Ricevo da parte di Marisa Masucci la petizione in italiano e qui in spagnolo da inoltrare alle autorità peruviane in difesa dei diritti dei prigionieir politici, violati pesantemente con la recente approvazione da parte del governo della nuova legge che regola le condizioni carcerarie.
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Negli ultimi tempi si sta verificando in Perù una serie di eventi che, con il pretesto della lotta al terrorismo, stanno rendendo sempre più difficile la condizione dei prigionieri politici, mediante un irrigidimento delle leggi e il ritorno a condizioni di detenzione che, con il crollo della dittatura fujimorista e dopo il lavoro effettuato dalla Commissione della Verità e Riconciliazione, sembravano dovere essere superate definitivamente. A ciò contribuisce senza dubbio la campagna di demonizzazione dei prigionieri ed degli ex-prigionieri politici realizzata dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, mediante la quale si diffonde la preoccupazione che la loro liberazione possa contribuire ad ingrossare le fila dell’insorgenza armata, nonostante ad oggi non esista alcuna evidenza dell’incorporazione nei gruppi armati attualmente operanti di ex prigionieri politici che hanno ottenuto la libertà.
Nelle scorse settimane è stata approvata una legge che prevede l’abolizione dei benefici penitenziari, grazie ai quali era possibile, attraverso la realizzazione di attività di studio e di lavoro condotte in carcere, ottenere la libertà dopo avere scontato i tre quarti della pena. Bisogna sottolineare che si tratta di persone che si trovano in condizioni di detenzione dai primi anni novanta, con condanne che oscillano tra i 15 e i 30 anni di reclusione.
Il 13 ottobre scorso, inoltre, 36 prigionieri politici, appartenenti a Sendero Luminoso, al Movimiento Revolucionario Túpac Amaru ed ai nazionalisti, che avevano richiesto un miglioramento delle condizioni carcerarie dopo le ultime restrizioni nell’erogazione di servizi minimi (acqua, luce, alimenti e cure mediche), sono stati trasferiti dal carcere Miguel Castro Castro di Lima ad altri istituti di detenzione, tra cui quello di massima sicurezza di Piedras Gordas (costruito per detenuti di alta pericolosità e in cui vige un sistema penitenziario molto duro) e quello di Cañete, ubicato a diverse centinaia di chilometri dalla capitale. A questo si aggiunge che viene loro negata la possibilità di lavorare e di studiare, con il pretesto che tali attività non sono più necessarie, essendo stati aboliti i benefici penitenziari. Tutto ciò, oltre ad allontanarli dalle loro famiglie, rendendo di fatto impossibile ricevere le visite settimanali a cui in teoria hanno diritto, li priva di diritti fondamentali per la persona umana, quali l’accesso alla cultura e all’attività lavorativa.
A rendere ancora più inaccettabile questo trattamento, che ha tutto il sapore di una vendetta a danno di indifesi, ci sono le notizie riguardanti le condizioni di detenzione dell’ex presidente della repubblica del Perù, Alberto Kenya Fujimori, condannato per crimini di lesa umanità (torture, sparizioni di persone, esecuzioni extragiudiziarie), che viene ripreso mentre passeggia fuori dall’edificio penitenziario dove dovrebbe trovarsi recluso e nel quale gli viene permesso di ricevere visite giornaliere senza alcuna limitazione di orario, trasformando di fatto il suo luogo di detenzione in un centro di coordinamento politico. Di fronte a tali evidenze le autorità penitenziarie si sono giustificate considerandole parte del programma per il suo reinserimento nella società civile.
Appare doveroso manifestare indignazione nei confronti di tutto questo, chiedendo, oltre a una uguaglianza dei trattamenti per tutti i cittadini peruviani, la reintroduzione dei benefici penitenziari, la garanzia di condizioni di vita accettabili all’interno delle carceri e il ritorno dei 36 prigionieri politici nel carcere da cui sono stati trasferiti.
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PETIZIONE ALLE AUTORITA’ PERUVIANE IN DIFESA DEI DIRITTI DEI PRIGIONIERI POLITICI
Al Sig. Presidente della Repubblica del Perù – Alan García Pérez
Jirón de la Unión s/n cuadra 1
Lima
Al Sig. Ministro della Giustizia del Perù – Aurelio Pastor
Carlos Tenaud cuadra 3 s/n
Miraflores , Lima 18
Al Sig. Direttore dell’INPE (Istituto Nazionale Penitenziario) — Jorge León Ballén
Jirón Carabaya N° 456 – Lima
Stimati Signori,
Apprendo con preoccupazione che negli ultimi tempi si stanno verificando eventi di cui sono vittima i prigionieri politici peruviani. Dopo l’entrata in vigore della legge che li priva della possibilità di godere dei benefici penitenziari, 36 di loro, dopo avere richiesto un miglioramento delle condizioni carcerarie minime (diminuzione delle restrizioni nell’erogazione di acqua, luce, alimenti e cure mediche), sono stati trasferiti improvvisamente dal carcere di Lima Miguel Castro Castro a quello di massima sicurezza di Piedras Gordas e ad altri istituiti penitenziari lontani da Lima. So inoltre che, dopo l’abolizione dei benefici penitenziari, si è verificato un irrigidimento delle condizioni di detenzione, come il divieto di dedicarsi ad attività di studio e di lavoro.
Allo stesso tempo vengo a conoscenza del fatto che l’ex presidente della Repubblica, Alberto Kenya Fujimori, condannato per crimini di lesa umanità, ha libero accesso all’esterno dell’edificio penitenziario in cui dovrebbe trovarsi recluso e riceve quotidianamente visite senza limiti di orari.
So che la costituzione del Perù considera diritto fondamentale della persona l’uguaglianza di fronte alla legge e ritengo che la cultura, il lavoro, la salute e l’alimentazione siano diritti inalienabili della persona umana.
Ritengo infine che una società giusta debba considerare la detenzione non una vendetta ma una via per il reinserimento nella società civile e mi augurio che l’irrigidimento delle condizioni di detenzione dei prigionieri politici e la disparità di trattamento tra i cittadini della Repubblica non allontanino il Perù da un cammino di riconciliazione che gli permetterebbe di sanare ferite profonde.
Chiedo quindi la reintroduzione dei benefici penitenziari e il ritorno dei 36 detenuti politici al carcere di Castro Castro , oltre alla garanzia di condizioni di vita accettabili all’interno delle carceri peruviane.
Nella certezza di ottenere il vostro interessamento su quanto sopra esposto, trattandosi di giustizia e di umanità, ringraziando, porgo distinti saluti
Nome e Cognome
Indirizzo
Paese
INPE (Instituto Nacional Penitenciario):
Nella parte inferiore della pagina: “quejas y sugerencias” (reclami e suggeriementi) bisogna compilare i seguenti campi:
Nombres: nome/i di battesimo
Apellido paterno: cognome
Apellido materno: sarebbe il cognome della madre, che in Italia non abbiamo. Trattandosi di un campo obbligatorio, è necessario riempirlo, anche solo con una lettera dell’alfabeto
Correo: indirizzo e-mail
Oficina regional: Instituto Nacional Penitenciario
Hechos: incollare il testo della petizione in spagnolo
ENVIAR: INVIARE
PRESIDENCIA DE LA REPUBLICA
Pagina “Cartas al presidente” (lettere al presidente)
Nombres: nome/i di battesimo
Apellidos: cognome
Fecha de nacimiento: data di nascita
Documento de identidad: documento d’identità
Dirección: indirizzo
Ciudad o comunidad: città
Provincia: provinvia
País: Italia
Correo electrónico: indirizzo e-mail
Motivo del mensaje: denuncias
Mensaje: incollare il testo della petizione in spagnolo
ENVIAR: INVIARE
Al Sr. Presidente de la República del Perù – Alan García Pérez
Jirón de la Unión s/n cuadra 1
Lima
Al Sr. Ministro de Justicia del Perú — Aurelio Pastor
Carlos Tenaud cuadra 3 s/n
Miraflores , Lima 18
Al Sr. Director del INPE – Jorge León Ballén
Jirón Carabaya N° 456 – Lima
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Estimados Señores,
observo con preocupación que en los últimos tiempos se vienen dando circunstancias de las cuales son víctimas los presos políticos peruanos. Después de la promulgación de la ley que elimina los beneficios penitenciarios, 36 de ellos, después de haber pedido una mejoría de las condiciones mínimas de vida al interior de la prisión (reducción de las restricciones en el servicio de agua, electricidad, alimentación, atención médica) han sido transferidos de improviso del penal limeño Miguel Castro Castro al penal de máxima seguridad de Piedras Gordas y a otras cárceles lejos de Lima. Sé también que, después de la abolición de los beneficios penitenciarios, las condiciones de detención se han vuelto más rígidas, con la prohibición, por ejemplo, de dedicarse a actividades de estudio y trabajo.
Mientras que por otro lado soy testigo como el ex presidente de la República, Alberto Kenya Fujimori, condenado por crímenes de lesa humanidad, tiene la posibilidad de caminar libremente fuera de la cárcel donde debería de estar encerrado y sin embargo recibe sus visitas sin ninguna restricción.
Sé que la Constitución del Perù establece como un derecho fundamental de la persona la igualdad frente a la ley y creo que la cultura, el trabajo, la salud y la alimentación sean derechos inalienables de la persona humana.
Opino, en fin, que en una sociedad justa la detención no tenga que ser una venganza sino un camino para la reincorporación dentro de la sociedad civil y espero que el endurecimiento de las condiciones de detención de los presos políticos y la desigualdad en el trato entre los ciudadanos de la República no alejen al Perú del camino de reconciliación que permita sanar sus heridas profundas.
Por lo tanto pido la restitución de los beneficios penitenciarios, el retorno a la prisión de Castro Castro de los 36 presos políticos y la garantía de condiciones de vida aceptables dentro de las cárceles peruanas.
Con la certeza de obtener Vuestro interés por lo expuesto, por ser de justicia y humanidad, Les saludo agradeciéndoLes.
Nombre y Apellido
Dirección
País
LA VOSTRA ASSENZA E’ UNA RISPOSTA COMUNQUE CHIARA RIGUARDO AL VOSTRO CONCETTO DI DEMOCRAZIA!
Rileviamo con profondo disappunto che nonostante fosse stato chiesto un appuntamento con l’ambasciatore Roberto Ochoa Madrid con ampio margine di anticipo, il giorno del sit-in l’ambasciata dell’Honduras a Roma era vuota, come comunicatoci anche dalla dirigente della P.S. che ha provato a contattare qualche responsabile del servizio diplomatico dietro nostra richiesta. Anche la bandiera dell’Honduras era stata ritirata. Interpretiamo tale comportamento come un esplicito rifiuto al dialogo con un’ ampia rappresentanza della società civile cittadina e nazionale e come espressione di una precisa posizione politica della sede diplomatica honduregna in Italia e dello stesso ambasciatore Sig. Roberto Ochoa Madrid.
Sig. Roberto Micheletti
Casa Presidencial
Tegucigalpa, Honduras
Congreso Nacional de Honduras
Tegucigalpa, Honduras
Secretario de Estado en el Despacho de Relaciones Exteriores
del gobierno de facto — Honduras
Carlos López Contreras
Tegucigalpa, Honduras
Ministro degli Affari Esteri – Italia
Franco Frattini
Ambasciatore Honduras in Italia
Roberto Ochoa Madrid
Roma, Italia
Roma, 13 ottobre 2009
Noi rappresentanti delle associazioni per la difesa dei diritti umani, del mondo del lavoro e dei sindacati, della cooperazione internazionale e dell’associazionismo civile cittadino, ringraziando l’Ambasciatore Ochoa Madrid per averci ricevuto in questa giornata di mobilitazione e di protesta contro il colpo di Stato che ormai da più di 100 giorni ha annullato le regolari pratiche democratiche e politiche del paese, spodestando il legittimo presidente Manuel Zelaya, desideriamo renderVi partecipi delle nostre preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani che vengono commesse ormai quotidianamente in Honduras, nonché per gli sviluppi della situazione soprattutto in vista delle prossime elezioni che il regime golpista intende tenere per il 29 novembre prossimo, che non avrebbero alcuna legittimità in assenza del libero confronto politico e delle garanzie democratiche.
Chiediamo al Sig,. Ochoa che inoltri pertanto alla giunta del Sig. Micheletti questa nostra missiva.
Rispetto alla situazione ad oggi in Honduras osserviamo quanto segue:
- Sia la promulgazione dello Stato d’assedio e il decreto n. PCM –16–2009 di sospensione delle garanzie costituzionali, emesso il 26 settembre scorso, sono misure apertamente “violatorie del diritto internazionale”, come denunciato anche dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH). La loro revoca verbale, in data 6 ottobre u.s., effettuata dal governo de facto in vista dell’imminente visita dell’OSA, non è stata infatti inserita nella Gazzetta Ufficiale e quindi non viene applicata dalle autorità che continuano ad agire in base al decreto di sospensione dei diritti. Ragione per la quale, secondo quanto denuncia anche l’associazione francese Reporters Sans Frontières, le due emittenti indipendenti e critiche verso il regime, Radio Globo e Canal 36 ad oggi non hanno potuto riprendere regolarmente le loro trasmissioni e non hanno ottenuto il materiale che era stato loro sequestrato. Non possiamo fare a meno di osservare che se da una parte si dice di voler rispettare la data del 29 novembre come data possibile delle elezioni presidenziali in Honduras, ormai da tre mesi circa ogni voce che si leva contro il colpo di Stato viene zittita con la repressione e la violenza, non permettendo così il libero esercizio della campagna elettorale in vista di tale appuntamento.
- L’ultima missione dell’OEA in visita nel paese, data la risposta negativa del governo de facto del Sig. Micheletti si è conclusa senza nessuna novità positiva, visto il rifiuto di accettare da parte della giunta golpista il punto numero sei dell’accordo di San José, base fondamentale per ogni trattativa, e cioè la restituzione del presidente Zelaya alla presidenza del Paese.
- Esprimiamo inoltre la nostra preoccupazione per le persone che continuano a restare in carcere con accuse infondate e sottoposte a torture e a trattamenti violenti e degradanti da parte delle autorità di polizia. Secondo i dati diffusi dal Comitato dei Familiari dei Detenuti e Desaparecidos in Honduras (COFADEH),i prigionieri politici attualmente sarebbero circa 45, anche se il portavoce del Frente Nacional di Resistencia Popular considera che siano molti di più. Particolarmente preoccupante è il caso della maestra Agustina Flores López, cinquantenne, sorella della direttrice del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) e membro dirigente del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado, Bertha Cáceres, arrestata il 29 settembre scorso con l’accusa di sedizione, la quale è stata vittima di torture e trattamenti degradanti da parte di membri della polizia. Da un video ad oggi in circolazione risulta chiaramente che la Sig.ra López è stata picchiata violentemente mentre era già ammanettata da donne del corpo di polizia. E’ notizia di ieri la sua scarcerazione sotto cauzione, resta tuttavia indiziata di gravi reati con l’intero impianto accusatoria privo di garanzie e trasparenza.
- Sempre dati della COFADEH indicano in 17 il numero delle persone morte in Honduras a causa della violenza scatenatasi in seguito al colpo di Stato del 28 giugno.
- Giungono inoltre preoccupanti notizie circa indagini che l’ONU starebbe portando avanti su gruppi di paramilitari colombiani appartenenti alle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) assoldati da latifondisti locali per la loro protezione. Lo stesso gruppo dell’ONU starebbe lavorando sulle denunce ricevute rispetto all’uso di apparecchiature acustiche a largo spettro, utilizzate contro Zelaya e i suoi sostenitori nei pressi dell’ambasciata brasiliana da parte dei membri di polizia e di mercenari.
Affermato quanto sopra, chiediamo quanto segue:
- Che venga immediatamente restituita la presidenza, usurpata manu militari con la forza e la violenza al legittimo mandatario del paese Manuel Zelaya, regolarmente eletto dal popolo honduregno e che gli venga data la possibilità di terminare il suo mandato. con la forza e la violenza al legittimo mandatario del paese Manuel Zelaya, regolarmente eletto dal popolo honduregno e che gli venga data la possibilità di terminare il suo mandato.
- Che nel paese venga ripristinato immediatamente lo Stato di Diritto e venga garantito il rispetto dei diritti umani, civili e politici previsti da tutti i trattati internazionali ratificati anche dall’Honduras.
- Che cessi immediatamente la criminalizzazione della protesta sociale attuata dal regime con scopo intimidatorio e repressivo e la persecuzione penale contro gli oppositori al regime e venga garantito e rispettato il loro legittimo diritto al dissenso.
- Che vengano immediatamente liberati tutti i prigionieri politici detenuti e si intraprendano indagini volte a stabilire responsabilità penali rispetto ai casi denunciati di decessi, nonché rispetto a tutti i casi di torture, trattamenti crudeli e degradanti, detenzioni arbitrarie contro le persone che hanno manifestato contro il regime.
- Che venga garantito e rispettato il diritto alla libertà di espressione e il diritto all’informazione e che quindi tutti i mezzi di comunicazione critici al regime vengano messi in grado di lavorare tranquillamente e in assoluta sicurezza per i loro operatori.
- Che vengano svolte opportune indagini rispetto alla denuncia della presenza di gruppi paramilitari colombiani che starebbero operando nel paese al soldo di gruppi di latifondisti locali.
E inoltre affermiamo:
- Che riconosciamo come legittimo presidente dell’Honduras il Sig. Manuel Zelaya.
- Che solidarizziamo con il Frente Nacional de Resistencia Popular e con tutto il popolo honduregno nella lotta contro il colpo di Stato.
- Che sosteniamo il Frente Nacional de Resistencia Popular e tutto il popolo honduregno nelle legittime richieste di indire un’Assemblea Costituente che gli restituisca dignità e partecipazione civile.
- Che non riconosceremo i risultati delle elezioni politiche del 29 novembre prossimo in quanto realizzate sotto un regime golpista senza nessuna garanzia di rispetto delle regole democratiche sia per quanto riguarda la campagna elettorale sia per il loro svolgimento.
Al ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini chiediamo:
- Che non riconosca come legittime le elezioni politiche del 29 novembre prossimo in quanto indette da un regime golpista senza nessuna garanzia di rispetto delle regole democratiche sia per quanto riguarda la campagna elettorale sia per il loro svolgimento, come già dichiarato dal segretario generale dell’ONU, dall’OEA, e dal governo degli Stati Uniti nel caso non venga ripristinato Manuel Zelaya alla presidenza del paese.
- Che operi attivamente per la cancellazione di ogni rapporto economico e trattato commerciale con il governo golpista honduregno fino a quando non venga ripristinata la democrazia nel paese.
- Che proibisca l’ingresso nel nostro paese di tutti i membri del governo golpista e dei collaboratori dichiaratamente complici del regime, cominciando dal Sig. Micheletti Bain, originario di Bergamo.
- Che si faccia promotore presso l’Unione Europea perché venga sospeso qualsiasi rapporto economico e commerciale con l’Honduras.
Distinti saluti
Primi firmatari: Associazione A Sud, Comitato Carlos Fonseca, Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell’Uomo, Comitato Pro Zelaya, Collettivo Italia-Centro America, Associazione Italia-Nicaragua, Annalisa Melandri, Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive!, On. Marco Rizzo, Comunisti Sinistra Popolare, Ex-SNIA, Fulvio Grimaldi, Sandra Paganini, Circolo della Tuscia, Italia Cuba
A due anni dalla detenzione-sparizione forzata del difensore dei diritti umani
José Francisco Paredes Ruiz
La Fondazione Diego Lucero A.C. (FDL), che fa parte della Red de Alerta Temprana (Rete di Attenzione Immediata), è un’organizzazione che lavora per la difesa dei diritti umani in Messico in particolar modo nelcampo delle indagini e dellaricerca della verità rispetto agli oltre 1300 casi di sparizioni forzate avvenute durante la cosiddetta guerra sucia (guerra sporca), il recupero della memoria storica, la difesa dei diritti umani e anche rispetto alle proposte di modifiche di leggi in materia di diritti umani.
Il 26 settembre prossimo si compiono ormai due anni dalla detenzione-sparizione forzata di José Francisco PAREDES RUIZ, difensore dei diritti umani e co-fondatore della Fondazione Diego Lucero A.C.
Come denunciato dalle sue figlie, dai compagni e dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, il 23 settembre del 2007, Francisco PAREDES RUIZ aveva partecipato ad alcuni eventi commemorativi previsti in quella data a Madera, Stato del Chihuahua e il giorno 25 settembre stava facendo ritorno a Morelia.
Il 26 settembre l’ultimo contatto che si ha con lui è una telefonata, effettuata tramite cellulare circa alle 18.30 del pomeriggio a una delle sue figlie per avvisarla che stava tornando a casa. Non è mai più tornato e il giorno 28 il suo furgoncino è stato trovato aperto nei pressi del suo domicilio.
Come membro attivo della Fondazione Diego Lucero aveva partecipato in diverse iniziative in difesa dei diritti umani che l’associazione civile aveva organizzato nello Stato di Michoacán. Brevemente ricordiamo le seguenti:
Aveva preso parte nell’iter di denuncia presso il Tribunale Speciale per i Movimenti Sociali e Politici del Passato dei casi di detenzione forzata della famiglia Guzmán Cruz (il padre e quattro fratelli), di Doroteo Santiago Ramírez e Rafael Chávez Rosas.
Aveva contribuito alla discussione e promozione della proposta di Legge sulla Sparizione Forzata dello Stato di Michoacán, presentata al Congresso locale in forma congiunta dal Centro dei Diritti Umani José Agustín Pro Juaréz, la Fondazione Diego Lucero e la famiglia Guzmán Cruz.
Aveva collaborato nell’organizzazione in diversi dibattiti e convegni organizzati a Morelia (Michoacán) nei quali si affrontava il tema del recupero della memoria storica e della difesa dei diritti umani e in cui si discutevano e si divulgavano proposte di modifiche di legge in materia dei diritti umani.
E’ anche noto che Francisco PAREDES RUIZ nei mesi precedenti alla sua detenzione-sparizione forzata, aveva partecipato al movimento sociale di Michoacán, contro la privatizzazione delle terre coltivabili e in difesa del Lago di Zirahuén nel municipio di Santa Clara del Cobre.
A due anni dalla sua sparizione forzata, sono state intraprese diverse azioni presso uffici statali e federali, governativi e dei diritti umani, senza aver ricevuto ad oggi una risposta soddisfacente . E’ deplorevole che nonostante il governo messicano sia firmatario degli strumenti internazionali che mettono fine alla pratica della sparizione forzata considerata un crimine di lesa umanità e un crimine di Stato, gli incaricati di applicare la giustizia contro questo delitto non abbiano nessuna sensibilità rispetto a un caso così grave come quello descritto, cosa che è statamessa in risalto dalla negligenza delle autorità preposte proprio nei momenti più decisivi per poter agire per la difesa della vittima.
Va segnalato infatti che fin dai primi giorni della sua scomparsa, le figlie di Francisco PAREDES, Cristina e Janahuy hanno cercato senza nessun risultato di sporgere denuncia per la sparizione forzata di Francisco, presso l’ufficio della Procura Generale della Repubblica (PGR) e presso la Procura Generale della Giustizia dello Stato di Michoacán (PGJEM).
Alla PGJE, la responsabile della Polizia Ministeriale dello Stato, Sig.ra Socorro Magaña Ramírez, non volle accettare la denuncia ma soltanto una narrazione dei fatti elaborata dalla D.ssa Laura Rodríguez Chagolla, Agente del Pubblico Ministero della Nona Agenzia della Sottoprocura Regionale di Giustizia di Morelia, Michoacán. Di fronte al rifiuto iniziale di accettare la denuncia nella città di Morelia si è cercato pertanto di presentarla a Città del Messico alla PGR, ma con gli stessi risultati negativi.
Alla fine, il 1 ottobre del 2007 è stata presentata la denuncia presso la Procura Generale di Giustizia dello Stato di Michoacán, così come presso l’ufficio di Michoacán della PGR al Dr. Noé Priego Ponce de Leon, agente del Pubblico Ministro della Federazione, responsabile della Terza Agenzia. Le indagini preliminari sono state registrate con il n. PGR/MICH/M-3/659/07.
Il 2 ottobre 2007 venne aperto un fascicolo CNDH/1/2008/2837/Q sul caso di Francisco anche presso la Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CNDH), che pertanto iniziò le indagini. Recentemente la CNDH ha informato i familiari che non esiste nessun indizio sul fatto che le autorità siano coinvolte nel caso e pertanto dichiarano che non si tratta di una detenzione –
sparizione forzata e che quindi la posizione viene chiusa essendosi concluse le indagini. In tale documento dove vengono citate le autorità alle quali è stata richiesta informazione non appaiono tuttavia la Segreteria della Difesa Nazionale (SEDENA) e nemmeno il Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale (CISEN).
A due anni dalla sparizione forzata di José Francisco PAREDES RUIZ, nonostante le molteplici azioni portate avanti dalle figlie della vittima e da organizzazioni di difesa dei diritti umani, non ci sono stati progressi nelle indagini preliminari della PGR e della PGJEM. In Messico non esistono strumenti giuridici e nemmeno la volontà politica per ottenere la presentazione in vita dei detenuti scomparsi.
Per tutto ciò chiediamo:
1. Che il governo messicano prenda tutte le misure necessarie alla presentazione con vita di Francisco PAREDES RUIZ.
2. Che venga garantita l’integrità fisica, psicologica e giuridica di Francisco PAREDES RUIZ.
3. Che la Procura Generale della Giustizia dello Stato di Michoacán (PGJEM) notifichi l’indagine preliminare n. PGR/MICH/M-3/659/07come delitto federale tipizzato come sparizione forzata di persona, contenuto nell’articolo 215-A del Codice Penale Federale e non come delitto statale tipizzato come privazione illegale della libertà nella sua modalità di sequestro di persona.
4. Che la Procura Generale della Repubblica (PGR) crei un Tribunale Speciale per indagare sulla sparizione forzata di Francisco PAREDES RUIZ.
5. Che la Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CHDH) riapra il fascicolo che ha chiuso senza portare avanti le procedure relative rispetto alla Segreteria della Difesa Nazionale (SEDENA) e del Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale (CISEN), che rediga una relazione ed emetta le raccomandazioni pertinenti al caso rispetto alla lentezza nelle indagini e nell’ottenimento della documentazione al fine di ottenere verità e giustizia e che consegni le informazioni raccolte fino a questo momento.
6. Che la Segreteria di Difesa Nazionale (SEDENA) e il Centro di Investigazione e Sicurezza Nazionale (CISEN) rendano pubbliche le informazioni necessarie rispetto allo sviluppo delle indagini volte a chiarire la sparizione forzata di Francisco PAREDES RUIZ.
7. Che il Congresso dell’Unione degli Stati Messicani riesamini il progetto di Legge Generale sulla Sparizione Forzata di Persone.
8. Che il Senato della Repubblica annulli le due restrizioni alla Convenzione Interamericana sulla Sparizione Forzata di Persone che non contemplano la sparizione forzata di persone come delitto imprescrittibile al pari degli altri delitti contro l’umanità e che, rispetto alla Giustizia Militare, permettendo che i militari non vengano giudicati dai tribunali civili, garantisce di fatto la loro immunità.
9. Che venga fornita informazione ufficiale da parte delle autorità messicane rispetto a questo caso.
10.Che venga rispettata la Dichiarazione che protegge tutte le persone contro le Sparizioni Forzate approvata dall’ONU nel 1992, la Convenzione Interamericana contro le Sparizioni Forzate approvata dall’OEA nel 1994 e la Convenzione Internazionale recentemente firmata dal Messico.
11.Che il governo messicano rispetti e assicuri l’applicazione di quanto disposto nella Dichiarazione sui Difensori dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 9 Dicembre 1998.
Cordiali saluti,
Messico D.F. 15 settembre 2009
MESSICO:
Red de Alerta Temprana
Fundación Diego Lucero, A.C. (FDL), Liga Mexicana por los Defensa de los Derechos Humanos A.C. (Limeddh), Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Víctimas de Violaciones a los Derechos Humanos en México (AFADEM-FEDEFAM), Centro de Derechos Humanos Coordinadora 28 de Mayo A.C., Asociación de Derechos Humanos del Estado de México (ADHEM), Asociación para la Defensa de los Derechos Humanos y la Equidad de Género (ASDDHEG), Red Universitaria de Monitores de Derechos Humanos (RUMODH)
INTERNAZIONALE:
El Observatorio para la Protección de los Defensores de Derechos Humanos (Programa Conjunto OMCT/FIDH)
DIRETTO A:
Lic. Felipe de Jesús Calderón Hinojosa
Presidente de la República
Residencia Oficial de los Pinos Casa Miguel Alemán / Col. San Miguel Chapultepec, C.P. 11850, México DF / Tel: (55) 27891100 / Fax: +52 52772376 href=“felipecalderonpresidenciagobmx“>felipecalderonpresidenciagobmx
Lic. J. Jesús Montejano Ramírez
Procurador de Justicia de Michoacán
Periférico Independencia # 5000, Col. Sentimientos de la Nación, Morelia, Mich., C.P. 58170
Teléfonos: 322–36-00
Lic. Eduardo Medina-Mora Icaza
Procurador General de la República
Procuraduría General de la República
Paseo de la Reforma nº 211–213, Piso 16 / Col. Cuauhtémoc, Del. Cuauhtémoc, México D.F., C.P. 06500
Fax: +52 55 53 46 09 08 (si responde una voz, digan: “tono de fax, por favor”)
General Guillermo Galván Galván
Secretario de la Defensa Nacional (SEDENA)
Blvd. Manuel Ávila Camacho S/N. Esq. Av. Ind. Mil., Col. Lomas de Sotelo; Deleg. Miguel Hidalgo, D.F. C.P. 11640 Tel. 21228800 Ext. 3585
Lic. Guillermo Valdés Castellanos
Director General del Centro de Investigación y Seguridad Nacional.
Avenida Camino Real a Contreras No. 35, Colonia La Concepción, Delegación Magdalena Contreras, C.P. 10840. TELÉFONO: 5624–3980 FAX: 5524–6448
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Dr. José Luis Soberanes Fernández
Presidente de la Comisión Nacional de los Derechos Humanos
Periférico Sur 3469, Col. San Jerónimo Lídice, Delegación Magdalena Contreras, C.P. 10200, México D.F. / Teléfonos (55) 56 81 81 25 y 54 90 74 00, Lada sin costo 01800 715 2000
Lic. Francisco Ramírez Acuña
Presidente de la Cámara de Diputados
AV. Congreso de la unión No. 66 col. El parque delegación Venustiano Carranza, c.p 15960, México, D.F., tel. 56 28 13 00, 50 36 00 00.
Lic. Carlos Navarrete Ruíz
Presidente de la Cámara de Senadores
Xicoténcatl No.9, Centro Histórico Ciudad de México, Distrito Federal C.P 06010
Teléfono: 51–30-22–00
con copia a:
Ambasciatore del Messico in Italia
Jorge Eduardo Chen Charpentier
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00161 ROMA
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RED DE ALERTA TEMPRANA
(Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos A.C., Limeddh; Fundación Diego Lucero A.C. FDL; Asociación de Familiares de Detenidos Desaparecidos y Víctimas de Violaciones de Derechos Humanos en México AFADEM-FEDEFAM, Asociación por la Defensa de los Derechos Humanos y la Equidad de Género, ASDDHEG; Asociación de Derechos Humanos del Estado de México, ADHEM; Red Universitaria de Monitores de Derechos Humanos, RUMODH; Centro de Derechos Humanos Coordinadora 28 de Mayo.)
OSSERVATORIO PER LA PROTEZIONE DEI DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
(Programma congiunto dell’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura OMCT e la Federazione Internazionale dei Diritti Umani FIDH)
LETTERA DISPONIBILE SU QUESTA PAGINA INTERNET
Alziamo le nostre voci contro l’impunità e per la presentazione con vita di Francisco Paredes Ruiz!
Il 26 settembre prossimo si compiono ormai due anni dalla detenzione-sparizione forzata di José Francisco PAREDES RUIZ, difensore dei diritti umani e co-fondatore della Fondazione Diego Lucero A.C.
Como denunciato dalle sue figlie, dai compagni e dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, il 23 settembre del 2007, Francisco PAREDES RUIZ aveva partecipato a un evento commemorativo previsto per in quella data a Madera, Chihuahua. Il 25 settembre ritorna a Morelia, e il giorno seguente l’ultimo contatto che si ha con lui è una telefonata, effettuata tramite cellulare circa alle 18.30 del pomeriggio a una delle sue figlie per avvisarla che stava tornando a casa. Non è mai più tornato e il giorno 28 il suo furgoncino è stato trovato aperto nei pressi del suo domicilio.
Nel corso di questi due anni sono state realizzate numerose azioni presso gli uffici statali e federali, governativi e dei diritti umani, senza che ad oggi si sia ottenuta nessuna risposta soddisfacente.
E’ deplorevole che nonostante il governo messicano sia firmatario degli strumenti internazionali che mettono fine alla pratica della sparizione forzata considerata un crimine di lesa umanità e un crimine di Stato, gli incaricati di applicare la giustizia contro questo delitto non abbiano nessuna sensibilità rispetto a un caso così grave come quello descritto, cosa che è stata messa in risalto dalla negligenza delle autorità preposte proprio nei momenti più decisivi per poter agire per la difesa della vittima.
A due anni dalla scomparsa di José Francisco PAREDES RUIZ, non ci sono stati progressi nelle indagini preliminari della PGR e della PGJM. In Messico non esistono strumenti giuridici e nemmeno la volontà politica per ottenere la presentazione in vita dei detenuti scomparsi.
E’ per questo che facciamo un appello alle organizzazioni, persone solidali, simpatizzanti intellettuali, artisti di tutto il mondo affinché alzino le loro voci fin da ora e fino a quando Francisco non ottenga la sua libertà. La lettera di adesioni sarà inviata alle autorità interessate il prossimo 26 settembre alla scadenza dei due anni della sparizione forzata di Francisco PAREDES.
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CORDIALMENTE
RED DE ALERTA TEMPRANA
OSSERVATORIO PER LA PROTEZIONE DEI DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI (Programma congiunto dell’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura OMCT e la Federazione Internazionale dei Diritti Umani FIDH)
Lo scorso 7 luglio si è tenuta a San José di Costa Rica presso la Corte Interamericana di Difesa dei Dirtti Umani un’udienza che per il Messico può essere considerata storica. Per la prima volta nella storia dell’Esercito e del paese, lo Stato messicano si trova al banco degli imputati per la politica repressiva applicata dal governo e dalle Forze Armate durante la così detta guerra sucia.
Il caso preso in esame, della sparizione forzata di Rosendo Radilla Pacheco, avvenuta il 25 agosto del 1974 ad Atoyac de Álvarez, stato del Guerrero, e del quale quella del 7 luglio è stata soltanto l’udienza preliminare, è considerato infatti emblematico di centinaia di altri avvenuti in quegli stessi anni, nel decennio compreso tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70, quando la sparizione forzata era una modalità repressiva applicata sistematicamente in Messico con lo scopo di rompere l’unità del tessuto sociale organizzato e di annientare fisicamente qualsiasi forma di protesta e di dissidenza.
Di Rosendo Padilla, arrestato ad un posto di blocco militare mentre viaggiava su un bus insieme a suo figlio di appena 11 anni (successivamente liberato) ad oggi non se ne sa più nulla e si teme sia stato gettato in mare insieme ad altre 122 persone in uno dei tanti “voli della morte” con cui si facevano sparire anche in Messico, come nel resto dell’America latina, i corpi degli oppositori politici.
La guerra sucia fu particolarmete intensa e violenta proprio nello stato del Guerrero, che divenne in quegli anni uno dei più militarizzati dell’intero paese. Degli oltre 1200 casi di sparizioni di persone avvenuti allora in Messico, la metà avvenne in Guerrero e di queste, più di 400 soltanto ad Atoyac de Álvarez.
Verso la fine degli anni’60, in quella regione, i movimenti di Lucio Cabañas e di Genaro Vázquez , passarono alla clandestinità e alla lotta armata dopo anni di lotte civili pacifiche e organizzate, duramente e violentemente represse nel sangue, con le quali chiedevano alle autorità l’adozione di misure politiche e sociali più giuste rispetto alla distribuzione delle terre, al credito agrario, ai prezzi dei prodotti agricoli in particolar modo del caffè, e soprattutto contro la violenza strutturale della società di allora e il potere dei caciques, i signorotti locali.
L’evento detonante fu il massacro compiuto dalla polizia il 18 maggio 1967 nella piazza centrale di Atoyac, in occasione di una protesta organizzata da genitori e insegnanti contro la scuola Juan Alvarez. “Niente fu più come prima dopo di allora ad Atoyac”, hanno raccontato in varie occasioni i dodici figli di Rosendo Radilla durante gli incontri avuti con la Commissione Messicana di Difesa e Promozione dei Diritti Umani che, insieme all’ Associazione dei Familiari dei Detenuti, Scomparsi e Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani in Messico (AFADEM) ha portato il caso davanti alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
Si installò nel paese un quartier generale dell’Esercito, proprio vicino alla casa dei Radilla. I soldati erano dappertutto e cominciarono a circolare voci, di lì a breve confermate dai fatti, di arresti di massa, di donne violentate, di casi di tortura e di persone uccise, di deportazioni di intere comunità accusate di simpatizzare con la guerriglia. Rosendo sapeva benissimo di essere in pericolo. Una delle sorelle maggiori racconta che l’ultima volta che vide suo padre questi le disse: “ti dico una cosa, la situazione è molto brutta là, ho paura che non ci vedremo mai più, stanno prendendo persone, le fanno sparire anche se non hanno fatto niente […] Se non torno vuol dire che mi hanno già ammazzato, perchè io non ho niente da nascondere e non ho fatto nulla. Le uniche cose che so io le canto e sono i miei corridos, e questo so che non è un delitto perchè la Costituzione mi garantisce la libertà d’espressione”.
Scriveva e musicava corridos Rosendo Radilla, quella particolare forma di canzone popolare improvvisata, con la quale cantare la quotidianitá del popolo e questa fu la sua colpa, come gli confermò anche un soldato al momento del suo arresto, secondo la testimonianza del figlio Rosendo. Accompagnato dalla sua chitarra solidarizzava con la guerriglia, con Genaro Vázquez, suo grande amico e con Lucio Cabañas senza tuttavia aver mai impugnato un’arma.
Era piuttosto un leader contadino stimato e rispettato per il suo impegno e per la sua dedizione per gli altri da tutta la comunitá di Atoyac de Álvarez di cui fu sindaco dal 1955 al 1956. Terminó il suo mandato più povero di quando aveva iniziato. La sua casa era sempre piena di gente: “per una fidanzata rapita o fuggita, per le spese di un matrimonio, per tirar fuori qualcuno dal carcere o per pagare una multa, per un malato che non aveva denaro, per registrare un bambino o per sotterrare un defunto al quale i familiari non potevamno pagare un funerale”.
Questa era la vita di Rosendo Radilla fino a quel 25 agosto del 1974. Fu arrestato insieme a suo figlio di appena 11 anni, ma ottenne e chiese la liberazione del bambino, che porta il suo stesso nome e che è stato uno dei principali testimoni, insieme alla sorella Tita Radilla nell’udienza preliminare di San Josè di Costa Rica. Il 7 luglio dinanzi alla Corte Interamericana, in difesa del governo messicano era presente il Ministro degli Interni Fernando Gómez Mont, che accettando “senza riserve la privazione della libertà e la morte di don Rosendo Radilla” 35 anni fa, e considerandola come “una violazione ai suoi diritti umani e a quelli della sua famiglia” ha espresso però il rifiuto ufficiale da parte del governo della competenza della Corte Interamericana, adducendo il presunto principio secondo il quale i trattati internazionali non si possono considerare retroattivi (il Messico ha accettato la competenza della Corte Interamericana soltanto nel 1998). Il delitto di sparizione forzata tuttavia, essendo un crimine contro l’umanità è un delitto continuativo e imprescrittibile, sebbene il Messico favorisca l’impunità per i militari che si macchiano di tali crimini e sebbene sia carente nel paese una legislazione che tuteli le vittime e i loro familiari da tali gravi violazioni dei diritti umani.
E’ stata quindi una debole e vana difesa quella dello Stato messicano. Non è servito al ministro Gómez Mont aver esposto i progressi compiuti dall’Esercito nella lotta contro il narcotraffico, non è servito aver comunicato l’impegno formale da parte delle Forze Armate al rispetto dei Diritti Umani e delle convenzioni internazionali in materia. Quello che è stato maggiormente contestato al governo da parte del Presidente della Corte Interamericana Cecilia Medina Quiroga , ma che da tempo fanno anche numerose associazioni internazionali, è l’applicazione della giurisdizione penale militare ai casi di giustizia ordinaria e al contrario, lasua disattenzione nelle indagini che riguardano militari implicati in gravi violazioni dei Diritti Umani, creando uno stato di immunità permanente e favorendo l’uso del Tribunale Militare come potere politico. Il ministro Gómez Mont ha parlato di Messico “riformato” e ha detto che non è possibile “giudicare il passato con gli occhi del presente”.
Queste dichiarazioni hanno provocato grande indignazione in alcuni presenti all’udienza tra i quali Cristina Paredes, la figlia di Francisco Paredes scomparso nella città di Morelia il 26 settembre del 2007. La incontriamo a Città del Messico appena di ritorno dal Costa Rica.
Nutre speranze rispetto al fatto che l’aver portato il caso di Rosendo Radilla davanti alla Corte Interamericana possa contribuire ad accendere i riflettori sugli altri casi di sparizioni forzate avvenute recentemente in Messico, quali per esempio quello di Lauro Juàrez, attivista scomparso da Oaxaca il 10 dicembre 2007 e quello dei due militanti dell’Esercito Popolare Rivoluzionario, Edmundo Reyes Amaya e Gabriel Alberto Cruz Sànchez, arrestati e poi scomparsi sempre in Oaxaca il 25 maggio 2007, oltre ovviamente a quello di suo padre. E’ evidente la mancanza di volontà politica da parte del governo di rendere giustizia ai familiari di Rosendo Radilla e soprattutto il tentativo di lasciare nell’impunità gli autori materiali e intellettuali di tale crimine. Il governo dovrebbe accettare oltre alla sparizione forzata di Rosendo Radilla anche la responsabilità del crimine, essendo questo un crimine continuativo e imprescrittibile.
Accettando la morte di Rosendo Radilla dovrebbe dare notizie certe rispetto al suo arresto, rispetto alla sua detenzione o alla data della sua morte nel caso il corpo non fosse più recuperabile in quanto gettato in mare. Dovrebbe rendere noti nomi e cognomi degli ufficiali e dei militari responsabili in quel periodo degli operativi dell’Esercito nella zona. La giustizia passa per la lotta contro l’impunità e come sottolinea Adrián Ramírez, presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) “il rifiuto da parte di tutti i vari governi che si sono succeduti in Messico dall’epoca della sparizione di Rosendo Radilla fino all’attuale posizione del ministro degli Interni Gómez Mont di rendere noti i nomi e i cognomi dei militari (dai vertici ai soldati semplici), responsabili di tale crimine e della sparizione di tanti altri cittadini messicani e quindi la loro protezione, rileva la sua complicità in tali crimini di Stato e quindi andrebbe perseguito penalmente”. “Se qualcosa va stabilito – continua – è la catena di comando, agli autori materiali della sparizione forzata di Rosendo Radilla va dato un nome e un cognome”.
Questo dimostrerebbe il reale impegno dello Stato messicano nella lotta contro l’impunità. Tuttavia, tutto lascia supporre che la battaglia che in tal senso stanno portando avanti i familiari delle persone scomparse e le associazioni civili di difesa dei Diritti Umani che li sostengono, sia ancora molto lunga.
No se puede aceptar un golpe de Estado en el siglo XXI!
Roma, 21 luglio 2009
La Presidenza dell’ Unione Europea in data odierna ha confermato il suo appoggio politico al legittimo presidente dell’ Honduras Manuel Zelaya e ha sostenuto la mediazione in Costa Rica del presidente Oscar Arias. Tuttavia oltre alla sospensione del dialogo poltico e dello sviluppo dei Trattati bilaterali in discussione, non è riuscita a prendere iniziative più coraggiose rispetto al governo golpista di Roberto Micheletti, quale per esempio la sospensione del Sistema di Preferenze Generalizzate (SPG) che permette ai paesi in via di sviluppo di beneficiare di un accesso più agevole ai mercati dei Paesi Industrializzati e che è vincolato al rispetto delle 27 principali convenzioni internazionali in materia di Democrazia e di Diritti Umani.
Il Comitato Pro Zelaya, costituitosi spontaneamente il 28 giugno scorso, nelle stesse ore in cui avveniva il colpo di Stato in Honduras, chiede pertanto che iniziative più importanti in campo economico vengano intraprese contro il governo golpista e la sua giunta civico-militare, affinché sia permesso un immediato rientro nel paese del legittimo presidente Manuel Zelaya e il ripristino dell’ ordine costituzionale e il rispetto dei diritti umani nel paese, gravemente minacciati dalla giunta golpista.
Denuncia inoltre l’ incapacità e la mancanza di volontà tanto dell’ Unione Europea, quanto anche del governo degli Stati Uniti nel riuscire a prendere decisioni importanti e coraggiose di fronte a situazioni gravi e di emergenza democratica, come sta avvenendo in queste ore in Honduras.
Nonostante infatti il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), José Miguel Insulza, abbia detto che “nessuno nel mondo appoggia il regime di Micheletti”, nessun singolo paese o organizzazione di tipo intergovernativa ha di fatto intrapreso severe restrizioni economiche o alcun tipo di boicottaggio commerciale contro il governo golpista honduregno.
Il Comitato Pro Zelaya inoltre solidarizza e si somma alla lotta del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato e coincide nella sua posizione intransigente di rifiuto di qualsiasi proposta di amnistia da concedere ai golpisti, in quanto questa potrebbe creare un grave precedente di immunità nel paese e nella regione.
Ricordiamo che l’Honduras ha accettato in passato la competenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani, e che pertanto le ha ceduto la facoltà di vigilare l’adempimento delle obbligazioni civili e democratiche assunte verso il proprio popolo.
Qualsiasi legislazione che prospetti una possibile amnistia per i golpisti pertanto si puo’ considerare violatoria della Convenzione Americana sui Diritti Umani.
Annalisa Melandri
portavoce
AUI-029‑2009-ESECUZIONI PER MANO DI MILITARI GOLPISTI-HONDURAS
Città del Messico, 5 luglio 2009
AZIONE URGENTE INTERNAZIONALE: Esecuzione extragiudiziale evvenuta nell’aereoporto internazionale di Tegucigalpa in Honduras
Alberto Brunori
Rappresentante in Messico dell’Ufficio dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite
per i Diritti Umani
Santiago Cantón
Segretario Esecutivo della CIDH
Navanethem Pillay
Alto Commissariato dell’ONU
Ai Governi e ai popoli del Mondo
La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani A.C. (Limeddh), La Fondazione Diego LuceroA.C., il Comitato dei Diritti Umani di las Huastecas e Sierra Orientale (CODHSSO), l’Associazione dei Familiari dei Detenuti Scomparsi e Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani in Messico (AFADEM-FEDEAM), il Centro dei Diritti Umani Coordinatrice 28 Maggio A.C., l’Associazione dei Diritti Umani dello Stato del Messico (ADHEM), l’Associazione per la Difesa dei Diritti Umani e l’Uguaglianza di Genere (ADDHEG), la Rete Universitaria dei Monitori dei Diritti Umani (RUMODH) ‚l’Associazione Nazionale di Avvocati Democratici (ANAD), il Centro Nazionale della Comunicazione Sociale (CENCOS) con domicilio postale nella Calle Tehuiztitla 1era cerrada n. 44 Col. Los Reyes Del. Coyoacan, C.P. 04330 Mèxico D.F. con numero telefonico e fax 56108790 mail href=“denunciaslineddhgmailcom“>denunciaslimeddhgmailcom sollecita il vostro intervento urgente per l’esecuzione extragiudiziale avvenuta nell’aeroporto internazionale di Tonkontin in Honduras, per mano dei militari golpisti.
FATTI:
Il giorno 5 luglio del 2009, domenica, elementi dell’esercito dell’ Honduras hanno sparato contro un gruppo di cittadini hondureñi, giustiziandone due, uno dei quali minorenne e lasciando un numero significativo di feriti, oltre ad aver evitato l’atterraggio dell’aereo che conduceva il presidente e una delegazione internazionale a capo della quale c’era il Segretario Generale della OEA, motivo per la quale si trovavano i civili giustiziati in quel luogo.
Il contesto nel quale avviene questa azione è dovuto all’arrivo del presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, a seguito del colpo di Stato realizzato dalle Forze Armate hondureñe e da settori ultraconservatori rappresentati dal Congresso Nazionale e dal Potere Giudiziario di tale nazione, domenica 28 giugno del 2009 contro il Presidente Costituzionale José Manuel Zelaya Rosales, che è stato sequestrato e trasferito alla Repubblica del Costa Rica violentando così la vita democratica del popolo hondureño.
Per quanto sopra sollecitiamo:
- All’Organizzazione delle Nazioni Unite, all’Organizzazione degli Stati americani, così come ai governi del mondo, che condannino questi delitti contro l’umanità e contribuiscano a che l’esercito deponga le armi nella comprensione che che la sovranità degli stati non permette la violazione dei diritti umani.
- Alla diplomazia dei governi del mondo e alle organizzazioni multilaterali, dimostrare il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e le libertà fondamentali in qualsiasi parte del mondo affinchè i militari e quelli che detengono il potere di fatto in Honduras siano isolati e si dimettano.
- La soluzione di questo conflitto mediante il dialogo e non mediante l’uso della forza.
- Si chiede al Governo degli Stati Uniti d’America una posizione chiara rispetto ai fatti avvenuti in Honduras e che metta a disposizione la sua diplomazia.
- Rispetto al legittimo ultilizzo dell’organizzazione politica da parte del popolo hondureño come mezzo di difesa dei suoi diritti fondamentali, riconosciuti a livello internazionale.
- Rispetto all’integrità fisica, psicologica e giuridica del popolo hondureño.
- Rispetto ai Trattati dei Diritti Civili e Politici e ai Trattati Internazionali ratificati dall’Honduras.
- In maniera generale conformare le azioni a quanto disposto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e ai Trattati e Convenzioni Internazionali sui Diritti Umani e riferenti al rispetto della libertà di espressione , diritto alla manifestazione e libera circolazione ratificati dall’Honduras.
Per le organizzazioni:
Adrián Ramírez López
Presidente della Limeddh
Navanethem Pillay
Alta Comisionada de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos
Oficina del Alto Comisionado para los Derechos Humanos
Palais des Nations, 8–14 avenue de la Paix, CH 1211 Ginebra 10, Suiza
Tel: +41 22 917 9000
Alberto Brunori
Representante en México de la oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los
Derechos Humanos
Alejandro Dumas #165, Col. Polanco Delegación Miguel Hidalgo, C.P 11560, México D.F Tel:(52 55)5061–
6350 Fax: 5061–6358
Sr. Santiago Cantón
Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos
1889 F Street, N.W. Washington, D.C., 20006 U.S.A.
Tel: 202–458-6002 Fax: 202–458-3992
copia a : denunciaslimeddhgmailcom
Acciones y Justicia
La tozudez de la Corte Nacional de Justicia de Ecuador quien solicita la extradición de Lucía Morett.
Carta abierta a Rafael Correa de Rita del Castillo, madre de Juan Gonzáles del Castillo
Pronunciamineto del Movimiento de Solidaridad Nuestra América en contra de la extradición de Lucía Morett
Carta a Lucía Morett… de Gerardo Gonzáles Miranda
Acusan a Colombia ante CIDH por muerte de un Ecuatoriano
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Las complicidades de Alvaro Uribe y Felipe Calderón di Gilberto López y Rivas
La ebìncrucijada de Uribe de Luis Noé Ochoa
El proceso penal contra el profesor Miguel Angel Beltrán por Colectivo de Abogados José Alvear Restrepo
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Hallan en Colombia 2329 cuerpos en fosas comunes
Los homicidios de los sindicatos en Colombia …
América Latina
Juez ecuatoriano ordena prisión a ex ministro colombiano
Chile: Carta a Michelle Bachelet de Elena Varela López, Cineasta Documentalista Presa Política
Cultura
Como tú, Roque Dalton
Il bollettino in versione originale in file pdf è disponibile qui.
Questa è la lettera che in occasione del sit-in di fronte all’ambasciata del Perù in Italia in protesta per i gravi fatti accaduti in Amazzonia è stata conseganta dalle associazioni presenti all’ambasciatore peruviano.
Roma 11 giugno 2009
All’Ambasciatore del Perù in Italia
Alle autorià di governo del Perù
Ai mezzi di comunicazione
di fronte ai fatti accaduti in Perù nei giorni scorsi e alla repressione messa in atto contro le popolazioni amazzoniche in agitazione pacifica in difesa dei propri diritti e territori, come società civile italiana e associazioni, organizzazioni e movimenti sociali, forze politiche e sindacali
esprimiamo:
- dura condanna di fronte all’atteggiamento criminale del governo peruviano e delle forza armate;
- solidarietà ed appoggio incondizionati nei confronti del movimento indigeno;
- indignazione di fronte alla dichiarazioni del presidente del Perù Alan Garcìa che nei giorni scorsi ha parlato ai mezzi di comunicazione riferendosi agli indigeni come “cittadini di serie b”;
- indignazione per il continuo clima di terrore, intimidazione, minaccia e criminalizzazione dei movimenti e della protesta sociale;
- appoggio alle richieste avanzate dal movimento indigeno peruviano che chiede il rispetto dei diritti riconosciuti dalla costituzione e la deroga immediata dei decreti incostituzionali emessi per dare implementazione al TLC firmato con gli Stati Uniti;
chiediamo:
- che venga fermata immediatamente la repressione contro i movimenti sociali ed indigeni;
- che vengono indagate e punite le responsabilità del massacro di Bagua – nel quale, per la violenza delle repressione, hanno perso la vita decine di indigeni e alcuni agenti di polizia – e degli altri atti persecutori commessi contro i movimenti sociali;
- che si dia seguito alla richieste dei movimenti sociali ed indigeni derogando alle normative incostituzionali emesse in violazione dei diritti riconosciuti dall’ordinamento interno ed internazionale alla popolazione civile urbana e rurale;
- che decadano gli ordini di cattura emessi contro i leader indigeni amazzonici e i leader sociali oggetto di criminalizzazione.
Associazione A Sud
Ass. Survival
Ass. Donne per la Solidarietà
Comitato Immigrati in Italia – sede di Roma
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
FIOM CGIL – Federazione Italiana Operai Metalmeccanici
FIM CISL – Federazione Italiana Metalmeccanici
Sinistra e Libertà