Riempiamo i muri di stelle
Sapevate che una stella a 5 punte disegnata su un muro (1 stella su 1 muro) vuol dire automaticamente Brigate Rosse ed emergenza terrorismo?
I titoli delle agenzie titolano giá: “Stella delle BR” facendo leva sull’ immaginario idiotizzato collettivo che il potere mediatico e politico solleticano a loro esclusivo uso e consumo.
La DIGOS di Torino sta indagando sulle scritte che in questi giorni pare stiano spuntando come funghi sui muri della cittá contro l’ Amministratore Delegato della FIAT Sergio Marchionne e sull’ unica, triste e solitaria stella rossa che le accompagna.
Qualche insulto sui muri è il minimo che potesse accadere a Marchionne, diciamoci la veritá. Ricattata e presa per la gola, si sa, la gente reagisce. Per il momento con qualche insulto scritto sui muri. Pure una stella vicino, e vabbé. Ma da qui a scomodare la DIGOS perché indaghi su quella stella come ce ne sono tante sui diari degli adolescenti, compresi i miei di qualche secolo fa, sui muri dei sottopassaggi, delle metropolitane o delle panchine ce ne vuole…
Riempiamo i muri di stelle, di parole e di fiori, di poesie e di canzoni, di sogni ed illusioni. Riempiamo i muri di vita.
Scontri e cortei a Roma (foto e poesie)
Al popolo incazzato gli dicono black bloc, terroristi. Ai criminali, delinquenti e parassiti li chiamano politici…
Tutti a casa! Con la forza!
P.S. Le fotografie non le ho scattate io. Le ho racconte in giro per la rete, soprattutto nelle pagine dei giornali on line, come in un album. Per pigrizia non ho citato le fonti…
Lˈ Aquila chiama, LˈItalia risponde — Sara Vegni (Comitato 3e32 — Presidio Piazza Duomo)
Un ex questore esperto di “terrorismo” a capo della Protezione Civile
Eʹ una nomina curiosa quella di Franco Gabrielli come nuovo capo del Dipartimento della Protezione Civile in sostituzione di Guido Bertolaso che si è ritirato in pensione.
Che ci fa un ex direttore del Sisde ed ex prefetto (dellˈAquila), una vita trascorsa nellˈ antiterrorismo a capo della Protezione Civile?
Verrà nominato anche lui commissario straordinario per ogni “emergenza” che si dovesse presentare nel nostro paese? E quale sarà il suo contributo?
È bene che la società civile e i movimenti sociali comincino a porsi queste domande, dal momento che si prevedono nel futuro del nostro paese interventi territoriali di una certa importanza, ai quali le comunità locali si mostrano sempre più insofferenti. Dalla costruzione delle centrali nucleari, al ponte sullo Stretto, dalla TAV alle discariche… sappiamo benissimo che la gestione delle emergenze del territorio da parte del governo e delle forze dellˈordine avviene sempre più spesso attraverso ordinanze derogatorie e commissariamenti straordinari. Con il decreto legge numero 343 del 2001 infatti, la Protezione Civile è diventata un organo con competenze anche sui “grandi eventi” e non solo sui disastri ambientali e territoriali.
Per capirsi, Guido Bertolaso è stato nominato commissario straordinario (o solo commissario) per le seguenti “emergenze”:
Terremoto dellˈ Aquila, rifiuti in Campania, bonifica del relitto della Haven, rischio bionucleare, mondiali di ciclismo, presidenza G8 del 2009, area archeologica romana, vulcani delle Eolie, area marittima di Lampedusa, funerali di Papa Giovanni Paolo II.
Ma anche, non recentemente, commissario straordinario per la prevenzione dei rischi da SARS (nel 2003), emergenza di Cerseto (frana del 2005), emergenza incendi boschivi (2007).
E se forse ormai è chiaro ai più, dopo i recenti scandali che hanno visto coinvolto proprio Guido Bertolaso, che la Protezione Civile che dipende direttamente dalla Presidenza del Consiglio, riesce a “gestire” le emergenze senza praticamente nessun tipo di controllo finanziario proprio in base a deroghe e poteri di ordinanza, la nomina di Franco Gabrielli assume significati nuovi e inquietanti rispetto alla gestione della “sicurezza” e dellˈordine pubblico in vista di determinati eventi e interventi sul territorio.
di Annalisa Melandri
ringrazio Alessandro Vigilante per la segnalazione
Non voglio il libro “Due anni di governo”!
Con riferimento all’annuncio del Presidente del Consiglio On. Silvio Berlusconi di inviare ad ogni famiglia italiana il libro “Due anni di governo”, mi preme comunicarVi che non desidero riceverlo,essendo un mio diritto in base alla legge per la tutela della privacy n. 675/1996 ed il relativo D.P.R. n. 501/1998, nella fattispecie articolo 13 comma e), e che la spesa relativa che si risparmierà venga messa a disposizione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
Ringraziando per l’attenzione porgo distinti saluti
da incollare sulla pagina
http://www.governo.it/scrivia/scrivi_a_trasparenza.asp
e inviare
oggetto della mail: non voglio il libro “due anni di governo”
Roma 7 luglio, mattinata di lotta
Report sulla mattinata di lotta del 7 luglio a Roma.
Siamo alla vigilia delle votazioni al Senato ( il governo ha già richiesto la
fiducia) con i Cobas in piazza li sotto a denunciare la macelleria sociale, i
pesanti tagli alla scuola e sanità pubbliche, all’assistenza, alle pensioni e
alla tutela ambientale.
Stamani Roma sta vivendo una intensa giornata di lotta contro la manovra e le
sue prevedibili conseguenze, caratterizzata dalla venuta di migliaia di
Aquilani e Abruzzesi , dalla mobilitazione delle associazioni dei portatori di
handicap, con migliaia di loro – molti i disabili in carrozzella – sotto il
Parlamento.
Dapprima gli Aquilani , giunti a Roma intorno alle ore 11 con 45 bus e molte
macchine , a cui si sono aggiunti a p.za Venezia centinaia di Abruzzesi
presenti a Roma per studio e lavoro e varie delegazioni di lavoratori tra cui
quella dei Cobas..
A p.za Venezia , il solito sbarramento poliziesco a tutela del palazzo di
Berlusconi in via del Plebiscito , nonché quello su via del Corso , su cui si
sono concentrati le migliaia di Aquilani incazzati, presenti anche numerosi
sindaci , tra cui quello de L’Aquila, oltre le associazioni “ Epicentro
Solidale e 3.32 “.
C’è voluta oltre mezz’ora ‚di contrapposizione anche corpo a corpo con le
forze dell’ordine, per rimuovere quel massiccio schieramento su via del Corso ,
poi la gente Abruzzese ha dilagato e travolto altri cordoni polizieschi , fino
al limitare di L.go Chigi , dove il blocco d’ordine si è attestato sordo e
feroce contro qualsiasi tentativo di procedere verso il Parlamento passando
davanti L.go Chigi.
Qui alle ore 12, mentre alcuni sindaci e parlamentari stavano trattando con la
Digos, è partita a sorpresa una scarica di manganellatori della Guardia di
Finanza che hanno colpito duramente chiunque avessero davanti, tra cui alcuni
sindaci e altra gente, lasciando in terra feriti, sanguinanti e semisvenuti
due giovani Aquilani , subito soccorsi dai compaesani.
Alle 13 , la contrapposizione su via del Corso/ altezza di L.go Chici era
ancora persistente , mentre una piccola parte dei manifestanti raggiungeva
Montecitorio , dove trovava la piazza occupata da centinaia di handicappati, le
loro famiglie ed associazioni ; un handicappato de L’Aquila in carrozzella , al
microfono delle associazioni, ha spiegato i motivi della venuta a Roma degli
Aquilani – i mancati fondi per la ricostruzione e per la ripresa delle attività
lavorative – e la necessaria dell’unità nella lotta contro la manovra “ lacrima
e sangue”.
A Montecitorio, le Associazioni – Amnic,Anfass, Aism,Aice, Fiadda,…-
nonostante le assicurazioni del governo sul mantenimento :1) della miserevole
indennità a partire dall’invalidità al 74% ( il governo intende portarla all’
85%) ; 2) dell’accompagnamento a quanti non sono autosufficienti ( il governo
vuole limitarla ai soli allettati) ; 3) dell’insufficiente sostegno ai
familiari e alle associazioni(il governo vuole tagliarlo del tutto) : hanno
mantenuto la mobilitazione ‚pronti a dare battaglia finale ad un governo
ignobile, sadico e antipopolare.
Intorno alle ore 14, un nutrito gruppo di oltre 200 manifestanti è riuscito a
portarsi sotto il palazzo di Berlusconi , pretendendo un faccia a faccia “ con
il “faccendiere– benefattore dei terremotati Aquilani “.
Il governo Berlusconi pensava che trascinando il voto sulla maledetta manovra
da 24 miliardi di euro in piena estate , sotto i 36° gradi di stamani , potesse
passarla liscia e gratuita ( vista l’imbelle opposizione parlamentare) invece
si sta trovando di fronte il paese reale – dagli operai Fiat– Pomigliano ai
precari della scuola, dagli Aquilani agli handicappati, dagli ambientalisti al
1 milione di firme per il referendum Acqua , dal NO Ponte/Tav/Nucleare al
diritto alla casa - una opposizione sociale vivace, cosciente e variegata, per
nulla intimorita dallo schieramento armato di un potere logoro,marcio e
decadente.
Roma 7 luglio 2010 / ore 15 Vincenzo Miliucci/ Confederazione Cobas
Francesco Mastrogiovanni: morte di un anarchico
Sempre, a ricordo di quanto può essere triste la vita degli uomini quando si distaccano dagli altri uomini e rendono emarginata la vita di chi non si adagia all’egoismo dominante. Una vita “normale” che Francesco non poteva vivere, perché altra era la sua natura e la sua storia. Una scelta a favore degli ultimi, che gli aveva fatto abbracciare in gioventù (ma come è curioso parlare di gioventù per una persona che è morta, anzi uccisa, quando era ancora nel pieno della maturità, a soli 58 anni) l’idea anarchica, che per lui era più un modo di vivere che un’ideologia, per cui aveva anche pagato dei prezzi molto salati e sofferto ingiustizie e umiliazioni che non lo avrebbero più abbandonato. Una sofferenza accresciuta, tra l’altro, dal fatto che Francesco non era un militante classico, impegnato in riunioni e quant’altro, ma più un sognatore che la sua scelta preferiva viverla nel suo modo di condurre l’esistenza.
Il fantasma del caso Falvella
Dunque Francesco viene prelevato dai carabinieri il 31 luglio del 2009 sulla spiaggia di San Mauro Cilento dove trascorreva qualche giorno di vacanza. Il prelievo forzato non era il primo. Era già stato sottoposto a Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) altre due volte, e sempre la cosa aveva destato stupore nei suoi amici, conoscenti e parenti. Francesco infatti non era mai stato violento, né tossicodipendente se si esclude qualche spinello (tutto convalidato dalle analisi post decesso). Andava sì, a volte, in escandescenze ma senza mai degenerare in atteggiamenti violenti. Erano piuttosto i fantasmi di una gioventù scossa a presentarsi sempre davanti ai suoi occhi. Quei fantasmi che si incarnavano nelle forze dell’ordine che gli procuravano sempre incubi e paure. Che lo facevano tornare indietro nella memoria, agli anni in cui era appena un ventenne. Alla Salerno dei primi Anni Settanta quando, nella sera del lontano 7 luglio del 1972, in una strada buia della città, lui ed altri compagni furono aggrediti da alcuni fascisti. Allora Salerno era infestata da bande di fascisti che tentavano di “prendersi la città” (il Movimento sociale italiano era il secondo partito), dopo lo smacco e la sconfitta subita nella rivolta di Reggio Calabria. Le aggressioni fasciste erano all’ordine del giorno, documentate scrupolosamente da questo giornale che aveva allora in città un nucleo forte del manifesto. Francesco fu accoltellato a una gamba, il suo amico Giovanni Marini intervenne per aiutarlo e nella colluttazione cadde colpito a morte il fascista Carlo Falvella. Anche lì il ruolo di Francesco era anomalo: si trovava infatti per caso a Salerno per andare a teatro e si era aggregato con gli amici incontrati durante il tragitto. Mastrogiovanni fu assolto al processo dopo un anno di galera mentre Marini fu condannato a nove anni (nel collegio di difesa, tra gli altri, vi era Umberto Terracini, già membro della Costituente e dirigente del Pci). Quello stigma giovanile Francesco non riuscirà più a toglierselo di dosso nonostante il tentativo di riprendersi col lavoro (era stato per anni in quel di Bergamo a insegnare) e con la dimenticanza che sempre lenisce le ferite col passare del tempo. Una cosa, però, Francesco non riuscirà mai a cancellare dalla sua mente, ed è la preoccupazione alla vista delle forze dell’ordine. Emblematico di questa “fobia” è l’episodio accaduto nel 1999 a Salerno. E’ da poco rientrato dal Nord perché è riuscito a trovare un posto nella scuola elementare di Castelnuovo Cilento, il paese dov’è nato. Pare che, fermato dai carabinieri nel capoluogo, abbia reagito in modo inconsulto a un controllo. Viene portato in caserma, processato per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, condannato in primo grado a tre anni. Riemerge il passato nella requisitoria dove il pubblico ministero lo definisce «noto anarchico», come se l’idea anarchica fosse di per sé un delitto oltre ad ignorare, il giudice, il modo del tutto particolare in cui viveva Francesco la sua “anarchia”.
Sconta un mese di carcere e cinque di arresti domiciliari, ma intanto si aspetta il ricorso in Appello che gli dà ragione: viene pienamente assolto per non aver commesso il fatto e riceve persino un risarcimento per l’ingiusta detenzione. Mastrogiovanni però acutizza, con questo episodio, la fobia profonda verso le forze dell’ordine. Capitano occasioni in cui scappa alla semplice vista di un poliziotto o carabiniere. E, come accade in genere in questi casi, la ribellione si esprime anche nelle cose minute della vita, quasi a rimarcare il diritto di vivere come vuole. Per questo, superficialmente, viene considerato un soggetto patologico, quando invece il suo rifiuto, ad esempio, di assumere i farmaci che gli vengono prescritti, è solo una risposta alla paura e un desiderio di essere rispettato. Magari curato ed aiutato, ma in modo del tutto diverso.
La costruzione del pericolo pubblico
E così cresce la sua “fama” di insofferente alle regole, di “anarchico”. Alimentata, per la verità, da atteggiamenti borbonici (vale ancora in Italia la vecchia concezione della “macchia indelebile”) delle forze dell’ordine. Racconta Vincenzo Serra, suo cognato: «Attorno alla sua figura si è costruita falsamente un’immagine di persona violenta, ma non era assolutamente pericoloso per la società. Persino nella cartella clinica c’è scritto che era soltanto ‘aggressivo verbalmente’. Spesso si arrabbiava, soprattutto quando parlava di politica, ma non passava mai alle vie di fatto. E’ stato trattato come un ‘appestato’ senza esserlo. Era sempre dedito alla lettura, collezionava libri, altro che violento. Diceva semplicemente che non si fidava di nessuno, soltanto di se stesso. Pensa che una maestra ha raccontato che Francesco in fondo era buono come i bambini, per questo era ben visto da loro».
Peppino Galzerano, amico e conoscente da tanti anni di Francesco, aggiunge, irato e incredulo: «È incredibile quanto avviene nel nostro paese. Non è che si può tacere di fronte a tanta offesa per la dignità umana. Non è possibile che un uomo entri in un ospedale, cioè il luogo adibito alle sue cure, e ne esca cadavere in un modo così atroce. Un epilogo della storia che nessuno di noi, amici e parenti, poteva immaginare».
I conti che non tornano
Ma cos’è veramente avvenuto in quei quattro giorni maledetti in cui si
è decisa la vita di un uomo in un posto che dovrebbe essere adibito piuttosto alla sua salute? Intanto già dalla mattina di quel 31 luglio 2009 le cose hanno lasciato più di un sospetto in tanti. Il suo internamento coatto era stato ordinato dal sindaco di Pollica senza che mai si sarebbe capito il perché. Il fermo è poi avvenuto in un altro paese senza che il sindaco di San Mauro fosse avvertito e investito del caso. Altra curiosa cosa quella mattina, se si pensa che parliamo di un fermato per malattia del tutto pacifico, è lo straordinario spiegamento di forze: carabinieri in terra ferma e guardia costiera in mare. “Catturato”, questo è il termine più giusto da usare, viene portato nel reparto Tso (trattamento sanitario obbligatorio) dell’ospedale di Vallo della Lucania e lì tenuto per quattro giorni legato a un letto di contenzione, come si usava nei vecchi manicomi. È terribile ciò che tutti hanno potuto vedere grazie al video della telecamera a circuito chiuso dell’ospedale, prova schiacciante contro i medici e gli infermieri. Un video trasmesso su RaiTre e che circola su YouTube: un uomo che viene brutalmente legato a un letto che neanche lo contiene (Francesco è alto quasi due metri e per questo soprannominato affettuosamente “il maestro più alto del mondo”), che cerca di divincolarsi e chiedere aiuto per ben quattro giorni, che viene lasciato solo, e che mano a mano si divincola sempre di meno in preda agli effetti dei sedativi e alla rassegnazione che prende il sopravvento fino alla morte. Un video choc, non c’è alcun dubbio. Una visione davvero insopportabile che griderebbe vendetta in qualsiasi paese civile. Che inchioda tutte le persone democratiche e sensibili a domande decisive sul nostro paese, sulla sua civiltà in declino, sull’afasia della nostra democrazia. La società politica e quella civile ha altro a cui pensare? È sembrato di sì, in quei giorni. Ma, grazie a dio, la storia terribile di Francesco è diventata ormai caso nazionale e internazionale. Si sta coagulando attorno alla sua figura un movimento che sta già facendo sentire la sua voce nelle sedi istituzionali e che conta di portare a una prima sintesi il suo impegno in occasione del processo di Vallo della Lucania.
Il “Comitato verità e giustizia per Francesco Mastrogiovanni” ha approntato un sito (www.giustiziaperfranco.it), dove si leggono anche denunce dettagliate di medici. In un’appassionata difesa della vita e della dignità di Francesco, con argomenti di tecnica medica del corretto intervento in casi analoghi, scrive la dottoressa Agnese Pozzi: «Troppo facile legare un paziente in agitazione psicomotoria al letto, eventualmente sedarlo e lasciarlo a morire! Perché se non si tratta di pure cause psichiatriche ma organiche, e queste non vengono trattate, è sicuro che il paziente muore. È altrettanto sicuro che muore quando viene lasciato per giorni interi in una posizione forzata non agevole all’ossigenazione e al ritorno del sangue al cuore, com’è accaduto per il povero Francesco Mastrogiovanni». Il Tso era stato stabilito per 7 giorni a partire dalla data del ricovero e contempla controlli accurati del paziente. Ma per ben 80 ore Francesco è stato lasciato del tutto solo, sedato e legato mani e piedi al letto. E’ atroce immaginare che le telecamere a circuito chiuso trasmettevano ai medici e agli infermieri il suo stato di agitazione e nessuno ha visto (o voluto vedere), nessuno ha sentito un minimo di pietà. Tranne, si vede nel video, una inserviente che passa ad asciugare una piccola pozza di sangue che si è formata a terra vicino al letto, causata dai movimenti forsennati e dallo sfregamento sulla pelle del braccialetto che Francesco portava al polso. Nella notte fra il 3 e il 4 agosto, la sofferenza di Francesco, come appare nitidamente dal video, è davvero disumana. La mattina del 4 si vede un Francesco immobile, con la bocca semiaperta e ormai senza vita. Nel referto medico, dopo l’autopsia, la causa della morte è imputabile a edema polmonare, causato dal condizionamento a cui era stato sottoposto.
Torino in movimento
Grecia: a pagare la speculazione finanziaria non devono essere i lavoratori
Festa della Liberazione non della libertà. Silvio Berlusconi ci prova
In un discorso televisivo al paese, Silvio Berlusconi oggi chiama la festa del 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo, più genericamente: festa della libertà.
Non abbiamo bisogno di feste della libertà, abbiamo bisogno di non dimenticare la lotta di resistenza degli italiani contro il mostro fascista e nazista. Abbiamo bisogno di resistenza ancora oggi, quel mostro è infatti ancora tra noi…
Berlusconi ci prova… ma quello che ha fatto oggi in televisione è solo uno squallido tentativo di manipolazione mediatica di evento festivo a scopi propagandistici. VERGOGNA! Chi di voi paga ancora il canone RAI?