Aggiornamento (17 settembre 2010)
In Perú il Congresso ha ritirato quasi all´ unanimitá (90 si, 1 no) l´amnistia per i militari. Sembra che la lettera che Mario Vargas LLosa ha inviato al presidente García chiedendogli la sospensione dei decreti abbia avuto piú potere di tutte le dichiarazioni di condanna ricevute in questi giorni dalla comunitá e dalle organizzazioni internazionali; sembra che un ora dopo averla letta García abbia chiesto al Congresso la revoca del DL 1097. Resta da derogare un altro decreto importante: quello che militarizza la protesta sociale. (Ringrazio la D.ssa Foresti per i preziosi aggiornamenti) .La lettera inviata a García da Mario Vargas Llosa e´stata pubblicata nel primo commento in calce all´ articolo.
Approvati senza una discussione parlamentare, i provvedimenti normativi che concedono di fatto l’amnistia ai militari coinvolti in crimini di lesa umanità. La reazione contraria delle principali associazioni in difesa dei diritti umani, contro cui il governo potrebbe scatenare una dura reazione delle forze dell’ordine
Dall’inviata Giulia M. Foresti *
Fonte : Volontari per lo Sviluppo
Attraverso quattro decreti legislativi, il governo di Alan Garcia prima di uscire di scena sembra voler fare un ultimo regalo ai militari e a coloro che — ora lo si può dire con certezza – sono gli alleati di sempre: i fujimoristi.
Approvati senza una discussione parlamentare, i provvedimenti normativi che concedono di fatto l’amnistia ai militari coinvolti in crimini di lesa umanità sono duramente criticati da tutti i più importanti organismi di diritti umani peruviani (tra cui spiccano Aprodeh e l’ Instituto de Defensa Legal). Da almeno 25 anni queste associazioni si impegnano affinché l’impunità non resti tale e perché siano sanate le ferite del conflitto armato interno, in cui morirono 70.000 persone per mano del gruppo terrorista [i] Sendero Luminoso e dello Stato, che invece di proteggere uccise.
Grazie al loro lavoro e alla mobilitazione di parte della società civile, nazionale e internazionale, il Perù negli ultimi anni aveva fatto grandi passi avanti nel terreno della giustizia, ma questi decreti legislativi riaccendono lo spettro della impunità istituzionalizzata. Perfino la condanna già definitiva all’ex presidente Fujimori per crimini di lesa umanità potrebbe saltare.
In una conferenza stampa alla Coordinadora Nacional de Derechos Humanos (entità che riunisce a livello nazionale 64 ong che si occupano di diritti, unica esperienza simile in tutta l’America Latina), gli avvocati che sono riusciti a far condannare l’ex presidente hanno dato inizio a una battaglia che si preannuncia come lunga e difficile. In sala erano presenti anche molti familiari delle vittime dei crimini commessi dagli apparati deviati dello Stato, in particolare dal gruppo Colina, comandato direttamente da Fujimori. (altro…)
Là dove la legge finisce, comincia la tirannide, quando la legge sia trasgredita a danno di altri, e, chiunque nell’autorità ecceda il potere conferitogli dalla legge e faccia uso della forza che ha al proprio comando per compiere nei riguardi dei sudditi ciò che la legge non permette, cessa in ciò, d’esser magistrato, e, in quanto delibera senza autorità, ci si può opporre a lui come ci si oppone a un altro qualsiasi che con la forza viola il diritto altrui…J.LOCKE
Sta rimbalzando in questi giorni in alcune mail lists sia italiane che latinoamericane alle quali sono iscritta, la notizia secondo la quale sarebbe stato inviato alla Corte Penale Internazionale (in avanti CPI), perché lo prenda in esame, un fascicolo riguardante un processo, archiviato già in Colombia, contro l’ ex presidente Álvaro Uribe, per “ingiurie e calunnie” da lui commesse contro la Comunità di San José di Apartadó.
Questo il testo dell’agenzia (fonte El Espectador):
“Questo martedì (17 agosto) è stata rimessa alla CPI il primo processo nel quale, dopo aver lasciato il potere, è stato assolto l’ex presidente Álvaro Uribe Vélez. La riunione plenaria della Camera dei Rappresentanti ha deciso di archiviare un caso in cui l’ex capo di Stato era accusato di ingiuria e calunnia, dopo che nel 2002, durante un Consiglio di Sicurezza a Carepa (Antioquia), aveva accusato la Comunità di San José di Apartadó e padre Javier Giraldo di essere fiancheggiatori della guerriglia. Dopo questo fatto vennero assassinate 20 persone in questo municipio. Conoscendo quella dichiarazione fu (Uribe ndt) denunciato presso la Commissione d’Accusa per ingiuria e calunnia , processo che si è concluso con l’archiviazione questo martedì. Per questo il Polo Democratico Alternativo ha sollecitato le copie di detto caso e ha annunciato il suo immediato invio alla CPI …”
Ora, sebbene siamo tutti d’accordo che contro l’ex presidente colombiano Álvaro Uribe valga bene qualsiasi accusa e qualsiasi denuncia, rallegrarsi come leggo in giro, di questa notizia (che notizia non è e lo vedremo), secondo me è completamente inutile oltre che stupido.
Innanzitutto bisogna sapere di cosa si sta parlando. La CPI si regge sullo Statuto di Roma, stipulato il 17 luglio del 1998 ed è un tribunale appositamente creato per giudicare “ i delitti più gravi che riguardano l’insieme della comunità internazionale” come riportato nel Preambolo dello stesso Statuto.
L’articolo 5 dello Statuto di Roma inoltre stabilisce quali sono i crimini di competenza della CPI: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione (giuridicamente ancora in via di definizione). E’ comunque a carico di un Procuratore la facoltà di aprire un’inchiesta rispetto a segnalazioni che gli pervengano, tenendo conto del tipo di reato, della competenza della Corte, del fatto che in un dato momento un’inchiesta potrebbe non favorire gli interessi della giustizia, fondamento dell’accusa etc etc. Inoltre la Corte può dichiarare improcedibile il caso se: “lo stesso è stato oggetto di indagini condotte da uno Stato che ha su di esso giurisdizione e tale Stato ha deciso di non procedere nei confronti della persona interessata, a meno che la decisione non costituisca il risultato del rifiuto o dell’incapacità dello Stato di procedere correttamente” (art. 17a) oppure anche se il caso “non sia di gravità sufficiente a giustificare un ulteriore intervento da parte della Corte”(art. 17c).
La CPI inoltre può esercitare il proprio potere giurisdizionale su uno dei crimini elencati soltanto se : uno Stato che ne fa parte (come avvenuto per il Congo, per l’Uganda o la Repubblica Centrafricana) segnala al Procuratore una situazione nella quale sembra che siano stati commessi uno o più di uno dei crimini di cui all’articolo 5, se il Consiglio di Sicurezza dell’Onu segnala al Procuratore una situazione in cui sembra siano stati commessi uno o più crimini (come avvenuto per il Sudan) oppure se il Procuratore apre di propria iniziativa un’indagine su uno o più crimini ( spontaneamente come è successo per il Kenia, o a seguito di segnalazioni ricevute). Quest’ultimo sembra essere il nostro caso. Nessun comune cittadino o associazione può sporgere denuncia contro terzi alla CPI. E’ ovvio inoltre che la Colombia come Stato non denuncerà mai Uribe alla CPI e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, pur avendo intrapreso a sua volta indagini su violazioni dei Diritti Umani in Colombia, non ha mai denunciato lo Stato colombiano o qualcuno dei suoi rappresentanti alla CPI.
La Colombia sembrerebbe essere uno di quei paesi che si trova sotto osservazione da parte della CPI. Il Procuratore della CPI, Luis Moreno Ocampo, ha dichiarato in più occasioni che la Colombia fa parte di un gruppo di paesi sotto “osservazione ufficiale della CPI”, il che vuol dire che effettivamente la CPI sospetta che in quel paese si siano commessi o si stiano commettendo crimini contro l’umanità e sta effettuando indagini in tal senso, ma che nessuna azione giudiziaria è stata intrapresa. Sicuramente sotto osservazione è anche il caso di San José di Apartadó. Ricordiamo però che la CPI è un tribunale “complementare” o “di ultima istanza” cioè esercita il suo potere solo quando le istanze nazionali hanno concluso l’ultimo grado di giudizio. Al momento in Colombia ci sono procedimenti in corso contro militari e paramilitari e la CPI probabilmente non eserciterà la sua competenza fino a che questi non siano conclusi e fino a che non venga veramente dimostrato che la giustizia colombiana garantisce impunità contro i più alti responsabili dei crimini di Stato.Tutte queste premesse meritano quindi alcune considerazioni:
a) L’articolo dell’Espectador , tra al’altro scritto malissimo, trae in inganno facendo credere, sia dal titolo che dalle sue prime righe, che la denuncia sia già stata inviata alla CPI quando in realtà credo che nemmeno sia stata ancora preparata. Il 17 agosto, data del suddetto articolo, la Camera dei Rappresentanti ha archiviato il caso e Iván Cépeda, a nome del Polo Democratico Alternativo ha soltanto rilasciato la dichiarazione in cui afferma di essere intenzionato a rimettere gli atti del fascicolo alla CPI dal momento in cui in Colombia “non si stanno giudicando gli alti vertici dello Stato”.
b) Ancora più grave è il fatto che dall’articolo in questione sono state tratte alcune agenzie che riportano una notizia falsa ma che tuttavia stanno facendo il giro della rete rimbalzando in decine di mail lists dove si legge esplicitamente che “Uribe è stato denunciato alla CPI” o che “Iván Cepeda denuncerà Uribe alla CPI”. Come abbiamo visto invece, la procedura di attivazione della competenza della CPI è molto più complessa ma soprattutto nessun singolo cittadino o associazione può denunciare nessuna persona alla CPI.
c) Come abbiamo visto Iván Cepeda o il Polo Democratico Alternativo o una qualsiasi associazione possono quindi soltanto sottoporre una situazione all’attenzione del Procuratore della CPI. Bisogna poi sperare che questi non respinga il tutto al mittente con la motivazione della non competenza della Corte per quel tipo di reato (lo ricordiamo si tratta di calunnia e ingiuria) ma che, invece, sulla base della documentazione ricevuta o di altra già in suo possesso pervenutagli in altro modo, non decida di trasformare l’accusa in una più grave come genocidio o crimine contro l’umanità.
d) Ovviamente le accuse di ingiuria e calunnia sono ridicole riferite ad un narco paramilitare della portata di Álvaro Uribe. Quello che mi chiedo è come mai non si riesca in Colombia ad articolare e studiare una denuncia ben fatta e ben strutturata con tutto quello che pende sulle spalle dell’ex presidente che, mentre ricopriva la carica di capo dello Stato era anche capo supremo delle Forze Armate e quindi direttamente responsabile di tutti i crimini commessi dall’Esercito fino ai casi ultimi dei “falsi positivi” e della fossa comune di La Macarena in cui sembra ve ne siano stati sotterrati sommariamente e senza identificazione più di duemila. Veramente il materiale non manca.
e) E per finire , il ridurre la denuncia ad un aspetto soltanto, ed anche a uno dei più marginali, (che tuttavia è stato causa della morte di molte persone) mi sembra tolga quel poco che le resta ormai di legittimità e di importanza alla CPI, la quale ultimamente sembra diventata un teatro da operetta. L’ultimo atto, appena un mese fa, la presentazione di una richiesta di competenza della Corte (mentre la stampa continua a chiamarla erroneamente e sommariamente “denuncia”) da parte del presidente Uribe in qualità di singolo cittadino su presunti crimini commessi dal presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chávez, per la probabile presenza dei guerriglieri delle FARC e dell’ELN in territorio venezuelano. Due anni prima, sempre Uribe aveva minacciato alla stampa di “denunciare” Chàvez alla CPI con l’accusa di finanziare gruppi di terroristi, dopo che dal computer di Raúl Reyes erano apparsi presunti documenti che testimoniavano secondo gli avvocati della parte colombiana, le connivenze del governo venezuelano con la guerriglia delle FARC.
f) Generalmente non ci è dato sapere se le denunce o le richieste di competenza che dir si voglia, presentate alla CPI abbiano un seguito, a meno di non voler compiere accurate e complicate ricerche. Quello che è certo è che il minacciare continuamente di sporgere denunce alla CPI (spesso senza darne seguito), sia in rete che attraverso i mezzi di comunicazione, sta facendo apparire questo strumento di giustizia internazionale come l’ ultimo dei tribunali di paese.
E’ fuor di dubbio che le accuse mosse da Álvaro Uribe ai membri della Comunità di San José di Apartadó e a padre Javier Giraldo siano state la causa di gravi a criminali attacchi contro la Comunità. Il 21 febbraio del 2005, otto dei suoi membri vennero uccisi in modo atroce da paramilitari e militari dell’esercito colombiano. Di queste otto persone, 4 erano minorenni, tra i quali un bambino di due anni. Il 4 agosto scorso con una sentenza, quella sì veramente indegna, sono stati assolti dieci militari dall’accusa di aver commesso quel crimine insieme ai paramilitari del Blocco Héroes de Tolová, questo sebbene ci fossero prove e testimonianze più che sufficienti sulle loro responsabilità. L’unico ufficiale arrestato nel 2007 e poi condannato a 20 anni di carcere per il massacro, è il Capitano Guillermo Armando Gordillo ai cui ordini si trovava la Compañia Bolívar che nella zona della Comunità effettuava operazioni congiuntamente ai paramilitari. L’ufficiale ha dichiarato nel corso di una testimonianza resa spontaneamente e confermata poi dalle dichiarazioni di un paramilitare (prontamente estradato negli Stati Uniti prima che potesse terminare il suo racconto) che il giorno del massacro ad Apartadó agirono congiuntamente circa 100 militari e almeno 50 paramilitari.
Perché non strutturare un richiesta di competenza e procedibilità della CPI sulla base di questi fatti e in relazione per esempio a questo processo che ha garantito immunità a 10 militari tra i quali alcuni di alto rango? Non era responsabile anche Uribe durante il suo primo mandato (2002–2006) dei crimini commessi dall’esercito ad Apartadó in quanto capo supremo delle Forze Armate della Colombia?
La Corte Penale Internazionale non può e non deve essere utilizzata come uno strumento mediatico o politico. E’ invece un importante strumento di giustizia internazionale e l’impegno di tutti noi deve essere volto ad ottenere e pretendere la sua legittimità ed indipendenza, spesso offuscata da rapporti di forza che purtroppo a volte ne compromettono seriamente l’agire.
Bisogna sapere per esempio che la Colombia, soltanto nel novembre dello scorso anno ha accettato la competenza della CPI per i crimini di guerra (quelli contro il Diritto Internazionale Umanitario che riguardano essenzialmente i paesi con gravi conflitti civili in corso) in quanto per questa particolare categoria di crimini contro l’umanità, nell’anno 2002 il presidente uscente Pastrana insieme ad Álvaro Uribe, firmarono una riserva di sette anni (prevista dall’ articolo 124 dello Statuto di Roma) in base alla quale veniva annullata la competenza della CPI per tali crimini L’articolo 124 dello Statuto di Roma cita testualmente: “ Uno Stato che diviene parte al presente Statuto, può nei sette anni successivi all’entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la Competenza della Corte per quanto riguarda la categoria di reati di cui all’articolo 8 quando sia allegato che un reato è stato commesso sul suo territorio o dai suoi cittadini”.E’ opinione diffusa che la Colombia abbia applicato questa disposizione transitoria, che è scaduta appunto nel novembre del 2009, per favorire le trattative di pace che erano in corso in quel momento con la guerriglia ma credo sia abbastanza evidente che chi ne ha beneficiato è stato soprattutto lo Stato colombiano e i suoi vertici politici e militari. La sospensione della competenza della CPI non significa assolutamente che si sospenda anche il corso regolare della giustizia del paese, che infatti è proseguito a pieno ritmo tanto che nelle carceri colombiane ad oggi ci sono più di 7000 persone condannate per motivi politici (in condizioni detentive disumane).
Numerosi analisti politici e giuristi di Diritto Internazionale invece sostengono che la firma delladisposizione transitoria sia immediatamente successiva ad una serie di accordi bilaterali firmati tra il governo colombiano e quello degli Stati Uniti rispetto alla possibilità che i militari statunitensi operanti in territorio colombiano vengano giudicati da un’istanza internazionale. La possibilità di permettere immunità ai militari statunitensi (oltre che a quelli colombiani e ai paramilitari) fu prospettata dall’ambasciata americana a Bogotà al ministero degli Esteri colombiano e offerta da questo su un piatto d’argento con la firma delladisposizione transitoria. Il servilismo di Alvaro Uribe agli Stati Uniti d’altra parte è storia nota, come è anche noto il fatto che tra i gravi limiti della CPI ci sia la forte dipendenza dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (che ha diritto di veto sull’attività della Corte). In conclusione, se sono noti i limiti della giustizia internazionale ancora troppo serva dei rapporti di forza tra gli Stati e troppo vincolata alle Nazioni Unite, espressione geopolitica di tali rapporti di forza, non è diffondendo false notizie (come quella della denuncia contro Uribe alla CPI per ingiurie e calunnie) che si riesce a restituire legittimità a questo strumento internazionale.In Colombia ci sono valide e importanti associazioni di difesa dei Diritti Umani indipendenti dal governo che in questi anni si sono battute coraggiosamente per i diritti civili dei cittadini colombiani anche con un costo di vite umane molto alto, ci sono avvocati e giuristi preparati, ci sono militanti capaci e coraggiosi. Fuori dalla Colombia esistono altrettanti organismi e altrettante persone capaci e valide che possono dare una mano e lo fanno continuamente pur con tutte le difficoltà e i rischi che comportano il lavorare in quel paese. L’appello che possiamo fare è che uniscano le loro forze perché l’ex presidente Álvaro Uribe Velez possa finalmente essere assicurato alla giustizia ma anche perché non si abbassi mai la guardia e si possano creare e costruire sempre continuamente maggiori risorse umane ed economiche preparate a dovere per la lotta contro l’impunità nei crimini di Stato.
La lettera è stata consegnata il 17 giugno scorso, all’ambasciatore della Repubblica Dominicana in Italia, Dr. Vinicio Alfonso Tobal Ureña.
Quella che segue è stata la sua dichiarazione rilasciata nel ricevere l’appello firmato da numerose associazioni, partiti politici, ONG e semplici cittadini:
.
“da oltre trent’anni conosco il percorso politico e la vita di Narciso Isa Conde. Quando ero studente infatti partecipavo anche io ed ero simpatizzante della lotta antimperialista e antibalaguerista. Durante il governo di Balaguer più di 3.000 giovani vennero uccisi soltanto perché di sinistra e rivoluzionari. Successivamente nel ’74 ho fatto parte dell’ attuale partito della Liberazione Dominicana che era stato fondato dal professor Juan Bosch, ma indipendentemente dal fatto che io facessi parte del l PLD e Narciso Isa Conde fosse conosciuto come un rivoluzionario del Partito Comunista Dominicano, dico sinceramente che lo stimo come una figura storica coerente con i suoi principi rivoluzionari ed ho una buona opinione della sua vita politica. Posso dire, indipendentemente dalla mia condizione di ambasciatore e di membro fondatore del PLD, che Narciso Isa Conde come rivoluzionario è stato una persona che ha sempre difeso i migliori interessi del paese. Bisogna essere onesti e sinceri in politica. Relativamente alla denuncia presentata, con piacere la inoltrerò attraverso i canali che mi corrispondono alla Presidenza della Repubblica”
..
Al presidente della Repubblica Dominicana Leonel Fernández
Appello dall’Italia al Presidente della Repubblica Dominicana Leonel Fernández affinché si attivi per proteggere l’incolumità di Narciso Isa Conde e della sua famiglia e perché impedisca la realizzazione del piano criminale colombiano-statunitense volto all’eliminazione del noto dirigente comunista dominicano.
Narciso Isa Conde, intellettuale e dirigente della sinistra rivoluzionaria dominicana, già Segretario Generale del Partito Comunista Dominicano, figura storica nel suo paese nella lotta contro l’imperialismo statunitense, ha partecipato attivamente nel 1965 alla Rivoluzione di Aprile che aveva l’intento di riportare al governo il presidente legittimo Juan Bosch, deposto da un colpo di Stato realizzato con l’intervento degli Stati Uniti a soli sette mesi dalla sua elezione. Isa Conde ha sofferto per questa attiva partecipazione alla liberazione del suo paese il carcere, la persecuzione e l’esilio.
Egli, sempre coerente nel suo costante impegno rivoluzionario caratterizzato dalla solidarietà internazionalista verso i movimenti di liberazione dei popoli oppressi, non ha mai discriminato nessuna forma di lotta, incluso quella del popolo colombiano. Attualmente fa parte della presidenza collettiva del Movimento Continentale Bolivariano e da anni si batte per una soluzione politica e negoziata del conflitto contrapposta alla soluzione militare di “sicurezza democratica” perseguita dal governo di Álvaro Uribe. Egli inoltre da tempo denuncia i crimini e le violenze che impunemente vengono commesse in Colombia dai paramilitari e dallo stesso esercito colombiano.
Per questo è oggetto attualmente di una campagna di diffamazione basata su falsità e montata con l’appoggio dei media filogovernativi. Recentemente Álvaro Uribe lo ha definito “leader terrorista”.
Narciso Isa Conde continua oggi a denunciare piani criminali per attentare alla sua vita organizzati dal governo di Álvaro Uribe Vélez e dai suoi apparati militari e paramilitari in combutta con la Cia.
E’ già stato oggetto a Santo Domingo di due attentati che soltanto per il sangue freddo degli uomini della sua scorta, e per la folla presente in quel momento, fortunatamente non sono riusciti. Nel mese di maggio dello scorso anno, sua moglie, mentre si trovava nell’aeroporto di Miami in transito verso altra destinazione, è stata fermata e ammanettata dalle autorità statunitensi e obbligata a ritornare nel suo paese applicandole le norme più restrittive delle leggi migratorie in quanto parente di un “sostenitore del terrorismo”. Il divieto di transito negli Stati Uniti è stato esteso anche ai figli di Isa Conde.
Sappiamo che lo stesso Presidente Leonel Fernández è già al corrente di questi fatti e ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per chiarire le circostanze in cui sono avvenuti.
Secondo le denunce dello stesso Isa Conde, , già rese pubbliche alla stampa, in tali piani criminali vi sarebbero coinvolti una diplomatica di nazionalità colombiano-statunitense di cognome Arena, funzionaria dell’ambasciata degli Stati Uniti in Repubblica Dominicana, l’addetto militare dell’ambasciata colombiana e il generale Mario Montoya attualmente ambasciatore colombiano in Repubblica Dominicana (sul quale pendono gravissime accuse di collusione con i paramilitari nella realizzazione del massacro di San José de Apartadó ed altri).
Chiediamo pertanto al Presidente Fernández, attraverso la rappresentanza diplomatica della Repubblica Dominicana in Italia:
- che adotti misure valide sia a livello nazionale che internazionale volte alla protezione della vita di Narciso Isa Conde,
- che intraprenda indagini serie ed accurate sulle denunce emesse dallo stesso Isa Conde e che le renda note quanto prima,
- che si attivi presso le autorità statunitensi per chiarire e risolvere la posizione migratoria di lui e della sua famiglia e che venga pertanto assicurato loro il diritto a viaggiare e agli spostamenti.
L’ambiguità che fino a questo momento ha caratterizzato l’agire rispetto a quanto sopra del Presidente Leonel Fernández non può essere tollerata con l’impegno che un governo deve mettere rispetto alla protezione della vita di tutti suoi cittadini dall’arroganza, violenza e prepotenza di potenze straniere.
Noi firmatari del suddetto appello confermiamo il nostro incondizionato appoggio a Narciso Isa Conde e alla sua famiglia e speriamo nella realizzazione di una massiccia campagna internazionale per la difesa della vita di tutti/e i/le militanti dell’America latina e del mondo minacciati/e dalla mano criminale del regime colombiano presieduto da Álvaro Uribe Vélez e patrocinato dai falchi del Washington.
Per sottoscrivere l’appello: annalisamelandriyahooit
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La carta ha sido entregada el día 17 de junio al embajador de la República Dominicana, Dr. Vinicio Alfonso Tobal Ureña.
Esta fue la declaración que hizo el embajador al recibir la denuncia firmada por muchas asociaciones, partidos políticos, ONG y simples ciudadanos: “tengo más de treinta años sabiendo de la trayectoria y de la vida de Narciso Isa Conde, porqué cuando yo era estudiante participaba y era un simpatizante de la lucha antimperialista y antibalaguerista. Durante el gobierno de Balaguer más de 3.000 jóvenes fueron asesinados, solamente porqué eran partidarios de la izquierda, revolucionarios. Después, en el ‘74 formé parte del actual Partido de la Liberación Dominicana que había fundado el profesor Juan Bosch, pero independientemente de que yo sea del PLD y Narciso Isa Conde yo lo conocía como un revolucionario del Partido Comunista Dominicano, quiero decirle honestamente, con toda sinceridad, que yo valoro cómo una figura histórica de apego a sus principios revolucionarios y tengo buen concepto de la vida política de Isa Conde. Puedo decir que Narciso Isa Conde como revolucionario ha sido una persona que siempre ha estado en defensa de los mejores intereses del país, esto lo digo independientemente de mi condición de embajador y de miembro fundador del PLD. Hay que ser honestos y hay que ser sinceros en la politica. Con relación a la denucia le digo que con mucho gusto la voy a tramitar por los canales correspondientes a la Presidencia de la República”.
Al Presidente de la República Dominicana Leonel Fernández
Llamado desde Italia al Presidente de la República Dominicana Leonel Fernández pidiendole la protección de la incolumidad de Narciso Isa Conde y su familia y para que actúe contra la realización del plan criminal colombo-estadounidense impulsado con el objetivo de la eliminación del reconocido dirigente comunista dominicano.
Narciso Isa Conde, intelectual y dirigente de la izquierda revolucionaria dominicana, ya Secretario General del Partido Comunista Dominicano, figura históríca en su país en la lucha contra el imperialismo estadounidense, ha participado activamente en 1965 a la Revolución de Abril que tenía el intento de restituir al país su legítimo presidente Juan Bosch, depuesto por un golpe de Estado realizado con la intervención de Estados Unidos solamente siete meses después de su elección. Isa Conde ha sufrido por su activa participación a la liberación de su país, cárcel, persecución y exilio.
Él, siempre consecuente en su constante compromiso revolucionario caracterizado por la solidaridad internacionalista hacia los movimientos de liberación de los pueblos oprimidos, nunca ha discriminado ninguna forma de lucha, incluso la del pueblo colombiano. Actualmente forma parte de la presidencia colectiva del Movimiento Continental Bolivariano y desde años lucha por una solución pacífica política y negociada del conflicto en oposición a la solución militar de “seguridad democrática” impulsada por el gobierno de Álvaro Uribe. Desde tiempo Narciso Isa Conde denuncia los crímenes y las violencias que impunemente son cometidas en Colombia por los paramilitares y por el mismo ejército colombiano. Por estas razones Isa Conde es objeto actualmente de una campaña de desprestigio fundada en falsedades y armada con el apoyo de los medios pro gubernamentales. Recientemente Álvaro Uribe ha hablado de él publicamente cómo de un “peligroso terrorista”.
Narciso Isa Conde sigue hoy denunciando planes criminales para atentar a su vida organizados por el gobierno de Álvaro Uribe Vélez y por sus aparatos militares y paramilitares en conjunto con la CIA.
Ya ha sido objeto en Santo Domingo de dos atentados que solamente por la sangre fría de su escolta y por la gente presente en aquel momento por la calle, no han logrado su intento criminal. En el mes de mayo del año pasado, su esposa, mientras se encontraba en el aeropuerto de Miami en tránsito hacia otro destino, fue detenida y esposada por las autoridades estadounidenses y obligada a volver a República Dominicana aplicando a ella las limitaciones migratorias por ser pariente de un “sostenedor del terrorismo”. La prohibición de tránsito en los Estados Unidos fue ampliada también a los hijos de Narciso Isa Conde.
Sabemos que el mismo Presidente Leonel Fernández ya está enterado de la situación y que ya ha asegurado que hará todo lo posible para aclarar las circustancias en que se desarrollaron los hechos.
Según las demandas del mismo Isa Conde, ya declaradas ante la prensa, en estos planes criminales estarían involucrados una diplomática de nacionalidad colombo-estadounidense de apellido Arena, funcionaria de la Embajada de Estados Unidos en República Dominicana, el agregado militar de la Embajada colombiana y el general Mario Montoya, actualmente embajador en República Dominicana (sobre quien hay graves acusaciones de vínculos con los paramilitares en la realización de la masacre de San José de Apartadó y otros).
Pedimos por lo tanto al Presidente Fernández por medio de la representancia diplomatica de la República Dominicana en Italia lo siguiente:
- Que adopte medidas claras y eficaces sea a nivel nacional que internacional para la proteccíon de la vida de Narciso Isa Conde.
- Que emprenda investigaciones serias y precisas sobre las demanadas presentadas por el mismo Isa Conde y que las difunda cuanto antes.
- Que se active ante las autoridades estadounidenses para aclarar y resolver la posición migratoria de él y de su familia y que por lo tanto sea asegurado a ellos el derecho a viajar y a moverse.
La ambiguedad que hasta ahora ha caracterizado el actuar del Presidente Fernández en relación a estos hechos es incompatible con el compromiso que un Estado tiene hacia la protección de la vida de sus ciudadanos ante la por la arrogancia, la violencia y la prepotencia de las potencias extranjeras.
Nosotros firmatarios de este llamado confirmamos nuestro incondicionado apoyo a Narciso Isa Conde y a su familia y esperamos en la realización de una intensa campaña internacional para la defensa de la vida de todas y todos los militantes de América latina y del mundo amenazadas/os por la mano criminal del regímen colombiano dirigido por Álvaro Uribe Vélez y patrocinado por los halcones de Washington.
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Adriana Chiaia. Milano
Anna Maria Cassata
Claudia Cernigoi, giornalista Trieste
Fondazione Neno Zanchetta -. Gragnano (Lucca)
Mauro Pigozzi
Carmelo Sorbera
Salvador Tió, Coordinatore Mcb Puerto Rico
Chiara De Marchis
Carolina Gala
Fulvio Grimaldi, giornalista, documentarista
Sandra Paganini, segretaria Circolo della Tuscia dell’Ass. Naaz. Italia-Cuba
Anna Palmisano
Nello Margiotta
Claudio Bassetti
Elio Bonomi
Grazia Bollazzi
Danilo Pinzo
Dante Castro Arrasco, Lima
Antonio Mazzeo giornalista, scrittore
Sergio Ruggieri portavoce consulta pace Jesi
Franco Fuselli
Amedeo Curatoli
Enrico Giardino — forum DAC
Bortolotti Carmela
Giovanni Medde
Giorgio Raccichini (Insegnante)
Valerio Evangelisti, scrittore
Alessandro Lattanzio, Sicilia
Giuseppe Coscione
Andrea Necciai AL Revés — Rubrica di controinformazione sull’America latinaAndrea Scaioli — Via Carlo Matteucci 11 — Forlì (FC)
On.Marco Rizzo già parlamentare europeo
Paola Vallatta (Parigi)
Marco Philopat
Antonio Della Corte Velletri – Roma
Claudio Grigolo, assistente sociale, Lugano (Svizzera)
Gennaro Varriale Formia (lt)
Tullio Florio Pozzuoli (Napoli)
Maurizio Fratta-Assoc.Rivoluzione Democratica
Franco Calandri-Italia Cuba Arcore Brianza
Nicola Ricci-membro della segreteria provinciale PdCI di Livorno
Fanny Cerri
Federico Giusti confederazione Cobas pisa
Giulio Bonali (medico) Fiorenzuola (PC)
Luciano Carta
Robert Rieder-Piombino
Ramon Mantovani
Giovanni Altini (Livorno)
Luca Tremaliti (Roma)
Marcela Quilici
Egle Piccinini (Asti)
Ivan Pavicevac, presidente del CNJ JugocoordONLUS
Anna Maria Dallocchio
Barbara Meo Evoli, giornalista, fotografa
Robert Rieder-Piombino
Luigi Di Costanzo –Napoli
Raul Angel Marin Hinostroza– Activista en DH Miembrode la Seccion Peruana de Amnistia International
Per Cuba
Senza discutere sulla buona fede degli intellettuali italiani che hanno di recente preso posizione pubblica contro il governo cubano a seguito della tragica morte in carcere di Orlando Tamayo Zapata, parlando – ma sempre sulla base delle informazioni USA – di “prigionieri politici e di coscienza” nelle galere di Cuba, noi desideriamo ricordare alla pubblica opinione italiana, succube di una stampa “indipendente” da sempre nemica della rivoluzione castrista, che questa rivoluzione continua a essere un punto di riferimento e una potente ispirazione per tutte le forze che, sempre più numerose non solo in America Latina, si battono per un mondo senza sfruttamento, senza guerra e senza violenza. La morte di Zapata, che il governo cubano ha pubblicamente ricordato con dolore e senso di solidarietà, mentre si attende ancora che il governo italiano faccia qualche gesto analogo per la morte di Stefano Cucchi e il suicidio di decine di carcerati delle nostre democratiche prigioni, è stata occasione per una campagna di sfacciata denigrazione “democratica” della rivoluzione cubana. Non importa che Zapata fosse anzitutto detenuto per svariati reati comuni e solo di recente avesse inteso dare alla propria contestazione della vita carceraria (compresa la richiesta di disporre di una cucina e di un telefono privato in cella) una precisa connotazione politica. Non importa che anche pubblici documenti di Amnesty International diano atto che a Cuba non è mai stato torturato nessuno (eccetto che nella base americana di Guantanamo) e non si sono mai praticate quelle esecuzioni extragiudiziali per cui si è reso tristemente famoso il “democratico” Stato di Israele. Non importa, infine, che in un recente processo in Florida sia stato accertato che un vecchio e riconosciuto terrorista come Santiago Alvarez sia stato tra i finanziatori costanti delle Damas de blanco: anche loro certamente in buona fede, ma altrettanto certamente utilizzate dalla CIA per le sue manovre–che durano da cinquant’anni con una serie impressionante di attentati – per rovesciare il democratico governo di Cuba.
Noi sappiamo che a Cuba, come ha ricordato Fidel Castro, l’assistenza sanitaria per tutti è legge da decenni, mentre Obama fatica a farla accettare dal Congresso USA; sappiamo che medici, maestri, professori cubani operano al servizio di tutti i poveri dell’America Latina (con uno dei migliori ospedali oftalmici del mondo a disposizione gratuita di chi ne ha bisogno), che l’istruzione è libera e gratuita per tutti nell’isola; e che le restrizioni a cui ancora oggi il popolo cubano è soggetto (in termini di disponibilità di merci, di denaro convertibile, ecc.) sono solo conseguenza del feroce e immotivato embargo a cui l’isola è sottoposta da parte degli Usa e di pochi loro alleati. Siamo scandalizzati, ma non sorpresi, del cinismo con cui i media, soprattutto italiani e spagnoli, hanno utilizzato la morte di Orlando Zapata, per la quale esprimiamo ancora una volta il nostro sincero dolore. Sperando che la sua storia e l’uso che se ne è fatto da parte anche di giornalisti e politici italiani servano non tanto alla “liberazione” dei pretesi “prigionieri politici” di Cuba, ma ad aprire finalmente gli occhi dell’opinione pubblica sulla spregiudicatezza della propaganda di un imperialismo internazionale che, lo speriamo, ha ormai i giorni contati. Su queste idee chiediamo un pronunciamento dal mondo dell’intellettualità, dell’arte e dello spettacolo…
Gianni Vattimo, filosofo, europarlamentare
Gianni Minà, giornalista
Margherita Hack, astronoma
Marco Rizzo, giornalista, già europarlamentare
Luciano Vasapollo, Università di Roma
Fabio Pratesi, medico
Francesco Baccini, cantautore
Danilo Zolo, giurista Università di Trieste
Aldo Bernardini , docente Università di Teramo
Ivan Cicconi, economista
Angelo D’Orsi, storico Università di Torino
Maria Fierro, giurista
Alfonso Galdi , giurista
Silvia Giorcelli, storica Università di Torino
Domenico Losurdo, storico Università di Urbino
Cristiano Lucarelli , calciatore
Massimiliano Marotta, storico ISF di Napoli
Andrea Mingardi, cantautore
Red Ronnie, musicologo
PierAldo Rovatti, filosofo Università di Trieste
Prof. Amati Paolo
Battiglia Roberto, Rivista Nuestra America
Cararo Sergio, giornalista
Prof.Ciattini Alessandra
Prof. Forneris Gilberto
Prof. Garroni Stefano
Prof Gotor José Luis
Prof. Ieradi Luisa Anna
Prof. Lucchese Franco
Prof. Lux Simonetta
Martufi Rita, Dir.Centro Studi Cestes-Proteo
Orsati Grazia, Dir Rivista Nuestra America
Prof. Punzo Francesco
Prof Punzo Luigi
Riccio Alessandra, condirettrice Latinoamerica
Rossi Marina, Avvocato
Prof. Ruggieri Franca
Santopadre Marco, giornalista
Vasapollo Domenico, Dir. Natura Avventura
Vasapollo Federica, S Univ. Sapienza
Vasapollo Viviana, Archeologa
Giovanni Barbieri, giornalista
Paolo Federici, ass.Italia Cuba
Antonio D’Angelo, architetto
Loredana Macchietti, editore “Latinoamerica”
Alessandro Perrone, consigliere
Annalisa Melandri, blogger
Franca Pesce, docente
Alessandro Riccio,
direttore Filippo Cannizzo, fondazione Ugo Spirito
Marco Papacci, ass.Italia-Cuba
Violetta Nobili, redazione Nuestra America
Federico Castelli, artista
Maurizio Carboneschi, seg.Anaic
Primo Soravia, ass. Italia-Cuba
Robert Pieder Thum
Donata Zurlo
Roberta Antonacci
Roma 17 maggio 2010
Per adesioni o informazioni :
appellopercubaliberoit
Roma 17 maggio 2010
Per adesioni o informazioni : appellopercubaliberoit
Alla Comunità di Sant’Egidio
Roma
fax 06.580.01.97
Roma, 17 maggio 2010
Siamo venuti a conoscenza soltanto ora dell’invito rivolto al Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga, cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) da parte della Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-Latino Americano, per tenere la conferenza che si svolgerà presso la sede dell’ILA a Roma il 20 maggio prossimo sul tema: “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America latina”.
Sappiamo che il Mons. Maradiaga, fin dai giorni immediatamente successivi al colpo di Stato avvenuto in Honduras il 28 giugno dell’anno scorso, con il quale è stato deposto e cacciato dal paese il presidente legittimamente eletto Manuel Zelaya, si è distinto per le sue posizioni apertamente schierate con il governo golpista di Roberto Micheletti e contrarie al ritorno di Manuel Zelaya nel paese.
Il Mons. Maradiaga, e la gerarchia cattolica honduregna, avevano d’altra parte espresso già prima del golpe, forte perplessità e opposizione verso il progetto, portato avanti dal governo Zelaya, di installare una Quarta Urna nelle sedi elettorali, progetto che avrebbe condotto ad un’Assemblea Costituente in un paese dove vige tutt’ora la Costituzione scritta dal dittatore Policarpo Paz nel 1982. Un’Assemble Costituente che avrebbe restituito finalmente un po’ di sovranità popolare ad un paese, L’Honduras, uno dei più poveri del mondo, con una mortalità infantile del 48% fino al 5° anno di età, con una disparità tra classi ricche e classi povere tra le più alte in assoluto. Un paese dove vige un sistema sociale in cui una decina di famiglie possiede la totalità della ricchezza e del potere, controlla le istituzioni politiche e giudiziarie e, in combutta con le gerarchie militari ed ecclesiastiche, gestisce ogni aspetto della vita sociale ed economica.
Ci sono inoltre ben noti i legami dell’Opus Dei con le alte gerarchie cattoliche honduregne e sappiamo che lo stesso Mons. Mardiaga ne è membro attivo da oltre due decenni.
E’ noto anche che “secondo documenti in possesso del mensile El Libertador, il cardinale Rodríguez aveva ottenuto un salario mensile di 5.300 dollari da parte dello Stato. Il favore era stato concesso nel 2001 dal presidente della Repubblica, Carlos Flores Facussé ed era stato sospeso proprio da Manuel Zelaya”. Il suo salario è stato immediatamente ripristinato dal governo golpista.
Il Monsignore e il resto della gerarchia cattolica non hanno mai d’altra parte espresso nessuna condanna rispetto alle decine di persone che sono state uccise dai militari e dai gruppi paramilitari e sulle migliaia che hanno subito e continuano a subire gravi violazioni dei diritti umani. La violenza golpista non si è esaurita infatti con le “elezioni” farsa del novembre scorso, che hanno sancito la vittoria di Porfirio Lobo, ma continua a ritmo costante colpendo giornalisti, attivisti, leader comunitari e contadini, sindacalisti, in uno stillicidio continuo e costante di vite umane ignorato completamente dai media internazionali.
Il Monsignore Maradiaga, poco solidale e poco vicino al popolo, lo è ancor meno con gli uomini della sua Chiesa. Mai una parola di condanna ha proferito contro le persecuzioni a cui sono sottoposti da parte del governo uomini come padre Andrés Tamayo, a cui è stata tolta la nazionalità honduregna e che è stato espulso dal paese, o il gesuita Ismael Moreno (Padre Melo) e il sacerdote Fausto Milla, perseguitati e minacciati più volte di morte per il loro lavoro pastorale a fianco dei più poveri e per il loro impegno contro il colpo di Stato.
Proprio padre Tamayo è in questi giorni in Italia e auspichiamo un vostro incontro con lui, vero uomo di Chiesa vicino alle vostre posizioni.
Alla luce di quanto sopra esposto, ci coglie di sorpresa e ci amareggia pertanto la vostra partecipazione all’evento di cui sopra.
Conosciamo bene le attività della Comunità di Sant’ Egidio, sempre attenta alle tematiche delle popolazioni oppresse e della giustizia sociale.
Vi invitiamo quindi a riconsiderare la vostra partecipazione attiva alla conferenza del 20 maggio prossimo, informandovi che settori della società civile attenti al rispetto dei diritti umani in particolare per quanto riguarda l’area dell’America latina si sta stanno già organizzando per esprimere pubblicamente il proprio dissenso da quest’ennesima legittimazione di un vero colpo di Stato, oltre che per denunciare con tutti i mezzi e canali disponibili le complicità in tale legittimazione, qualora dovessero esserci.
Annalisa Melandri
www.annalisamelandri.it
collaboratrice italiana della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH)
a nome di altri attivisti di Roma
P.S. Vi informiamo che una cerimonia di consegna di una laurea Honoris Causa al monsignor Maradiaga lo scorso mese di novembre in Francia è stata annullata dall’ambasciata per timore di proteste. Qui la notizia relativa:
http://www.ellibertador.hn/Nacional/3493.html
A: Quotidiano Liberazione e Partito della Rifondazione Comunista
CONTRO UNA SENTENZA INIQUA E UNA CENSURA INACCETTABILE
Vogliamo che la voce del giornalista e documentarista Fulvio Grimaldi non venga spenta, come avverrebbe se “Liberazione”, giornale comunista, insistesse nell’esecuzione della sentenza d’appello che ha condannato Grimaldi a restituire a “Liberazione” i 100mila euro avuti in primo grado come risarcimento del danno subito dall’editto bulgaro di Bertinotti che ne ha determinato il licenziamento su due piedi in occasione della pubblicazione di un suo articolo su Cuba nel 2003, non gradito all’allora segretario del PRC.
Di quel licenziamento Grimaldi non ha mai ricevuto né comunicazione né motivazione ufficiali. Alla reazione di protesta di oltre duemila lettori, il giornale ha risposto con spiegazioni non veritiere, negando a Grimaldi il diritto di replica. Grimaldi è un giornalista controverso le cui posizioni a volte non sono condivise da molti, ma volterianamente ne affermiamo il diritto ad esprimerle, oggi come quando le illustrava nel TG3 o le pubblicava sul giornale di un partito che in gran parte le condivideva e che, comunque, affermava nei suoi principi costitutivi la libertà di espressione, il pluralismo delle opinioni, il diritto di critica. Da molti anni questa voce di un’informazione non in linea con il “senso comune” dominante ci ha fatto conoscere realtà di conflitti e popoli in lotta contro l’imperialismo, dal Medioriente all’America Latina, dai Balcani all’Africa e all’Asia, dal terrorismo di Stato a quello ingannevolmente attribuito agli aggrediti e demonizzati, realtà che non avevano diritto di presenza nei media ufficiali. Andando contro una giurisprudenza consolidata, che raramente rovescia una sentenza in materia di diritto di lavoro, il giudice d’appello ha annullato una condanna a chi lo aveva estromesso da “Liberazione”, per cui da cinque anni lavorava con rubriche e reportage dalle aree di crisi, sostenendo in prima persona le spese di quegli impegni. I firmatari di questo appello vogliono continuare a leggere e a vedere i reportage di Grimaldi sulle lotte dei palestinesi, iracheni, jugoslavi, latinoamericani, già visti da migliaia di persone in Italia e fuori. Grimaldi ha proposto una soluzione transattiva che il giornale ha respinto. Ciò significa inesorabilmente la fine di una voce che riteniamo preziosa e insostituibile.
Chiediamo a “Liberazione” e al PRC, che tanto si sono spesi per l’articolo 18 e contro ogni censura, a partire da Santoro, Luttazzi e Biagi, di recedere da un accanimento rivendicativo che ha il sapore della rappresaglia padronale, incompatibile tra soggetti che si definiscono compagni.
Chi lo desidera può inviare il testo della petizione al quotidiano Liberazione all’indirizzo segreterialiberazioneit (segreterialiberazioneit) .
per firmare l’appello: qui
su Facebook
La società civile incontra…
Adrián Ramírez López
(presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani– LIMEDDH)
Il 4 maggio alle ore 10,00
presso il CDCA – Centro di Documentazione dei Conflitti Ambientali
Largo Vittorio Gassman Presso il Bioparco di Roma
si parlerà di:
- diritti umani in Messico e nel resto del mondo
- criminalizzazione della protesta sociale
- narcotraffico e militarizzazione
- solidarietà e militanza attiva
sono invitati a partecipare:
- i singoli cittadini
- le associazioni che si occupano di diritti umani, di lotte sociali e di lotta alla mafia e alla criminalità organizzata
- giornalisti e mezzi di informazione indipendenti
Il Dr. Adrián Ramírez López, medico, dal 1993 ricopre la carica di presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani A.C., organizzazione non governativa affiliata alla Federazione Internazionale dei Diritti Umani, alla Organizzazione Mondiale contro la Tortura e alla Associazione Agir Ensemble pour Les Doits de l’Homme, tutte con statuto consultivo rispetto all’ONU.
E’ inoltre titolare di cattedra in Medicina Forense nel corso di laurea di Diritto, professore dei corsi di laurea di Infermeria e Psicologia, professore invitato al corso universitario di Cooperazione per lo Sviluppo nelle Universidades Valencianas, in Spagna.
Ha dato conferenze al Colegio de Abogados de Madrid, a la Universidad Autónomade Madrid, a la Comisión Española de Ayuda al Refugiado, al Ilustre ColegioNacional de Doctores y Licenciados en Ciencias Políticas y Sociología.
Vanta una vasta esperienza come perito indipendente in medicina forense , in materia di tortura ed altre violazioni dei diritti umani.
Ha partecipato a 186 missioni di osservazione dei diritti umani ed ha offerto collaborazione e supporto in materia di Diritti Umani al Senato della Repubblica, alla Camera dei Deputati e all’Assemblea Legislativa del Distretto Federale.
E’ stato eletto vicepresidente della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), carica ricoperta dal 1997 al 2001.
Iniziativa a cura di Annalisa Melandri — www.annalisamelandri.it
Proposta da inviare a tutte le Liste elettorali presenti alle prossime elezioni regionali del 28 marzo 2010.
SCIOPERO ELETTORALE – SCIOPERO DELLE LISTE
Noi, cittadine e cittadini abitualmente partecipi alle competizioni elettorali,
di fronte alla sfrontatezza della compagine governativa sempre più avvezza al non rispetto delle più elementari norme a presidio della trasparenza e dell’uguaglianza di tutte le parti sociali e politiche, dimostrata in quest’occasione perfino a competizione elettorale già avviata;
non volendo più subire l’arroganza del premier e dei suoi accoliti che hanno piegato ai loro voleri anche le più alte istituzioni dello Stato, come è avvenuto in quest’ultima vicenda del provvedimento ad listam:
RIGETTIAMO la protervia di chi calpesta le regole e annulla continuamente gli spazi di democrazia e PROPONIAMO a tutte e tutti uno sciopero elettorale,
CHIEDIAMO inoltre alle Liste dei partiti, già presenti nella scheda elettorale, di ritirasi in segno di protesta per le elezioni regionali del 28 marzo, per dimostrare di non voler più assoggettarsi alle truffe governative e poiché non sussistono le condizioni democratiche necessarie al sereno svolgimento di una competizione elettorale.
Prendiamo le distanze, non mischiamoci con i furfanti!
Gli elettori e le elettrici non più succubi
7 marzo 2010
Firme:
Annalisa Melandri , Roma attivista per i diritti umani
Pietro Orsatti, giornalista, Roma
Giorgio Sabaudo, Brescia
Fabrizio Dedoni Quartu S.Elena (CA)
Nicola de palo
Paolo Praolini Altidona (FM)
A Carlos Montemayor che ci accompagna a raccontare le voci delle lotte del popolo.
Il nostro riconoscimento per il suo impegno e per essersi convertito in parte della storia.
Carlos è storia che passa alla storia raccontando se stessa.
Per dare agli attivisti sociali la rilevanza di trasformarli in lettere in grido in voce perchè tutti li leggano e li ascoltino e con le sue parole scuotere la coscienza e costruire la lotta.
La storia scritta giorno dopo giorno in azione, in sforzo per contribuire a rendere la storia qualcosa di più del racconto ufficiale dell’interpretazione degli intellettuali organici.
Questa è la storia di Montemayor che oggi passa alla storia ed è il nostro presente.
Carlos Montemayor, il nostro ringraziamento per il tuo contributo alla causa dei diritti umani e le libertà fondamentali.
La mostra tristezza si unisce a quella dei tuoi familiari e amici, grazie per la tua presenza.
Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos A.C. (Limeddh)
Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Víctimas de Violaciones de Derechos Humanos en México (AFADEM FEDEFAM)
Fundación Diego Lucero A.C.
Centro de Derechos Humanos Coordinadora 28 de Mayo A.C.
Red Universitaria de Monitores de Derechos Humanos (RUMODH)
Asociación de Derechos Humanos del Estado de México (ADHEM)
A Carlos Montemayor quien nos acompaña a contar las voces de las luchas del pueblo.
Nuestro reconocimiento por su compromiso y por haberse convertido en parte de la historia.
Carlos es historia que pasa a la historia al contar la historia misma.
Por darle a los luchadores sociales la trascendencia de transformarlos en letras en grito en voz para que todos los lean, los escuchen y con sus letras sacudir la conciencia y construir la lucha.
La historia escrita día a día y en acción, en esfuerzo por contribuir a que la historia se algo más que el recuento oficial de la interpretación de los intelectuales orgánicos. Esta es la historia de Montemayor que hoy pasa a la historia y es nuestro presente.
Carlos Montemayor, nuestro agradecimiento por tu contribución a la causa de los derechos humanos, y las libertades fundamentales.
Nuestra tristeza se suma a tus familiares y amigos, gracias por tu presencia.
Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos A.C. (Limeddh)
Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Víctimas de Violaciones de Derechos Humanos en México (AFADEM FEDEFAM)
Fundación Diego Lucero A.C.
Centro de Derechos Humanos Coordinadora 28 de Mayo A.C.
Red Universitaria de Monitores de Derechos Humanos (RUMODH)
Asociación de Derechos Humanos del Estado de México (ADHEM)