L’ isteria statunitense per la visita di Ahmadinejad in America latina è di matrice sionista?
Fareed Zakaria, prestigioso giornalista, redattore di Newsweek International , nel 2008 scriveva che gli Stati Uniti sono una “nazione consumata dall’ansia, dalla paura dei terroristi, degli Stati canaglia, dei musulmani, dei messicani, dalle imprese straniere, del libero scambio, degli immigranti, delle organizzazioni internazionali”.
Le molte preoccupazioni (e altrettanti isterismi) che sta scatenando la visita del presidente iraniano Ahmadinejad di questi giorni in America latina (Venezuela, Cuba, Ecuador e Nicaragua) per la stipula di nuovi accordi economici e commerciali e per il consolidamento di nuove relazioni bilaterali, fanno pensare che sia tremendamente vero quello che scrive il giornalista indiano.
Tuttavia, analizzando le reazioni, le mosse e le contromosse che gli Stati Uniti stanno mettendo in atto come reazione alla visita del presidente iraniano in zona ALBA, quello che invece risalta maggiormente è che la matrice di tale isteria si origina nei settori dell’estrema destra venezuelana e cubana che agiscono in sinergia o su mandato di elementi della potente lobby sionista statunitense. (altro…)
L’ALBA fa sentire la sua voce anche nel santuario del commercio internazionale
Si e’ tenuta recentemente l’VIII Conferenza Ministeriale dell’ OMC (WTO per la sua sigla in inglese), l’ Organizzazione Mondiale del Commercio. I paesi dell’ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America), il 15 dicembre, appena 48 ore prima della chiusura dei lavori della conferenza hanno diffuso un documento che rappresenta un “approccio senza precedenti” in sede OMC e che farà senza dubbio discutere, dal titolo: “Comunicazione dello Stato Plurinazionale della Bolivia, della Repubblica di Cuba, della Repubblica dell’ Ecuador, della Repubblica del Nicaragua e della Repubblica Bolivariana del Venezuela”.
Umberto Mazzei, direttore dell’Istituto di Scienze Economiche di Ginevra, riporta per Rebelión parte del testo della comunicazione: (altro…)
Sonia Pierre: la sua vita, la sua lotta.
di Annalisa Melandri
E’ morta il 4 dicembre scorso, all’età di 48 anni, per complicazioni cardiache, l’attivista dominicana di origini haitiane Sonia Pierre. Sebbene in un primo momento si fosse diffusa la notizia che la causa della morte era imputabile a un infarto fulminante, soltanto alcuni giorni dopo il decesso l’esito della autopsia alla quale era stata sottoposta, ha confermato che Sonia è deceduta per una trombosi scatenata da un coagulo alle valvole cardiache che portava dopo un intervento urgente effettuato negli Stati Uniti. Sembra che non avesse presso l’anticoagulante, la cui assunzione è fondamentale nelle patologie come quelle di cui soffriva Sonia, da oltre 48 ore. La militante ed attivista dominico-haitiana lascia quattro figli.
Originaria del batey (comunità rurale dove risiedono i tagliatori di canna da zucchero) “La lechería” nel municipio di La Altagracia, aveva trascorso tutta la vita nella difesa del diritto all’identità degli haitiani di seconda generazione nati in Repubblica Dominicana.
I suoi genitori erano giunti in Repubblica Dominicana dalla vicina Haiti, circa 50 anni fa, nell’ambito degli accordi stipulati tra il dittatore Trujillo e il governo haitiano per l’ingresso nel paese di manodopera da utilizzare nelle piantagioni di canna da zucchero. Il padre di Sonia muore lo stesso giorno nel quale lei viene al mondo, malato e vittima di una febbre altissima mentre si sta recando in ospedale e vedere la figlia appena nata. La madre resta sola al mondo con dieci figli e deve affrontare miseria e umiliazioni per poterli crescere. Sonia la aiuta fin da piccola come può anche con i lavori più umili ma già giovane adolescente inizia a sentire brucianti sulla sua pelle le ferite per le ingiustizie e le umiliazioni inferte da un sistema che se da un lato era profondamente razzista ed escludente, dall’altro si beneficiava altamente dell’ ingresso, anche illegale nel paese di braccia a basso costo e senza diritti proveniente dalla vicina Haiti per le esigenze del settore legato alla produzione e commercio dello zucchero. (altro…)
Víctor Polay Campos libero adesso!
Oggi 10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani, molte persone, avvenimenti, tragedie umane e sociali dovrebbero essere ricordate.
La Colombia martoriata da decenni di politiche sociali, economiche e militari escludenti e assassine, l’Honduras dove i crimini che continuano a commettersi impunemente non riescono ad uscire dal silenzio al quale gli organismi internazionali li condannano giorno dopo giorno, il Messico che sta continuando la sua folle corsa verso l’abisso, le rivendicazioni per una educazione pubblica, degna e di qualità che da Nord a Sud si rincorrono per tutta l’ America latina, gli emarginati, gli esclusi, i poveri di tutto il mondo, per quelli che lo saranno prossimamente anche in in occidente e nel nord del mondo dove la crisi e le misure adottate dai governi impongono ai cittadini politiche di lacrime e sangue…
Voglio tuttavia ricordare, come simbolo e immagine di questo 10 dicembre il militante dell’ MRTA (Movimiento Revolucionario Tùpac Amaru) Víctor Polay Campos rinchiuso nella base militare del Callao in Perú da oltre 20 anni, che con l’amica Marinella Correggia abbiamo intervistato per il manifesto qualche tempo fa tramite uno dei suoi avvocati.
Femminicidio e violenza di genere in Repubblica Dominicana: emergenza nazionale
Nella Repubblica Dominicana, i numeri della violenza contro le donne fanno venire i brividi. Sono già 211 i femminicidi commessi dall’inizio dell’anno. L’ultimo proprio oggi, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. Una giovane di appena 16 anni è stata uccisa a coltellate dal suo convivente ad Haina, non lontano dalla capitale Santo Domingo, proprio mentre vari settori e associazioni della società civile stavano marciando verso il Palazzo Nazionale chiedendo al governo di dichiarare lo stato di “emergenza nazionale” per l’elevato numero di femminicidi che si stanno registrando nel paese. Parliamo del fenomeno con la D.ssa Lourdes Contreras, coordinatrice del Centro di Studi di Genere dell’università INTEC, Istituto Tecnologico di Santo Domingo.
Di Annalisa Melandri/Héctor de la Rosa
Santo Domingo, 25 novembre 2011
D.ssa Contreras ci potrebbe fornire alcuni dati sulla violenza contro le donne nel paese, anche rispetto all’ America latina e centrale?
La Repubblica Dominicana è stata classificata come uno dei paesi con i più alti indici di violenze contro contro le donne, anche in relazione alla quantità di popolazione. Ci troviamo al primo o secondo posto insieme al Messico e al Guatemala. Dall’ inizio dell’ anno ad oggi sono state 210 le donne uccise dai loro compagni, ex compagni e uomini con i quali hanno avuto alcun legame intimo. (altro…)
Feminicidios y violencia de género en la República Dominicana: emergencia nacional
En la República Dominicana los números de la violencia contra las mujeres son escalofriantes. Son ya 211 los feminicidios cometidos desde el principio del año hasta la fecha. El ultimo, hoy mismo, Día Internacional de la No Violencia Contra la Mujer. Una joven de de 16 años asesinada a puñaladas en Haina mientras sectores y asociaciones de la sociedad civil marchaban hacia el Palacio Nacional pidiendo al gobierno que declare la “emergencia nacional” por los altos índices de violencia contra las mujeres que está enfrentando la sociedad. Hablamos del fenómeno con la Licda. Lourdes Contreras, coordinadora del Centro de Estudios de Genero del Instituto Tecnológico de Santo Domingo (INTEC).
Por Annalisa Melandri/Héctor de la Rosa
Santo Domingo, 25 noviembre de 2011
Licda. Contreras, ¿podría facilitarnos algunos datos sobre la violencia contra las mujeres en el país, relacionados también respecto a América latina y Caribe?
La República Dominicana ha sido catalogada como uno de los países donde la violencia contra las mujeres tiene mayor peso, incluso proporcionalmente hablando en relación a la cantidad de la población estamos en el primer y segundo lugar. Ahí nos disputamos con México y con Guatemala que también tiene altos índices de violencia de género y de feminicidios. La situación actual es que en el año 2011 van al dia de hoy unas 210 mujeres asesinadas en mano de su pareja, ex pareja o hombre con el cual ha tenido algún vinculo intimo. Esta cifra es alarmante porqué el año aún no ha terminado y normalmente noviembre y diciembre son meses de altos niveles de feminicidios. Frente a otros aspectos de la violencia de género, también estamos en una posición alta respecto a otros países y si los comparamos con países europeos es extraordinaria la distancia. (altro…)
República Dominicana: Amnistía Internacional denuncia que la policía viola los derechos humanos.
República Dominicana: Amnistía Internacional denuncia que la policía viola los derechos humanos. (Amnistia International denuncia abusos policiales en Republica Dominicana version PDF)
Por Annalisa Melandri*
“Con la cacha de la pistola el teniente me dio un golpe en la cabeza y me desmayé. Luego, me tiró varias veces encima del mofle caliente de su motor. Esto me lo contó un amigo que estaba ahí, yo no recuerdo nada. El día siguiente me desperté en el cuartel, esposado, con la sangre que me corría de la nariz y del oído y con el cuerpo lleno de quemaduras”. Eso es lo que contó Eduardo Hernández Portoreal, de 33 años, a la delegación de Amnistía Internacional que en estos días se encontraba en República Dominicana presentando el informe sobre las violaciones de los derechos humanos cometidas por la Policía Nacional.
El informe (descarga aquí) de 77 páginas, es muy claro empezando por el título “Cállate si no quieres que te matemos” : en República Dominicana la Policía Nacional maltrata, tortura, mata a sangre fría y en al menos dos casos ha sido responsable de la desaparición forzada de personas, considerada crimen contra la humanidad. Estas conclusiones son el resultado de tres visitas que la ONG internacional ha realizado en el país entre 2009 y 2011, analizando violaciones de derechos humanos cometidas entre 2005 y 2011. (altro…)
Repubblica Dominicana: Amnesty International denuncia gravi violazioni dei diritti umani da parte della polizia.
Repubblica Dominicana: Amnesty International denuncia gravi violazioni dei diritti umani da parte della polizia.
di Annalisa Melandri* — www.annalisamelandri.it
3 novembre 2011
“Con il calcio della pistola il tenente mi ha dato un colpo alla tempia e sono svenuto. Mi ha lasciato cadere ripetutamente sulla marmitta bollente della sua moto. Questo me lo ha raccontato un amico che era presente perché io avevo perso i sensi e non me ne rendevo conto. Il giorno dopo quando mi sono svegliato ero ammanettato in caserma con il corpo ricoperto di bruciature e il sangue che mi colava dall’orecchio e dal naso.” E’ quanto ha raccontato Eduardo Hernandez Portoreal, 33 anni, alla delegazione di Amnesty International che nei giorni scorsi si trovava in Repubblica Dominicana per la presentazione del rapporto sulle violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell’ ordine nel paese.
Il rapporto (scarica qui) di 77 pagine è chiarissimo fin dal titolo “ Callate si no quieres que te matemos” (Stai zitto se non vuoi che ti ammazziamo)” : in Repubblica Dominicana la Polizia Nazionale commette abusi di varia natura, tortura e uccide a sangue freddo e in almeno due casi si è resa responsabile di sparizione forzata di persone, un crimine contro l’umanità. Queste conclusioni sono il frutto delle tre visite che la ONG ha compiuto tra il 2009 e il 2011 analizzando violazioni dei diritti umani commesse tra il 2005 e il 2011. (altro…)
La morte di Gheddafi e gli studenti italiani
Pubblico volentieri la lettera di Alessandro Marescotti, redattore di PeaceLink, a Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace. Alessandro e’ anche docente di Lettere di un Istituto Tecnico Industriale di Taranto. Vorrei che le scuole italiane fossero piene di insegnanti come lui. Grazie Alessandro, la tua lettera mi ha commossa profondamente. Vorrei che i miei figli un giorno incontrassero maestri e docenti come te, di quelli che lasciano il segno. Io ho avuto questa fortuna, in Italia ma anche in un paesino sperduto della Colombia, dove ho capito perché in quel paese fare il maestro può anche essere un mestiere pericoloso.(AM)
Oggi i miei studenti hanno detto cose terribili
Quale uscita dalla crisi? La “crisi” da un altro punto di vista.
QUALE USCITA DALLA “CRISI”?
di Salvatore Ricciardi* - ottobre 2011
Partiamo dagli slogan. Se è vero che gli slogan nella loro sintesi rappresentano il sentore, la consapevolezza e il percorso politico di un movimento.
“la crisi non l’abbiamo provocata noi”… “la crisi non la paghiamo”…
Mentre la seconda affermazione ha un senso ed esprime una volontà di lotta, la prima è profondamente sbagliata.
“La crisi non l’abbiamo provocata noi”:
*ha un significato “difensivo”, “lamentoso” ed anche “giustizialista”, quasi a voler utilizzare la logica del codice penale (non l’ho commesso io, non ho colpa, non vado punito per qualcosa che non ho fatto…)
*ma soprattutto è un’affermazione non vera! Questa crisi capitalistica è si il portato di contraddizioni interne al modello di accumulazione capitalistica messo però in crisi da un’offensiva della classe operaia nei decenni Sessanta e Settanta. Quindi l’abbiamo provocata noi! E ne siamo orgogliosi!!!
Se per noi intendiamo la classe operaia, il proletariato (ma anche la “piccolissima borghesia” che possiamo definire “proletarizzata”, per intenderci: il piccolo commercio e artigianato, le piccole cooperative, le partite Iva, ecc…).
“Acuire la crisi” è un “compito storico” della classe lavoratrice, è il suo “dovere” fondamentale. La crisi capitalistica non è necessariamente un problema, può essere parte della soluzione, dal versante proletario. Può essere l’inizio della soluzione dei problemi dello sfruttamento e dell’oppressione; se però la classe lavoratrice inasprisce la crisi e non aiuta certo a risolverla; altrimenti diventa “collaborazionista” con il capitale.
La classe lavoratrice deve impedire che si “superi” la crisi, che si “esca” dalla crisi con una “ripresa economica” (che vuol dire “ripresa dei profitti del capitale”, instaurazione di un nuovo modello di sfruttamento che sottometterà e disciplinerà per un altro lungo ciclo la classe lavoratrice). La classe deve impedire che si stabilizzi il meccanismo di accumulazione imposto dal capitale in ogni sua fase di sviluppo.