Hernando Calvo Ospina: La guerra sucia de la Cia
El periodista y escritor colombiano Hernando Calvo Ospina habla sobre su último libro “El Equipo de Choque de la CIA”, donde relata el nacimiento y fortalecimiento de la central de inteligencia estadounidense.
Monsignor Jacques Gaillot: “In Francia regna l’ingiustizia”
Di Hernando Calvo Ospina
Fonte: http://hcalvospina.free.fr/spip.php?article317
Sono pochi i francesi che conoscono il nome della massima autorità della Chiesa cattolica del paese. La stragrande maggioranza di loro sa però chi è monsignor Jacques Gaillot. Uomo estremamente umile, dallo sguardo sereno e dalla voce pacata, che senza enfasi dice quello che vorremmo sentirci dire da molti politici. Nasce l’ 11 settembre del 1935 a Saint-Dizier, una piccola città della Francia. A 20 anni fu costretto a lasciare il seminario per prestare il servizio militare in Algeria, durante la guerra di liberazione contro il colonialismo francese. Racconta che fu una fortuna per lui non aver dovuto imbracciare le armi, perché era stato destinato ai lavori sociali e alla vita nella comunità.
- Monsignor Gaillot, cosa ha significato per lei aver vissuto quella guerra?
Quell’ esperienza cambiò la mia vita. Feci conoscenza con l’ islam, una religione molto diversa da quella cattolica e della quale non ne sapevo niente. Venni a sapere che i musulmani avevano fede in un solo Dio, che pregavano e che erano ospitali. Furono come fratelli per me. Questa interreligiosità influì sulla mia fede. La violenza della guerra mi convertì in un militante della non-violenza. Fondamentalmente l’ Algeria fu come un seminario per me.
- Dopo 22 mesi in Algeria è inviato a Roma e nel 1961 ordinato sacerdote. Nel 1982 fu nominato vescovo della città di Evreux in Francia ma viene sollevato da questo incarico pastorale il 13 gennaio del 1995? Come mai?
Alcuni giorni prima di quella data ero stato chiamato a comparire davanti alle autorità del Vaticano senza conoscerne il motivo. Con mio stupore, nel giro di poche ore fui dichiarato colpevole e in meno di un giorno fu decretata la mia espulsione dalla diocesi. Il cardinale Bernardin Gantin, prefetto della Congregazione dei Vescovi mi propose di firmare le dimissioni e in cambio avrei potuto mantenere il titolo di onorificenza di vescovo emerito di Evreux. Non firmai nulla. Mi nominarono allora vescovo di Partenia (1), una diocesi situata nell’ attuale Algeria, che non esisteva dal secolo V.
Con le mie poche cose lasciai la diocesi di Evreux. Non avevo dove alloggiarmi e mi sistemai per un anno a Parigi in un edificio occupato da famiglie senza dimora e da stranieri senza documenti. Poi fui accolto presso la Comunità dei Missionari Spiritani.
- Cosa spinse secondo lei il Vaticano a prendere questa decisione così drastica? Forse le sue posizioni politiche e il suo impegno sociale? Vediamo: nel 1983 fu uno dei due vescovi che votò contro il testo dell’ episcopato sull’ utilizzo del nucleare come forza di dissuasione. Nel 1985 appoggiò la sommossa palestinese nei territori occupati da Israele e incontrò Yasser Arafat a Tunisi. Nel 1987 invece di partecipare al pellegrinaggio per la Vergine di Lourdes preferì viaggiare fino in Sud Africa per incontrare un militante anti-apartheid in carcere. Nel 1988 dalla rivista Lui sostenne il sacerdozio agli uomini sposati. Lo stesso anno si dichiarò a favore della benedizione agli omosessuali. Il 2 febbraio del 1989 pubblicò sulla rivista Gai Pied un articolo dal titolo “Essere omosessuale e cattolico”. Dal 1994, si è dedicato completamente alle associazioni di sostegno agli emarginati tanto che la chiamano il “vescovo dei senza”: senza documenti, senza domicilio… Non crede che questo sia sufficiente a farsi dei nemici negli ambienti di potere ecclesiastico e civile?
Ancora oggi non ne le ho prove ma fonti affidabili mi hanno confidato che il governo francese, in modo particolare il ministro degli Interni di allora, Charles Pascua, ebbe a che vedere con la decisione del Vaticano. Non dimentichiamo che in Francia questo ministero è quello che si occupa anche delle religioni.
Penso che un mio libro che criticava la legge sull’immigrazione fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il Vaticano e il governo francese vollero isolarmi. Tuttavia, nel 1996 per il primo anniversario della mia partenza da Evreux, alcuni amici crearono in internet l’associazione Partenia (1), facendomi diventare così un “vescovo virtuale”. Il Vaticano non avrebbe mai immaginato che sarei riuscito a dar vita all’ unica diocesi in espansione, con il più grande numero di fedeli al mondo e di differenti lingue.
Ringraziai subito il Vaticano e il signor Pascua perché mi avevano permesso di raggiungere rapidamente l’altra sponda, dove scoprii una nuova vita. Mi sono aperto a più libertà e libero da tutti gli attacchi mi sono pienamente ritrovato in azione con gli esclusi. Posso vivere con la gente, condivido le loro allegrie le loro pene. E’ stato incredibile. Anche se Pascua è indagato per vari reati e la Chiesa perde ogni giorno più fedeli.
- Come considera la Chiesa cattolica al giorno d’oggi?
La Chiesa ci ha insegnato che Dio ha voluto portarci le disgrazie per poi condurci alla rassegnazione. Questo non è cristiano. La Chiesa fa intervenire Dio per obbligarci ad obbedire e a non pensare. Pochi discorsi su Dio mi parlano di lui ma quando qualcuno mi parla degli esseri umani allora mi parla davvero di Dio. L’ Istituzione resta immobile sul suo piedistallo, lontano dal popolo e da Dio. E continuando così la Chiesa si trasformerà in una setta perché molti si stanno avvicinando ad altre religioni. La Chiesa vive un’emorragia
Deve cambiare, modernizzarsi, accettare che le coppie hanno il diritto di divorziare e di usare il profilattico; che le donne possono abortire, che uomini e donne possono essere omosessuali e sposarsi; che le donne possono arrivare al sacerdozio e avere accesso alle alte sfere decisionali; si deve rivedere la disciplina del celibato perché i sacerdoti possano amare come ogni altro essere umano, senza dover vivere relazioni clandestine, come delinquenti.
La situazione attuale è malsana e distruttiva per gli individui e per la Chiesa. Il Vaticano è l’ ultima monarchia assoluta d’Europa. La Chiesa deve accettare la democrazia a tutti i livelli. Si deve cambiare modello perché quello attuale non è evangelico.
- Che pensa della Teologia della Liberazione che si diffuse così tanto in America latina?
Me ne interessai perché è una teologia che parla dei poveri. Non parla della liturgia, né del catechismo e nemmeno della Chiesa, parla dei poveri. Insegna che sono gli stessi poveri che devono prendere coscienza della necessità della loro liberazione.
Io ed altri fummo molto sensibili agli insegnamenti di Don Eleder Cámara in Brasile, un grande teologo(2), del vescovo Leónidas Proaño in Ecuador (3), del vescovo Oscar Romero in El Salvador e di altri sacerdoti soprattutto latinoamericani. Fu un colpo terribile per me quando l’arcivescovo Romero venne ucciso mentre celebrava una messa, il 24 marzo del 1980. Aveva lasciato la Chiesa dei potenti per stare con i poveri. Questa conversione di Mons. Romero mi sembrò ammirevole.
In America latina sono esistiti sacerdoti e religiose che hanno imbracciato le armi (4). Io non mi permetto di giudicarli perché quella è la loro scelta ma non sono d’accordo perché sono un non-violento.
Evidentemente la Teologia della Liberazione è pericolosa per i potenti. Quando i poveri sono sottomessi e accettano il loro triste destino, non c’è nulla da temere, sono una manna dal cielo per i ricchi che possono dormire tranquilli. Ma sei poveri si svegliano prendendo coscienza della loro condizione , convertendosi in attori di cambiamento, questo impaurisce il potere.
Se i poveri prendono la parola nella stessa Chiesa e mettono in dubbio l’Istituzione, è terribile. E la Chiesa dice: Questi sono comunisti! Attenzione! E quindi regolarmente dittatori, governi, repressivi e il Vaticano si alleano per combattere insieme.
Purtroppo non ci sono molti ribelli nella Chiesa perché l’ Istituzione forma all’obbedienza e alla sottomissione.
- Come vede la situazione sociale ed economica in Francia?
Io giudico una società in funzione di quello che fa per i più bisognosi. Ovviamente non ne posso dare che un giudizio severo perché la Francia non rispetta il diritto e l’essere umano.
Per me il problema principale è l’ingiustizia che regna dappertutto. Quelli che stanno al potere non investono nei poveri. Abbiamo un governo che favorisce solo i ricchi. E ci sono tre milioni di poveri in Francia!.
Molti nostri concittadini credono che i lavoratori immigrati privi di documenti approfittino del sistema, senza sapere che anche loro ricevono il formulario delle tasse a casa. Sono riconosciuti dalle amministrazioni ma siccome non sono in regola non possono beneficiare di nessun aiuto sociale. Questa è un´estorsione da parte dello Stato.
E la Chiesa in questo? Prendiamo ad esempio quanto accaduto il 23 agosto del 1996 quando quasi un migliaio di poliziotti antisommossa mille poliziotti delle squadre speciali forzarono a colpi di ascia le porte della chiesa Saint Bernard de la Chapelle a Parigi tirando via con la forza trecento stranieri irregolari. Ero arrabbiato e sconvolto perché era stato lo stesso vescovo a chiedere la loro espulsione. E quando si cacciano degli esseri umani che cercano protezione in una chiesa si sconsacra quella chiesa. E disgraziatamente continua a succedere.
E che si fa con i clandestini? Si ammassano in centri di detenzione, dandogli un trattamento degno di un campo di concentramento. E’ quello che succede oggi in Francia. Nelle carceri si verifica un suicidio ogni tre giorni. E’ terribile. L’ unico orizzonte che hanno i detenuti è il suicidio. Non si era mai visto. In Europa, la Francia ha il record più altro di suicidi per impiccagione in carcere.
- Di fronte a questa terribile situazione, dove è il discorso del governo sulla crisi economica?
In questa crisi economica non sono i ricchi ad esserne toccati, ma i più poveri. L’ anno scorso eravamo contro la legge del sistema pensionistico perché favorisce i ricchi e penalizza i poveri.
Oggi molti francesi vanno dal medico, dal dentista o dall’ oculista quando non possono fare altrimenti. E a volte è tardi. Le conquiste sociali si stanno lentamente perdendo in tutti i settori.
E la crisi rovina le famiglie. Se qualcuno compra una casa e poi perde il lavoro e non ne trova un’ altro, la deve vendere. Questo porta problemi di droga e di delinquenza.
L’edilizia sociale non è una priorità politica perché quelli che stanno al potere posseggono belle ville. Si costruisce poco in edilizia sociale e la gente non sa dove andare. Si lascia la gente per strada mentre ci sono molti edifici vuoti a Parigi.
Quando arriva l’inverno il governo parla di “piani”. Allora si aprono palestre o sale per ospitare qualche centinaia di persone che non hanno alloggio. Ma non è dei piani invernali che si ha bisogno, è di alloggi dignitosi. E´ una vergogna, è disumano, non è cristiano lasciar morire di freddo centinaia di persone per strada in Francia.
Come disse lo scrittore Víctor Hugo: “Facciamo la carità quando non riusciamo a imporre l’ingiustizia”. Perché non è carità quello di cui si ha bisogno. La giustizia va alle cause, la carità agli effetti. Io non dico che non si debba aiutare con un piatto di minestra o un cappotto chi sta per strada. Esistono delle urgenze. Io la sera di Natale sono stato invitato a donare un piatto caldo di minestra a chi non aveva nulla. L’ho fatto ma la mia coscienza non è tranquilla, lo sapete? Ci sono delle cause strutturali che costringono la gente alla miseria e sono quelle che dobbiamo combattere.
La cosa più triste è che la gente si abitua alle ingiustizie. E io dico: sveglia! Vergognatevi! Indignamoci contro l’ingiustizia!
Oggi l’ingiustizia è presente in tutta la Francia. Esistono oasi di ricchezza, di lusso esorbitante ed estensi ghetti di miseria. In Francia esiste una evidente violazione dei diritti dell’uomo. Quindi dobbiamo lottare per far rispettare i diritti delle persone.
- L´anno scorso ci sono state massicce manifestazioni di protesta contro diversi progetti del governo che però non ha fatto marcia indietro.
Io credo che quando non si rispetta il popolo che si esprime per strada, non si prepara il futuro. In Francia rimase un sentimento di rabbia. Non può continuare così, non si può continuare a mettere la polizia da tutte le parti per contenere il disagio del popolo. Questo ci ha portato ad avere uno stato di polizia.
L’ ingiustizia non porta la pace. Tutto il contrario. C’è del fuoco sotto la pentola. Quando c’è ingiustizia che cova sotto la cenere, il coperchio salterà.
- Le sue lotte per la giustizia non sono solo in Francia. Anche in altri luoghi si sono fatte sentire le sue parole e le sue azioni. Mi faccia alcuni esempi.
Continuiamo a lottare per il popolo palestinese. Israele è uno Stato coloniale che ruba la terra palestinese ed esclude questo popolo con la forza. Da più di 60 anni la Palestina vive sotto occupazione israeliana e nell’ ingiustizia. E la cosiddetta comunità internazionale fa ben poco o nulla. Per questo ci stiamo mobilitando ovunque per esercitare pressioni sul governo israeliano. E una delle azioni è boicottare i prodotti che provengono da Israele , e principalmente quelli prodotti nei territori occupati. La gente non sa che 50 prodotti agricoli si producono in Palestina a esclusivo beneficio di Israele. Mentre i palestinesi vivono nelle ingiustizie non esisterà la pace.
Cuba. Questo è un paese che ha un futuro. Ho potuto constatare che è un popolo degno, coraggioso e solidale. A Cuba ci può essere povertà ma non esiste la miseria che si vede in qualsiasi altro paese dell’ America latina o della stessa Francia o degli Stati Uniti. Nonostante l’embargo imposto dagli Stati Uniti, tutti hanno assistenza sanitaria ed educazione gratuite e nessuno dorme per strada. E’ incredibile!
Faccio parte del Comitato Internazionale per la Liberazione dei Cinque Cubani detenuti negli Stati Uniti per la loro lotta contro le azioni terroriste che si stavano organizzando a Miami. Sono in questo Comitato perché mi sono reso conto che si stava commettendo una grave ingiustizia e questo non poteva essere tollerato.
- Che pensa del modo in cui la stampa francese tratta i processi sociali e politici alternativi che si stanno sviluppando in America latina? E perché questa stampa ha la tendenza a ridicolizzare presidenti come Evo Morales o Hugo Hugo Chávez?
Questo comportamento della stampa si deve al fatto che, regolarmente la Francia appoggia a chi non dovrebbe. E’ questione di interessi. Questi presidenti non fanno quello che chiedono i ricchi, mentre la Francia spesso è da quella parte. Come in Africa.
E la partecipazione delle donne in politica in America latina è straordinaria. Per esempio una donna alla guida del Brasile! In Francia non siamo stati capaci di avere nemmeno una donna Primo Ministro. Siamo così maschi! Ah, sì, una volta abbiamo avuto la signora Edith Cresson, ma non rimase molto tempo, fu massacrata a causa della sua condizione femminile! Siamo maschi e volgari come non si può immaginare.
Oggi non è la vecchia Europa che dà l’esempio, è l´America latina. Dobbiamo guardare in quella direzione.
- Mons. Gaillot, infine, due ultime domande: Come é considerato lei dagli altri membri della Chiesa cattolica? E come cittadino ed essere umano vede una alternativa alla situazione sociale in Francia?
In generale le mie relazioni con gli altri vescovi sono cordiali anche se alcuni preferiscono ignorarmi. Questo si, non mi mandano mai nessun documento della Conferenza Episcopale e nemmeno mi invitano più all’ assemblea annuale a Lourdes. Non credo che Roma voglia farmi tacere , questa sarebbe una punizione estrema. Questo non è piacevole ma quello che mi rasserena è essere in pace con la mia coscienza, dire quello che penso e denunciare che non accetto questo stato di cose.
Per la seconda domanda… ho speranza negli uomini e nelle donne. Continuiamo ad andare avanti. Esistono movimenti cittadini che stanno creando un tessuto associativo alternativo. Vedo molte battaglie che nascono e che si sviluppano poco a poco. E’ formidabile! Ognuno deve trovare il cammino per lottare con gli altri. .
Unità: si questo è quello che può salvare la democrazia e i diritti umani. E’ questo quello che mi dà speranza.
Hernando Calvo Ospina.
Note:
2) Fu arcivescovo di Olinda y Recife. Muore il 27 agosto del 1999.
3) Chiamato il “Vescovo degli indios” e anche il “Vescovo Rosso”. Esercita il suo lavoro pastorale nella città di Riobamba. Muore il 31 agosto del 1998.
4) Sono vari i sacerdoti e le suore che si sono uniti alla guerriglia. Il primo è stato é stato Camilo Torres, morto in combattimento il 15 febbraio del 1966 in Colombia. In Nicaragua durante la guerra contro la dittatura dei Somoza, molti seguirono il suo esempio. Ernesto Cardenal fu il più famoso.
Traduzione di Annalisa Melandri – www.annalisamelandri.it
La fame è un’ arma
La fame è un’ arma (potenziale)
La fame è un’arma di distruzione di massa si dice spesso. Sicuramente lo è. Può però trasformarsi anche in un’ arma nelle mani dei popoli. E’ avvenuto in Tunisia come mostra la foto. In FB, una persona che stimo molto per il suo lavoro, ha scritto che dovrei togliere l’aggettivo che ho usato e cioè POTENZIALE, in quanto la fame sempre porta rivoluzioni. Non ne sono convinta, altrimenti con un miliardo di persone nel mondo che soffrono completamente la fame e un altro miliardo che sopravvive con meno di due dollari al giorno, il mondo sarebbe in rivoluzione permanente. L’ Africa sub sahariana poi sarebbe una polveriera e paradossalmente la “rivoluzione” è scoppiata in quella parte del continente africano dove meno fame c’ è…
Mi sembra uno spunto di riflessione interessante. Che ne pensate?
Tunisia, 18/01/2011
Fred Dufour/AFP
Fonte: http://diariogauche.blogspot.com/
ringrazio l ’amico Alessandro Vigilante per la segnalazione
A 50 anni dall’ assassinio di Patrice Lumumba — iniziativa in Belgio
VERITA’, GIUSTIZIA, RISARCIMENTO PER IL POPOLO CONGOLESE
50 anni dopo il suo assassinio, perpetrato il 17 gennaio del 1961, Patrice Lumumba continua ad essere il simbolo della lotta panafricana per l’ indipendenza del Congo e per l’emancipazione dei popoli. La sua lotta continua ad essere fonte di ispirazione in tutto il mondo. Il Primo Ministro del Congo, paese che aveva appena raggiunto l’indipendenza, eletto democraticamente dal popolo congolese con grande sorpresa del governo belga che aveva organizzato le elezioni, venne ucciso sei mesi dopo, insieme ad altri suoi compagni, tra i quali Joseph Okito, presidente del Senato, e Maurice Mpolo, ministro dello Sport. Avevano osato liberare il loro paese dal giogo coloniale e neo-coloniale.
Sono numerose le prove delle responsabilitá dei governi del Belgio e degli Stati Uniti tra gli altri, nell’isolamento e nella caduta del governo di Lumumba e nell’ insediamento del generale Mobutu , dittatore corrotto al servizio dei governi occidentali e delle loro multinazionali.
Per la democrazia del Congo e per la democrazia belga consideriamo essenziale che cessi la disinformazione e l’impunitá che riveste questi crimini contro l’umanità e che le vittime e le loro famiglie , ma anche il popolo belga e congolese abbiamo finalmente diritto alla verità, alla giustizia e al risarcimento.
VERITA´!
- Esigiamo che gli archivi coloniali siano resi pubblici completamente
- Nessuna censura deve persistere sulla responsabilità dello Stato belga e dei diversi attori che hanno partecipato in un modo o nell’ altro all’assassinio del primo ministro, Patrice Lumumba e dei suoi ministri e compagni
GIUSTIZIA!
- I crimini contro l’umanità sono imprescrittibili, va fatta giustizia. Appoggiamo soprattutto la denuncia presentata dalla familia di Patrice Lumumba contro dodici belgi sospettati di aver partecipato al sequestro, alla tortura e all’ omicidio di Patrice Lumumba e dei suoi compagni.
- I meccanismi che debilitano la sovranità economica e finanziaria della Repubblica Democratica del Congo reclamata da Lumumba devono essere smantellati, la risoluzione approvata dal Senato del Belgio il 29 marzo del 2007 sul debito deve essere applicata e il saccheggio delle risorse naturali da parte delle multinazionali belghe e altri paesi deve cessare.
RISARCIMENTO!
- Il governo belga e i differenti attori di questi molteplici omicidi devono riconoscere e ammette la loro responsabilità sia volontariamente che per azione della giustizia;
- Chiediamo alle autorità che portino avanti una politica attiva di riabilitazione della memoria di Lumumba e dei suoi compagni e compagne che hanno lottato per l’emancipazione africana: correggendo i testi scolastici, organizzando una mostra sul tema nel 2011, aprendo una sezione speciale al Museo Reale dell’ Africa Centrale a Tervuren e dedicando alla sua memoria un luogo o un’istituzione facilmente accessibile a Bruxelles;
- Seguendo le raccomandazioni della commissione parlamentare belga del 2001 e le promesse delle autorità belghe, chiediamo che sia istituita la fondazione di Patrice Lumumba e che sia dotata di risorse adeguate tenendo in conto i ritardi.
RIFIUTIAMO L’ IMPUNITA´
RENDIAMO OMAGGIO AI LOTTATORI PER LA LIBERTA´E L’INDIPENDENZA!
APPOGGIAMO LA LOTTA DEL POPOLO CONGOLESE PER LA SUA SOVRANITA´, INTEGRITA´DEL SUO TERRITORIO E LA DIFESA DELLE SUE RISORSE NATURALI!
Per appoggiare queste rivendicazioni convochiamo una manifestazione a Bruxelles Domenica 16 gennaio 2011
Ore 14 Place du Tr Trône (métro Trône)
Scontri e cortei a Roma (foto e poesie)
Al popolo incazzato gli dicono black bloc, terroristi. Ai criminali, delinquenti e parassiti li chiamano politici…
Tutti a casa! Con la forza!
P.S. Le fotografie non le ho scattate io. Le ho racconte in giro per la rete, soprattutto nelle pagine dei giornali on line, come in un album. Per pigrizia non ho citato le fonti…
Allons enfants de la Patrie…
Vont enfin recevoir leurs prix!
Tout est soldat pour vous combattre,
S’ils tombent, nos jeunes héros,
La terre en produit de nouveaux,
Contre vous tout prêts à se battre!
Aux armes, citoyens…,
Fonte foto: http://www.boston.com/bigpicture/2010/10/france_on_strike.html
Appello a sostegno dei 32 prigionieri politici Mapuche in sciopero della fame in Cile
Pubblico qui di seguito l´ appello dell´ Associazione d´ Amicizia con il Popolo Mapuche, rispetto alla situazione dei 32 prigionieri politici Mapuche che stanno portando avanti uno sciopero della fame dal 12 luglio scorso.
Continui aggiornamenti sulla situazione a questo link.
Leggi inoltre:
Gli storici cileni con lo sciopero dei Mapuche di Gennaro Carotenuto
La fiera agonia mapuche di Luis Sépulveda
Appello a sostegno di 31 Prigionieri Politici Mapuche in sciopero della fame in Cile
dal 12 luglio 2010.
Italia, 9 agosto 2010
Negli anni 1990 si è costituito l’attuale movimento politico e sociale mapuche, che prosegue la lotta per il recupero del proprio territorio ancestrale e il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, lotta che ha le sue radici nel conflitto con gli Spagnoli.
Le comunità che si contrappongono al estado chileno rifiutano la politica indigena e l’apertura al libero mercato che comporta una continua invasione del loro territorio originario. La risposta del estado è stata e continua ad essere l’applicazione della Ley Antiterrorista n° 18.314, del 16 maggio 1984, promulgata dalla dittura militare di Augusto Pinochet, che permette di ritenere tali azioni di protesta come “terrorismo”, di condannare numerosi esponenti del movimento, e di sottoporre a stretta sorveglianza le realtà mapuche in una vera e propria “militarizzazione del territorio”. I detenuti indigeni hanno risposto dichiarandosi “prigionieri politici mapuche”, uno status che è stato convalidato nel 2004 da l’allora Relatore Speciale delle Nazioni Unite per gli Affari Indigeni in visita ufficiale in Cile, Rodolfo Stavenhagen, e loro continuano così la loro lotta dall’interno delle mura del carcere.
È evidente il rifiuto del dialogo da parte dell’attuale democrazia cilena, che utilizza ancora oggi diversi strumenti repressivi creati durante la dittatura militare. Oltre a la Legge Antiterrorista n° 18.314, sono tuttora vigenti anche la Ley de seguridad del Estado, (Decreto de 3 marzo 1975) e il ricorso ai tribunali militari in cause civili.
Oggi sono circa 50 i prigionieri politici mapuche detenuti nelle diverse carceri del sud del Cile, a 36 di essi è stata applicata la legge Anti Terrorismo 18.314 e per le stesse accuse hanno luogo doppi processi, da parte della giustizia civile e di quella militare. Dal 12 luglio 2010, 22 prigionieri politici mapuche incarcerati nelle prigioni di Temuco, Concepción, Valdivia, provenienti di diverse comunità in zone di conflitto hanno iniziato uno sciopero della fame, a coloro se ne sono successivamente aggiunti altri dei carceri di Angol, Lebu, per un totale di 31 indigeni attualmente in sciopero della fame.
In allegato l’elenco dei prigionieri politici mapuche in sciopero della fame.(si può vedere nella sezione “Documenti di questo sito”)
Importanti organismi internazionali come Human Rights Watch, la Commissione Interamericana dei Diritti Umani e il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui Diritti Indigeni hanno segnalato che l’applicazione della “legge antiterrorista” viola i diritti umani dei mapuche reclusi, ostacola il giusto processo e permette l’uso di testimoni ignoti.
Chiediamo che il Cile rispetti tutti gli accordi internazionali relativi ai Diritti Umani che ha ratificato, di conseguenza chiediamo che realmente applichi la Convenzione ILO 169 dei popoli indigeni e “tribali” .
Esprimiamo la nostra preoccupazione per il fatto che nessun governo cileno, dal ritorno alla democrazia, abbia voluto instaurare un dialogo vero con i rappresentanti delle diverse comunità indigene che rivendicano il proprio territorio ancestrale nel sud del Cile, in particolare nelle regioni VIII de Los Rios e IX de La Araucanìa, dove la popolazione mapuche raggiunge un’alta percentuale.
Esprimiamo con forza la nostra preoccupazione per lo stato di salute dei prigionieri, per il gravissimo deterioramento fisico conseguente a questo tipo di protesta pacifica.
Esprimiamo preoccupazione anche per le famiglie di tutti i prigionieri politici mapuche, con particolare attenzione ai bambini, che da molto tempo subiscono abusi e violenza da parte della polizia, oltre alle condizioni di povertà e marginalità a cui sono costretti.
Chiediamo alle Istituzioni Internazionali e alle Organizzazioni non Governative per i Diritti Umani, fare un attento controllo e una speciale attenzione a ciò che accade in Cile, un interessamento attivo e immediato alla situazione di grave violazione dei diritti umani, un monitoraggio dei luoghi di detenzione con particolare attenzione al tentativo del governo cileno di mascherare i fatti, invece ascoltare le vittime, le associazioni umanitarie, nazionali ed internazionali e i difensori dei diritti umani che spesso sono stati ostacolati e, in alcuni casi, perfino perseguitati.
In virtù delle relazioni fra Cile e Italia nel quadro dell’Accordo d’ Associazione con l’Unione Europea, chiediamo di appoggiare le azioni civili di protezione in favore delle vittime di questo lungo conflitto e di sensibilizzare il pubblico sulla problematica Popoli indigeni e Diritti Umani.
Facciamo nostre le richieste dei Prigionieri Politici Mapuche:
- Fine dell’applicazione in Cile della legge anti-terrorista 18.314
- Fine della militarizzazione del territorio ancestrale mapuche
- No ai tribunali militari
- Diritto a un giusto processo
- No alla discriminazione e repressione
- Libertà a tutti i prigionieri politici mapuche
Associazione di Amicizia con il Popolo MAPUCHE in Italia
Per le adesioni a questa iniziativa si prega rivolgersi alla sezione “contatto” di www.ecomapuche.com
Inoltre potete esprimere la vostra protesta scrivendo a:
- Sr. Sebastián Piñera Echenique, Presidente de la República, Palacio de la Moneda, Santiago, Chile. Fax:+56269049 58, E-mail: opiniónpresidenciacl; Internetpresidenciacl; mhansenpresidenciacl
- Sr. Andres Molina Magofke, Intendente de la IX Región de La Araucanía, Chile
Fax: 0056–45-968630 , 0056–45-968218, Fono: 0056–45-968600 , 0056–45-968200
Vicuña Mackenna N° 290 Temuco, Chile – contacto email www.laaraucania.cl
- Sr. Cristián Larroulet Vignau, Ministro Secretaría General de la Presidencia, Palacio de La Moneda, 1160 Entrepiso, Santiago, Chile, Fax: + 562 69 04 329, E-mail: gjoignantminsegprescl ;
- Sr. Felipe Bulnes Serrano, Ministro de Justicia, Morandé 107, Santiago Casilla 21, Santiago, Chile, Fax: + 562 698 70 98, E-mail: minju@reuna. cl ; minjuminjusticiacl ; rmadridminjusticiacl ;
- Sr. Alfredo Moreno Charme, Ministro de Relaciones Exteriores, Teatinos 180, Santiago, Chile., Santiago, Chile, Email: aguerraminrelgovcl (Directora Dirección de Derechos Humanos);
- Sr. Hugo Gutiérrez Gálvez, Presidente de la Comisión de Derechos Humanos, Nacionalidad y Ciudadanía de la Cámara de Diputados, E-mail: hgutierrezcongresocl
- Senador Sr. Andrés Chadwick Piñera, Presidente de la Comisión de Derechos Humanos, Nacionalidad y Ciudadanía del Senado, E-mail: ddhhsensenadocl
- Sr. Carlos Portales, Misión Permanente de Chile ante las Naciones Unidas en Ginebra, 58 rue de Moillebeau (4º piso), CH-1209, Ginebra, Fax: + 4122.734.52. 97, Email: misginchile@ minrel.gov.cl
- Sr. Carlos Appelgren, Missione del Cile nella Unione Europea, 106 rue des Aduatiques, 1040 Bruselas, Bélgica, Fax.: +32 (02) 736 49 94,Email: embachileembachilebe (embachileembachilebe)
- Catherine Ashton, the High Representative of the European Union for Foreign Affairs
COMM-SPP-HRVP-ASHTONeceuropaeu (COMM-SPP-HRVP-ASHTONeceuropaeu)
- Sr. Jaime Pérez Vidal, Jefe de la Delegación de la Unión Europea in Chile
delegation-chileeceuropaeu (delegation-chileeceuropaeu)
- Nicola Ardito, Consejero Jefe de Sección Política, Comercio, Información y Prensa de la Delegación de la Unión Europea en Chile. delegation-chileeceuropaeu (delegation-chileeceuropaeu)
- Sr. Cristian Barros Melet , Ambasciata del Cile in Italia, , Via Po 23, 00198 Roma
Tel: 0039–06 8841449 Fax:0039–06 8412348 email: cnromaitchileitit (cnromaitchileitit)
- CECT-SE Comisión Etica Contra la Tortura, Secretariado Europeo H.EDELSTAM cectsecretariadoeuropeoeu (cectsecretariadoeuropeoeu)
Si annette inoltre link elenco alle ambasciate nei rispettivi paesi:
Ambasciate europee in Cile: http://ec.europa.eu/delegations/chile/travel_eu/embassies/index_es.htm
Ambasciate e consolati del Chile nel mondo. http://chileabroad.gov.cl/
Nota: Qualora voi vogliate scrivere direttamente alle autorità, si prega inviare copia al seguente indirizzo: wenuykangmailcom (wenuykangmailcom)
Roma Citta’ Aperta, Palestina Libera
ROMA CITTA’ APERTA, PALESTINA LIBERA
un appello per mettere fine alla aggressioni dei gruppi ultrasionisti
Giovedi 1 luglio è stato operato alla mandibola il giovane palestinese di Gaza rimasto ferito – insieme ad altri per fortuna meno gravi — nell’aggressione di una settimana fa sulla scalinata del Campidoglio.
Che un palestinese sfuggito all’inferno di Gaza venga ferito nella capitale del nostro paese da parte di un gruppo paramilitare, appartenente ad una minoranza oltranzista della comunità ebraica romana, suscita in noi un sentimento di vergogna ed indignazione, ma non quello della rassegnazione. Al contrario.
Riteniamo che su quanto avvenuto non sia accettabile che scenda una comoda cortina di silenzio o una colpevole rimozione, né che si affermi una sorta di impunità per gli aggressori.
Sono state fatte le dovute denunce in sede penale, è stato richiesto un incontro al Prefetto e al Sindaco di Roma, ma la questione non presenta solo problemi di carattere giuridico e penale.
Con questo appello, intendiamo denunciare con forza le responsabilità e le connivenze con gruppi squadristici che da anni aggrediscono e intimidiscono attivisti, esponenti politici e della società civile impegnati nella solidarietà e nell’informazione sulla situazione palestinese. I numerosi e ripetuti episodi di aggressione sono stati ricostruiti e denunciati, anche recentemente.
L’agibilità democratica delle piazze e del dibattito politico sulla situazione in Medio Oriente non può essere messa in discussione da gruppi ultrasionisti che importano nel nostro paese una logica di scontro militare e che ritengono applicabile anche nel nostro paese l’ impunità consentita – purtroppo — alle azioni del governo israeliano.
In questo senso, se non condividiamo sul piano politico la subalternità del governo italiano alla politica delle autorità israeliane (il voto negativo dell’Italia sul Rapporto Goldstone e sulla commissione internazionale di inchiesta sul massacro della nave Navi Marmara sono indicativi), ci preoccupa altrettanto la subalternità delle istituzioni locali alle scelte israeliane.
Due esempi aiutano a comprendere quanto intendiamo denunciare con questo appello.
Il Sindaco di Roma Alemanno ha affermato che la foto del soldato Shalit tiene lontano i sostenitori della causa palestinese dal Campidoglio (e mezz’ora dopo un gruppo di picchiatori appartenenti alla minoranza più aggressiva della comunità ebraica ha reso coerente questa affermazione sulle scale del Campidoglio).
La Regione Lazio ha avviato iniziative per l’acquisto di tecnologia di una azienda israeliana nel trattamento rifiuti che impiega tecnologie già esistenti e prodotte da aziende italiane con costi e ricadute occupazionali ovviamente molto diversi.
Riteniamo innanzitutto che la piazza del Campidoglio sia di tutti i cittadini e non solo di alcuni e che criteri di opportunità politica nelle relazioni con un altro paese non possano sostituirsi a quelli del vantaggio per l’economia delle istituzioni pubbliche.
L’aggressione squadrista avvenuta giovedì 24 giugno sulle scale del Campidoglio è solo l’ultimo di una serie di episodi che urgono essere affrontati nel merito e che il silenzio, l’inerzia, la connivenza delle istituzioni locali e nazionali rischiano di aggravare pesantemente, sia nelle relazioni interne alla nostra società, sia nelle relazioni internazionali.
Con questo appello vogliamo impedire la rimozione su quanto avvenuto, sia sul piano politico sia sul piano legale e siamo determinati a tornare in piazza al fianco del popolo palestinese, pretendendo dalle istituzioni la garanzia della piena agibilità democratica nella nostra città.
Luglio 2010
Per adesioni collettive (associazioni, reti, comitati, partiti) o individuali scrivere a:
Le prime adesioni raccolte dall’appello “Roma Città Aperta, Palestina Libera”
(in ordine: a nome di associazioni, collettive, individuali senza specifica)
Marco Benevento (Forum Palestina)
Germano Monti (Forum Palestina)
Mila Pernice (Forum Palestina)
Sergio Cararo (direttore di Contropiano)
Gustavo Pasquali (Comitato con la Palestina nel cuore)
Bassam Saleh (Comitato con la Palestina nel cuore)
Enrico Campofreda (giornalista)
Pierapolo Leonardi (esecutivo dell’Unione Sindacale di Base, USB)
Fawzi Ismail (Associazione Sardegna –Palestina)
Alfredo Tradardi (ISM-Italia)
Marco Rizzo (Comunisti Sinistra Popolare)
Enzo Apicella (disegnatore e designer)
Giorgio Forti (membro della rete Ebrei Contro l’Occupazione, ECO)
Mariano Mingarelli (Associazione d’amicizia italo-palestinese, Firenze)
Fernando Rossi (ex senatore, Per il Bene Comune)
Andrea Catone (storico, direttore de L’Ernesto)
Loretta Mussi (Stopagrexco Roma)
Mauro Gemma (redazione de L’Ernesto)
Nino Lisi (Comunità Cristiana di base San Paolo, Roma)
Giuseppe Zambon (editore)
Enrico Contenti (ISM-Italia Torino)
Anna Farkas (cittadina statunitense per la pace e la giustizia)
Carlo Tagliacozzo (redattore di zeitun.ning.com)
Marco Ramazzotti Stockel (membro di ECO, Ebrei contro l’Occupazione)
Mario Gabrielli Cossellu, (segreteria circolo PRC di Bruxelles)
Carmelo Viola (centro di Biologia Sociale, Acireale CT)
Mauro Casadio ( coord. Nazionale Rete dei Comunisti)
Diana Carminati (ISM-Italia)
Filippo Bianchetti (Comitato Varesino per la Palestina)
Vittorio Arrigoni (dalla Striscia di Gaza)
Francesco Francescaglia (Responsabile Esteri Partito dei Comunisti Italiani)
Paola Canarutto (membro della rete ECO)
Sergio Caldaretti (urbanista)
Giuseppe Musolino (Associazione Cultura di Varese)
Angelo Baracca (docente università di Firenze)
Armando Petrini, (segretario regionale PRC Piemonte)
Giuseppe Carroccia (federazione romana del PRC)
Miryam Marino (scrittrice e saggista)
Gianni Viola (scrittore, responsabile commissione scientifica FLIP-Roma)
Francesco Zanchini (ex presidente del Cipax)
Fabio De Leonardis (storico, Bari)
Enrica Palmieri (docente AND settore AFAM)
Gualtiero Alunni (coordinamento nazionale Comunisti Uniti)
Flavia Donati (psicanalista. ISM)
Stefano Sinigaglia (membro rete ECO, Ancona)
Ornella Terracini
Alberto Mari (Cecina Social Forum)
Annalisa Antichi (“Comitato a sostegno della resistenza del popolo palestinese”)
Giorgio Canarutto (della Rete Ebrei Contro l’occupazione, ECO)
Piero Gilardi (scultore Torino)
Adesioni collettive di associazioni, reti, forze politiche
Forum Palestina
Comitato con la Palestina nel cuore
International Solidarity Movement –Italia
Associazione d’amicizia italo-palestinese, Firenze
Stopagrexco, Roma
Circolo di Rifondazione di Bruxelles
Partito dei Comunisti Italiani Federazione Provinciale di Torino
Redazione de L’Ernesto
Redazione di Contropiano
Spazio antagonista Newroz– Pisa,
Precari autorganizzati-Pisa
Piattaforma Comunista
Zona autonoma pisana
Partito della Rifondazione Comunista di Torino
Cagliari Social Forum
Cecina Social Forum (LI)
Un Ponte per…
Rete Romana di solidarietà per il popolo palestinese
Rete dei Comunisti
Comitato sostegno alla resistenza del popolo palestinese (Versilia)
Adesioni individuali senza indicazioni di associazioni, reti, partiti, sindacati
Sonia Migliaccio (Torino)
Susanna Sinigaglia
Ilaria Olimpico
Pierpaolo Loi
Achille Zasso (Milano)
Elisa Veronese (Alessandria)
Fiorella Gazzetta (Varese)
Maria Grazia Lunghi
Yasmina (da Bruxelles)
Gabriella Grasso (Milano)
Carmela Ieroanni (Milano)
Hector Comari
Francesca Di Rosa
Giulietta Poli (Padova)
Rosaria Cadelonanoe
Mariella Setzu (Cagliari)
Claudio Giambelli (Roma)
Ornella Berniet (Roma)
Rita Maglietta
Adriana Oldani
Gianluigi Coppola
Eleonora Coppola
Sabina Driscoll
Falcon Driscoll
Thomas Coppola
Veronica Coppola
Donatella Inzerillo
Goran Rimac
Fabrizio Truini
Luigi Sandri (Roma)
Agnese Portioli (Roma)
Aldo Bifulco – Napoli
Enzo Del Medico
Giorgio Stabilini
Salma Said
Roberto Preve, (torino)
Cristina Mihura (Roma)
Franca Iannucci
Silvio Maddalena (dalla Svizzera)
Julia Gonzales (dalla Svizzera)
Alessio Di Florio (dalla Svizzera)
Gabriella Bentivoglio (Macerata)
Marilisa Picca (Mola di Bari)
Salah Mahameed
Catherine Leclercq
Beppe Orlandi
Patrizia Larese
Daniela Chiaperotti
Per adesioni collettive (associazioni, reti, comitati, partiti) o individuali scrivere a:
Sangue, sudore e lacrime: le perdite umane della ‘Guerra Globale al Terrorismo’
Le agenzie dei contractors e dei mercenari hanno subito, su tutti i fronti della ‘Guerra Totale al Terrore’, all’8 marzo 2010, 5168 morti (ufficialmente 962) e 37232 feriti. Di questi morti, 1271 sono statunitensi (ufficialmente 455 e 3307 feriti), spesso presentati come centroamericani.
I camionisti stranieri, uccisi in Iraq, sono 1053 e 1830 feriti, cui vanno aggiunti 165 membri delle Nazioni Unite uccisi e 249 giornalisti.
Bisogna aggiungervi 6758 volontari e civili arabi morti in Iraq.
Gli iracheni hanno avuto 461373 morti entro l’8 marzo 2010: 42189 i soldati e i miliziani uccisi dal 1 maggio 2003 all’8 marzo 2010. I guerriglieri morti in combattimento o per le ferite riportate sono 36661. I civili uccisi dal 1 maggio 2003 all’8 marzo 2010 sono 178375 e altri 204148 a causa delle condizioni generali imposte dalla guerra.
In Afghanistan/ Pakistan/ Kashmir, dal 1° ottobre 2001 all’8 marzo 2010, le truppe della coalizione hanno avuto 1562 (872 ufficialmente) soldati statunitensi caduti (190 suicidi) e 17312 feriti, la coalizione ha subito 844 morti e 10983 feriti.
Dal 1° ottobre 2001 all’8 marzo 2010 sono morti 129190 tra civili, ribelli e militari, afgani e pakistani (6332 soldati pakistani uccisi e 41685 feriti, e 1132 soldati indiani uccisi).
Inoltre negli altri teatri della ‘Guerra Globale al Terrorismo’ le cifre, all’8 marzo 2010 erano le seguenti:
- Yemen, Africa e Filippine: 30111 morti
- a causa di attentati: 7202 morti
- Libano/Israele/ Palestina (dal luglio 2006 all’8 marzo 2010): 6881 morti
- Somalia (dal novembre 2006 all’8 marzo 2010): 36548 morti
- Darfur-Africa Centrale (dal gennaio all’8 marzo 2010): 1386 morti
- persone scomparse, arrestate o rapite nel quadro della ‘Guerra Globale al Terrorismo’ 26286
- Nel Fronte della ‘guerra antidroga’: 142418
- Thailandia (dal 2006): 3990 morti
- nel resto del mondo: 3256 morti
Dall’ottobre 2001 all’8 marzo 2010 gli statunitensi, i loro alleati e i contractors hanno subito 21559 caduti e 180520 feriti su tutti i fronti della ‘Guerra Totale al Terrore’.
Fonti:
http://www.aurora03 .da.ru/
http://www.sitoauro ra.narod. ru/
http://sitoaurora. altervista. org/
http://xoomer. virgilio. it/aurorafile/
http://eurasia. splinder. com
Luca Tornatore libero!
Oltre a Luca sono in carcere a Copenhagen in attesa di processo il direttore di Green Peace Spagna, Juan López de Uralde e gli attivisti della stessa organizzazione la norvegese Nora Christiansen, l’olandese Joris Thijssen e lo svizzero Christian Schmutz che avevano cercato di partecipare ad una cena del vertice come rappresentanti dello “Stato di Greenpeace” aprendo uno striscione che recava la scritta : i politici parlano e i leaders agiscono”
Questi sono gli ingredienti che lo hanno spinto, assieme a centina di attivisti ambientalisti italiani, a recarsi a Copenhagen. Luca è nella capitale danese per pretendere giustizia climatica, per confrontarsi all’interno del Climate Forum, per capire e per intrecciare relazioni con chi [come noi e lui] pensa che l’emergenza ambientale debba essere affrontata a partire da una democratizzazione delle decisioni e non attraverso la delega a chi l’ha provocata o a chi la sta peggiorando [siano essi vecchi o nuovi attori di rilievo del panorama geo-politico].
Ci sarebbe da ridere, ma quello che sta succedendo a Copenhagen non ha precedenti. Il solo fatto di trovarsi per strada rende passibile di fermo, l’arresto preventivo [già di per sé strumento mostruoso dello stato d’eccezione] è stato abusato senza vergogna. Sono stati calcolati più di millecinquecento fermi di polizia, praticamente tutti ingiustificati. La capitale danese, ormai un ex simbolo della socialdemocrazia, si è trasformata in una vera e propria città di polizia.