza medica, psicologica e giuridica, nonchè servizi di orientamento e consulenza alle vittime delle violazioni dei diritti umani.
- Realizza eventi pubblici, (dibattiti, conferenze, corsi, etc) per diffondere la conoscenza dei diritti umani delle donne, dei bambini, degli indigeni e per sensibilizzare la gente sui casi di violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
- Documenta e dà seguito alle denunce di violazione dei diritti umani a livello nazionale e internazionale utilizzando gli strumenti che mettono a disposizione l’ONU e l’OEA.
- Propone riforme costituzionali per armonizzare la legislazione Nazionale con riferimento al diritto internazionale dei diritti umani e per la ratificazione della Corte Penale Internazionale.
Indirizzo: Av. Azcapotzalco No. 275. — Col. Clavería. C. P. 02090, — México D.F.
Tel. 53 99 05 92. — Fax: 53 99 13 36.
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Adrián Ramírez López; Presidente