VERITA’, GIUSTIZIA, RISARCIMENTO PER IL POPOLO CONGOLESE
50 anni dopo il suo assassinio, perpetrato il 17 gennaio del 1961, Patrice Lumumba continua ad essere il simbolo della lotta panafricana per l’ indipendenza del Congo e per l’emancipazione dei popoli. La sua lotta continua ad essere fonte di ispirazione in tutto il mondo. Il Primo Ministro del Congo, paese che aveva appena raggiunto l’indipendenza, eletto democraticamente dal popolo congolese con grande sorpresa del governo belga che aveva organizzato le elezioni, venne ucciso sei mesi dopo, insieme ad altri suoi compagni, tra i quali Joseph Okito, presidente del Senato, e Maurice Mpolo, ministro dello Sport. Avevano osato liberare il loro paese dal giogo coloniale e neo-coloniale.
Sono numerose le prove delle responsabilitá dei governi del Belgio e degli Stati Uniti tra gli altri, nell’isolamento e nella caduta del governo di Lumumba e nell’ insediamento del generale Mobutu , dittatore corrotto al servizio dei governi occidentali e delle loro multinazionali.
Per la democrazia del Congo e per la democrazia belga consideriamo essenziale che cessi la disinformazione e l’impunitá che riveste questi crimini contro l’umanità e che le vittime e le loro famiglie , ma anche il popolo belga e congolese abbiamo finalmente diritto alla verità, alla giustizia e al risarcimento.
VERITA´!
- Esigiamo che gli archivi coloniali siano resi pubblici completamente
- Nessuna censura deve persistere sulla responsabilità dello Stato belga e dei diversi attori che hanno partecipato in un modo o nell’ altro all’assassinio del primo ministro, Patrice Lumumba e dei suoi ministri e compagni
GIUSTIZIA!
- I crimini contro l’umanità sono imprescrittibili, va fatta giustizia. Appoggiamo soprattutto la denuncia presentata dalla familia di Patrice Lumumba contro dodici belgi sospettati di aver partecipato al sequestro, alla tortura e all’ omicidio di Patrice Lumumba e dei suoi compagni.
- I meccanismi che debilitano la sovranità economica e finanziaria della Repubblica Democratica del Congo reclamata da Lumumba devono essere smantellati, la risoluzione approvata dal Senato del Belgio il 29 marzo del 2007 sul debito deve essere applicata e il saccheggio delle risorse naturali da parte delle multinazionali belghe e altri paesi deve cessare.
RISARCIMENTO!
- Il governo belga e i differenti attori di questi molteplici omicidi devono riconoscere e ammette la loro responsabilità sia volontariamente che per azione della giustizia;
- Chiediamo alle autorità che portino avanti una politica attiva di riabilitazione della memoria di Lumumba e dei suoi compagni e compagne che hanno lottato per l’emancipazione africana: correggendo i testi scolastici, organizzando una mostra sul tema nel 2011, aprendo una sezione speciale al Museo Reale dell’ Africa Centrale a Tervuren e dedicando alla sua memoria un luogo o un’istituzione facilmente accessibile a Bruxelles;
- Seguendo le raccomandazioni della commissione parlamentare belga del 2001 e le promesse delle autorità belghe, chiediamo che sia istituita la fondazione di Patrice Lumumba e che sia dotata di risorse adeguate tenendo in conto i ritardi.
RIFIUTIAMO L’ IMPUNITA´
RENDIAMO OMAGGIO AI LOTTATORI PER LA LIBERTA´E L’INDIPENDENZA!
APPOGGIAMO LA LOTTA DEL POPOLO CONGOLESE PER LA SUA SOVRANITA´, INTEGRITA´DEL SUO TERRITORIO E LA DIFESA DELLE SUE RISORSE NATURALI!
Per appoggiare queste rivendicazioni convochiamo una manifestazione a Bruxelles Domenica 16 gennaio 2011
Ore 14 Place du Tr Trône (métro Trône)
di Edo Dominici
Il leader del Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (Mend), Henry Okah, sotto processo per traffico di armi e tradimento, ha accettato l’offerta di amnistia fatta dal governo, lo ha confermato oggi il suo avvocato, Femi Falana.
Falana ha detto oggi che non sa quando il leader dei ribelli sarà rilasciato e precisando che “questo dipende da ciò che il governo decide”, ma ha espresso fiducia nel fatto che “succederà molto presto”.
“Henry Okah ha accettato l’amnistia incondizionata offerta dal Presidente Yar’Adua,” ha dichiarato l’avvocato e difensore dei diritti umani alla AFP.
” Okah è preoccupato per il deterioramento del suo stato di salute in carcere e vuole essere al più presto liberato”.
Falana ha detto che il suo cliente “non ha ancora firmato alcun documento formale per la sua accettazione dell’offerta di amnistia ma sono in corso i colloqui tra i funzionari del governo e i suoi avvocati sui dettagli della sua liberazione”.
Un altro dei legali di Okah, Wilson Ajuwa, ha fatto lo stesso annuncio, senza chiarire se questo passo vincoli anche il Mend che nei giorni scorsi ha continuato ad attaccare gli impianti delle compagnie straniere nel delta del Niger. Il governo “gli ha offerto l’amnistia ieri e Okah l’ha accettata”, ha spiegato l’avvocato, aggiungendo che “stiamo per raggiungere l’accordo. Spero che tutto sia risolto la prossima settimana”.
Al momento non ci sono reazioni ufficiali alla notizia della possibile liberazione del loro leader da parte del Mend.
La liberazione di Henry Okah era la precondizione posta dal movimento per l’inizio di “qualsiasi” trattativa per portare la pace nella tormentata regione ricca di petrolio.
Molto probabilmente l’annuncio di oggi fermerà gli attacchi del Mend alle compagnie petrolifere e si attenderà la liberazione di Okah per “verificare” la reale volontà del governo di avviare una vera trattativa di pace nella regione sulle base delle richieste del movimento.
Potrebbe essere il primo piccolo passo vero la soluzione di un conflitto nato dalla “tragedia umana” della popolazione del delta del Niger colpevole di vivere nella regione più ricca di risorse del paese e privata di tutto quello che serve per vivere.
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Prosegue l’uragano “Piper Alpha”, la guerra dichiarata dal Mend agli impianti petroliferi del delta del Niger. Dopo i devastanti attacchi dei giorni scorsi agli impianti nel Delta State della Chevron, da ieri gli attacchi, come anticipato dal gruppo ribelle si sono estesi allo Stato di Bayelsa. Dopo l’attacco alla Shell questa notte i militanti hanno distrutto un importante oleodotto dell’Agip (Eni).
Attaccato un impianto Agip nella regione di Bayelsa, nel sud della Nigeria. La responsabilità dell’azione è stata rivendicata dal Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger. Un comunicato ha annunciato che ” l’oleodotto è stato distrutto ”.
Il Mend aveva esortato le numerose compagnie petrolifere straniere che operano nel delta del Niger a evacuare il loro personale dopo che il 7 giugno scorso, i ribelli avevano proclamato la ”guerra del petrolio”. Dopo l’evacuazione del personale deciso ed attuato dalla Chevron mercoledì 17 il gruppo aveva esortato le altre compagnie a seguirne l’esempio per evitare il rischio di vittime civili.
Al momento l’Eni non ha rilasciato dichiarazioni sull’accaduto.
Puntuale invece il comunicato di rivendicazione del Mend, pubblicato integralmente da Saharareporters:
“Un importante oleodotto che fornisce greggio per l’esportazione al terminale di Brass è stato fatto esplodere a Nembe Creek nello Stato di Bayelsa questa mattina Venerdì, 19 giugno 2009 verso le h.3.00 da combattenti pesantemente armati del Movimento per l’emancipazione del delta del Niger (Mend) .
Il gasdotto appartiene all’ Agip (ENI). I nostri combattenti hanno intercettato un’imbarcazione militare e tutti i sette soldati a bordo sono stati disarmati. Le armi a bordo sono state prese dai combattenti e l’imbarcazione è stata fata esplodere.
I soldati hanno chiesto di essere risparmiati e lo abbiamo fatto”. Nel comunicato del Mend, firmato dal portavoce Jomo Gbomo, anche un appello alla popolazione per identificare i due fratelli uccisi barbaramente dall’esercito e ripresi da un video.
“Vogliamo approfittare di questa occasione per chiedere alla popolazione tra Bonny e Port Harcourt di guardare il video delle uccisioni extra giudiziarie da parte della JTF di Boma e di suo fratello su You Tube per rintracciare la famiglia e gli amici in modo che denuncino gli autori del reato che la JTF sta cercando di insabbiare”.
Più o meno un anno fa, le strutture di pompaggio dello stesso impianto Agip (Eni) furono danneggiate e tratti dell’oleodotto fatti esplodere. La comunità Ijaw spiegò che l’azione di forza era stata decisa per protestare contro le condizioni di vita della popolazione. Il Mend rivendica il diritto su una quota dei proventi delle compagnie petrolifere da ridistribuire tra gli abitanti più poveri della regione.
Vedi anche:
Il Mend attacca l’oleodotto dell’Enidi Enzo Mangini su Carta.
Interessante notare che la Reuters definisce il Mend un “gruppo politico”.
L’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, è stato insignito pochi giorni fa del premio Corporate Social Responsibility Award 2009, assegnato dalla FPA — Foreign Policy Association alle aziende e alle personalità distintesi nella responsabilità sociale di impresa e nel contributo allo sviluppo sostenibile delle aree in cui operano.
Nel ricevere notizia del premio — che verrà consegnato durante una cerimonia di premiazione a New York — l’amministratore delegato ha sottolineato la soddisfazione dell’impresa italiana, ribadendo che “esso testimonia il forte impegno dell’ENI per la responsabilità sociale, che è parte integrante della storia dell’impresa, sin dai tempi di Mattei”.
Probabilmente la FPA – che dal 1918 si occupa prevalentemente di studiare e divulgare informazioni sulla politica estera degli Stati Uniti e su questioni di interesse globale — ha dimenticato, prima di decidere di assegnare il premio all’impresa petrolifera nostrana, di monitorarne l’operato nei circa 70 paesi in cui è presente, dove forti sono i dubbi sulla sostenibilità ambientale e sociale delle attività estrattive.
In Nigeria ad esempio, in particolare sul delta del fiume Niger, l’impatto delle perforazioni petrolifere — cui da principio partecipa l’ENI — ha causato contaminazione del terreno e dei corsi d’acqua, distruzione dell’ecosistema di mangrovie, sfollamento e persecuzione di milioni di abitanti che traevano dalle fertili terre del delta la loro sussistenza, oltre che numerosi massacri operati dalle forze armate per difendere gli interessi delle imprese dall’opposizione delle comunità danneggiate.
Gli enormi proventi dell’estrazione e commercializzazione degli idrocarburi estratti sul delta, hanno rimpinguato le casse delle grandi multinazionali del petrolio, tra cui l’ENI, e dei ricchi e corrotti funzionari nigeriani, ma nessun meccanismo di redistribuzione reale della ricchezza prodotta è stato adottato per beneficiare la popolazione gravemente danneggiata dalle attività estrattive.
Oltre a ciò l’ENI – così come gran parte delle multinazionali presenti nella regione – utilizza in Nigeria e in altri paesi pratiche vietate in Europa: tra esse il Gas Flaring, che consiste nel bruciare a bordo-pozzo il gas di scarto. Tale pratica, altamente inquinante, ha reso la Nigeria il primo paese al mondo per inquinamento da CO2 causato da Gas Flaring.
Nei mesi scorsi l’esercito ha dato il via ad una offensiva feroce in alcuni stati dell’area del Delta, con la scusa di fermare le azioni dimostrative del Mend, Movimento di Emancipazione del Delta del Niger, levatosi in armi per chiedere una equa distribuzione dei proventi del petrolio e una giusta compensazione per la devastazione della regione. Il bilancio delle vittime è incerto, mentre certo è che sono stati uccisi in maniera indiscriminata centinaia di civili.
Pochi giorni fa è stato diffuso un
video-shock che mostra senza possibilità di equivoci le barbarie commesse dalle forze armate nigeriane, che non esitano a massacrare civili innocenti.
La nostrana Eni continua a fare affari lucrosi con quel governo, colpevole di un genocidio perpetrato da ormai mezzo secolo. Sono forse tenuti in conto il concorso in violazioni di diritti umani, sfollamento massivo, contaminazione insanabile di una intera regione nelle credenziali per l’assegnazione del premio per la responsabilità sociale d’impresa?
La Nigeria costituisce forse l’esempio più eclatante di violazione dei diritti umani, civili, politici, economici e sociali; di impatti ambientali disastrosi causati da imprese petrolifere come l’ENI che restano nel tempo ferite aperte nella società nigeriana. Molti altri casi di violazioni similari sono tuttavia rintracciabili (grazie sopratutto alle denunce di organizzazioni internazionali e all’opposizione delle comunità coivnolte) in altre regioni del globo: medio oriente, america latina, europa e in molti altri paesi dell’africa sub sahariana.
Redazione A Sud
Qui di seguito il codice etico dell’ENI:
Eni si impegna a contribuire allo sviluppo e al benessere delle comunità in cui opera perseguendo l’obiettivo di garantire la sicurezza e la salute dei dipendenti, dei collaboratori esterni, dei clienti e delle comunità interessate dalle attività stesse e di ridurre l’impatto ambientale.
Si tengono su Radio Onda Rossa una serie di puntate che avranno per tema la Nigeria e la lotta del MEND (il movimento per la liberazione del Delta del Niger) rispetto alle multinazionali del petrolio.
Per aggiornamenti costanti si possono visitare i siti Porta Metronia e A Sud. Qui di seguito saranno disponibili invece i link ai file audio delle trasmissioni.
Audio trasmissione del 10 Giugno 2009
Audio trasmissione del 17 Giugno 2009 con l’intervento di Enzo Mangini di Carta
Ricordo che domani mattina su Radio Onda Rossa la seconda puntata della serie di trasmissioni sulla Nigeria e il Mend. Alle 11.
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Un video di soldati nigeriani che uccidono due fratelli disarmati nel delta del Niger. Il Mend condanna le esecuzioni definendole “crimini di guerra” e richiede un’inchiesta internazionale.
Proseguono gli attacchi del gruppo ribelle agli impianti petroliferi.
Lunedì la Chevron aveva confermato danni all’oleodotto Makaraba-Utonana-Abiteye e un incendio all’impianto Makaraba Jacket 5 nello Stato del Delta. Ieri i militanti hanno colpito la stazione di Abiteye sempre gestita dalla Chevron, “provocando un altro problema ai sistemi sfociato in un vasto incendio che sta consumando l’intero impianto”, dice un comunicato del Mend. Non è stata possibile per il momento una verifica indipendente in assenza di comunicati della compagnia.
Un filmato pubblicato da diversi siti internet di giornali Nigeriani, in cui soldati della JTF uccidono sommariamente due fratelli, sta mettendo fortemente in imbarazzo il governo nigeriano. Il portavoce della JTF Abubakar ha parlato di “trovata propagandistica del Mend” e di “montatura”. Diverso l’atteggiamento del Ministro degli Esteri Ojo Maduekwe che oggi a Washington per manifestazione internazionale ha dichiarato che il “governo nigeriano sta indagando sulle esecuzioni sommarie ed extragiudiziali nel Delta del Niger”. “”Noi non tolleriamo violazioni dei diritti umani. Noi indagheremo su questo video e se sono stati commessi dei crimini i responsabili saranno puniti “.
Nel video pubblicato su Youtube – secondo quanto riferisce TheTimesofNigeria.com — si vede un uomo giovane disteso sul pontile vicino una vedetta della marina e accanto al corpo senza vita di suo fratello. L’uomo invoca per la sua vita, mentre circa 20 soldati nigeriani sono intorno a lui e gli fanno domande.
Uno dei soldati chiede in inglese “guardare la fotocamera?” Un altro soldato chiede: “Chi siete?” Poi si vede che il ragazzo impaurito sta toccando il corpo senza vita di suo fratello con la mano destra.
Il soldato nigeriano ripete l’ordine “Chi sei?”
L’uomo risponde “Boma”
“Da dove vieni ?” Chiede il soldato
“Bonny” risponde l’uomo. Poi il soldato gli spara alla testa e l’uomo muore all’istante.
Nella sua reazione, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) chiede che alla Corte internazionale di giustizia, ad Amnesty International e a Human Rights Watch, di condurre una inchiesta giudiziaria su questo “crimine di guerra”.
In una petizione inviata alle organizzazioni, all’ex presidente americano Jimmy Carter, al Senatore americano Russ Feingold, il Mend , ha dichiarato:
“Avete visto il nastro di un omicidio extra giudiziario di due fratelli, di recente, nel delta del Niger. Questa pratica è coperta con l’impunità e viene negata dal governo e dall’esercito nigeriano.
“Non passa giorno senza che un incidente come quello che avete visto nel video. Le distruzione di proprietà e il bombardamento indiscriminato di civili da parte delle folli formazioni militare può essere lasciato alla vostra immaginazione.
“E in mezzo a queste brutalità che le major del petrolio svolgono le loro attività. Questa è la vera definizione “sangue del petrolio”, che il mondo deve condannare.
“Ci appelliamo alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale per indagare su questo crimine di guerra e per consegnare i responsabili alla giustizia.
“Noi vogliamo una commissione internazionale guidata dalle Nazioni Unite per condurre un’indagine sui crimini di guerra contro il nostro popolo da parte dello Stato nigeriano”. La dichiarazione è stata firmata da Jomo Gbomo.
L’ esecuzione di Ken Saro Wiwa, poeta e attivista per la difesa dei diritti umani, e di altri otto militanti del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop), da lui fondato nel 1990, avvenuta per mano di un gruppo di paramilitari il 10 novembre 1995, fu decisa dal regime dittatoriale nigeriano di Sani Abacha per reprimere la battaglia che il leader ambientalista da tempo stava portando avanti contro lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e in difesa del popolo Ogoni.
Da Ogoniland, il territorio del Delta del Niger dove questi vivono e dove sorgevano gli impianti della multinazionale anglo-olandese Shell, in 30 anni sono stati estratti 30 miliardi di dollari di petrolio, senza che gli abitanti di quella zona ne traessero alcun beneficio. Anzi,quella zona ha subito nel tempo una devastazione ambientale spaventosa e permanente, restandone definitivamente compromessa, tanto che il Delta del Niger è una delle aree più inquinate del mondo.
La Shell inoltre, per difendere le proprie attività estrattive e il proprio personale presente nella zona, negli anni scorsi ha finanziato ed armato gruppi di paramilitari, nonché la stessa polizia nigeriana, come hanno ammesso anche alcuni suoi funzionari.
Il governo nigeriano, finanziato economicamente e militarmente dalla multinazionale del petrolio ha commesso contro il popolo Ogoni numerose e documentate violazioni dei diritti umani: dalle detenzioni arbitrarie, alle torture, agli omicidi e ai sequestri, come accadde nel caso di Ken Saro Wiwa e dei suoi compagni, barbaramente torturati e infine impiccati dopo un sommario processo in cui senza nessuna prova furono accusati dell’omicidio di 4 Ogoni.
Proprio in questi giorni, ben quattordici anni dopo, si apre a New York il processo contro la Royal Dutch Shell, accusata di complicità con l’allora regime dittatoriale nell’uccisione di Ken Saro Wiwa. Se si confermassero le accuse sarebbe questo uno dei primi casi di condanna per violazione dei diritti umani di una multinazionale.
Si sono dichiarati parte civile il figlio di Ken Saro Wiwa, Ken Wiwa jr, e il fratello Owens Wiwa, che ha denunciato a sua volta la multinazionale per aver subito lui stesso torture, detenzione illegale e infine per essere stato costretto all’esilio.
La Shell ha sempre respinto tutte le accuse, tuttavia dalla morte di Ken Saro Wiwa non è più riuscita ad operare in Nigeria per le fortissime proteste della popolazione.
Oggi la resistenza nella zona del Delta del Niger continua, sebbene in forma diversa: il MEND (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger) porta avanti, pur se con altri metodi, sicuramente diversi dalla disobbedienza civile dei militanti non-violenti del MOSOP, la legittima battaglia per la liberazione del Delta del Niger, una delle regioni più ricche della Terra e abitata da uno dei popoli più poveri del pianeta.
di Edo Dominici per A Sud
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Nigeria: Delta del Niger, combattimenti proseguono, ma per il governo “conflitto finirà presto”. Mend: Abbiamo fatto esplodere due oleodotti e cinque “flow-station”della Chevron. Eni – 50 mila barili /giorno. Il governatore del Rivers State: “Militanti combattono per una giusta causa”.
Secondo i quotidiani locali, sarebbero più di mille e cinquecento le persone appartenenti a diverse comunità della regione, in gran parte civili, uccise nei primi dieci giorni dell’offensiva dell’esercito nigeriano. È impossibile verificare la situazione nei villaggi della regione, dove ci sarebbe i civili morti e migliaia di rifugiati, poiché l’accesso ai luoghi teatro dell’operazione militare è fortemente limitato. Il Mend nella notte ha fatto saltare due oleodotti e cinque stazioni di pompaggio della Chevron. Scaroni (ENI) “Abbiamo chiesto la force majeure su 50.000 barili” in Nigeria.
Le forze armate della Nigeria hanno reso noto nel fine settimana di aver liberato diversi cittadini filippini in ostaggio dei gruppi ribelli, ma in un comunicato diffuso oggi il Mend ha smentito questa informazione, chiarendo di aver rilasciato tre ostaggi filippini come annunciato in un precedente comunicato.
Nella nota del Mend si legge anche ”Attorno alle 2 di oggi combattenti del Mend hanno distrutto importanti tronconi degli oleodotti. L’impianto della Chevron nel Delta del Niger e’ fuori uso. Colpite anche 5 stazioni di pompaggio per bloccare il rifornimento di greggio agli impianti della società petrolifera Chevron”. Le stazioni di pompaggio colpite sono quelle ad Alero Creek, Otunana, Abiteye, Makaraba e Dibi. Nel testo si afferma che questa sarà ora “la modalità standard” delle operazioni del Mend, in risposta alle operazioni delle forze governative nell’area. La notizia trova successive conferme, prima nelle dichiarazioni dell’Amministratore Delegato dell’ENI, Paolo Scaroni, che questa mattina, a margine del G8 Energia ha dichiarato: “Abbiamo chiesto la force majeure su 50.000 barili” in Nigeria, in seguito agli attacchi che hanno riguardato l’area del Delta del Niger. “Per ora sappiamo poco, quello che sappiamo e’ che hanno attaccato un impianto Chevron”, ha aggiunto Scaroni, spiegando di non poter prevedere l’impatto dell’ultima ondata di attacchi del Mend.
Sempre questa mattina i militari nigeriani hanno confermato gli attacchi agli oleodotti della regione, rivendicati dal Mend in risposta all’offensiva militare contro i militanti.
“Vogliamo informare il pubblico che … (il leader del Mend) Kingsley Opuye e il suo gruppo di militanti hanno fatto esplodere questa mattina il gasdotto della Chevron a Abiteye. Si tratta di un atto di sabotaggio che non potrà essere perdonato” ha detto il portavoce della Joint Task Force militare nella regione, Col. Rabe Abubakar.
Nella nota il Mend sostiene che i suoi militanti sono rientrati senza colpo ferire nel cosiddetto “campo 5”, che l’esercito aveva riferito di aver conquistato nei giorni scorsi e dove secondo i servizi di sicurezza si nascondeva uno dei leader del Movimento, Government Ekpemukpolo conosciuto come “Tompolo”.
“L’Unità speciale dell’esercito nigeriano (Joint task force, Jtf) – si legge nella nota firmata dal portavoce del Mend, Jomo Gbomo – ha inseguito le ombre nelle ultime due settimane e non ha ottenuto alcun successo militare, noi continueremo con la nostra tattica del gatto con il topo finché non cesserà del tutto l’esportazione di petrolio”.
Intanto il Parlamento nigeriano (la camera bassa) ha votato una mozione che richiede al Presidente Yar’Adua di estendere gli attacchi delle forze speciali dell’esercito (JTF) ai campi del Mend ( che secondo diversi rapporti sono circa 500) in tutti gli Stati del Delta.
Torna a farsi vivo anche il Vice-presidente nigeriano di origine Ijaw, Goodluck Jonathan, le cui dimissioni sono state chieste nei giorni scorsi da diverse personalità di spicco della comunità Ijaw (14 dei 20 milioni di abitanti del delta sono di etnia Ijaw) e dal portavoce del JRC (Join Revolucinary Council) Cynthya White, che coordina l’attività dei gruppi armati. Durante la visita in Nigeria del primo ministro francese Francois Fillon, la seconda carica dello Stato nigeriano, in una dichiarazione all’agenzia di stampa nazionale Nan, ha detto che il conflitto nella regione ricca di petrolio finirà nei prossimi giorni.(?!?). “Il governo – avrebbe dichiarato Jonathan – non ha intenzione di punire nessuno, ma piuttosto integrare le popolazioni della regione per gestire tutti insieme le risorse, che siano essi militanti o giovani”.
Forte invece la presa di posizione del governatore dello Stato del Rivers, Chibuike Rotimi Amaechi, che durante un incontro con gli ambasciatori stranieri e con i governatori degli stati del Delta del Niger ha dichiarato “i militanti combattono per una giusta causa”. “I militanti del Delta del Niger sono stati costretti a impugnare le armi contro lo Stato dai lunghi anni di emarginazione, ingiustizia e dalla mancata attuazione di politiche in materia di sviluppo della regione”.
La confusione delle notizie, vere o presunte tali, regna sovrana. Due soli dati certi: la produzione nigeriana di petrolio, secondo le dichiarazioni dello stesso Ministro del petrolio, è dimezzata, e gli attacchi continuano, con effetti catastrofici sull’intera economia nigeriana. Migliaia di civili innocenti continua a soffrire per gli sconsiderati attacchi della JTF, che cerca di risolvere “manu militari” un problema essenzialmente politico. Che ruolo giochino le potenti ed in fluentissime major petrolifere sul conflitto in corso non è dato sapere.
Altra notizia certa riguarda l’ENI, che in Nigeria potrebbe produrre circa 150 mila barili al giorno, la Società italiana già nei mesi scorsi non riusciva a produrre più di 120–125 mila barili a causa dei danni agli impianti causati dagli attacchi. La scorsa settimana era stata dichiarata la clausola di “force majeure” per 9 mila barili, se sommiamo i 50 mila di questa mattina e facciamo due conti ci accorgiamo che la compagnia petrolifera “guidata” dallo Stato stà perdendo ogni giorno metà della sua produzione prevista… in silenzio, in mezzo a un conflitto. Ma i tanto decantati rapporti dell’Eni con le “comunità locali” ?
“…Loro vivono lì e noi qui. Già. Oggi mentre tornavo a casa guardando gli stranieri ed in particolare gli africani alle fermate dell’autobus pensavo che una volta si andava dall’Europa a prenderli con le navi mentre ora per diventare “schiavi” come i loro antenati devono pure pagarsi il viaggio su barconi fatiscenti…Così va il mondo, purtroppo, nell’indifferenza generale, in una sorta di egoismo legalizzato e il dramma che ogni giorno va in scena in tutti i Delta del Niger del mondo sembra proprio non appartenere a nessuno…” (un commento sul sito Portametronia)
di Edo Dominici per A Sud
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Nel Delta State l’esercito attacca un campo del Mend sarebbero almeno 200 i militanti uccisi, tra loro potrebbe esserci Government Ekpemukpolo alias Tompolo . Ucciso da un “colpo vacante sparato dall’esercito” uno degli ostaggi filippini.
Una giornata di combattimenti e comunicati, di morti reali o presunti ‚di vittorie schiaccianti e di smentite, in una regione nella quale i giornalisti non sono tollerati dall’esercito e dove spesso anche i rari quotidiani locali hanno difficoltà a verificare sul campo quanto sta realmente accadendo. Il bilancio degli scontri di venerdì, secondo il Vanguard , tra civili, soldati e militanti potrebbe essere di oltre 250 morti.
Il Movimento per l´emancipazione del delta del Niger (Mend) oggi ha ribadito la dichiarazione di «guerra totale» in tutta la regione del Delta del Niger.
«Il Mend dichiara guerra nella regione e invita tutti gli uomini adulti a sostenere la lotta per la nostra libertà – si legge in una dichiarazione pubblicata dai media nigeriani — Le forze armate nigeriane venerdì hanno eseguito bombardamenti aerei indiscriminati sulla popolazione civile inerme nella zona di Gbaramatu nel Delta State come punizione per l´umiliante sconfitta subita quando mercoledì 13 maggio quando i reparti della JTF (le forze speciali dell’esercito nigeriano) hanno cercato di assalire con un raid due campi di militanti.
Le vittime del bombardamento sono soprattutto donne, bambini e anziani che non sono potuti fuggire rapidamente nella boscaglia o in mare aperto. Considerato che questi sono i bersagli presi di mira dal governo per difendere la sua falsa pace e la finta proposta di amnistia, il nostro scetticismo si è rivelato più che corretto. Ribadiamo ancora una volta il nostro ordine a tutte le compagnie petrolifere di evacuare entro il termine della mezzanotte di oggi (Venerdì) e di cessare la produzione di petrolio fino a nuovo avviso. Questa è l´ultima volta che un tale avviso viene rilasciato».
Oggi la marina e l’esercito nigeriano hanno nuovamente attaccato i militanti del Campo 5 del Mend, comandato da Tom Polo, lungo il Chanomi Creek nel Delta, lo stesso attaccato mercoledì . Secondo Jonjon Oyeinfe, ex leader del Ijaw Youth Council, scontri sono in corso anche sul fiume nelle vicinanze del terminale della Chevron di Forcados.
Il portavoce dell’esercito, il colonnello Rabe Abubakar ha detto che le forze armate nigeriane hanno attaccato il Campo 5 con mezzi pesanti compresi cannoni e copertura aerea «per scovare i criminali dopo il dirottamento di due petroliere (tra cui la MV Spirit), gli attacchi contro i soldati e le minacce alle imprese petrolifere perché evacuassero il loro personale nel corso degli ultimi giorni. La task force militare non può alzare le mani e consentire che questo tipo di eventi continuino».
Secondo il portavoce dell’esercito l’operazione ha avuto inizio a Oporoza dove c’era poca resistenza all’attacco dei militari. Il conflitto a fuoco è avvenuto dopo che i militanti hanno lasciato il grande Campo 5.
Dopo il raid ad Oporoza i soldati si sono trasferiti vicino Kunukunuma e Okerenkoko, tutto intorno alle insenature di Chanomi dove i militanti si sarebbero ritirati.
Secondo il colonnello Abubakar il comandante dei militanti del Campo 5 Government Ekpemukpolo alias Tompolo potrebbe essere rimasto ucciso, ma la notizia non può essere verificata. Sempre secondo il portavoce militare i militanti uccisi sarebbero più di 200.
In serata Jomo Gbomo portavoce del Mend ha comunicato che durante l’attacco uno degli ostaggi, tutti di nazionalità filippina, è rimasto ucciso colpito da una pallottola vacante sparata dall’esercito.
Intanto la direzione della Shell Petroleum Development Company (SPDC) ha riferito che ha cominciato ad evacuare il proprio personale dalla travagliata area mentre la Chevron Nigeria Limited (CNL) ha dato delle restrizioni alla circolazione dei lavoratori all’interno degli impianti.
Difficile dire cosa sta realmente accadendo e dove possa portare questo conflitto. Tra comunicati e smentite di vittorie vere o presunte c’è la certezza di 20 milioni di civili che vivono con meno di un dollaro al giorno in una zona ricchissima di petrolio e sono spesso loro le vittime inermi del conflitto che ormai rischia di coinvolgere tutte le comunità e gli Stati del delta del Niger.
In questi tre giorni i combattimenti si sono svolti tutti nel Delta State, ora il rischio concreto che la “guerra del petrolio” si estenda agli altri Stati della regione è sempre più concreto, soprattutto nel Bayelsa e nel Rivers dove ci sono numerosi gruppi affiliati al Mend.
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Questa invece è un’agenzia Apcom sulla situazione rispetto all’Italia:
Roma, 13 feb. (Apcom) - Il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) rilancia gli attacchi contro la compagnia petrolifera italiana Agip in Nigeria e alza il tiro parlando di una “grande guerra del petrolio”. “Il Movement for the Emancipation of the Niger Delta (Mend) è venuto a sapere che un individuo senza scrupoli chiamato ‘Octopus’ (piovra) ha rassicurato l’Agip di poter sventare l’attacco programmato contro le aziende italiane sul Delta del Niger”, ha affermato il portavoce dei ribelli, Jomo Gbomo, in un’email inviata ad Apcom. Quest’uomo — prosegue Gbomo — è la stessa persona che ha “pagato un riscatto con l’aiuto della famiglia Daukoru e il primo pronto a negare pubblicamente di aver pagato un riscatto”. Il portavoce si riferisce a Gladys Daukoru, la moglie dell’ex ministro dell’Energia, Edmund Daukoru, rapita a inizio febbraio a Port Harcourt e rilasciata pochi giorni dopo, secondo il Mend, grazie al pagamento di un riscatto di 2,5 milioni di dollari. Per fugare ogni dubbio, Il movimento dei ribelli nella mail, sottolinea: “Vogliamo ribadire ancora una volta la nostra determinazione a danneggiare gli affari italiani a tempo debito”. Il Mend afferma di aver respinto l’offerta di denaro e la richiesta della “piovra” e dei suoi soci criminali dentro l’Agip per rovesciare la decisione. E non finisce qui. Nel mirino del Mend c’è ancora il ministro degli Esteri Franco Frattini, in tour in Africa in questi giorni: “E’ piuttosto spiacevole che invece di venire in Nigeria con un ramo d’olivo, il ministro italiano abbia scelto di venire con un ‘regalo greco’ che porterà ora a una grande guerra del petrolio”. Le sue affermazioni mostrano chiaramente, ha concluso Gbomo, che “il governo italiano ha scelto ancora una volta di stare con la parte sbagliata come fece Mussolini”. Quando la guerra sarà terminata e il Delta del Niger “emancipato”, il Mend “ricorderà solo quei paesi che sono stati dalla parte della giustizia”.