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Maroni: “li abbiamo fermati”: i presunti terroristi che progettavano azioni in occasione del prossimo vertice G8 (quando era previsto a La Maddalena).
E con l’ occasione gli inquirenti dissotterrano gli arnesi del nonno partigiano, che dopo la figuraccia (semprechè qualcuno sveglio se ne accorga) verranno riposti nel Museo della Resistenza.
Secondo quanto ricostruito dalle intercettazioni, invece il pericolo stava nel fatto che uno degli arrestati avrebbe detto di avere “la fissa per i modellini”:
Infatti questo congegno tecnologico di ultimissima generazione imbottito ben bene di tritolo e telecomandato è anche completamente invisibile ai radar…
Per il resto attenti a tutti! L’ammissione di colpevolezza pare stia nella seguente frase detta al telefono:
“Un rivoluzionario non può riconoscersi in questo Stato e deve continuare la lotta fino a quando non muore”.
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P.S. Giuro che smetto subito di leggere il libro di Fabbri sull’anarchismo (L’anarchismo, la libertà e la rivoluzione) e lo riporto domani stesso in biblioteca …
La notizia che il presidente venezuelano Hugo Chávez avrebbe offerto l’isola di La Orchila come base d’appoggio a bombardieri russi è rimbalzata nei giorni scorsi sulla cronaca internazionale di tutti i nostri maggiori quotidiani accompagnata da titoli inquietanti.
Per un momento il pensiero è riandato alla Crisi dei Missili del1962, quando in seguito all’invasione della Baia dei Porci, Fidel Castro chiese e ottenne dall’ Unione Sovietica l’installazione di missili nucleari a Cuba. Il 22 ottobre di quell’anno, Kennedy informò gli Stati Uniti e il mondo intero della presenza dei missili sovietici sull’isola, allora tutti pensarono per un momento che si stesse arrivando a un terzo conflitto mondiale. Kennedy definì l’installazione dei missili ”un cambiamento nello status quo, deliberatamente provocatorio e ingiustificato” (facendo finta di dimenticare la Baia dei Porci di qualche mese prima).
Bombardieri russi a Cuba e in Venezuela — Riprendono i voli a lungo raggio come nella “Guerra fredda”, Mosca sfida Obama.
Questo il titolo di la Repubblica del 15 marzo 2009, con tanto di cartina e distanze chilometriche tra Caracas e Miami e la scheda tecnica dei bombardieri TU-160, gli aerei con testate atomiche che “hanno autonomia per poter raggiungere le coste Usa”.
Assolutamente non pensiamo che Omero Ciai sia così sprovveduto da ignorare che la situazione attuale è completamente diversa da quella della Crisi dei Missili di Cuba. Stati Uniti e Russia fondamentalmente collaborano sullo scacchiere mondiale, la Russia addirittura ha consentito la condivisione con l’aviazione statunitense delle sue basi in Kazakistan e Uzbekistan per la guerra contro l’Afghanistan.
Evidentemente la Repubblica confida sull’ignoranza dei suoi lettori e approfitta di un’ottima occasione per demonizzare quel “Venezuela chavista” il cui cammino “vuole assomigliare sempre di più a quello cubano degli anni Sessanta”. Addirittura a Palazzo Miraflores, secondo Omero Ciai ci sarebbe “tanta nostalgia del mondo com’era prima dell’Ottantanove”. Un po’ grossa questa. Prima e durante l’Ottantanove il Venezuela era affamato da governi neoliberali che saccheggiavano le immense risorse del paese seguendo fedelmente le direttive del FMI e fu proprio un giorno di febbraio dell’Ottantanove, precisamente il 27, che una grande protesta popolare contro il governo di Carlos Andrés Pérez fu repressa con il sangue, provocando migliaia di morti. No, non credo proprio che il Venezuela chavista abbia tanta nostalgia di quegli anni…
Tutto torna utile, anche far credere, (scambiando maldestramente il piano propriamente economico con quello politico), come fa Omero Ciai a conclusione del suo articolo, che l’annuncio della disponibilità dell’isola de La Orchila ai bombardieri russi sia stato fatto coincidere con la visita del presidente brasiliano Lula alla Casa Bianca perchè “nell’agenda di Lula c’è il desiderio di convincere gli Usa a comprare più petrolio della sua Petrobras piuttosto che dalla Pdvsa venezuelana”. Ovvio. Com’è ovvio che i differenti accordi economici che gli stati possono stipulare tra loro non ha nulla a che vedere con le alleanze politiche fra gli stessi. E’ noto che politicamente i governi latinoamericani, salvo alcune eccezioni come per esempio la Colombia e il Perú hanno raggiunto in questi ultimi anni un’integrazione politica che nulla a che vedere con gli accordi commerciali che essi stabiliscono autonomamente con altri paesi.
Ma oltre a quello che si dice o si scrive è sicuramente importante anche quello che si dovrebbe dire e scrivere e invece si omette. Perchè per esempio Omero Ciai evita di ricordare (e nel contesto dell’articolo sarebbe stato opportuno) che già da quasi un anno gli Stati Uniti hanno riattivato la loro IV flotta nelle acque dei Caraibi e dell’America del Sud? Un ritorno in grande stile dopo circa 60 anni di inattività, cioè dal 1950, quando fu disattivata dopo il secondo conflitto mondiale. Un ritorno che è seguito di poco all’attacco colombiano, coadiuvato dall’aviazione statunitense, al campo delle FARC a Sucumbíos, in Ecuador e alla crisi regionale gravissima che scaturì da quell’episodio.
Un ritorno coinciso tra l’altro anche con la decisione dell’Ecuador di non rinnovare la concessione per la base aerea di Manta, che è stato l’avamposto nella regione per l’attuazione del Plan Colombia.
Quindi una presenza di una base russa che sia in Venezuela o a Cuba, come fa intendere Omero Ciai non sarebbe già come nel 1962 “un cambiamento nello status quo, deliberatamente provocatorio e ingiustificato” come disse Kennedy allora a proposito dello schieramento dei missili sovietici sull’isola, ma piuttosto un tentativo più che legittimo di riequilibrare la presenza militare straniera nella regione.
Tanto è vero che nel mondo la notizia è passata inosservata, perfino negli Stati Uniti. Solo Omero Ciai e la Repubblica ne hanno tratto le loro del tutto personalissime conclusioni.
Penso che oggi sia anacronistico e incivile abbinare ad ogni fatto di cronaca la nazionalità di chi commette il crimine o quella di chi lo subisce. E sarebbe interessante promuovere una campagna in tal senso, almeno fra quella di sinistra . Non è la nazionalità o il paese d’origine che fa di un atto criminale contro una persona una violenza. Dovremmo ormai essere pronti ad accettare il fatto che le frontiere fra gli Stati sono soltanto una fantasia umana, e nemmeno una delle più brillanti. Ringrazio Flora per la segnalazione. (A.M)
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Roma – 7 marzo 2009 – Il numero in edicola di Gazeta Romaneasca, il settimanale dei romeni in Italia, ha una prima pagina diversa da tutti i numeri precedenti. L’apertura è dedicata al pedofilo italiano che a Napoli ha stuprato un bambino rumeno di 8 anni, sotto si parla dell’italiano ubriaco e drogato alla guida che ha ammazzato un romeno vicino a Capena, infine c’è la ladra italiana catturata da due rumeni a Trento.
“Abbiamo fatto un esperimento: sbattere in prima pagina il mostro italiano”, dice il direttore editoriale del giornale, Sorin Cehan. “Farà capire ai nostri lettori il meccanismo perverso usato da alcuni giornali italiani che genera poi la rivolta dei cittadini contro un intero popolo”.
Nell’editoriale, il direttore spiega la scelta: “Una volta, una sola volta proviamo a fare una prima pagina nello stile oramai consacrato della stampa italiana. Sono tutti fatti reali, ma estratti con la pinzetta dalla realtà. L’immagine degli italiani è filtrata dalle stesse lenti con le quali loro ci osservano tutti i giorni: la cronaca nera di quanti uccidono, stuprano e rubano”.
“Il fatto di cronaca, si impara nelle scuole di giornalismo, è chiuso in se stesso. Per questo le pagine di cronaca nera di solito alla fine dei giornali, perche il loro significato è pari quasi a zero. – scrive Cehan — Se uno stupratore romeno aggredisce un’italiana, non significa che “i romeni violentano le italiane”, cosi come l’italiano che abusa di un bambino romeno non rappresenta “gli italiani che stuprano i bambini romeni”.
“Abbiamo avuto difficoltà a trovare i nomi degli accusati e le loro fotografie, perchè la stampa italiana non ha dato loro importanza. La maggior parte dei giornali non dà i nomi degli arrestati italiani, al massimo le iniziali, e le fotografie sono una rarità. Una pratica corretta, visto la presunzione d’innocenza della quale gode chiunque, in uno stato democratico e moderno, per quanto odioso possa essere il fatto di cui è accusato.
“Con i romeni, è il contrario. Sono filmati in diretta, sbattuti in primo piano, condannati già dalla stampa. La manipolazione dell’opinione pubblica è diventata grossolana ed è dannosa. La prima pagina può essere fatta in tanti modi. Questo è il modo più sbagliato” conclude il direttore di Gazeta Romaneasca.
a cura del Circolo Bolivariano “José Carlos Mariátegui” — Napoli
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Avevamo poche speranze che dopo la nostra prima lettera aperta, datata 9 ottobre 2008 al signor Sandro Viola (“Repubblica o Monarchia?”: http://napoli.indymedia.org:8383/node/5652), quest’ultimo potesse ravvedersi dalle sciocchezze che scrive sulle colonne de La Repubblica.
Avevamo qualche speranza in più, qualche piccola speranza in più, che il direttore, o chi per lui, scegliesse di dare spazio a qualche opinione un po’ meno campata per aria, sulle questioni inerenti alla America Latina in generale e sul Venezuela bolivariano in particolare. Sfortunatamente dobbiamo prendere atto che anche questa opportunità è andata sprecata, le polemiche strumentali di Viola Sandro continuano a fare capolino bellamente dalla prima pagina del quotidiano chiamando il presidente Chávez dittatore del terzo millennio. Anzi il dubbio che ci assaliva, leggendo le pagina de La Repubblica negli ultimi anni, che le tematiche relative all’America Latina fossero più o meno influenzate in qualche maniera dal NED (National Endowment for Democracy), organismo finanziato dalla CIA e quindi dalle politiche palesemente imperialiste di Washington, ci viene ulteriormente confermato.
È evidente che La Repubblica si stia sempre più allineando alle strategie di terrorismo mediatico contro i vari governi progressisti dell’America Latina, come contro il governo rivoluzionario della Repubblica Bolivariana del Venezuela o come altri governi democraticamente eletti (nell’accezione finanche formale di democrazia occidentale): la Bolivia rappresentata politicamente dal sindacalista indigeno Evo Morales, il Nicaragua dal leader contadino Daniel Ortega o anche l’Ecuador dell’economista Rafael Correa, per citarne alcuni.
Ma tant’è; Viola Sandro è sempre quel personaggio che non nasconde di ammirare la “nobiltà” di un monarca come il borbone Juan Carlos, mai eletto da nessun popolo ma in compenso incoronato da un dittatore fascista come Francisco Franco, massacratore di popoli iberici, e che contemporaneamente spreca il suo tempo a sputare odio e veleno contro presidenti e governi che sono passati per il suffragio universale elettorale decine e decine di volte e che per la prima volta nella storia stanno agendo in favore degli interessi popolari. Negli interessi autenticamente democratici delle maggioranze.
Tutto questo mentre in Italia torna lo squadrismo legalizzato da un governo xenofobo e razzista, composto da analfabeti funzionali e di ritorno, rozzi, perversi, eticamente miseri e umanamente impresentabili.
Noi non possiamo fare altro, a questo punto, che augurarci che il calo delle vendite della carta stampata che si presta ad infamare popoli e governi degni e democratici, continui inarrestabile, nella speranza che i lavoratori della categoria si sveglino dal loro torpore e inizino a ribellarsi a questo stato di cose, prima che perdano il proprio lavoro.
funerale di un militante di Hamas
Lorenzo Cremonesi, l’inviato del Corriere della Sera a Gaza, è riuscito magistralmente a mettere d’accordo israeliani e palestinesi.
Gli è bastato aver dato i numeri sulle cifre delle vittime dell’attacco di Israele nella Striscia di Gaza.
Nel suo “reportage” scrive di non più di 500/600 vittime contro le oltre 1300 registrate da fonti diverse.
Jaber Wishah direttore del PCHR, Centro palestinese per i diritti umani ha definito l’articolo di Cremonesi “ridicolo” nel corso di una intervista telefonica con il Jerusalem Post. “E’ completamente sbagliato” ha detto Wishah, la cui organizzazione si sta facendo carico di contare i morti e i feriti palestinesi.
Anche l’esercito israeliano conferma la cifra di 1300 vittime delle quali la maggior parte sarebbero militanti di Hamas. E forse lo fa proprio per questo dal momento che fonti riservate della Difesa riservate rivelano che su una lista dettagliata di 900 persone circa 750 sarebbero combattenti appartenenti al gruppo armato.
Da giorni infatti i leader di Hamas in alcune interviste stanno rilasciando dichiarazioni secondo le quali le loro perdite non supererebbero le 40/60 unità.
sotto la foto si legge:
El nuncio Pio Laghi saluda Videla, Massera y Agosti (9/7/77)
El Nuncio Torregrossa saluda a Hitler
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Alberto Melloni, forse sostenuto dal coraggio della fede questo scrive oggi per il Corriere della Sera:
“Non si dica dunque che con Laghi se ne va il “nunzio dei generali”: se na va un pezzo pregiato di un mondo che credeva che anche per la chiesa fosse necessario capire le cose sul posto e non sui giornali. Un mondo di cui la chiesa avrà ancora bisogno.
Le vittime della dittatura argentina invece di quel “pezzo pregiato” ne avrebbero volentieri fatto a meno.
Scrive Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 4 gennaio scorso, che il silenzio del mondo arabo rispetto all’attacco prima, e all’invasione poi della Striscia di Gaza da parte di Israele, potrebbe essere spiegato secondo la logica per cui onde evitare che … (avanzi il fondamentalismo islamico, l’Iran acquisti un ruolo di egemonia in Medio Oriente, etc etc) si accetta che… (i palestinesi vengano sterminati e Gaza sia ridotta ad un cumulo di macerie).
In effetti, sebbene appaia come un agire cinico dinanzi al quale è difficile rimanere indifferenti, questo spiegherebbe anche perchè l’Egitto mantiene e ha mantenuto in passato chiuso il valico verso la Striscia da dove potrebbero passare invece cibo e medicinali per gli abitanti di Gaza ridotti allo stremo dal blocco israeliano.
Questo silenzio avrà conseguenze storiche catastrofiche, preannuncia Uri Avnery, scrittore e attivista pacifista israeliano.
Come si spiega invece il silenzio dei governi occidentali?
Angelo Panebianco, analizzando proprio questo ma anche l’esplicito consenso all’azione bellica israeliana del mondo occidentale va ben al di là delle ragioni più o meno politiche, anche se condannabili, che lo determinano.
Egli azzarda la teoria secondo la quale il consenso generale di questi giorni da parte della comunità internazionale all’attacco israeliano sarebbe dettato anche da un “diverso valore attribuito dai contendenti alla vita umana”. In pratica, poiché secondo il Panebianco, per “gli uomini di Hamas, come per Hezbollah in Libano, la vita (anche quella degli appartenenti al proprio popolo) vale talmente poco che essi non hanno alcun problema a usare i civili, compresi i bambini e donne, come scudi umani”… bene fanno gli israeliani allora a sterminarli tutti.
Questa è la conclusione logica alla quale si sovviene terminando di leggere il periodo fuoriuscito dalla mente contorta di Angelo Panebianco . Invece no. Egli non è così stolto. Ma disonesto lo è di sicuro e quindi conclude che : Israele “cerca di limitare le ingiurie alla popolazione civile, anche se naturalmente la natura del conflitto esclude che essa non sia coinvolta”.
I numeri, ovviamente a Panebianco dicono ben poco, perchè se ad oggi possiamo contare più di 700 morti palestinesi, per la maggior parte civili, donne e bambini e più di 3.000 feriti, metà dei quali destinati a morire per mancanza di medicinali (e anche di ospedali, visto che vengono bombardati anche quelli) e soltanto 6 soldati israeliani, evidentemente di guerra non si tratta. Possiamo e dobbiamo chiamarlo genocidio.
E già questo potrebbe di per sé bastare a far comprendere il pensiero di Angelo Panebianco: chi ha valori morali diversi da noi merita lo sterminio. Perchè non sterminare a questo punto tutti i tossicodipendenti invece di curarli, o gli zingari che non si piegano a vivere come noi? Invece qualche riga più in là l’editorialista del Corriere della Sera affonda completamente nella palude dei suoi ragionamenti, accusando addirittura Richard Falk, “relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi” dell’ONU, di “star usando la sua carica e le sue sponsorizzazioni per fare propaganda pro-Hamas e antiisraeliani ”.
Mi ha ricordato Uribe, il presidente colombiano quando accusa i difensori dei diritti umani in Colombia di essere membri delle Farc e poi gli spara addosso.
Così ha fatto Israele ieri, uccidendo con la complicità di tutti gli Angelo Panebianco del mondo due addetti palestinesi, due terribili terroristi di Hamas appartenenti all’ Unrwa — l’Agenzia dell’Onu che si occupa dei profughi a Gaza, mentre guidavano un convoglio che portava aiuti umanitari.
Nella giornata di venerdì si è svolta, tra le altre, la manifestazione nazionale degli studenti universitari contro la legge 133 per la riforma dell’università. Erano circa 200/300mila
Davanti al ministero della Pubblica Istruzione in solidarietà alla Gelmini hanno manifestato invece gli studenti fascisti dell’Area identitaria romana. Erano circa 40.
Il TG1 nell’edizione di venerdì sera parla di 100mila studenti dell’Onda e di 200 studenti di destra.
La notizia dei 200 studenti di destra verrà ripresa sabato soltanto dal Corriere della Sera.
Bene ha fatto Gennaro Carotenuto a denunciare la bufala dell’attentato sventato a Obama da parte di due “microcefali della supremazia bianca” di 20 e 18 anni. Ho pensato la stessa cosa, quando stamattina ho letto il giornale.
Mi sono chiesta però cosa ci fosse veramente dietro a questa bufala, perchè credo che non tutte le bufale vengono a caso.
Non possiamo sottovalutare il Quarto Potere e forse non si tratta solo del fatto che nelle redazioni nessuno pensa più con la propria testa come dice Gennaro. Probabilmente quelli che non pensano più con la propria testa non si rendono conto di essere complici inconsapevoli di un disegno più grande.
Forse scivolo nel complottismo, ma stamattina non ho potuto fare a meno di notare alcune cose:
il Manifesto in prima pagina oggi titola “L’ultima di Bush” accompagnando con una foto a colori del funerale delle vittime, la GRAVISSIMA notizia dell’attacco americano in Siria.
La notizia è ripresa anche all’interno in modo esauriente. Si tratta in effetti della prima volta che un commando americano viola la sovranità territoriale della Siria. Nell’attacco muoiono otto civili.
Il Manifesto non fa un accenno alla bufala dell’attentato neonazista a Obama.
Cerco la notizia su la Repubblica di oggi. Non c’è. Ci sono due paginoni dedicati al fallito attentato a Obama, mentre all’interno, a pagina 16 mezza paginetta per riferire della condanna della Siria al blitz americano, nel quale sembra che sia stato ucciso un leader filo Al Qaeda. La morte di altri otto civili è il prezzo che è stato pagato per questo.
L’attentato è avvenuto domenica sera, allora ricordandomi che il lunedì il Manifesto non esce , vado a controllare la Repubblica di lunedì che stava ancora immacolata in macchina.
Niente. Il blitz americano in territorio siriano non merita nemmeno un accenno in prima pagina!
Se ne parla (e male) soltanto a pagina 11. Eppure la notizia ci sarebbe, ma solo in conclusione all’articolo (di Giampaolo Cadalanu) si fa notare che “per la prima volta militari statunitensi hanno messo piede in Siria”.
P.S. Il blitz americano ricorda vagamente quello con il quale la Colombia il 1 marzo del 2007 violò i confini con l’Ecuador per bombardare il campo delle FARC uccidendo Raúl Reyes. Anche lì morirono 20 persone tra le quali i 4 studenti messicani. Anche lì l’operazione fu giustificata dalla presenza di Reyes, che quindi andava eliminato a tutti i costi (anche violando trattati internazionali e uccidendo civili innocenti) come hanno fatto gli Stati Uniti domenica pomeriggio in Siria.
Quando si dice che non è vero che gli Stati Uniti fanno scuola …
Rispetto all’attacco americano stupisce il silenzio di tutti, a partire da quello del nostro paese. Non desta preoccupazione nella comunità internazionale evidentemente l’intenzione di tenere incendiato il Medio Oriente nonostante si sia a un passo dalle elezioni negli Stati Uniti. Meglio parlare e far parlare di bufale. I giornali mainstream ancora una volta tracciano la linea da seguire. Ecco perchè il Manifesto è a rischio d’estinzione, perchè lì c’è ancora qualcuno che lavora con la propria testa.
Non lo dico perchè lo hanno ideato e creato due amici, ma QuiNews è un progetto al quale io credo molto.
Ci credo perchè conosco gli autori, Carmelo Sorbera e Italo Arcuri, e posso testimoniare quanta passione e quanto impegno stanno mettendo in questo loro sfida che, citando proprio Carmelo “ai sofismi contemporanei contrappone la realtà empirica del quotidiano dove le minoranze non sono opposizione ma ricchezza culturale. Qui News vuole essere territorialità culturale aperta.
Nell’età della globalizzazione, la nostra localizzazione globale sarà difesa del diverso e confronto con lo straniero…”
Oggi QuiNews propone questo articolo particolarmente interessante, la denuncia cioè di un finto scoop del settimanale L’Espresso: un video già in circolazione da mesi su You Tube che testimonia un incontro tra Togliatti e Stalin, fatto passare però come inedito sul numero in edicola del settimanale. Tutto da leggere.
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