Per coloro che vogliono ricevere ALBAinFormazione via posta possono, inoltre, scrivere a : albaredazionegmailcom indicandoci:
a. nome, cognome ed indirizzo a cui far recapitare la rivista; b. numero di copie richieste per numero; c. la quota che si è corrisposta o si ha intenzione corrispondere al sottostante conto corrente postepay.
ALBAinFormazione è una rivista prettamente militante ed autofinanziata. Possiamo contare prettamente con il contributo di chi vuole sostenerci. Siamo inoltre aperti a contributi in forme di articoli, interviste, etc., di tutti coloro che vorranno proporceli. Coloro che vogliano contribuire alla diffusione della rivista nei propri rispettivi circuiti sono i benvenuti. –
Per sostenere ALBAinFormazione:
Tramite Postepay:
4023 6005 9222 6668 intestato a Guglielmo Gelormini
Una notizia importante come quella di stamattina della condanna del generale Ganzer, attuale capo dei Ros a 14 anni di carcere per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti, per La Repubblica.it merita il taglio basso. La testata troppo presa dall’antiberlusconismo politico, dà poco risalto a un fatto che rende l’Italia molto simile a Colombia e Messico. Il Giornale.it invece la mette giustamente in primo piano, pur sminuendo la gravita’ del fatto.
Mi chiedo come sia possibile che mentre le indagini erano ancora in corso e per tutto il tempo della durata del processo il generale abbia continuato a svolgere il suo incarico di capo dei Ros…
La Asociación Bolivariana de Comunicadores, (ABC) saluda la reciente liberación del soldado Josué Daniel Calvo, el sargento Pablo Emilio Moncayo, así como la entrega de los restos mortales del capitán de policía Julián Guevara, entregados en un gesto de paz unilateral por las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC–EP).
Reconocemos y agradecemos en nuestra calidad de amigos de la paz de Colombia y en nombre de los comunicadores colombianos que integran nuestra Asociación, el papel de los presidentes de Ecuador Rafael Correa; de Venezuela Hugo Chávez y de Brasil Luiz Inácio Lula da Silva.
Exaltamos la titánica labor de la nuevamente senadora Piedad Córdoba y el grupo de Colombianos por la Paz, quienes no obstante, las calumnias y las persecusiones que sufrieron por parte del Gobierno colombiano y del presidente Álvaro Uribe, siempre han luchado con compromiso y firmeza para lograr la liberación de los retenidos y por una solución política y negociada al conflicto colombiano que pase por el canje de prisioneros.
Consideramos que la omisión de Moncayo con respecto a Uribe refleja el rechazo tácito al papel oportunista y manipulador del presidente de Colombia que tanto retrasó su salida innecesariamente.
Si bien, todo salió conforme esperaba el mundo, de nuevo la nota disonante fue tocada por el Gobierno colombiano, que en la persona del Alto Comisionado Frank Pearl, lejos de manifestar alegría o conformidad con la liberación de Pablo Emilio Moncayo, saltó a señalar a la cadena multiestatal Telesur porque había transmitido unas imágenes del momento de la liberación del sargento en contraveniencia de una prohibición del gobierno de cubrir el instante mismo de la entrega, acusándole, por otra parte, de hacerle propaganda “a un grupo terrorista y secuestrador como las Farc”.
Con lo que no contaba el gobierno es que las FARC-EP hacen sus propios registros fotográficos y filmicos y los distribuyen a diferentes fuentes informativas, por una razón que es muy fácil de deducir, por lo obvia, la prensa colombiana, propiedad de quienes detentan el poder en ese país manipula permanentemente la información en favor de los intereses de sus dueños.
RCN, El Tiempo y Caracol entre otros, hacen permanente eco a afirmaciones falaces como la que hizo Pearl sobre las FARC-EP para seguir negando la existencia del conflicto armado y lo peor para perpetuar una cruenta guerra que debe resolverse por la vía política y negociada.
El Gobierno de Colombia, quien, como señaló Izarra, presidente de Telesur, utilizó fraudulentamente el logo de TeleSUR y de la Cruz Roja Internacional durante la operación militar de rescate de Ingrid Betancourt y otros prisioneros de las FARC, ahora acusa TeleSUR con el evidente intento de estigmatizar y criminalizar el trabajo periodístico que no se encuentra bajo su influjo político, poniendo así en serio riesgo la seguridad y la incolumidad de sus periodistas; profesión de alta peligrosidad en un país cuyo Gobierno violador de derechos humanos es acusado por diferentes agrupaciones y sectores sociales de cometer graves y reiterados crímenes contra la humanidad.
La Asociación Bolivariana de Comunicadores, (ABC) se suma al coro de voces de rechazo a las acusaciones contra TeleSUR y expresa profunda solidaridad a sus periodistas amenazados en el libre cumplimiento de su actividad profesional.
Città del Messico. Il mio Google Reader, uno strumento come un altro, registra 99 articoli dedicati da organi di stampa di tutto il mondo alla caduta del Prodotto Interno Lordo in Venezuela nel 2009 e appena otto articoli alla caduta del Prodotto Interno Lordo in Messico.
Anche senza soffermarsi su toni e contenuti degli articoli è evidente che tanto allarme per l’economia venezuelana e così poco per quella messicana corrispondono a dati oggettivi.
Il Venezuela è molto più importante del Messico (ha ben 30 milioni di abitanti contro appena 100 del Messico ed è grande ben… la metà); è un’economia ben più importante (il Venezuela è intorno al 35° posto al mondo, il Messico appena 12°) e soprattutto la caduta del Venezuela è stata ben più rovinosa (il Venezuela ha perso ben il 3.3% dopo cinque anni di crescita impetuosa, mentre il Messico ha perso appena il 6.5%). E’ poi evidente che in Messico si viva meglio, che ci sia meno violenza eccetera eccetera…
Insomma c’è caduta e caduta e farsa e farsa. E’ evidente che sia in corso una nuova campagna di aggressione contro il Venezuela e di occultamento del disastro messicano (paese amico dell’Occidente e completamente succube) e una volta di più i media mainstream dovrebbero andarsi a nascondere.
(manifestazione pro-Chávez a Caracas di questi giorni)
La decisione di questi giorni del governo venezuelano di sospendere momentaneamente le trasmissioni via cavo all’emittente Rctv International che trasmette da Miami in Florida, in attesa che si metta in regola con la legge nazionale Ley Resorte, non poteva non scatenare la solita bagarre mediatica disinformativa su ciò che realmente accade nel paese e sulle politiche adottate dal presidente Hugo Chávez.
Già nel 2007 la decisione del governo, dettata da esigenze di redistribuzione equa dello spazio radioelettrico disponibile, di non rinnovare il contratto all’emittente (che infatti da allora trasmetteva via cavo), aveva scatenato violente proteste da parte dell’opposizione, appoggiate da tutto l’apparato mediatico internazionale, soprattutto statunitense ed europeo, che sostiene e finanzia quegli stessi poteri che già nell’aprile del 2002 avevano tentato di rovesciare Chávez con un colpo di Stato. Proprio nel 2002 si resero evidenti tra l’altro, le complicità esistenti tra le oligarchie nazionali imprenditoriali e commerciali, i mezzi di comunicazione privati (tra cui Rctv) e la Cia (e le sue “agenzie” Ned e Usaid) nella realizzazione del golpe.
Marcel Granier, presidente di Radio Caracas Televisión Internacional (Rctv International) in varie occasioni si è rifiutato di trasmettere dalla sua televisione i messaggi presidenziali e non ha rispettato le regole di programmazione soprattutto relativamente alla tutela delle fasce protette. Credendo di godere piena libertà e autonomia per il fatto di trasmettere via cavo, Rctv deve adeguarsi adesso su indicazioni della Commissione Nazionale delle Telecomunicazioni (Conatel) alla normativa vigente per le emittenti nazionali. Secondo Conatel infatti, l’emittente e con lei un’altra ventina di televisioni private sarebbero tenute al rispetto della normativa nazionale della Ley Resorte per il fatto di essere a tutti gli effetti emittenti nazionali, avendo, come nel caso di Rctv, addirittura una programmazione nazionale di molto superiore al 70% del totale.
Tra le libertà di cui credeva di godere Rctv, c’era evidentemente anche quella di evocare dai suoi schermi a una “soluzione militare” in Venezuela, dichiarazione fatta durante un’intervista dal presidente della Federcámaras (la nostra Confindustria) il 14 gennaio scorso.
Il ministro del Potere Popolare per le Opere Pubbliche e presidente di Conatel, Diosdado Cabello, che per le dichiarazioni del presidente della Federcámaras Noel Alvarez, ha sporto regolare denuncia, ha dichiarato che le televisioni potranno riprendere le loro regolari trasmissioni una volta messe in regola con la normativa vigente, che “comprende anche l’obbligo di trasmettere i discorsi e i comunicati ufficiali del presidente”.
In Venezuela, come accadde due anni fa, l’opposizione ha colto in questi giorni l’occasione per mandare in strada decine di giovani delle università private in mobilitazioni di protesta dirette verso la sede della Conatel. Si sono registrati scontri tra opposizione e militanti chavisti, due dei quali, un ragazzo di 15 anni , appartenente al Psuv (Partito Socialista Unito del Venezuela) e uno studente universitario di 28 anni hanno perso la vita uccisi a colpi di arma da fuoco e 9 agenti di polizia sono rimasti feriti.
Sull’onda delle dichiarazioni apparse sulla stampa venezuelana, per la maggior parte in mano a grossi gruppi imprenditoriali privati e ostili al governo, anche in Italia e in Europa (El País in testa), seguendo il copione di quanto avvenuto nel 2007 in occasione del mancato rinnovo del contratto a Rctv, si è parlato di “chiusura di televisioni”, “censura” e o “il regime”.
Mentre Televideo (Rai) riporta che “Rctv nel 2007 era stata esclusa dalle trasmissioni in chiaro per non aver trasmesso un discorso ufficiale del presidente Chávez”, La Stampa, unisce la disinformazione e l’ignoranza in materia alla malafede. Nella versione online del giornale torinese il titolo dell’articolo senza firma : “Venezuela, scontri per le tv oscurate muore uno studente di 15 anni” e il sottotitolo: “S’è dimesso il vicepresidente, era pure ministro della Difesa” fanno pensare che le due notizie siano in qualche modo collegate.
Innanzitutto va ribadito che il ragazzo morto era un militante del partito governativo chavista Psuv, quindi non un dettaglio trascurabile e che è stato ucciso dai manifestanti dell’opposizione. Il titolo de La Stampa invece lascerebbe supporre che sia stato ucciso dalla polizia. Inoltre le dimissioni del vicepresidente e ministro della difesa Ramón Carrizales (e quelle di sua moglie che era ministro dell’Ambiente) non sono legate, come lo stesso Carrizales ha dichiarato, a dissapori con la politica del presidente Chávez. Anche se fonti anonime assicurano che sono dovute alla decisione del presidente di includere tra gli alti vertici delle Forze Armate militari cubani, sicuramente però nulla hanno a che vedere con la vicenda Rctv e ancora meno con la morte del giovane 15enne come farebbe credere invece l’articolo pubblicato su La Stampa.it.
Le altre agenzie di notizie non sono da meno: AGI: “Opposizione in strada, muore un 15enne”; TGCOM: “Venezuela oscurata TV anti – Chávez, Rctv non ha trasmesso i suoi discorsi”; ANSA: “Venezuela sospesa tv di opposizione”; Rai News 24: “Chávez mette il bavaglio alle TV”.
Rilevando che nessuno fa notare che per le emittenti televisive esiste in qualsiasi paese al mondo l’obbligo di trasmettere i discorsi o le comunicazioni presidenziali, sappiamo che a ben vedere in Italia siamo messi molto peggio: esiste infatti una sezione specifica della RAI che si chiama Struttura Rai Quirinale e che si occupa delle informazioni e delle trasmissioni che provengono direttamente dal palazzo del Quirinale e che riguardano il Presidente della Repubblica.
Tale struttura è posta sotto la supervisione del Direttore Generale della RAI.
In tale caos disinformativo che diventa quasi consuetudine quando si tratta di vicende legate al presidente Hugo Chávez, sorprende questa volta il silenzio dei due principali quotidiani nazionali, la Repubblica e il Corriere della Sera.
La Repubblica, che si è sempre distinta in passato con i suoi articoli a firma Omero Ciai fortemente critici contro il governo Chávez, soprattutto due anni fa in occasione del mancato rinnovo del contratto a Rctv, adesso stranamente tace.
Nessun articolo su Chávez “dittatore” o “populista”, nessun articolo sulla mancanza di libertà in Venezuela, nessun articolo che parli di “censura” o “televisioni oscurate”.
Nemmeno nessun articolo sia sul cartaceo che sulla versione online del Corriere della Sera.
Il motivo è presto chiarito. Già da oggi infatti le agenzie battono la notizia di un mega investimento di Eni in Venezuela. Un accordo “storico” lo ha definito addirittura Paolo Scaroni, amministratore delegato della ditta italiana.
L’Eni investirà in Venezuela almeno 7 miliardi di dollari in progetti che vanno dalle estrazioni nei giacimenti di greggio pesante nella fascia dell’Orinoco, alla costruzione di centrali elettriche, alla costituzione di imprese miste con Pdvsa (la compagnia petrolifera statale venezuelana).
Chi ha ancora il coraggio di parlare di libertà di stampa nel nostro paese? Chi crede ancora alle falsità opportunistiche raccontate da giornalisti come Omero Ciai al soldo di un giornale a sua volta servo del potere? E vogliamo ancora credere che a muovere l’informazione sia il potere politico? Non è piuttosto ancora una volta il potere economico, quello delle multinazionali o delle grandi lobby a dettare le regole e a pagare gli stipendi ai giornalisti?
L’Unità, tale e quale non si smentisce. A la Repubblica invece il premio per la fantasia: il manuale Cyber– Brigadista è geniale. Intanto ricordo che il suddetto manuale, scaricabile gratuitamente da qui come da decine di altri siti lo utilizzano quasi tutti, dalla Polizia alle grandi imprese, dai militanti di mezzo mondo ai giornalisti prezzolati…
Che dire… dagli aeroplanini telecomandati al manuale del terrorista passando per le armi del nonno partigiano, ci sarebbe da ridere se non fosse che c’è gente in galera davvero per queste stronzate. (AM)
In carcere a Milano Manolo Morlacchi, figlio di Pierino, fondatore delle Br. Accusato dalla Digos di banda armata di Paolo Persichetti, Liberazione 19 Gennaio 2010
Smantellata nel corso del 2003 la fragile struttura che in occasione degli attentati mortali contro Massimo D’Antona e Marco Biagi aveva riesumato la sigla delle Brigate rosse-partito comunista combattente, gli apparati investigativi, in particolare quelli della Digos romana guidata da Lamberto Giannini, hanno da allora deciso di portare avanti una strategia investigativa improntata essenzialmente all’azione preventiva contro gli ambienti ritenuti, a torto o a ragione, contigui alle aree politiche antisistema. Per gli uomini dell’antiterrorismo le azioni del 1999 e del 2001 sono la conseguenza dell’affrettata convinzione che il fenomeno lotta armata avesse trovato termine alla fine degli anni 80, con il conseguente abbandono delle indagini sui superstiti. Gli arresti di Manolo Morlacchi e Costantino Virgilio, realizzati ieri mattina a Milano, sono la diretta conseguenza di questa filosofia. Una concezione del lavoro d’indagine che si avvicina molto di più alle tecniche di rastrellamento che a quelle dell’inchiesta mirata. Impostazione che ormai non trova più oppositori davanti a se. La cultura garantista si è liquefatta e l’idea dell’arresto preventivo, cioè prima che un fatto-reato sia stato effettivamente commesso, in questo caso la costituzione di una banda armata, la realizzazione di un reticolo associativo illegale e clandestino, è una circostanza che non contesta più nessuno. Lunghe custodie cautelari in regime di carcere duro anticipano condanne che forse nemmeno verrano. Giustizia dissuasiva. Gli arresti di ieri sono lo sviluppo dell’operazione realizzata nel giugno scorso e che aveva portato alla perquisizione dell’abitazione dello stesso Manolo, del fratello Ernesto e di un cugino. In quel caso erano state arrestate cinque persone, ancora oggi detenute nel carcere di Catanzaro dove sono stati raggruppati in regime di elevata vigilanza (circuito As 2) tutti i prigionieri politici. In possesso di alcuni degli arrestati venne trovata della documentazione ideologica che teorizzava la ripresa della lotta armata e alcune armi arrugginite buone solo per la rottamazione. A Morlacchi e Virgilio, invece, è stato contestato il rinvenimento di un manuale d’istruzioni per criptare documenti informatici e non lasciarsi tracciare in rete. Materiale in possesso di hacker e militanti per i diritti civili e la libertà di espressione di mezzo occidente. E una serie d’incontri definiti dalla Digos «strategici», cioè con cadenza fissa. Modalità che gli inquirenti ritengono “sospette”, insieme ad alcune telefonate con Luigi Fallico, il cinquantasettenne corniciaio romano attorno al quale ruota tutta l’inchiesta. Si tratta, in effetti, di un’equazione investigativa. Secondo l’accusa Fallico avrebbe tentato di costituire una formazione denominata “per il comunismo Brigate Rosse”, la stessa che rivendicò un piccolo attentato contro una caserma dei Parà di Livorno nel 2006. Incontrandolo, Virgilio e Morlacchi, per una sorta di proprietà transitiva sarebbero divenuti essi stessi membri della fantomatica organizzazione che nei documenti ideologici ritrovati veniva solo ipotizzata. Poco, anzi niente, ma quanto basta per qualche annetto di custodia cautelare. La vera colpa di Morlacchi sembra un’altra: quella di avere un nome che pesa. Suo padre Pierino fu, infatti, uno dei fondatori delle Brigate rosse e Manolo recentemente si è laureato con una tesi sulle Br ed ha pubblicato un bel libro sulla storia del padre, La fuga in avanti. «Non è giusto essere svenduti come terroristi soltanto per il cognome che portiamo», aveva detto dopo la perquisizione di giugno. L’arresto di ieri dimostra il contrario. I fantasmi della lotta armata sembrano destinati ad avere lunga vita. Chi li teme non ha capito che il problema sta nella mancata chiusura politica degli anni 70. Così un’altra storia non è mai cominciata.
I bambini in visita al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano possono ammirare il modellino dell’inceneritore Silla2 dell’AMSA (Azienda Milanese Servizi Ambientali) e leggere su dei pannelli una istruttiva filastrocca. “Il sacco esce di casa e lo attende un’avventura. Sale su un grande camion pieno di spazzatura. Fin dalla tangenziale si vede un gran camino, che sembra ancor più alto se visto da vicino. Il camion in via Silla si ferma ad un cancello, e dietro c’è l’impianto, si dice che sia bello! La botola si apre e i sacchi fanno un volo, giù tutti in una vasca, nessuno resta solo. Il secco brucia bene, sviluppa un gran calore, così si scalda l’acqua per farne del vapore. La cenere rimasta vien recuperata, infine il fumo esce, la polvere è filtrata. Che possa esser nocivo, qualcuno ha un po’ paura. Né zolfo, né diossine! L’ARPA ce lo assicura.”. Gli inceneritori causano tumori, il Museo della Scienza(?) e della Tecnica gli dedica filastrocche. Inviate anche voi la vostra filastrocca sugli inceneritori al direttore del museo Fiorenzo Galli, mail: href=“direzionemuseoscienzait“>direzione@museoscienza.it
quella latrina mediatica senza fondo (né vergogna) che è il Tg1 diretto da Augusto Minzolini.
Ieri sera l’edizione delle 20 è stata particolarmente vergognosa. Da tempo ho deciso di concedere ampi spazi di salute al mio cervello non guardando la televisione, ma ieri sera mossa dalla curiosità di vedere come sarebbe stata trattata dalla televisione pubblica di regime la manifestazione per la libertà di stampa ho ceduto, assistendo a un’offesa alla decenza umana, al dolore e a quella poca intelligenza rimasta degli italiani, senza precedenti.
La notizia della manifestazione di Piazza del Popolo (trecentomila persone) relegata in quarta/quinta notizia prima dello sport, senza nemmeno la decenza di dire la sigla completa degli organizzatori, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, bensì soltanto da parte della giornalista (?) conduttrice le iniziali della sigla.
Su Messina nessun accenno all’indagine che un pool di esperti sta portando avanti rispetto all’inchiesta in cui si profila il reato di disastro colposo a carico di ignoti.
Il TG1 ha dato voce soltanto a un esperto metereologo del CNR che mostrava il “ciclone anomalo” manco fossimo nei Caraibi, spiegando l’origine di questi fenomeni atmosferici anomali ai quali secondo lui dovremo abituarci. Le accuse alle responsabilità umane lasciate a persone piangenti e in evidente stato confusionale, nessuna voce esperta o ufficiale a confermarle… vergogna! vergogna! vergogna!
Vergogna per un servizio definito “documento esclusivo” che altro non è stato che puro gossip del terrore e cioè le registrazioni delle telefonate al 113 nei momenti immediatamente successivi alla frana, gente in lacrime, impaurita, spaventata telefonando ai Carabinieri, i quali anche in quest’occasione non si distinguono certo per professionalità e gentilezza.
Ma “Cambia il clima” ci spiega la giornalista (?) con una faccia che la cena immediatamente diventa fiele nello stomaco.
Si trasforma in veleno quando Augusto Minzolini fa il suo personale comizio pro Belusconi trattando tutti gli italiani da veri idioti, volendoci far credere che una querela ai due più grandi quotidiani della sinistra italiana (La Repubblica e L’Unità) fatta dal Presidente del Consiglio sia la stessa cosa della denuncia sporta dall’ultimo parlamentare a un qualsiasi giornalista. Vergognati Minzolini!
E vergogna anche noi stessi se continuate a pagare il canone, se tenete accese le televisioni.
Vi/ci chiedo un impegno serio e importante, partendo da una riflessione. Ieri alla manifestazione la stragrande maggioranza delle persone erano ultra cinquantenni. Ero lì per distribuire i volantini sull’Honduras, ebbene che era più interessato e chi mi chiedeva il volantino erano proprio loro. I giovani erano assenti, fisicamente, materialmente e umanamente. Questo che vuol dire? Si possono fare diverse analisi, quella che ho fatto io e le persone che erano con me, è che le persone anziane, o per lo meno di una certa età (sicuramente dai 50 su) un retroterra culturale ce l’hanno, una base solida di sapere, di ideali, un fondamento critico in loro esiste perché retaggio di una società diversa, di una politica diversa. I giovani oggi sono figli della televisione, il berlusconismo è figlio della televisione e non viceversa. Abbiamo, ma forse è più giusto dire avete, lasciato un’intera generazione sola, completamente sola di fronte a modelli e idoli vuoti e senza significato. La televisione e tutto ciò che ne viene fuori: istigazione alla violenza, consumismo, riduzione della soglia di tolleranza all’odio, idolatria di modelli vuoti e senza senso, ha lentamente come un cancro silenzioso, cambiato le nostre e le vostre vite.
Un signore di una certa età portava un bel cartello: “il sonno della ragione produce BERLUSCONI!”
Non permettiamoglielo, non più.
Sarebbe necessario un impegno serio, riflettiamoci insieme, non ci vuole molto, SPEGNIAMO LA TV! Parlate di questo nelle case, in famiglia, nelle scuole, nelle fabbriche e per strada, se ne parla ma mai abbastanza. Anzi non è vero, mi correggo: se ne parla TROPPO e non si AGISCE MAI ABBASTANZA! Perché per chi ha bambini fa comodo, per chi è solo fa compagnia, e per vari altri motivi.
E attenti! Hanno provato ad indurre il sonno della ragione prima con le droghe, poi un po’ era troppo caro, un po’ la situazione era poco gestibile e induceva il sonno soltanto in una determinata fascia di età, hanno provato con la televisione. Adesso la nuova arma è internet, fatene buon uso, soprattutto di FACEBOOK. Visto sotto un certo punto di vista è l’arma più potente in mano ai controrivoluzionari. Tutti seduti lì al pc pensando di fare battaglie dietro uno schermo, web guerriglie, gruppi di appoggio virtuali, anche i muri virtuali dove poter scrivere e intanto nessuno scende più per strada e nessuno più grida nelle piazze contro il potere. Questo ci lascia fare, ci osserva, e ci scheda, fintanto che siamo seduti… a chi si dà fastidio?
Quando nel febbraio scorso (un mese dopo la conclusione dell’Operazione Piombo Fuso che provocò più di mille morti tra la popolazione civile di Gaza) il presidente israeliano Shimon Peres gli disse “anche noi abbiamo la nostra camorra, caro Saviano. Si chiama Hamas…”, il nostro più famoso saggista non corresse la più che interessata sciocchezza dell’ex esponente laburista e Nobel per la Pace. Anzi, la fece sua, riportandola senza alcun commento nel blog personale (www.robertosaviano.it). In qualche modo, forse ne fu contagiato tanto che, ieri l’altro, Saviano, che fino a poco tempo fa era conosciuto come esperto di fenomeni mafiosi italiani e che ora disquisisce con disinvoltura di tutto ciò che accade nel mondo, ha dichiarato nel corso di una lectio magistralis offerta all’università Menendez Pelayo di Santander che l’ETA «traffica con la cocaina» per finanziarsi in combutta con le Farc colombiane e ottenendo in cambio “appoggi e armi dalla Camorra”. Un’affermazione così fantasiosa da meritare l’immediata smentita del ministro degli Interni spagnolo, Alfredo Rubacalba, nemico numero uno dell’organizzazione armata basca, che ha negato ci sia prova di un implicazione dell’ETA col traffico di droga. La smentita, benché riportata dall’agenzia stampa Ansa, è stata quasi ignorata dalla stampa italiana, giustamente mobilitata in questo periodo a difesa della libera e corretta informazione nel nostro paese. Un mio amico capo-redattore mi ha scritto raccontandomi di avere proposto invano di pubblicare la notizia della smentita di Rubacalba e di avere ricevuto un bel “niet” dal direttore: dopo essere stato per anni ignorato e, dopo il successo di “Gomorra”, finalmente accolto nell’Olimpo dei saggi, il giovane Saviano è diventato, soprattutto da noi, un “untouchable”, a cui tutto è concesso. Soprattutto le sparate contro i nemici “facili” (nel caso in questione, ETA, FARC, camorra… e Hamas). Ma, almeno sui fatti italiani, il caro Roberto non faceva una volta e fa ancora analisi accurate? O il metodo Gomorra (quello di mischiare realtà e finzione) l’ha definitivamente infettato?
C'è chi usa la penna come un fucile al servizio di giustizia e verità e chi invece, come strumento di potere. E menzogna e falsità sono strumenti di potere. (AM)
“Colombia Invisible” largometraje de Unai Aranzadi. El nuevo teaser.
Lo que hizo Trujillo en el Rio Masacre fu un GENOCIDIO si asumimos la definición de genocidio dada por la el estatuto de Roma de la Corte Penal Internacional en su artículo n. 6:
A los efectos del presente Estatuto, se entenderá por “genocidio” cualquiera de los actos mencionados a continuación, perpetrados con la intención de destruir total o parcialmente a un grupo nacional, étnico, racial o religioso como tal:
a) Matanza de miembros del grupo;
b) Lesión grave a la integridad física o mental de los miembros del grupo;
c) Sometimiento intencional del grupo a condiciones de existencia que hayan de acarrear su destrucción física, total o parcial;
d) Medidas destinadas a impedir nacimientos en el seno del grupo;
e) Traslado por la fuerza de niños del grupo a otro grupo.
Reflexionando… cooperación internacional
Creo que la cooperación internacional tenga que dejar definitivamente ese rol compasivo y caritativo que caracteriza sus acciones, que además de permitirle recaudar mucho dinero (sobre el cual hasta cierto punto hay control) y una estructuración demasiado burocrática y clientelar de su aparato, funciona solo como paliativo de las situaciones de subdesarrollo. Si la cooperación no asume la tarea de impulsar cambios ESTRUCTURALES y definitivos en las realidades en las que trabaja nunca, nunca lograremos reducir pobreza y miseria, ya que estas confirmarán, definitivamente ser funcionales al mismo sistema neoliberista.
«Nadie es una isla completo en si mismo; cada hombre es un pedazo del continente, una parte de la Tierra. Si el mar se lleva una porción de tierra, toda Europa queda disminuida, como si fuera un promontorio, o la casa de uno de tus amigos, o la tuya propia; por eso la muerte de cualquier hombre me disminuye, porque estoy ligado a la humanidad; y por consiguiente, nunca preguntes por quién doblan las campanas porque están doblando por ti».
HONDURAS
23/9 E' stato ucciso l'avvocato Antonio Trejo difensore dei contadini che stanno portando avanti le lotte per la recuperazione delle terre appartenenti ai movimenti MOCSAM, MARCA y el MUCA; aveva presentato inoltre un ricorso di incostituzionalità delle Citta Modello
COLOMBIA/URIBE
El expresidente de Colombia, Álvaro Uribe, concedió docenas de licencias para disponer de pistas de aterrizaje al capo del narcotráfico Pablo Escobar, aseguró la periodista Virginia Vallejo, quien fuera amante del jefe del Cartel de Medellín.
"Por Pablo (Escobar) pude saber que (Álvaro) Uribe le concedió docenas de licencias para disponer de pistas de aterrizaje. Me decía que sin la ayuda de 'ese muchachito bendito' estaría trayendo la pasta de coca a pie desde Bolivia", dijo Vallejo en una entrevista a la revista argentina 'Noticias'. Fue organizada con el motivo de la reedición en Argentina de su libro 'Amando a Pablo, odiando a Escobar', lanzado en 2007.
Texto completo en: http://actualidad.rt.com/actualidad/view/124476-escobar-uribe-narcotrafico-colombia-aterrizaje-vallejo
MEMORIA
El 3 de octubre de 1984, Luis Fernando Lalinde Lalinde, de 26 años de edad, fue detenido y posteriormente desaparecido por el Ejercito colombiano. Desde ese día, Fabiola Lalinde emprendió la búsqueda de su hijo. Aunque sufrió constantes hostigamientos e intimidaciones, logró encontrar el cadáver de Luis Fernando después de 4.428 días de incesante búsqueda. Fue detenido en el marco de la “Operación Cuervos” adelantada por el ejército, cuando se encontraba en Jardín (Antioquia) tratando de rescatar un guerrillero herido del EPL, en 1984, durante el Proceso de Paz del Presidente Belisario Betancur, cuando este movimiento político se encontraba en cese al fuego.