Da tempo i movimenti sociali ed ampi settori della società civile della Repubblica Dominicana si stanno mobilitando chiedendo le dimissioni del capo della Polizia, generale Rafael Guillermo Guzmán Fermín. Associazioni per la difesa dei Diritti Umani del paese rendono noto che nei tre anni trascorsi dall′ inizio del suo incarico, membri della Polizia Nazionale hanno ucciso già 1750 persone in presunti “scontri a fuoco”. A Santo Domingo, lo scorso 23 luglio, è stato impedito lo svolgersi di una manifestazione pacifica organizzata dal Comitato contro gli Abusi della Polizia, formato per la maggior parte da studenti, e la mobilitazione è stata repressa duramente a manganellate e pestaggi da parte della Polizia. Alcuni giovani sono stati feriti e il politico e dirigente del Movimento Caamañista Narciso Isa Conde, di 67 anni, che stava solidarizzando con loro, ha ricevuto da un tenente un calcio alle spalle che gli ha fratturato 4 costole. Ci racconta quanto accaduto.
A.M. — Narciso, tu hai ricevuto da un poliziotto un calcio che ti ha provocato la frattura di 4 costole oltre a una neurite intercostale mentre partecipavi insieme ad alcuni giovani a una manifestazione pacifica organizzata il 23 luglio a Santo Domingo, proprio contro gli abusi commessi dalla Polizia Nazionale nel tuo paese. Puoi raccontarci come ti senti e come si sono svolti i fatti?
N.I.C. – Le costole rotte sono tre e non quattro, ma il danno è quasi uguale e anche l’accaduto.
Un fatto veramente brutale sia per il metodo che per la vigliaccheria con cui è stato dato il colpo che mi sta provocando un dolore acuto e a volte insopportabile e prolungato guaribile in almeno 40 giorni.
I manifestanti erano assediati nella piazza per impedirgli una passeggiata di 200 metri (dalla piazza della Cultura al palazzo della Polizia Nazionale) nel centro della nostra capitale.
Poi la decisione di impedire una specie di presidio di fronte al Teatro Nazionale situato nella piazza della Cultura con manganellate disoneste; e il calcio ricevuto dall′ agente karateca che mi ha fratturato le costole mentre eravamo seduti pacificamente sulla scalinata del teatro per non farci sgomberare.
L´ordine di colpire è venuto dal colonnello capo della squadra, già conosciuto per le sue costanti infamità, Eusebio Castillo.
Il bilancio: 7 persone picchiate brutalmente e una decina ferite in modo leggero.
A.M. – Credi che l´aggressione sia da mettere in relazione con la constante e quotidiana attività di denuncia che porti avanti nel tuo programma Tiro al Blanco rispetto alla corruzione generalizzata del paese e alle connessioni tra gli alti vertici delle autorità dominicane con il narcotraffico e il crimine organizzato?
N.I.C. – Ovviamente, e specialmente è da mettere in relazione con i miei attacchi diretti contro l’assassino corrotto che dirige la Polizia Nazionale, generale Guillermo Guzmán, Fermín, contro i vertici di questo corpo, convertito nella principale organizzazione criminale del paese e contro lo stesso presidente Leonel Fernández, coordinatore, protettore e beneficiario del processo di degradazione delle istituzioni e della conversione dello Stato dominicano in uno Stato narco-criminale.
A.M. – Ci sono responsabilità dirette del Presidente della Repubblica in questa situazione?
N.I.C. – Senza dubbio. Egli è il protettore di questo personaggio diventato uno dei “suoi” generali, il quale si presta ad appoggiare la sua rielezione e anche a dispiegare la repressione e lo stato di polizia davanti alla crisi totale che sta affettando la nostra società.
Alla fine delle elezioni del Congresso e di quelle municipali, il presidente Fernández ha lanciato (indirettamente) la sua campagna rielezionista nonostante l’ostacolo della Costituzione. Questo proposito non si può ottenere senza ricorrere a imbrogli, a corruzioni e a livelli più alti di autoritarismo e repressione, a volte anche con spargimento di sangue.
A.M. — La protesta organizzata dal Comitato contro gli Abusi della Polizia si è svolta in modo pacifico. Sembra assurdo che nello stesso momento in cui chiede più rispetto per i diritti umani da parte delle autorità, la società civile venga aggredita dalla stessa Polizia a manganellate e calci. Cosa sta succedendo nel paese con questa istituzione?
N.I.C. – Qualcosa già ti avevo già raccontato rispetto a questa istituzione che in quest’ occasione ha riconfermato il suo dispotismo , la sua essenza repressiva e la sua “colombianizzazione” nel contesto dello spiegamento della dottrina di “sicurezza democratica” consigliata da ufficiali colombiani, dall’ FBI e dal tenebroso MOSSAD.
Questo signore (il capo della Polizia, ndr) è figlio di uno dei generali più criminali del terrorismo di stato dell’epoca di Balaguer e segue fedelmente le orme di suo padre. E’ stato addestrato alla scuola dei Carabinieri di Pinochet, è un sub appaltatore di opere statali, è stato alla testa del gruppo dei così detti “Chirurghi” incaricati di assassinare e azzoppare giovani implicati nelle lotte di quartiere nel Nord Est del paese. Recentemente sono stati resi noti i suoi forti legami con il capo di un grande traffico di cocaina, lo spagnolo Arturo del Tiempo Màrquez, “lavatore” in terra domenicana di enormi quantità di euro; personaggio della narco corruzione recentemente arrestato a Barcellona.
A.M. – Presenterai denuncia alle autorità competenti?
NIC.- La stiamo preparando contro la Polizia Nazionale, contro il suo capo e i subalterni implicati in quest’abuso e atto di violenza.
A.M. – Il Comitato Contro gli Abusi della Polizia ha annunciato altre attività rispetto a questo tema?
N.I.C. – Stanno programmando nuove iniziative che saranno definite prossimamente.
A.M. – E per finire parliamo della denuncia che ha fatto l’ambasciatore colombiano presso la OEA nella quale ti accusa di essere “parte di una rete di coordinamento di guerriglie”. Ti hanno accusato di aver visitato accampamenti delle FARC in Venezuela nel febbraio di quest’anno e hanno presentato come prova una fotografia nella quale appari insieme ai comandanti Iván Márquez y Jesús Santrich.
NIC.- Questafoto è del 2006 e in origine venne pubblicata da me e poi ampiamente diffusa negli ultimi anni. Non ho mai nascosto il fatto. Spiegai allora i motivi politici di questa visita e parlai delle interviste radiofoniche che avevo concesso ai mezzi di comunicazione delle FARC su temi di politica latinoamericana e che furono poi pubblicate in riviste e libri nel 2006 e nel 2007.
Uribe e i suoi hanno creato una montatura mediatica con questa foto cercando di “giustificare” un’aggressione militare al Venezuela perché il regime colombiano sta attuando come strumento degli Stati Uniti e delle mafie politiche. D’altro canto cercano di attualizzare il loro piano di criminalizzazione contro di me e di riattivare quello di uccidermi già denunciato nel 2009. Anche allora utilizzarono fotografie simili.
Gli Stati Uniti sono in una fase di “ultimatum” e di provocazione diretta a destabilizzare la rivoluzione bolivariana e a invadere questa regione. Stanno pensando di prendersi il petrolio venezuelano e di sedersi militarmente sopra le ricchezze amazzoniche. Questo è il senso delle 7 basi in Colombia, della crescente infiltrazione paramilitare in Venezuela, della riattivazione della IV Flotta, delle basi di Curacao e di Aruba e dei recenti e imponenti spiegamenti militari ad Haiti e in Costa Rica. Le menzogne hanno bisogno di leggende proiettabili a livello mediatico. Richiedono degli artifici. In questo caso vanno ad inventarsi degli accampamenti in Venezuela (completamente inutili per le FARC e per l’ELN che hanno accampamenti ancora inespugnabili in tutto il territorio colombiano) e in questo contesto per propaganda mi hanno situato in Venezuela nel febbraio scorso per mezzo di una foto scattata in Colombia nel 2006 e pubblicata immediatamente dopo.
Inoltre sono assassini, bugiardi consumati come i loro padrini yanquis.
Mi preoccupa la grande determinazione imperialista di attaccare militarmente il Venezuela per mezzo della Colombia con forze proprie e straniere e appoggio quindi la decisione del Comandante di rompere le relazioni con Uribe, ubicare il “nuovo” governo di Santos (anche senza la minima speranza da parte mia che in prospettiva possa essere differente) e mobilitare forze alla frontiera. Credo inoltre che le FARC e l’ELN e tutte le forze combattenti della Colombia siano chiamate a giocare un ruolo cruciale nella resistenza irregolare all’invasione “gringa” come parte di una guerra di tutto il popolo o guerra “asimmetrica”.
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Annalisa Melandri
Santo Domingo, 2 de agosto 2010
Black list USA: Nuovamente inclusa CubaFonte: This is Cuba di Luca Sterza
Una notizia assurda quella che riporto a seguito e che al momento è ESCLUSIVA per l’Italia, dove si cita l’oggetto ma non si spiegano le motivazioni.
Laddove si susseguono le notizie, non si trova traccia di un tema chiave, come la consueta lista diffusa dagli Stati Uniti, che raccoglie gli Stati che alimentano il terrorismo. La lista è un documento ufficiale del Dipartimento di Stato americano, stilato dal 1979. Cubane fa parte dal 1982.
La lista è costituita da un nucleo che poggia sull‘asse del male costituito da Obama Bin Laden e dagli eserciti affiliati. Ad essi connessi si trovano poi Cuba, Iran, Sudan and Syria, definiti tristemente ’state sponsors of terrorism’. L’Iraq è ancora considerato, lo riporto alla lettera “most active state sponsor of terrorism.” (altro…)
Un cementerio inmenso. Es la “fosa común más grande de América Latina”, como la definieron desde meses, o sea desde cuando fue descubierta a principios de este año en el municipio de La Macarena, región del Meta, en Colombia.
Ahora por fin se trata de una fosa D.O.C. como le decimos en Italia a los productos cuya calidad es atestiguada por un título de Denominación de Origen Controlada. Su existencia finalmente ha sido certificada por una delegación de observadores internacionales integrada por parlamentarios de Europa y de EE.UU quienes han testimoniado que lo que iban denunciando los pobladores de La Macarena era la verdad.
En Colombia, la democrática Colombia, (nada que ver con esa cueva de dictadores y mala gente, como son Venezuela y Cuba) resulta que si por ejemplo los residentes de una comunidad denuncian la presencia de un enorme “cementerio clandestino”, donde fémures y costillas surgen de todas partes y donde los perros y los buitres van de comida, se necesita además que una delegación completa de observadores internacionales llegue del otro lado del planeta para confirmarlo.
Ocurre también que después de la visita de estos observadores, el Ministerio de Relaciones Exteriores de Colombia declare que no hay fosas comunes en el área y que incluso el más importante periódico del país, El Tiempo, cuyos mayores accionistas son tanto el neo electo presidente Juan Manuel Santos y ex ministro de Defensa, tanto su primo, el actual vicepresidente Francisco Santos, ignore completamente la noticia.
En La Macarena también ocurre que a los dos lados del “cementerio clandestino” haya respectivamente una base militar y un pequeño aeropuerto. Y ocurrió que casualmente los campesinos ineptos en vez de zapar la tierra hayan visto decenas de cadáveres tirados a la cercana fosa por helicópteros.
Todo esto no fue suficiente en Colombia para que el país tuviera derecho a una investigación seria con el objetivo de buscar la verdad, se necesitaron decenas de observadores internacionales que dieran voz a la denuncia presentada en enero por los campesinos de La Macarena. Se cree que haya dos mil cadáveres enterrados en este cementerio. O al menos los que queda de ellos. Ningún problema por el gobierno, no son personas, “son guerrilleros caídos en combate” han declarado fuentes oficiales.
Demasiado esfuerzo para identificarlos y darles digna y adecuada sepultura. Además no son tantos, “solamente ” 400, declararon miembros del ejército y fuentes del gobierno. Y ni siquiera enteros ya que por estos lados se acostumbra desmembrar los cuerpos de los muertos como práctica de entrenamiento militar, o paramilitar, que luego es lo mismo. Detalles.
Como un detalle insignificante parece ser el hecho de que se trate verdaderamente de guerrilleros caídos en combate. Se rumorea que se trata de opositores políticos o de campesinos del lugar. Vieja historia, siempre la misma, la de los adversarios políticos que desaparecen en Colombia.
En este país civilizado se descubrió que el ejército acostumbra matar a personas inocentes, jóvenes atraídos por la propuesta de un trabajo, después de haberlos llevados cientos de kilómetros lejos de la casa, después de haberle puesto un arma en las manos y vestidos con un uniforme de las FARC de manera que fueran presentados como guerrilleros caídos en combate.
Un carnaval macabro para obtener promociones, premios y concesión de licencias, así como más dinero por el Plan Colombia.
Los llamaron falsos positivos y es un engañoso nombre, ya que aunque se trate a todos los efectos de ejecuciones extrajudiciales o desapariciones forzadas, el término falso positivo no identifica inmediatamente estos crímenes de Estado por los que un país arriesga una condena por crímenes de lesa humanidad por los tribunales internacionales.
Un falso positivo es un invento del cual Colombia tiene la patente, chocante y paradójica en su crueldad, digna del realismo mágico que este país le dio gran contribución con las obras de Gabriel García Márquez.
Dice el gran escritor colombiano que en el mundo que ha tratado de representar en sus novelas, no hay división entre lo que parece real y lo que parece fantasía. En Colombia, incluso los peores crímenes parecen ser obras de fantasía tan son surrealistas.
Sólo en Colombia se usan motosierras pasa hacer masacres o se juega al fútbol con las cabezas de los muertos, mientras que en el aire voltean los helicópteros del ejército.
La fosa de La Macarena bien puede ser ahora aquella en donde el pueblo colombiano pueda encontrar la fuerza y el coraje para echar por fin, junto con los restos de los dos mil cuerpos sin nombres y sin rostros comidos por los gusanos, lo que queda de la farsa que la opinión pública internacional insiste en llamar “democracia colombiana”.
Hace unos días celebramos el Bicentenario del Grito de Independencia en Colombia. Marcharon animados por un orgullo nacional noble y grande, como 400 mil personas en las calles de Bogotá.
No me gustan las conmemoraciones. Menos aún cuando se conmemora un pasado glorioso, bajo el yugo de un presente desastroso e indigno.
¡El Grito de la Independencia se debe dar ahora y de una vez!
Los colombianos ahora y de una vez deben descubrir el orgullo pisoteado por una decena de familias infames que siguen a someterlos a injusticias y violencia. Deben descubrir el orgullo pisoteado, a pesar de aquel Grito de Libertad de hace doscientos años, por los poderes extranjeros que utilizan los políticos locales aún hoy como títeres en sus estrategias geopolíticas.
¿Qué Independencia se celebró en las calles de Bogotá los días pasados? ¿Qué Patria idealizada se reunió bajo la bandera de Bolívar?
La Marcha Patriótica debería haberse dirigido hacia Palacio de Nariño, sede del gobierno del país y allá en el frente cavar una gran fosa común donde tirarle adentro todos los narco-paramilitares que lo habitan al grito de ¡Colombia Libre!
Murió el 21 de julio en su casa de Santiago a los 93 años de edad, don Luís Corvalán, figura histórica del movimiento obrero chileno y ex secretario general del Partido Comunista de Chile desde 1958 hasta 1990.
Detenido en la isla Dawson tras el golpe militar en 1973, fue liberado por una amnistía de 200 presos políticos y canjeado por el disidente ruso Vladimir Bukovsky. Recibió asilo político en URSS y regresó a Chile en solamente en 1988. En el día de hoy fue homenajeado por más de tres mil personas. Lo recuerdo con éste poema de Gustavo Valcárcel, notable y revolucionario poeta peruano. (AM)
X
ESTE es Corvalán el muy querido,
ducho en campos de concentración
en luchas proletarias, en ternuras
de esposo y padre, de combatiente y hombre
de militante sin arrugas
de soldado que ignora lo que es la rendición.
Cuando te pienso entre mil muros
se me cae el alma para arriba
y se une a ella a la gran ronda
que pide libertad para tus sueños.
Quizá sabrás, Luís Corvalán,
que el mundo gira veloz hacia la izquierda
que la rosa busca al pan a todo trance
porque se acerca el día de ambos para todos
y quieren estar juntos
en matrimonio de amor indisoluble.
Obrero mayor del porvenir chileno
aprieto mis insomnios con los puños
agarro a la soledad de los cabellos
meto en su jaula a la tristeza
me paro en la noche.Palpo.Oigo.Grito.Veo:
en medio de la adustez de los alambres
en la grupa del tiempo del recuerdo
de espaldas al cadalso puesto a punto
al centro de la negrura mal cuajada
lo único que brilla es el ensueño
de tu roja alegría comunista.
(Gustavo Valcárcel)
I PADRINI DEL PONTE
Antonio Mazzeo Edizioni Alegre, 2010, 14 euro
«Minchia se fanno ‘u ponte ce ne sarà per tutti!!!»: così Bernardo Provenzano, il potente boss corleonese arrestato nel 2006 dopo una lunga latitanza, commentava con i suoi compari l’affare Ponte. Per questo il Ponte lo vogliono tutti, chi per gloria, chi per denaro.
Si tratta infatti di un’opera faraonica, «qualcosa come le piramidi per i faraoni, un monumento con cui consegnarsi alla storia », come scrive nella prefazione Umberto Santino (presidente del Centro di Documentazione Peppino Impastato di Palermo). Faraonico sarebbe però anche il ritorno economico dell’investimento nelle tasche di costruttori, speculatori, trafficanti d’armi, faccendieri, mafiosi, finanzieri, principi arabi, perfino in quelle della Saudi Binladin Group di proprietà della famiglia di Bin Laden, che opera congiuntamente con alcune società che hanno partecipazione diretta in Impregilo, general contractor per la realizzazione dell’opera.
Un’altra grande opera sulla quale mettere le mani, com’è avvenuto in passato per l’autostrada Salerno-Reggio Calabria (per completare la quale occorre quasi lo stesso denaro che serve per realizzare il ponte sullo Stretto) e il porto di Gioia Tauro, con la differenza che oggi la mafia ha raggiunto un’organizzazione, un livello imprenditoriale e una capacità di infiltrazione in tutti i settori della società senza precedenti.
Non solo mafia «imprenditrice» ma mafia «finanziaria», «in grado di giocare un ruolo da protagonista». Ed è proprio a chi vuole approfondire questo particolare aspetto del fenomeno mafioso e capire meglio determinate complicità che il libro di Antonio Mazzeo si rivolge e va consigliato.
Annalisa Melandri
Recensione per LE MONDE diplomatique – il manifesto, giugno 2010
Report sulla mattinata di lotta del 7 luglio a Roma.
Siamo alla vigilia delle votazioni al Senato ( il governo ha già richiesto la
fiducia) con i Cobas in piazza li sotto a denunciare la macelleria sociale, i
pesanti tagli alla scuola e sanità pubbliche, all’assistenza, alle pensioni e
alla tutela ambientale.
Stamani Roma sta vivendo una intensa giornata di lotta contro la manovra e le
sue prevedibili conseguenze, caratterizzata dalla venuta di migliaia di
Aquilani e Abruzzesi , dalla mobilitazione delle associazioni dei portatori di
handicap, con migliaia di loro – molti i disabili in carrozzella – sotto il
Parlamento.
Dapprima gli Aquilani , giunti a Roma intorno alle ore 11 con 45 bus e molte
macchine , a cui si sono aggiunti a p.za Venezia centinaia di Abruzzesi
presenti a Roma per studio e lavoro e varie delegazioni di lavoratori tra cui
quella dei Cobas..
A p.za Venezia , il solito sbarramento poliziesco a tutela del palazzo di
Berlusconi in via del Plebiscito , nonché quello su via del Corso , su cui si
sono concentrati le migliaia di Aquilani incazzati, presenti anche numerosi
sindaci , tra cui quello de L’Aquila, oltre le associazioni “ Epicentro
Solidale e 3.32 “.
C’è voluta oltre mezz’ora ‚di contrapposizione anche corpo a corpo con le
forze dell’ordine, per rimuovere quel massiccio schieramento su via del Corso ,
poi la gente Abruzzese ha dilagato e travolto altri cordoni polizieschi , fino
al limitare di L.go Chigi , dove il blocco d’ordine si è attestato sordo e
feroce contro qualsiasi tentativo di procedere verso il Parlamento passando
davanti L.go Chigi.
Qui alle ore 12, mentre alcuni sindaci e parlamentari stavano trattando con la
Digos, è partita a sorpresa una scarica di manganellatori della Guardia di
Finanza che hanno colpito duramente chiunque avessero davanti, tra cui alcuni
sindaci e altra gente, lasciando in terra feriti, sanguinanti e semisvenuti
due giovani Aquilani , subito soccorsi dai compaesani.
Alle 13 , la contrapposizione su via del Corso/ altezza di L.go Chici era
ancora persistente , mentre una piccola parte dei manifestanti raggiungeva
Montecitorio , dove trovava la piazza occupata da centinaia di handicappati, le
loro famiglie ed associazioni ; un handicappato de L’Aquila in carrozzella , al
microfono delle associazioni, ha spiegato i motivi della venuta a Roma degli
Aquilani – i mancati fondi per la ricostruzione e per la ripresa delle attività
lavorative – e la necessaria dell’unità nella lotta contro la manovra “ lacrima
e sangue”.
A Montecitorio, le Associazioni – Amnic,Anfass, Aism,Aice, Fiadda,…-
nonostante le assicurazioni del governo sul mantenimento :1) della miserevole
indennità a partire dall’invalidità al 74% ( il governo intende portarla all’
85%) ; 2) dell’accompagnamento a quanti non sono autosufficienti ( il governo
vuole limitarla ai soli allettati) ; 3) dell’insufficiente sostegno ai
familiari e alle associazioni(il governo vuole tagliarlo del tutto) : hanno
mantenuto la mobilitazione ‚pronti a dare battaglia finale ad un governo
ignobile, sadico e antipopolare.
Intorno alle ore 14, un nutrito gruppo di oltre 200 manifestanti è riuscito a
portarsi sotto il palazzo di Berlusconi , pretendendo un faccia a faccia “ con
il “faccendiere– benefattore dei terremotati Aquilani “.
Il governo Berlusconi pensava che trascinando il voto sulla maledetta manovra
da 24 miliardi di euro in piena estate , sotto i 36° gradi di stamani , potesse
passarla liscia e gratuita ( vista l’imbelle opposizione parlamentare) invece
si sta trovando di fronte il paese reale – dagli operai Fiat– Pomigliano ai
precari della scuola, dagli Aquilani agli handicappati, dagli ambientalisti al
1 milione di firme per il referendum Acqua , dal NO Ponte/Tav/Nucleare al
diritto alla casa - una opposizione sociale vivace, cosciente e variegata, per
nulla intimorita dallo schieramento armato di un potere logoro,marcio e
decadente.
Roma 7 luglio 2010 / ore 15 Vincenzo Miliucci/ Confederazione Cobas
La lettera è stata consegnata il 17 giugno scorso, all’ambasciatore della Repubblica Dominicana in Italia, Dr. Vinicio Alfonso Tobal Ureña.
Quella che segue è stata la sua dichiarazione rilasciata nel ricevere l’appello firmato da numerose associazioni, partiti politici, ONG e semplici cittadini:
.
“da oltre trent’anni conosco il percorso politico e la vita di Narciso Isa Conde. Quando ero studente infatti partecipavo anche io ed ero simpatizzante della lotta antimperialista e antibalaguerista. Durante il governo di Balaguer più di 3.000 giovani vennero uccisi soltanto perché di sinistra e rivoluzionari. Successivamente nel ’74 ho fatto parte dell’ attuale partito della Liberazione Dominicana che era stato fondato dal professor Juan Bosch, ma indipendentemente dal fatto che io facessi parte del l PLD e Narciso Isa Conde fosse conosciuto come un rivoluzionario del Partito Comunista Dominicano, dico sinceramente che lo stimo come una figura storica coerente con i suoi principi rivoluzionari ed ho una buona opinione della sua vita politica. Posso dire, indipendentemente dalla mia condizione di ambasciatore e di membro fondatore del PLD, che Narciso Isa Conde come rivoluzionario è stato una persona che ha sempre difeso i migliori interessi del paese. Bisogna essere onesti e sinceri in politica. Relativamente alla denuncia presentata, con piacere la inoltrerò attraverso i canali che mi corrispondono alla Presidenza della Repubblica”
..
Al presidente della Repubblica Dominicana Leonel Fernández
Appello dall’Italia al Presidente della Repubblica Dominicana Leonel Fernández affinché si attivi per proteggere l’incolumità di Narciso Isa Conde e della sua famiglia e perché impedisca la realizzazione del piano criminale colombiano-statunitense volto all’eliminazione del noto dirigente comunista dominicano.
Narciso Isa Conde, intellettuale e dirigente della sinistra rivoluzionaria dominicana, già Segretario Generale del Partito Comunista Dominicano, figura storica nel suo paese nella lotta contro l’imperialismo statunitense, ha partecipato attivamente nel 1965 alla Rivoluzione di Aprile che aveva l’intento di riportare al governo il presidente legittimo Juan Bosch, deposto da un colpo di Stato realizzato con l’intervento degli Stati Uniti a soli sette mesi dalla sua elezione. Isa Conde ha sofferto per questa attiva partecipazione alla liberazione del suo paese il carcere, la persecuzione e l’esilio.
Egli, sempre coerente nel suo costante impegno rivoluzionario caratterizzato dalla solidarietà internazionalista verso i movimenti di liberazione dei popoli oppressi, non ha mai discriminato nessuna forma di lotta, incluso quella del popolo colombiano. Attualmente fa parte della presidenza collettiva del Movimento Continentale Bolivariano e da anni si batte per una soluzione politica e negoziata del conflitto contrapposta alla soluzione militare di “sicurezza democratica” perseguita dal governo di Álvaro Uribe. Egli inoltre da tempo denuncia i crimini e le violenze che impunemente vengono commesse in Colombia dai paramilitari e dallo stesso esercito colombiano.
Per questo è oggetto attualmente di una campagna di diffamazione basata su falsità e montata con l’appoggio dei media filogovernativi. Recentemente Álvaro Uribe lo ha definito “leader terrorista”.
Narciso Isa Conde continua oggi a denunciare piani criminali per attentare alla sua vita organizzati dal governo di Álvaro Uribe Vélez e dai suoi apparati militari e paramilitari in combutta con la Cia.
E’ già stato oggetto a Santo Domingo di due attentati che soltanto per il sangue freddo degli uomini della sua scorta, e per la folla presente in quel momento, fortunatamente non sono riusciti. Nel mese di maggio dello scorso anno, sua moglie, mentre si trovava nell’aeroporto di Miami in transito verso altra destinazione, è stata fermata e ammanettata dalle autorità statunitensi e obbligata a ritornare nel suo paese applicandole le norme più restrittive delle leggi migratorie in quanto parente di un “sostenitore del terrorismo”. Il divieto di transito negli Stati Uniti è stato esteso anche ai figli di Isa Conde.
Sappiamo che lo stesso Presidente Leonel Fernández è già al corrente di questi fatti e ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per chiarire le circostanze in cui sono avvenuti.
Secondo le denunce dello stesso Isa Conde, , già rese pubbliche alla stampa, in tali piani criminali vi sarebbero coinvolti una diplomatica di nazionalità colombiano-statunitense di cognome Arena, funzionaria dell’ambasciata degli Stati Uniti in Repubblica Dominicana, l’addetto militare dell’ambasciata colombiana e il generale Mario Montoya attualmente ambasciatore colombiano in Repubblica Dominicana (sul quale pendono gravissime accuse di collusione con i paramilitari nella realizzazione del massacro di San José de Apartadó ed altri).
Chiediamo pertanto al Presidente Fernández, attraverso la rappresentanza diplomatica della Repubblica Dominicana in Italia:
- che adotti misure valide sia a livello nazionale che internazionale volte alla protezione della vita di Narciso Isa Conde,
- che intraprenda indagini serie ed accurate sulle denunce emesse dallo stesso Isa Conde e che le renda note quanto prima,
- che si attivi presso le autorità statunitensi per chiarire e risolvere la posizione migratoria di lui e della sua famiglia e che venga pertanto assicurato loro il diritto a viaggiare e agli spostamenti.
L’ambiguità che fino a questo momento ha caratterizzato l’agire rispetto a quanto sopra del Presidente Leonel Fernández non può essere tollerata con l’impegno che un governo deve mettere rispetto alla protezione della vita di tutti suoi cittadini dall’arroganza, violenza e prepotenza di potenze straniere.
Noi firmatari del suddetto appello confermiamo il nostro incondizionato appoggio a Narciso Isa Conde e alla sua famiglia e speriamo nella realizzazione di una massiccia campagna internazionale per la difesa della vita di tutti/e i/le militanti dell’America latina e del mondo minacciati/e dalla mano criminale del regime colombiano presieduto da Álvaro Uribe Vélez e patrocinato dai falchi del Washington.
Per sottoscrivere l’appello: annalisamelandriyahooit
Prime adesioni:
Associazioni:
Annalisa Melandri attivista per la difesa dei diritti umani
Associazione nazionale Nuova Colombia
Associazione Italia– Cuba circolo Campi Flegrei
Selvas.org — Osservatorio Informativo Indipendente Americas Martin E. Iglesias, giornalista, presidente
Circolo Bolivariano “José Carlos Mariategui” – Napoli
Associazione “L’Internazionale” –Napoli
Centro Culturale “La Città del Sole” – Napoli
Redazione Qui News
Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza — per il Comunismo (CARC)
Lotta di Unità Proletaria — Osimo (l.u.p.o.)
Comunisti Sinistra Popolare
Partito Comunista dei Lavoratori
Associazione di amicizia Italia Cuba C.lo” ITALO CALVINO” PIOMBINO/ELBA/ALTAMAREMMA
Osservatorio per la Pace del Comune di Capannori
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Csoa Askatasuna — Torino
Csa Murazzi — Torino
Ksa — Studenti medi Torino
Rete Italiana di Solidarietà Colombia Vive!
Individuali:
Valentino Morandini
Fabrizio Lorusso
Roberto Antonucci, Spezzano Albanese (CS)
Antonio D’Angelo, architetto, Napoli
Giorgio Sabaudo
Gavino Puggioni
Adriana Chiaia. Milano
Anna Maria Cassata
Claudia Cernigoi, giornalista Trieste
Fondazione Neno Zanchetta -. Gragnano (Lucca)
Mauro Pigozzi
Carmelo Sorbera
Salvador Tió, Coordinatore Mcb Puerto Rico
Chiara De Marchis
Carolina Gala
Fulvio Grimaldi, giornalista, documentarista
Sandra Paganini, segretaria Circolo della Tuscia dell’Ass. Naaz. Italia-Cuba
Anna Palmisano
Nello Margiotta
Claudio Bassetti
Elio Bonomi
Grazia Bollazzi
Danilo Pinzo
Dante Castro Arrasco, Lima
Antonio Mazzeo giornalista, scrittore
Sergio Ruggieri portavoce consulta pace Jesi
Franco Fuselli
Amedeo Curatoli
Enrico Giardino — forum DAC
Bortolotti Carmela
Giovanni Medde
Giorgio Raccichini (Insegnante)
Valerio Evangelisti, scrittore
Alessandro Lattanzio, Sicilia
Giuseppe Coscione
Andrea Necciai AL Revés — Rubrica di controinformazione sull’America latinaAndrea Scaioli — Via Carlo Matteucci 11 — Forlì (FC)
On.Marco Rizzo già parlamentare europeo
Paola Vallatta (Parigi)
Marco Philopat
Antonio Della Corte Velletri – Roma
Claudio Grigolo, assistente sociale, Lugano (Svizzera)
Gennaro Varriale Formia (lt)
Tullio Florio Pozzuoli (Napoli)
Maurizio Fratta-Assoc.Rivoluzione Democratica
Franco Calandri-Italia Cuba Arcore Brianza
Nicola Ricci-membro della segreteria provinciale PdCI di Livorno
Fanny Cerri
Federico Giusti confederazione Cobas pisa
Giulio Bonali (medico) Fiorenzuola (PC)
Luciano Carta
Robert Rieder-Piombino
Ramon Mantovani
Giovanni Altini (Livorno)
Luca Tremaliti (Roma)
Marcela Quilici
Egle Piccinini (Asti)
Ivan Pavicevac, presidente del CNJ JugocoordONLUS
Anna Maria Dallocchio
Barbara Meo Evoli, giornalista, fotografa
Robert Rieder-Piombino
Luigi Di Costanzo — Napoli
Raul Angel Marin Hinostroza Activista en DD HH.Miembro de la Seccion Peruana de Amnistia Internacional.
Jean Ziegler nella prefazione del libro “Paraguay il carcere dimenticato” scritto da Martin Almada, definisce l’avvocato e difensore dei diritti umani paraguaiano come un “profeta e testimone” e parla della sua vita come di “esempio di non assoggettamento alla dittatura”.
Martin Almada, quest’uomo piccolo e minuto, stupisce per la grande forza e serenità che riesce ad trasmettere. Difficile capire dove trovi entrambe, conoscendo la sequenza di eventi terribili e dolorosi che ha affrontato nel corso della sua vita proprio per non essersi mai piegato alla dittatura. Quella del generale Alfredo Stroessner, una delle più violente e sanguinarie dell’America latina. Anche una delle più lunghe, durata 35 anni, dal 1954 al 1989, che è costata a Martin Almada tre anni di carcere, dal 1974 al 1977, durante i quali ha subito terribili torture , che lo ha costretto all’esilio e che gli ha portato via sua moglie, Celestina Pérez, morta di infarto dopo aver ricevuto una telefonata in cui i carcerieri di suo marito gli avevano fatto ascoltare le sue grida durante le torture.
Almada è stato recentemente in Italia invitato dall’ONG Terre Madri e ha tenuto una conferenza presso l’Università Roma Tre con la partecipazione della Prof.ssa Maria Rosaria Stabili e di María Stella Cáceres, giornalista argentina.
Martin Almada è stato lo scopritore, nel 1992, dell’archivio della polizia segreta, meglio conosciuto come “archivio del terrore”, considerato di fondamentale importanza in quanto unica testimonianza delle violazioni dei diritti umani avvenute in Paraguay durante gli anni della dittatura (1954–1989). Questo archivio è la prova “regina” delle relazioni internazionali tra regimi militari che stavano alla base del Plan Condor ma anche e soprattutto è la prova del coinvolgimento diretto della CIA e di Henry Kissinger, ex– segretario di Stato statunitense, la “cabeza (testa) del Condor, anche lui premio Nobel per la Pace, come Obama”, dice Almada.
Il Plan Condor fu un patto criminale tra le dittature militari negli anni ’70 in America latina, stipulato proprio in Paraguay tra il novembre e il dicembre del 1975, che fu creato, come disse il dittatore cileno Pinochet “per salvare la civiltà occidentale e cristiana dalle grinfie del comunismo”. Costò all’America latina più di centomila morti tra il 1975 e il 1985 tra dirigenti sindacali, studenti, giornalisti, religiosi, artisti, politici.
“La memoria è uno spazio di lotta politica” spiega Martin Almada ai giovani universitari presenti a Roma Tre. Partire dalla conoscenza del passato anche per prevenire orrori futuri perché, come Almada è solito ripetere nel corso delle sue interviste e conferenze, “il Condor vola ancora”. Un Plan Condor 2 “globalizzato” è stato ripristinato infatti già a partire dal 1997. Allora, un colonnello paraguaiano di nome Francisco Ramón Ledesma scrisse a un suo pari ecuadoregno comunicandogli una lista di nomi di “sovversivi” del suo paese, da aggiungere alla lista completa dei sovversivi latinoamericani. Il colonnello Ledesma chiamato a rendere dichiarazioni di fronte a un giudice, ha ammesso che a capo di tali operazioni ci sono ancora una volta gli Stati Uniti e che le operazioni sono dirette dalla Conferenza degli Eserciti Americani (CEA) che si riunisce ogni due anni e che controlla “la sovversione” nella regione.
Rispetto alla situazione attuale che vive il Paraguay, dove sembra esserci una situazione politica interna simile a quella dell’Hondura pre-golpe, Almada ci spiega che in effetti il presidente Fernando Lugo ha una minoranza assoluta e che nel governo c’è perfino un nipote del dittatore, il senatore Gustavo Alfredo Stroessner. Inoltre il vice presidente Federico Franco agisce apertamente contro il presidente Lugo, fomentando una sorta di golpe interno.
Lugo ha fatto molti errori dall’agosto del 2008, quando ha assunto la presidenza. L’ultimo in ordine di tempo è stato quello di aver ceduto alle pressioni interne dichiarando uno stato d’assedio in cinque regioni nel nord del paese, della durata di 30 giorni a partire dalla fine di aprile, con lo scopo di sconfiggere la guerriglia. Guerriglia praticamente inesistente, dice Almada,
I fatti violenti registrati negli ultimi tempi sono da ricondursi ad episodi di criminalità legata al traffico di stupefacenti ma che l’opposizione vuole vincolare invece al gruppo armato Ejército del Pueblo Paraguayo.
Lugo ha dovuto cedere in questo senso anche per le accuse che gli erano state mosse di avere amicizie tra alcuni membri del EPP e sebbene come si è detto, abbia commesso errori e sia debole nei confronti dell’opposizione, gli si deve comunque il merito di aver ribaltato la situazione politica del paese in cui il Partido Colorado dominava lo scenario da oltre 70 anni. Si è impegnato molto inoltre rispetto a un tema urgente quale era quello della salute pubblica ma molti paraguaiani non gli perdonano di non aver fatto nulla per una riforma agraria: “se affronta il tema della riforma agraria lo cacciano” spiega Martin Almada. Forse in pigiama all’alba, come hanno fatto in Honduras con Manuel Zelaya gli oligarchi spaventati da una virata a destra troppo decisa.
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qui invece l’articolo di Mauro Pigozzi dove è possibile leggere per intero anche quello di Pablo Stefanoni tratto da Il Manifesto.
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