Rafael Correa inizia formalmente il suo secondo mandato

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In Ecuador il presidente Rafael  Correa dà inizio formale al suo secondo mandato dopo le elezioni dell’aprile scorso. Nella foto,  riceve proprio nella giornata Internazionale delle Popolazioni Indigene,  il bastone sacro del comando, un simbolo importante dei nativi andini. Ha promesso di governare altro quattri anni dando priorità “ai poveri, ai giovani e ai popoli ancestrali”. Nonostante le critiche di alcuni settori più radicali dei movimenti indigeni e sindacali del suo paese, può contare ancora con una popolarità superiore al 50%. Qui un interessante articolo (in spagnolo) sulle ragioni del suo successo.

Il nuovo decreto legge anti-stalking: la sicurezza delle donne vale meno di quella di un’automobile

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Per il furto con scasso, un reato contro la proprietà,  sono previsti fino a sei anni di reclusione. Per il reato di “stalking” cioè la persecuzione generalmente commessa da ex mariti, conviventi o fidanzati ai danni di una donna al massimo è prevista la condanna fino a quattro anni di reclusione.
 
E’ stato approvato oggi il Ddl anti-stalking che introduce l’articolo 612-bis nel codice penale per  “chiunque molesta o minaccia taluno con atti reiterati e idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a ingenerare un fondato timore per l’ incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita”. Un reato quindi contro  la persona, punibile da oggi con una pena fino a un massimo di quattro anni.
 
E’ stato inoltre respinto l’emendamento presentato da Barbara Pollastrini (PD),  che prevedeva la possibilità di patrocinio gratuito per le vittime di stalking, che quindi dovranno farsi carico di tutte le spese legali  nel caso decidessero di sporgere denuncia. Il  patrocinio gratuito sarebbe stato sicuramente  un valido sostegno per tutte quelle donne che si trovano in situazioni difficili e che non sanno come venirne fuori. La possibilità di godere del patrocinio gratuito avrebbe potuto aiutarle nella già di per sé difficile decisione di sporgere denuncia contro un familiare che nella stragrande maggioranza dei casi è stato o è una persona affettivamente e sentimentalmente vicina alla vittima. E’  noto inoltre come simili situazioni avvengano in ambienti già di per sé difficili per la donna,  soprattutto dal punto di vista economico. Difficoltà quella economica,  che rappresenta un notevole impedimento per le donne a liberarsi di alcuni meccanismi che oltre allo stalking comprendono spesso anche casi di violenze fisiche. Le donne economicamente indipendenti o comunque più abbienti  infatti, sicuramente hanno meno impedimenti  a ricostruirsi una vita anche lontano dal luogo di residenza originario,  o a cambiare città se non paese, indipendentemente dal fatto di aver  presentato o meno denuncia.
 
Generalmente chi commette stalking è una persona con gravi turbe psichiche che ha problemi ad accettare percorsi di cura e difficilmente rispetterà per esempio il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa, così come difficilmente terrà conto del richiamo orale che potrebbe venirgli dal Questore, come previsto dal Ddl. Se padri separati,  queste persone, almeno allo stato attuale delle cose continuano a vedere i propri figli, spesso usandoli o plagiandoli  per continuare a commettere violenze contro le ex mogli.
 
Resta inoltre il problema gravissimo della lentezza giudiziaria. Oggi una donna che denuncia il proprio coniuge per violenze in famiglia deve aspettare mediamente due anni o tre per vedere il suo fascicolo sul tavolo di un giudice in prima udienza. Passeranno altrettanti anni probabilmente per arrivare a una condanna definitiva. In tutto questo periodo di tempo è lasciata completamente sola dalle istituzioni a gestire situazioni difficili e pericolose che spesso sfociano in vere e proprie tragedie.
 
Più che il problema della pena, resta grave infatti quello del  grande vuoto delle istituzioni, completamente assenti  dal momento in cui una donna sporge denuncia   fino a quello in cui viene emessa una condanna spesso inutile ed irrisoria, periodo durante il quale può veramente accadere di tutto.
 
 

Inaugurazione dell’Associazione Fratelli Mattei — Veltroni presente!

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Il sindaco di Roma Veltroni ha inaugurato ieri la sede dell’Associazione Fratelli Mattei, nel trentaquattresimo anniversario della morte dei fratelli Virgilio e Stefano Mattei .
Con tutto il rispetto per i due fratelli Mattei , mi chiedo come si sia sentito “Wuolter” tra un profilo del Duce, fiamme tricolori  e lo striscione di Forza Nuova, in compagnia di Alemanno e Roberto Fiore.
Wuolter, Wuolter, ma era proprio  necessario? E tengo a precisare che quel  tricolore che pure dovrebbe essere rappresentativo di tutta la cittadinanza, con me, in quel contesto non ha nulla a che vedere.

Voci del coraggio a Oaxaca — Violazioni dei diritti umani delle donne nel conflitto sociale e politico — Seconda parte

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LA VIOLENZA OMICIDA CONTRO LE DONNE A OAXACA
(La storia di Maria Luisa)
 
Una non sa fino a che punto può arrivare un marito. Fin da piccola ti insegnano che gli uomini sono donnaioli, molti sono alcolizzati, che altri picchiano e prendono con forza le donne. Ma non immagini mai che l’uomo con il quale ti sei sposata, possa arrivare a picchiarti fino a che non si stanchi, fino a che tu non svieni perché il dolore non lascia fiato nemmeno più per il pianto e il corpo preferisce così  l’incoscienza.
Maria Luisa, indigena zapoteca di San Francisco Lachigoló, avrebbe mai immaginato qualcosa del genere di suo marito tutte le volte che tornava a casa ubriaco e la picchiava davanti ai suoi figli? avrebbero  mai immaginato qualcosa del genere, lei e tutte le donne di questa o qualsiasi altra comunità, con un velo di amarezza, senza poter fare nulla, quando sono picchiate dai loro mariti arrabbiati per la cena fredda, per la mancanza di soldi, per una stupidaggine?
Ci sono alcune che pensano che è la donna che va cercando di essere picchiata, perfino di essere ammazzata. Di Maria Luisa, picchiata fino alla morte da un marito geloso che affermava che sua moglie gli metteva le corna, dicono alcune donne che lei se lo è voluto, che Heriberto ha solo difeso il suo onore di uomo ingannato.
Maria Luisa non ha avuto la possibilità di veder crescere i suoi due figli. In paese si sapeva che Heriberto la picchiava, anche se nessuno nella comunità di San Francisco Lachigolò è intervenuto, fino al giorno in cui lui ha avuto la mano pesante e lei non si è più rialzata.
Maria Luisa è entrata soltanto a 22 anni nella lista delle vittime mortali della violenza contro le donne a Oaxaca che ogni anno conta più di 40 donne assassinate nello stato. Heriberto è entrato in un’altra lista, quella che annovera i nomi degli uomini che pur avendo commesso un  omicidio sono giudicati come se in realtà fossero delle vittime. Con l’appoggio di  una legge che giustifica i crimini verso le donne, basata  nei pregiudizi e nel sessismo che riempie le menti dei servitori pubblici incaricati di concedere  e applicare  giustizia, le donne diventano cittadine di seconda categoria. E le donne indigene e povere, per l’importanza che rivestono per il  Diritto, la Giustizia, e la Democrazia, non sono  quasi nemmeno cittadine.
Heriberto, uscito dal carcere in meno di due anni, fu perdonato legalmente per aver reso orfani i suoi figli, assolto dalle violenze che esercitò su di lei per anni, ed esonerato in nome dell’onore maschile. Fu, in un assurdo senza fine, l’oratore ufficiale durante la cerimonia di liberazione degli arrestati indigeni, con il governatore a capo della manifestazione.
Maria Luisa si trova quindi  nel luogo  dove giacciono senza giustizia centinaia di donne vittime della violenza ed Heriberto nella lista ancora più grande, di coloro che godono dell’impunità.
 
Epilogo
Le notizie dei quotidiani annunciano ad otto colonne una decisione presa dal Congresso di Stato in un giorno memorabile, è stata  abolita nel Giorno Internazionale delle Donne l’impunità per il delitto d’onore o commesso in stato violento emotivo. In alcune istanze di governo si trovano risoluzioni con la didascalia: “A Oaxaca, la parità dei sessi verso una politica statale….8 marzo, decisione storica e d’avanguardia della LIX legislatura statale” El Istituto de la Mujer  applaude e definisce coraggioso, sensibile e moderno il presidente del Congresso.
Maggio 2006. Il volto irriconoscibile di Osiris appare in tutte le pagine dei quotidiani di Oaxaca. Una di più. Da agosto 2005 ad aprile 2006 ventitrè lapidi con nomi di donne sono in attesa che la giustizia le conceda il riposo.
 
L’ABUSO DEL POTERE NELLA PARTECIPAZIONE POLITICA DELLE DONNE
(La storia di Guadalupe)
 
Guadalupe Ávila Salinas, aspirante alla presidenza municipale di San José Estancia Grande, municipio del distretto di Jamiltepec, nella costa di Oaxaca e dirigente del Partito della Rivoluzione Democratica nella regione, fu assassinata il 3 ottobre 2004 dall’allora presidente municipale di quella località, Cándido Palacios Loyola, il quale le sparò alle spalle a bruciapelo quattro colpi di pistola per poi darle il colpo di grazia.
Guadalupe era una donna apprezzata nella comunità e tutto lasciava supporre che avrebbe vinto le elezioni, fatto che causò tensioni tra gli appartenenti al PRI , dal momento che aveva assicurato che una volta vinto, avrebbe aperto delle indagini e le avrebbe portate a termine sui precedenti governanti priisti.
I fatti sono avvenuti quando il sindaco Cándido Palacios seppe che Guadalupe aveva portato in questa comunità un’amica medico che veniva dal Distretto Federale, la quale avrebbe curato le donne della comunità nell’Unità Medica Rurale dell’Istituto Messicano di Sicurezza Sociale.
Palacios si presentò in quel luogo dove si trovavano per lo meno  10 donne ed alcuni adulti per reclamare a gran voce con che diritto svolgeva questo tipo di attività e senza udire ragioni  le gridò, “non mi importa, ti ammazzerò”  per poi prendere la sua pistola calibro 38 e spararle quattro colpi anche se altre fonti giornalistiche parlano di tre. Inoltre causò una ferita all’addome alla dottoressa Georgina Solano Alvarez, del servizio sociale la quale fu ricoverata nell’ospedale di Jamiltepec.
D’accordo con i testimoni presenti, il sindaco uscì e sparò altri due colpi, si diresse  a casa dove prese un fucile e  senza che nessun poliziotto facesse nulla per fermarlo, salì su di un camion di birre per abbandonare il luogo indisturbato. Erano le undici di mattina quando Guadalupe Ávila morì.
Cirilo Ávila Salinas, suo fratello qualificò l’atto come una codardia , “non solo perchè si trattava di mia sorella ma anche perchè avevano distrutto la vita di una donna , una grande lottatrice che voleva solo servire il suo popolo”.
Cirilo assicurò che Guadalupe, “visse  e morì per i suoi ideali”  e chi la assassinò bruciò uno dei suoi più grandi sogni e cioè “essere presidente municipale del nostro paese”, dove aveva tutte le possibilità di vincere.
Guadalupe Ávila Salinas era diplomata alla scuola di Diritto dell’Università Autonoma di Puebla , lasciò orfani  Karina di 12 anni , Paul di 7 e Israel di 4.
Il contesto politico nel quale avvennero questi fatti , in una zona di Oaxaca, vede  pratiche tiranniche di controllo politico, dirette da alcune famiglie della regione, che comprendono anche tattiche di violenza e minacce per dissuadere i cittadini a votare; protetti dal PRI che ha ripetuto queste strategie di violenza per molti anni ed in tutto il territorio di Oaxaca per continuare ad ottenere il potere.
 
IL POTERE AUTORITARIO SULLA CONDIZIONE DI GENERE E DI ETNIA
(La storia di Isabel)
 
Il 25 ottobre del 2006 si mobilitò nella città di Oaxaca una Carovana Femminista e una parte di questa fu a far visita a Isabel Almaraz.
In un giorno di visite nel carcere Ixcotel di Oaxaca, per giungere al reparto femminile delle imputate,  bisogna passare per cinque porte, registrarsi tre volte e attraversare tre cortili. Durante il percorso si vedono altre donne con i loro bambini, che mentre giocano con essi, realizzano con le loro mani palloni da calcio. Si vedono anche uomini, con le loro mogli e figli, perché le altre donne erano sole? e con altre donne e con i loro figli, senza i compagni?
Nell’ area femminile c’era odore di umidità, di cibo, del ferro da stiro, si udiva il mormorio delle altre donne, il rumore della televisione, il pianto di un neonato. Isabel è apparsa con una cartellina in mano e aveva una lettera scritta alle deputate e senatrici dell’attuale governo,  una lettera in più oltre a quelle scritte durante questi ultimi quattro lunghi anni, la stessa che le destinatarie avranno  già ricevuto.
Isabel ha lo sguardo, la calma, il fisico minuto e la pazienza delle donne zapoteche, là in mezzo a tanta umidità, alla vigilanza estrema, all’ isolamento, aspetta una volta al mese che giunga il giorno di visita affinché sua sorella le porti le sue figlie :Doris di 8 e Denise di 5 anni. Ognuno di questi giorni di questi lunghi anni, pensa con tranquillità al modo in cui la sua denuncia venga ascoltata e la sua situazione si risolva.
Dopo la costituzione dell’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR) nel 1996, furono  arrestati  alcuni abitanti di  San Augustín Loxicha e alcuni membri della sua comunità per presunti vincoli con questo gruppo armato. Ci sono state anche persecuzioni, assassini e violenze sulle donne e sette casi di sequestro.
Isabel fu arrestata il 25 giugno del 2002 a  Santa Cruz Xoxocotlán, in un municipio di Oaxaca.
 
“Alcuni giorni prima del mio arresto lasciai il  paese di San Augustín Loxicha, paese emarginato e dimenticato, dove non c’è medico e ancor meno specialista, mia madre era quasi moribonda e questo mi obbligò ad allontanarmi dal mio paese natio in cerca di un medico specialista  che la curasse e stando qui in città la ricoverai all’Ospedale Civile, lottai fino all’impossibile per salvarla ma sfortunatamente il destino non mi aiutò; la morte strappò dal mio fianco la persona a me più cara, lasciandomi con il dolore e la tristezza, l’ingiustizia si approfitta della mia persona solo per il fatto di essere di  Loxicha, dove le autorità giudiziali statali mi accusano di sequestro e di un presunto vincolo con il gruppo armato EPR, delitti e segnalazioni totalmente false. Dal giorno del mio arresto ho lasciato le mie due figlie, all’epoca la prima aveva  4 anni e la seconda 1 anno e 6 mesi, rimanendo queste bambine in totale stato di abbandono”.
 
Dal 2002 si trova nell’area delle imputate nel carcere di Ixcotel, il tempo passa e suo marito non lo vede dal momento dell’arresto e non sa che fine abbia fatto. Non vede da 6 mesi il suo avvocato, non ha accesso alla sua pratica ed è molto controllata. Le fanno visita solo sua sorella e le sue bambine.
 
“Sono cosciente che non ho commesso alcun delitto, riconosco solo che il mio unico delitto è essere indigena ed essere di Loxicha:per questo le autorità mi hanno privato della mia libertà”.
 
Cosa c’è dietro il fatto di incolpare Isabel oltre al potere autoritario che si esercita sulla sua condizione di genere e di etnia? Isabel da quattro anni continua a sporgere denunce davanti a molteplici autorità: istituzioni, convegni, chiede di essere libera, tante e tante volte, e chiede sempre la stessa cosa, chiede giustizia e libertà, in ogni occasione chiede di essere libera, chiede di poter veder crescere Doris e Denise.
 
NEGAZIONE DEL DIRITTO ALL’ABORTO LEGALE A OAXACA
(La storia di Maria)
 
Ad Oaxaca, come negli altri stati del paese, l’aborto a causa di violenza sessuale è un diritto e non è considerato come un delitto. Secondo la legge vigente, una donna che sia stata vittima di violenza e che da tale violenza ne risulti una gravidanza, ha diritto ad abortire se così decide.
Oggi come oggi, nessun discorso morale, etico o religioso può giustificare una gravidanza frutto di tale violenza all’integrità fisica e psicologica di una donna o di una giovane.
Garantire il diritto all’aborto è il minimo, una richiesta di giustizia che beneficia principalmente le donne povere che non hanno accesso a un aborto sicuro nel mercato clandestino. Ciò nonostante l’accesso reale ed opportuno a questo diritto con il sostegno e la protezione delle istituzioni dello Stato, si vede negato in pratica per pressioni religiose, lacune legali e la doppia morale imperante.
Questa situazione genera storie come quella di Maria.
Il 10 agosto del 2004, Maria giovane oaxaqueña di 19 anni, con disfunzione uditiva (è sordomuta) e sua madre, si recarono davanti all’agenzia del Ministero Pubblico specializzata in delitti sessuali, per presentare una denuncia per violenza sessuale contro lo zio della giovane, così come per segnalare che a seguito di questa aggressione Maria presentava una gravidanza indesiderata.
Nella denuncia penale ambedue segnalarono che Maria non desiderava portare a termine questa gravidanza. Ciò nonostante l’agente specializzato in delitti sessuali, Fulvia Rocio Hernández Cruz non dette ascolto a questa situazione e non facilitò in nessun modo a Maria l’accesso all’interruzione della gravidanza legale. Solamente spiegò  alla mamma della vittima che dovevano attendere il deposito dell’indagine preliminare per procedere con la richiesta dell’interruzione della gravidanza.
Durante quasi due settimane la sua famiglia aspettò che l’agente del Ministero Pubblico (MP) depositasse l’indagine preliminare. Intanto Maria già era a dieci settimane e mezzo di gravidanza e in virtù del fatto che il Codice Penale dello stato di Oaxaca indica come legale l’interruzione della gravidanza frutto di una violenza fino ai tre mesi di gestazione a partire dalla data della violenza sessuale, cercarono appoggio nelle organizzazioni civili del Collettivo Huaxyacac.
Le appartenenti a questa organizzazione esposero direttamente al Procuratore Generale della Giustizia dello Stato, Rogelio Chagoya Romero, la situazione di emergenza nella quale si trovava Maria, il quale indicò che era sufficiente la copia certificata dell’indagine preliminare affinché l’Ospedale Generale “Dr. Aurelio Valdivieso” offrisse il servizio richiesto. Ciò nonostante il direttore di questo ospedale, José Manuel Rodriguez Domingo negó il servizio, segnalando che quello non era un documento valido per interrompere legalmente una gravidanza.
Sollecitarono quindi di nuovo l’intervento della Procura  Generale della giustizia di Stato, per ottenere che l’agente del MP inviasse una comunicazione scritta al direttore dell’Ospedale Generale nella quale si certificava che Maria presentava una gravidanza frutto di una violenza sessuale e che l’interruzione di questa gravidanza costituiva un’azione non punibile , in accordo alla legislazione penale vigente, ma in questa seconda occasione il direttore dell’Ospedale Generale negò a prestare tale servizio medico, argomentando che in quella comunicazione non era specificato chiaramente di interrompere una gravidanza.
Di fronte a questa situazione, la madre di Maria ed il suo avvocato si presentarono alla Commissione Statale dei Diritti Umani con lo scopo di presentare una denuncia per la mancata prestazione di un servizio sanitario, senza immaginare  che il funzionario di turno  Cuauhtémoc Cortès Ramírez si negasse a presentarsi al suo ufficio argomentando che il caso non era urgente e che si trovava lontano dalla Commissione.
Mentre Maria compiva dodici settimane di gravidanza, l’Indagine preliminare fu finalmente consegnata al sesto tribunale penale, a carico di Violeta Sarmineto Sanguines e con indicazioni del Procuratore e previo accordo con il  Segretario della Salute, Fulvio Rocio Herández Cruz  emise una seconda comunicazione diretta al Direttore dell’Ospedale, José Manuel Rodríguez Domingo.
Dopo un lungo e tortuoso percorso burocratico di quasi un mese, per poter accedere all’autorizzazione dell’interruzione della gravidanza, Maria fu ricoverata il 1 di settembre all’Ospedale Generale “Dr. Aurelio Valdivieso”, dove rimase ricoverata 41 ore senza che le fu praticato l’aborto.
Per questo e in risposta  anche di un verbale ricevuto da tre distinte fonti che coincidevano nell’affermare che per “ordini superiori” il procedimento medico era stato sospeso, il 3 di settembre, le appartenenti al Collettivo Huaxyacac insieme alla madre di Maria ottennero la dimissione volontaria e finalmente l’interruzione legale della gravidanza fu eseguita fuori dalle istituzioni pubbliche della salute.
Traduzione di Annalisa Melandri
 
              
 

Italia-Venezuela tra falsità della stampa ed amicizia tra bloggers..

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Vorrei ringraziare pubblicamente il mio amico Bruno Spelorzi. Dal suo Blog Politicamente Incorrecto, dal Venezuela, ha approfondito in due post particolarmente interessanti alcune tematiche già trattate qui.

Nel primo, ironicamente, facendo la parodia di un programma televisivo statunitense, Who Wants to Be a SuperHero, Bruno immagina che un simile programma venga realizzato in Venezuela dal titolo Quien Quiere Ser  Un AntiHeroe Venezuelano. Non sarebbe sorprendente che  dopo aver fallito in tutti i modi democratici e non (Enrique Salas nel 1998, Francisco Arias Cárdenas nel 2000, l’opzione del SI nel referendum del 2004, Rosales nel 2006), l’opposizione venezuelana, sconfitta dalla forza dirompente del popolo che finalmente é “protagonista del proprio destino”, si affidi ai mezzi televisivi privati (disinformativi di opposizione o laboratori di guerra sporca) al servizio delle multinazionali per creare “controfigure mediatiche che si oppongano “con tutte le loro forze, con tutta la loro mente e tutto il loro cuore al presidente Hugo Chavéz”.
Tra i possibili aspiranti a partecipare a questo reality show, il nostro Bruno immagina per esempio, a nome della  società civile Alejandro Peña Esclusa e Maria Corina Machado, per i mezzi di comunicazione privati, Nixon Moreno, Carlos Alberto Montaner e Miguel Rodríguez, e per la chiesa cattolica venezuelana, Il Cardinale Rosalio Josè Castillo Lara e Monsignor Roberto Luckert.
Uno dei primi protagonisti dello show  potrebbe essere per esempio  Nixon Moreno, oppositore e studente della Università delle Ande (ULA), resosi recentemente  protagonista di uno show mediatico con il quale si è rifugiato nella Nunziatura Apostolica chiedendo a Benedetto XVI che gli concedesse un salvacondotto come esiliato politico.
Nixon Moreno è un volgare criminale con un mandato di cattura nel suo paese per omicidio e tentata violenza carnale che fu trasformato come per magia in “vittima del regime”. Nello stesso modo in cui un fascista e golpista come Peña Esclusa nel nostro paese viene fatto passare come “oppositore moderato di Chávez.
Conclude  testualmente Bruno:
“Se decidente di votare per lui o per qualsiasi altro partecipante — del fenomeno dei mass media venezuelani — potete chiamare lo 0–800-dissociazione o scrivere a href=“psicoticaatchivuolessereunantieroevenezuelanodotcomm“>dissociazionepsicoticaatchivuolessereunantieroevenezuelanodotcom e vincere un simpatico dizionario Rosales-Spagnolo Spagnolo-Rosales edito da MonteAvila Editrice e un magico tour alla Casa Bianca per conoscere di persona il presidente con più desiderio di vendetta di tutto il pianeta”.
 
Il secondo post di Bruno è ugualmente molto interessante. Egli ha raccolto il mio invito ad approfondire un articolo apparso tempo fa sul quotidiano La Stampa dal titolo “In fuga da Chavez” di Paolo Manzo, secondo il quale, migliaia e migliaia di italiani residenti in Venezuela, stanno velocemente facendo ritorno in patria terrorizzati dalla “dittatura” di Hugo Chávez e dalla possibilità di perdere i privilegi acquisiti in quel paese dopo anni di duro lavoro. (“Espropri in vista, c’è paura”).
Nota Bruno, che non una parola viene spesa dal giornalista per ricordare che gli italiani giunsero in Venezuela fuggendo da un continente  distrutto da due guerre e che furono amabilmente accolti da questo popolo grazie al quale poterono ricostruirsi una vita.
In Venezuela non si sta espropriando niente, si sta solamente applicando la Legge delle terre riconsegnando ai contadini porzioni di terreno fertile ma improduttivo che erano in mano di alcuni latifondisti i quali non ne erano nemmeno i legittimi proprietari.
E gli espropri di cui l’opposizione va parlando da anni,  semplicemente non esistono..
Di esproprio si parla anche a proposito del mancato rinnovo della licenza all’emittente RCTV, anche in questo caso vengono diffuse menzogne volte a creare timore nella popolazione verso una deriva totalitaria del governo di Hugo Chavez.
Chiarisce Bruno infatti: “E’ insindacabile potere del governo nazionale, come amministratore, in nome del popolo venezuelano, dello spazio radioelettrico, il rinnovo o il non rinnovo delle licenze operative.  In nessun caso si tratta di espropriare l’emittente televisiva ai suoi legittimi proprietari: essi potranno continuare a produrre e ad emettere le loro programmazioni via cable e non, attraverso il segnale aperto.. Ma questo sicuramente non implica nè la chiusura dell’emittente nè la sua espropriazione.”
Ma l’aspetto sul quale occorre riflettere è se sia giusto o meno che a un’emittente televisiva chiaramente coinvolta in un tentativo di colpo di stato, come fu confermato successivamente, venga permesso di utilizzare ancora uno spazio pubblico.
Bruno, sicuramente da italo-venezuelano, comprende molto bene il desiderio degli italiani di ricongiungersi ai loro familiari in Italia dopo una vita di lontananza, anche per recuperare il filo delle origini e della memoria. Indubbiamente ci sono Italiani ai quali non piace Chávez e che temono una “presunta” dittatura alla Castro, e così molti venezuelani, sicuramente non appartenenti ai segmenti più umili della popolazione, vanno al consolato e all’ambasciata statunitense per richiedere il visto per trasferirsi negli Stati Uniti.
Purtroppo La Stampa si unisce al coro dei media italiani quali Il Tempo, La Repubblica, L’Espresso che diffondono notizie opportunamente manipolate e false e mai le reali conquiste del Venezuela: che è diventato il paese a maggior crescita economica in America Latina, che l’emissione dei Buoni del Sud e di quelli di PDVSA è stato un successo, che il Venezuela ha preso il controllo della Falda Petrolifera dell’Orinoco, che promuova il Banco del Sud per liberare le nazioni del continente dal FMI, che è l’unico paese dove la metà dei suoi abitanti sta studiando, che lancerà prossimamente un suo satellite per raggiungere una sovranità tecnologica informatica, che l’UNESCO lo ha certificato come libero dall’analfabetismo, che il paese ha un’ assistenza sanitaria e di educazione gratuite e di qualità.
Questo conta molto meno di tutte le bugie e le falsità.
Vorrei inoltre segnalare  il commento che Gloria, ha lasciato sul blog di Bruno: fa notare infatti come la ridicolaggine si è spinta ben oltre, probabilmente ai più è sfuggita infatti  una puntata della trasmissione di RAI 1 “Il treno dei desideri” condotta da Antonella Clerici dove tempo fa intervistarono una donna venezuelana e i suoi tre figli, secondo i quali il regime costringendoli alla fuga,  gli aveva fatto abbandonare tutti i loro averi e ora si trovavano in miseria. La signora doveva fare pulizie nelle case (ed è così brutto? nemmeno avesse detto prostituirsi..)per sopravvivere ed erano anni che non potevano far ritorno in patria, lontani da amici e parenti. Il programma alla  fine regalava quattro biglietti A/R affinché visitassero i loro cari in Venezuela.
Certo che se ci si mette pure la Clerici….
 
Vorrei segnalare inoltre questo articolo de La Patria Grande, sull’ennesimo attacco al governo venezuelano ancora una volta da parte del quotidiano La Stampa di Torino. In un articolo anonimo, infatti, La Stampa, affermerebbe che il Venezuela sia in rivolta contro Hugo Chávez, presidente populista (come va di moda questa parola!) per l’applicazione della Ley Seca nella Settimana Santa.
Invito tutti infine ad aderire all’appello di La Patria Grande, scrivendo all’ambasciata venezuelana in Italia href=“embaveitatioldotit“>embaveitatioldotit , per chiedere all’Ambasciatore Venezuelano di far sentire la propria voce contro un giornale che sta sistematicamente cercando di screditare il Governo Chavez ed il Venezuela.
 
 
 

Pensiero figurato

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monica iorio

Foto di Monica Iorio

Come sassi in un secchio
il pensiero immaginato del futuro
incontra lungo la via un bambino ricordo,
lo sguardo volge altrove
mentre il domani fugge via.
….
E’ pietra un giorno come questo
di ermetiche sensazioni
di ineffabili chissà
è pietra sul petto
cristallo una lacrima.

Neuquén, Argentina, come Oaxaca, Messico.

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Carlos Fuentealba

Una protesta di alcuni docenti della provincia argentina di Neuquén che reclamavano per salari migliori è stata duramente repressa dal governatore Jorge Sobisch.
Un docente,  Carlos Fuentealba,  è stato ucciso in seguito all’esplosione, nell’abitacolo dell’auto in cui si trovava, di una granata di gas lacrimogeno lanciata dalla polizia per disperdere i manifestanti.
Sobisch come Ulises Ruiz. Circa trecento maestri hanno circondato la Casa del Governo chiedendo le immediate dimissioni al grido di “Sobisch asesino”.
Sono previsti altri scioperi nei prossimi giorni ai quali oltre ai sindacati dei maestri parteciperanno anche quelli dei lavoratori e di altri settori della società.
Il governatore Sobisch era intenzionato a candidarsi alle elezioni per la prossima presidenza.
Il governo centrale ha precisato , tramite il ministro dell’Interno che i conflitti “si risolvono parlando, con la discussione politica, cercando un accordo e non con una fucilata in testa”.

Breve presentazione della Comunità di Pace di San José de Apartadó

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Comunità di Pace San Josè de Apartado

Testo a cura di Colombia Vive! Onlus

Ubicazione: Municipio di Apartadó, dipartimento (equivalente amministrativo delle nostre regioni) di Antioquia, nord ovest della Colombia, vicino alla frontiera con Panama. Esistono forti interessi economici su quest’area per le sue ricchezze minerarie e non solo.
 
Conflitto armato. Attualmente lo scontro in questo territorio vede contrapporsi la guerriglia delle FARC, le Forze Armate Colombiane ed i paramilitari. A partire dalla metà degli anni novanta, i paramilitari irrompono nella regione applicando la strategia del terrore contro la popolazione civile: nella città di Apartadó chiunque sia impegnato in attività sociali viene visto come un nemico, vengono uccisi politici, insegnanti, giornalisti e maestri; mentre, nelle aree rurali (come San José) tutti i contadini sono considerati potenziali guerriglieri. Attraverso i massacri e gli omicidi mirati, i paramilitari tentano di assumere il controllo di San José de Apartadò e del suo territorio. Le continue violenze e minacce indiscriminate, e l’assassinio dei principali Leader comunitari, causano lo sfollamento forzato dei suoi abitanti.
 
Nascita della Comunità di Pace: Con l’aiuto della Chiesa Cattolica e di alcune ONG, i contadini sviluppano una strategia di neutralità e nonviolenza al fine di difendere la propria vita ed il proprio territorio. Il 23 marzo 1997 si firma pubblicamente la dichiarazione costitutiva della COMUNITÀ DI PACE.
 
La Comunità di Pace di San José de Apartadó è composta da 1300 persone che si impegnano a non partecipare, direttamente o indirettamente, alla guerra, a non portare armi, a denunciare pubblicamente le violazioni commesse da ognuno degli attori armati, a partecipare nelle attività di lavoro comunitario, a non reagire alla violenza con la violenza.
 
Aggressione da parte degli attori armati: Dal 1997, la Comunità di San José ha comunicato pubblicamente le violenze subite: persecuzioni giudiziali attraverso false testimonianze, sfollamenti forzati, stupri e soprattutto l’assassinio di 164 suoi membri. Dopo la sua costituzione, la Comunità di Pace ha denunciato sia la guerriglia, sia le Forze Armate Colombiane, sia i paramilitari per i gravi e ripetuti atti di violenza contro i propri membri, azioni che di fatto disconoscono il diritto dei civili a restare neutrali rispetto al conflitto. In base a queste denunce, sono proprio i gruppi illegali paramilitari quelli che hanno aggredito con maggior intensità la popolazione di San José, con la complicità attiva od omissiva delle Forze Armate. Contemporaneamente, è stata testimoniata anche una durissima pressione economica: i furti del denaro ricavato dalla vendita dei loro prodotti, gli incendi delle abitazioni, i blocchi paramilitari permanenti nella strada che collega San José con il Comune di Apartadò ed i blocchi economici.
 
Nel 2005 si sono registrati vari atti tragici, tra i più gravi ricordiamo:
-          il massacro di 8 persone avvenuto il 21 di febbraio, tra le quali morirono i líderes Luis Eduardo Guerra Guerra , Alfonso Bolívar e 3 bambini di 11, 6 e 2 annidi età;
-          l’occupazione da parte della Polizia della Zona Umanitaria di San Josè, azione che ha spinto la Comunità allo sfollamento tempestivo, poiché il suo principio di neutralità non gli permette di vivere nello stesso spazio con un qualsiasi attore armato, dato che questo la converte automaticamente in obiettivo militare dell’attore armato ad esso contrapposto;
-          l’uccisione da parte dell’esercito di Arlen Salas David, Coordinatore della Zona Umanitaria Arenas Altas, lo scorso 17 di novembre.
 
Nel corso del 2006 è stato denunciato l’assassinio da parte dell’esercito nazionale di Edilberto Vasquez Cardona ex coordinatore della Zona Umanitaria di Arenas Altas, di Nelly  Johanna  Durango, il  massacro del 26 dicembre a la vereda La Cristalina e la continua minaccia di nuovi massacri contro la Comunità
Successi raggiunti:
- La Definizione e l’applicazione di un progetto di vita che contrappone la resistenza civile nonviolenta alla guerra e la costruzione di una proposta economica di tipo comunitario, al centro della quale viene messa la soddisfazione delle necessità fondamentali della persona e non l’accumulazione dei beni;
- Il rafforzamento delle Zone Umanitarie come meccanismo di protezione per la popolazione civile e di applicazione del Diritto Internazionale
- La riaffermazione della popolazione civile come soggetto sociale e politico e non come semplice risorsa strategica manipolata dagli attori armati;
- L’accoglienza delle famiglie sfollate della zona per facilitare i loro ritorno appena possibile nella loro terra;
- La produzione biologica e solidale;
- La prevenzione affinché i giovani non si vincolino ai vari gruppi armati;
- La tutela delle vedove e degli orfani
- La formazione per il superamento nonviolento dei conflitti;
- La convivenza di diverse confessioni religiose;
- La difesa dei diritti umani
- Il contrasto della controriforma agraria con la pratica della proprietà collettiva della terra;
- Il superamento delle ineguaglianze nei rapporti di lavoro, attraverso la formazione di gruppi di lavoro nei quali ciascuno è padrone e operaio;
- Il ricordo vivo dei propri “martiri”.
- La costituzione della Rete delle Comunità in Resistenza e la creazione dell’Università Contadina della Resistenza Civile ( come spazio di formazione collettivo dei membri delle diverse Comunità di Pace e in Resistenza Civile)
 
La Comunità di Pace di San José de Apartadò, al pari di altre esperienze indigene, contadine ed afrocolombiane che in Colombia si oppongono in maniera nonviolenta alla guerra, all’ingiustizia ed allo sfollamento forzato, resiste non solo all’inclemenza di un territorio periferico nel quale la malaria e la povertà fanno da sempre parte della quotidianità, ma anche al terrore generato dalle azioni violente dei gruppi armati contro la popolazione civile ed alla tentazione permanente della vendetta, cosa per niente facile quando le aggressioni sofferte permangono nella più totale impunità.
 
Il futuro di questi valorosi contadini e contadine, è intimamente legato alla solidarietà e alla pressione politica internazionale. Per la sua resistenza, per le azioni di vita che offre, per i martiri caduti, per l’impegno deciso ad offuscare il terrore con la speranza, questo esempio straordinario di nonviolenza, in un contesto tremendamente complicato dal conflitto armato, deve essere considerato Patrimonio dell’Umanità
 
Il 23 marzo 2007 la Comunità di Pace compirà 10 anni di resistenza nonviolenta per la difesa della vita e del territorio dimostrando così che la costruzione di un mondo diverso è possibile
Colombia Vive! Onlus - Rete Italiana di Solidarietà con le Comunità di Pace colombiane
Febbraio 2007
 

Joint Strike Fighter, problemi etici contro interessi industriali

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Joint Strike Fighter

Così commenta Patrizio Pazzaglia, direttore finanza di Banca Insinger di Beaufort, alle proteste dei pacifisti per l’accordo firmato nel silenzio mediatico più completo,  dal sottosegretario Lorenzo Forcieri negli Stati Uniti i primi giorni di febbraio  per la produzione in Italia del super caccia americano F-35 Joint Strike Fighter:
“Problemi etici contro interessi industriali”
Più chiaro di così….
Ma si tratta solo di “problemi etici”?
 
Leggi anche:

Ernesto Galli della Loggia e la pillola

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pillola anticoncezionale

Questo è ciò che si legge oggi, sulla prima pagina del Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli della Loggia in un suo editoriale dal titolo “Addio ai padri” (in cui esamina la situazione della scuola e gli  atteggiamenti dei giovani in tale contesto):
“….più o meno nello stesso periodo (1960) ha preso forma una gigantesca rivoluzione scientifico-tecnica di portata generale, sì, ma capace di irrompere in modo pervasivo nella quotidianità del privato (si pensi alla pillola, alla tv, a Internet, all’ingegneria genetica), ed è in questa nuova quotidianità – distruttiva degli antichi universi valoriali e stilistici rappresentati universalmente dalla scuola– che si forma la nuova soggettività giovanile….”
Ora passi per Internet, passi per la TV, qualche dubbio sull’ingegneria genetica che non mi sembra che irrompa in modo così pervasivo nella quotidianità di tutti noi, ma sulla pillola proprio non ci sto. E non ci sto come donna e come cittadina. Non ci sto a considerare la pillola come un qualcosa che “irrompendo in modo pervasivo nella quotidianità”  la trasformi rendendola “distruttiva degli antichi universi valoriali e stilistici…”
Aborto, divorzio, libertà sessuale una volta sono state delle conquiste, le abbiamo fatte nostre, le abbiamo vissute e interiorizzate come eventi ormai legittimi e naturali. Ma sembra che la battaglia debba ricominciare, tutto viene messo nuovamente in discussione e certezze acquisite e opzioni civili  di garanzia e sicurezza e  soprattutto di dignità  per i cittadini stanno diventano strumento sottile di discriminazione.
Concludo citando Erica Jong :
“Ripenso a tutte le tetre profezie diffuse negli anni Sessanta e Settanta: “Se le donne avranno la pillola anticoncezionale, smetteranno di fare bambini, se le donne lavoreranno fuori casa i loro figli diventeranno dei criminali, se le donne guadagneranno dei soldi, spaventeranno gli uomini e li allontaneranno”.Tutte profezie che si sono rivelate assurde. le donne continuano a volere bembini e ad averli.Gli uomini sono liberi di essere padri. I bambini continuano ad ipnotizzare madri, padri, nonni e nonne. Il mondo non si è fermato. Ho imparato che i mercanti di paura di solito si sbagliano sui cambiamenti. E’ magnifico aver vissuto abbastanza per vederlo.”
 
 
 

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