Dopo Sandy solidarietà oltre gli embarghi
Soltanto adesso che l’uragano Sandy si appresta a lasciare la costa orientale degli Stati Uniti, dove ha seminato distruzione e morte, per dirigersi, ’declassato’ a semplice tormenta verso il Canada, i grandi mezzi di comunicazione mainstream sembrano ricordarsi che nel corso del suo passaggio per il Caribe, prima di toccare l’America del Nord, ha lasciato dietro di sè un numero considerevole di morti e ha provocato danni incalcolabili nelle fragili economie caraibiche.
Sui social network è stata polemica nei giorni scorsi per la diversa copertura mediatica data al passaggio dell’uragano. Se è vero che questo ha lasciato un saldo di oltre 80 morti (37 solo a New York) lungo la East Coast e circa 20 miliardi di dollari di danni, è altrettanto vero che ha provocato nei Caraibi oltre 60 morti, un numero non ben precisato di dispersi e danni incalcolabili, che, come scrive Carla Reschia su ’La Stampa’ oggi, “nessun bilancio statale ripagherà”.
Ma tant’è, il ’mondo di sotto’ non fa notizia e le polemiche si ripetono, come ogni anno ad ogni temporada ciclonica (stagione dei cicloni), che da queste parti inizia a giugno e finisce a novembre. Accadde la stessa cosa l’anno scorso al passaggio dell’uragano Irene, che solo in Repubblica Dominicana provocò 3 morti, un disperso, circa trentamila senzatetto e piú di 80 comunità isolate.
I danni di Sandy in America del Nord quest’anno sono stati sicuramente maggiori di quelli provocati da Irene l’anno passato e agli statunitensi va ovviamente tutta la nostra solidarietà. Tuttavia è importante riportare l’attenzione sulla tragedia che puntualmente si ripete nei Caraibi ogni anno in questo stesso periodo, ma anche sulla capacità di risposta collettiva che hanno le nazioni del Sud del grande continente americano. (altro…)
El informe “Doing Business 2013″ penaliza la integración latinoamericana
Por Annalisa Melandri – L’Indro (www.lindro.it)
Según el reciente informe Doing Business 2013, dado a conocer hace algunas semanas por el Banco Mundial (BM) y por una de sus agencias, la Corporación Financiera Internacional (IFC, por sus siglas en inglés), no son pocos los países latinoamericanos y del área del Caribe que se posicionan entre las economías mundiales donde es mas difícil y arriesgado realizar negocios.
El informe analiza una lista de 185 países en donde Honduras se posiciona al lugar 125, seguido por Brasil (130) Ecuador (139), Bolivia (155) Suriname (164) Haití (174) y Venezuela casi ultimo al puesto 180.
Honduras es precedido por Argentina (124), Nicaragua (119), Republica Dominicana (116), El Salvador (113), Costa Rica (110) y Guatemala (93).
Entre los países de América latina y central que son considerados positivamente por los inversionistas extranjeros y donde es más fácil “crear empresa”, según el informe, se encuentran sin duda Colombia al puesto 45 y Perú al puesto 43, uno por encima de España.
El rol de líder en la región desde hace algunos años le pertenece seguramente a Chile que encontramos a la posición 37 de 185.
¿Pero sobre cuáles parámetros se funda el informe? “Doing Business” quiere dar un cuadro total de la calidad del business (altro…)
Il Doing Business boccia l’integrazione latinoamericana
Secondo il recente rapporto Doing Business 2013, diffuso qualche settimana fa dal Banco Mondiale (BM) e dalla Società Finanziaria Internazionale (IFC) che ne fa parte, non sono pochi i paesi latinoamericani e dell’area caraibica che si posizionano tra le economie mondiali dove è più difficile e rischioso realizzare affari.
Il rapporto analizza una lista di 185 paesi nella quale l’Honduras si trova al 125° posto, seguito dal Brasile (130°), Ecuador (139°), Bolivia (155°), Suriname (164°), Haiti (174°) eVenezuela quasi ultimo, al 180° posto.
L’Honduras è appena preceduto dall’Argentina (124°), dal Nicaragua (119°), dalla Repubblica Dominicana (116°), da El Salvador (113°), dal Costa Rica (110°), dal Guatemala (93°).
Tra i paesi dell’America latina e centrale che vengono invece considerati positivamente dagli investitori stranieri e dove è più facile ’fare impresa’ possiamo citare senza dubbio laColombia, al 45° posto, e il Perú al 43°, addirittura uno sopra la Spagna. Il ruolo di leader della regione, da qualche anno a questa parte, invece spetta ormai al Cile, che si trova al 37° posto. (altro…)
Panama: rivolta a Colón
Tre morti, tra i quali un bambino di nove anni, 30 feriti e almeno un centinaio di detenuti, questo il drammatico saldo degli scontri a Panama tra polizia e cittadini, iniziati in seguito alla dura repressione da parte delle forze dell’ordine a Colón, porto situato sulla costa Atlantica del canale di Panama, a circa 80 chilometri dalla capitale.
Il governo, il 19 ottobre scorso, aveva autorizzato la vendita di alcuni terreni dello Stato, situati all’interno della Zona Libera di Colón (ZLC ), la zona franca più grande dell’America latina e la seconda del mondo, in compimento di un progetto di legge, il 529, recentemente firmato dal presidente della Repubblica, Ricardo Martinelli e diventato la Legge n. 72 del 19 ottobre del 2012. Questa va a sostituire il Decreto Legge n. 18 con il quale il 17 giugno del 1948, si creava la Zona Libera di Colón.
La firma della legge ha scatenato immediate e violente reazioni da parte della popolazione che condanna la svendita di un patrimonio pubblico di immenso valore in una zona di importanza strategica nazionale come quella del Canale di Panama, con lo scopo di favorire interessi privati nazionali e stranieri strettamente vincolati al potere politico.
Si parla di 240 ettari di terra, almeno la metà affittati a circa 2mila imprese, dalle quali il governo panamense riceve annualmente per gli affitti circa 33 milioni di dollari. La protesta, iniziata lo stesso giorno della firma della legge, è continuata a oltranza nei giorni seguenti, è stata duramente repressa dalla polizia, che ha fatto un uso sproporzionato della forza, e si è trasformata in sciopero generale di 48 ore a principio di questa settimana fino a quando le autorità hanno effettuato un tentativo di dialogo con la cittadinanza questo martedì, miseramente fallito.
Il ministro della Presidenza, Roberto Henríquez, si è recato infatti a Colón con una delegazione ufficiale e ha cercato di spiegare alla cittadinanza e a tutte le forze sociali e politiche che si oppongono alla firma della legge, i benefici che deriveranno alla comunità diColón dalla vendita delle terre demaniali, invitando “alla tranquillità affinchè cessino i fatti violenti registrati recentemente”.
I proprietari delle imprese della zona franca avrebbero la possibilità di comprare i terreni dove stanno lavorando e ampliare così le loro attività, ha spiegato Roberto Henríquez. Il governo di Ricardo Martinelli ha investito a Colón circa 600 milioni di dollari fin dall’inizio del mandato nel 2009 e spera di concluderlo tra due anni con investimenti pari a un miliardo di dollari. Secondo il governo con la promulgazione della Legge 72 si raccoglieranno i fondi necessari per risolvere i gravi problemi strutturali di questa provincia e cioè 2 miliardi di dollari nei prossimi due anni.
Martedì, a sorpresa, Martinelli, dal Giappone, dove si trova in viaggio ufficiale, ha fatto sapere via twitter che “se il popolo non vuole che si vendano le terre della Zona Libera di Colón, verrà derogata la loro vendita”, come misura alternativa verranno aumentati gli affitti del 100% e il denaro incassato, amministrato dalle autorità locali, sarà impiegato per progetti sociali e strutturali della provincia. In realtà l’applicazione della legge è solo sospesa fino a quando non verranno conclusi i dialoghi con le parti sociali. (altro…)
Cile, indulto per i detenuti stranieri
I primi a uscire dal carcere e a varcare i confini del paese nel quale erano detenuti, il Cile, per ritornare in patria in regime di libertà vigilata, sono stati 122 cittadini peruviani. Lo scorso mese di agosto, alla presenza delle autorità cilene rappresentate dal ministro dell’Interno, Rodrigo Hinzpeter, dal ministro della Giustizia, Teodoro Ribera e dal Direttore Nazionale della Gendarmeria, Luis Masferrer, hanno attraversato la frontiera con il Perú, beneficiando della Legge di Indulto Generale n. 20.588, che era stata approvata all’unanimità dal Congresso, qualche mese prima.
Questa legge rientra nell’ambito della nuova politica penitenziaria, voluta dal governo dell’attuale presidente cileno Sebastián Piñera, di destra, che ha lo scopo di migliorare le condizioni di detenzione nelle carceri del paese e di ridurre l’alto tasso di sovraffollamentodegli stessi, una problematica ormai comune anche a molti paesi europei, l’Italia in testa. (altro…)
Colombia: parte il processo di pace
Sono iniziate mercoledì in Norvegia, in una località nei pressi di Oslo, a porte chiuse, le conversazioni preliminari ai veri e propri dialoghi di pace che si svolgeranno nei mesi seguenti a Cuba tra il governo colombiano e la guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo (FARC-EP).
Le due delegazioni sono arrivate in mattinata con due voli separati; i rappresentanti della guerriglia provenienti da L’Avana, mentre la delegazione del governo con un aereo delle Forze Armate Colombiane proveniente da Bogotá.
Giovedì mattina, nell’hotel Hurdal, a circa un’ora a nord da Oslo, hanno dato una conferenza stampa congiunta, incontrando giornalisti di tutto il mondo sottoposti a rigidissimi controlli di sicurezza. E’ stato questo l’unico momento pubblico, con il quale viene dato avvio formale ai dialoghi di pace che proseguiranno a L’Avana il 15 novembre prossimo, secondo l’agenda fissata alcuni mesi fa. A differenza dei tentativi di dialogo intrapresi in varie occasioni nel passato, falliti miseramente, questi saranno caratterizzati dal più assoluto riserbo e discrezione. Alcuni analisti concordano sul fatto che l’aver letto un comunicato congiunto rappresenta un segnale positivo di distensione, dal momento che inizialmente si era parlato di due conferenze stampa distinte.
“Siamo arrivati fino a questo 60° parallelo, fino alla città di Oslo dal lontano tropico, dalMacondo dell’ingiustizia, dal terzo paese più disuguale del mondo con un sogno collettivo di pace, con un ramo di ulivo nelle nostre mani” ha dichiarato Ivan Márquez, il capo della delegazione delle FARC ed ha parlato di “pace con giustizia sociale” e di dialogo, dove il popolo avrà il ruolo di “protagonista principale”. (altro…)
Sandy: notizie dal mondo di sotto…
(REPUBBLICA DOMINICANA) L’uragano Sandy nel suo passaggio per il Caribe ha investito Haiti (e figuriamoci se la scansava…), Cuba, ha sfiorato la parte sud della Repubblica Dominicana, ha colpito le Bahamas e la Giamaica.
Ha lasciato un saldo di circa 65 morti, dei quali 51 solo nella vicina Haiti e 11 a Cuba.
Cercando “Sandy” nei motori di ricerca non troverete nessuna o quasi notizia rispetto ai morti di Haiti, nessuna su quelli cubani, assolutamente niente sugli immensi danni in tutto il Caribe. Solo nella Repubblica Dominicana gli sfollati sono stati oltre 30mila, le comunità isolate oltre 140, i morti 4 o 5, numerosi i feriti.
Qui una galleria fotografica della devastazione in Repubblica Dominicana, dove una casa spesso è soltanto una baracca di legno e lamiera dove la pioggia entra da tutte le parti. Un albero caduto per poco non ammazza la piccola Lairy Ramírez, di nove anni che stava seduta in casa. Qui le immagini.
La pioggia e l’acqua portano via tutto, ma veramente tutto, di quel poco che era la vita di una famiglia povera.
Adesso, tuttavia, la preoccupazione globale è che Sandy si sta avvicinando alle coste dell’impero, gli occhi sono rivolti su New York e le sale stampa delle agenzie sono in mobilitazione, anche se a Manhattan non ci sono baracche che anche solo un alito di vento butta giù, figuriamoci venti di 140 kmh, e se cade un albero al massimo può distruggere qualche auto in sosta.
Gli Stati Uniti, (e l’ 11 settembre in questo c’entra poco o nulla) hanno saputo messianicamente e mediaticamente erigersi a popolo meritevole di compassione globale. Amen.
La storia si ripete uguale, ogni anno, ad ogni stagione ciclonica…
Il popolo di sotto, intanto torna alle sue miserie quotidiane.
Migranti scomparsi: le madri arrivano in Messico
di Annalisa Melandri — per L’Indro*- 17 ottobre 2012
Sono circa 40 e provengono da tutto il Centro America. Sono le madri e le mogli dei migranti scomparsi durante i ’viaggi della speranza’ che compiono dai loro paesi verso gli Stati Uniti, attraversando l’immenso territorio messicano. Uomini, giovani e meno giovani, ma anche donne e bambine, che dall’Honduras, Nicaragua, El Salvador e Guatemala, rincorrendo il ’sogno americano’ cercano di raggiungere la frontiera statunitense e che il Messico invece inghiottisce nelle sue spirali di violenza, criminalità e, spesso morte, senza dare più nessuna notizia di loro.
Queste donne, ripercorrendo lo stesso percorso dei loro figli, mariti e compagni, tappa dopo tappa, seguendo segnali, indicazioni, messaggi ricevuti negli sporadici contatti telefonici avuti nel corso del viaggio, cercano di seguirne le tracce fino al punto dove ogni contatto svanisce definitivamente nel nulla.
La Carovana ’Liberando la Speranza’ con lo slogan “todos los dolores, todas las luchas,toda la rabia, toda la esperanza” (tutti i dolori, tutte le lotte, tutta la rabbia, tutta la speranza) ha lo scopo di percorrere il paese fino al confine con gli Stati Uniti per cercare qualche indizio che ricongiunga queste donne ai loro cari, in qualche caso per aiutarle ad elaborare il lutto per la notizia di una morte, ma anche per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle autorità nazionali su questo terribile fenomeno.
Ruben Figueroa, coordinatore del Movimento Migrante Mesoamericano, raggiunto telefonicamente in queste ore in Messico, a El Ceibo, nello stato di Tabasco, racconta di quanto sia carico di speranza il viaggio che queste madri stanno compiendo dai loro paesi di origine.
“Proprio lunedì”, spiega, “all’entrata in territorio messicano della Carovana, una di queste donne ha potuto riabbracciare il figlio che non vedeva da nove anni. Servelio MateoCampos”, racconta Rubén, “aveva solo 17 anni quando lasciò la sua comunità a La Lempira, inHonduras 9 anni fa”. Raggiunto il Messico, era salito sul tristemente noto ’treno della morte’ o ’la bestia’, il convoglio merci che dalla frontiera sud con il Guatemala percorre tutto il paese fino al confine al nord con gli Stati Uniti e al quale si aggrappano ogni anno migliaia di migranti irregolari che cercano di arrivare alla frontiera.
Molti muoiono cadendo durante il viaggio o per fame e disidratazione, altri cercando di salire sul treno in corsa riportano amputazioni e gravi lesioni. Molti, soprattutto le donne subiscono violenze e abusi, altri ancora devono dare del denaro alla polizia per non essere arrestati, quando sfuggono a tutto ciò rischiano di finire nelle mani dei narcos.
Servelio, dopo essere caduto, si è smarrito e non è più riuscito a riunirsi al suo gruppo, ha perso con il tempo i contatti con la sua famiglia che manteneva soltanto attraverso una radio comunitaria e in questi 9 anni ha cercato di sopravvivere facendo i lavori più umili. Oggi fa il contadino, ha una moglie e dei figli. Può dirsi fortunato, tutto sommato.
E’ riuscito quindi a contattare il Movimento Migrante Mesoamericano; Ruben ha rintracciato sua madre a La Lempira, in Honduras e proprio ieri, in territorio messicano, i due si sono riabbracciati. (altro…)
La Colombia verso la legalizzazione dell’eutanasia
Il progetto di legge che prevede la regolamentazione dell’eutanasia e il suicidio assistito e che porta il titolo di ’Termine della vita in maniera dignitosa e assistenza al suicidio’, ha ottenuto martedì scorso l’approvazione alla Prima Commissione del Senato colombiano, con 10 voti a favore e 4 contrari.
Proposto su iniziativa del senatore Armando Benedetti, in realtà il progetto di legge vuole solo riempire un vuoto legislativo derivato da una sentenza del 1997 della Corte Costituzionale (la n. 239), la quale — rispondendo a una denuncia di incostituzionalitàdell’articolo 326 del decreto 100 del Codice Penale (che stabilisce una condanna da sei mesi a tre anni di carcere per colui che ’uccide un altro per pietà’) — ne confermava la legittimità ma ne ampliava il significato, liberando da qualsiasi responsabilità penale il medico autore dell’ ’omicidio per pietà’ (come era definito dall’articolo stesso), ove fosse presente la ’volontà libera del soggetto passivo dell’atto’.
La sentenza inoltre esortava il Congresso a intraprendere nel più breve tempo possibile e - “conformemente ai principi costituzionali e alle elementari considerazioni di umanità” -regolamentare il tema della morte dignitosa.
Sulla base di questa sentenza, quindi, dal 1997 a oggi l’eutanasia, ove presente la volontà del paziente, era ampiamente applicata in Colombia senza che i medici corressero il rischio di essere condannati per ’omicidio per pietà’, che nel codice penale colombiano viene tipificato e punito diversamente dall’omicido comune. Questo ha fatto della Colombia il primo paese dell’America latina ad aprire alla legislazione all’eutanasia.
La Corte Costituzionale aveva giustificato la sua sentenza del 1997 con queste parole: “Il diritto alla vita non può ridursi a mera sussistenza, ma implica il vivere adeguatamente in condizioni di dignità”.
Il progetto di legge passato al Senato martedì in Colombia prevede che sia necessario per il suicidio assistito il consenso del paziente, che deve essere maggiorenne, affetto da malattia in fase terminale per la quale non sia possibile una cura e che provochi nel medesimo dolori insopportabili. In caso il paziente si trovi in coma, l’eutanasia non può essere pertanto applicata. (altro…)
Hugo Chávez: la vittoria perfetta
Rieletto con il 55% dei voti il Presidente bolivariano, che si conferma alla guida del Paese dopo 14 anni. Le ragioni del successo
Il popolo venezuelano ha scelto, ancora una volta, alla guida del proprio paese il presidente Hugo Chávez Frías. Si è trasformata in festa nazionale la giornata di domenica in Venezuela. Più che per decidere il futuro presidente, l’appuntamento era per scegliere se continuare a percorrere la strada di una trasformazione sociale, politica, economica e culturale iniziata ben quattordici anni fa o il ritorno alle politiche e al modello neo neoliberista, il cui fallimento, a livello mondiale, è ormai sotto gli occhi di tutti.
Alle dieci di sera in punto, straordinariamente in orario con quanto promesso, TibisayLucena, presidente del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha dato lettura del primo (ed unico, vista la quasi totalità dei voti scrutinati a quell’ora) bollettino elettorale. (altro…)