Soy quien fui

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strega

En vida he sido tal vez la “loca” y desde chiquita “la víbora”:

ahora quieren escribir en mi epitafio “amaba el próximo y la verdad”.

He sido ridiculizada por mis sueños y tachada de irresponsable:

ahora dicen orgullosos de mí: “vivió según sus ideales”.

Me han reprochado por ser ingenua y no tener los pies en tierra:

ahora me echarán de menos por mi generosidad.

Han reído de mí por creer en la justicia y la igualdad:

ahora dicen que lo quieren escribir en mi lapida…


¿Donde están los ángeles de Gaza?

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Fotografia de Rosa Schiano
http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/

¿Donde están los ángeles de Gaza?

 Ya no vuelan los ángeles de Gaza,

caídos, pisados, asesinados.

Gaza no es lugar para ángeles.

No es lugar para hombres.

No es lugar.

No existe Gaza.

Vive y muere

en sentido contrario.

Gaza vive por las bombas.

Gaza vive bajo las bombas.

Gaza danza al silbido de las bombas,

Gaza vive cuando entran por las ventanas,

cuando abren los techos.

Gaza vive en su sangre derramada.

Pasan las bombas,

se cuentan los muertos,

quedan los escombros.

Y Gaza muere.

Gaza vuelve a ser un no lugar.

El mundo la olvida.

Dios, si existe,

tampoco sabe dónde queda en el mapa.

(Annalisa  Melandri)


Dove sono gli angeli di Gaza?

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Fotografia di Rosa Schiano
http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/

 

Dove sono gli angeli di Gaza?

 

Non volano più gli angeli di Gaza,

caduti, calpestati, uccisi.

Gaza non è un posto per angeli.

Non è un posto per uomini.

Non è un posto.

Non esiste Gaza.

Vive e muore

in senso contrario.

Gaza vive grazie alle bombe.

Gaza vive sotto le bombe.

Gaza danza al fischio delle bombe,

Gaza vive quando entrano dalle finestre,

quando sfondano i  tetti.

Gaza vive quando scorre il sangue.

Passano le bombe,

si contano i morti,

restano le macerie.

E Gaza muore.

Gaza torna ad essere un non luogo.

Il mondo la dimentica.

Dio, se c’è,  non sa nemmeno dove sta Gaza.

(Annalisa Melandri)

 

 

 


Fe y revolución

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Fe y revolución — Foto de Annalisa Melandri

(A Esly y Rey, con cariño)

Baja la cabeza un Dios agotado por tanta violencia

en la espalda de Morazán…

pidiendole perdón.

“¿Es hoy, ayer, mañana?” pregunta Pablo.

Nadie contesta.

Ustedes lo saben.

Es hoy, como fue ayer y ojalá no sea igual mañana.

“Invasores llenaron tu morada, querido Honduras.
Y te partieron como fruta muerta,
y otros sellaron sobre tus espaldas
los dientes de una estirpe sanguinaria,
y otros te saquearon en los puertos
cargando sangre sobre tus dolores.”

Otros sembran hoy muerte a la sombra de las palmas africanas…

… 

Otros sueñan…

y luchan.

… 

Hermanos, amanece.

(Y Morazán vigila abrazado a Cristo)

 

 (Annalisa Melandri)

P.S. Espero que Pablo Neruda me perdone.

05/03/2012

 

 



Al Aguán, mi corazón

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Niños de Marañones — Foto Annalisa Melandri 

Al Aguán, mi corazón

 

A Esly, Haydeé, Wil, Consuelo,   y todos los demás amig@s del Aguán y de Honduras, agradeciendo el Encuentro Internacional de  Derechos Humanos en Solidaridad con Honduras del (febrero 2012)

Sentir el calor de un pueblo,

pero también su dolor, su rabia y su ternura.

Llorar sus propias lágrimas

y  velar sus mismos muertos

pero también abrazar  y acariciar sus esperanzas.

Son días frágiles

de sueños grandes y de pequeñas ilusiones.

Se levantan los puños,

se seca el sudor de la frente

y  la humedad de los ojos.

Se despiertan los niños,

se recogen las pertenencias.

Se ignora el miedo

y se sigue andando.

Un solo paso,

una sola voz.

Ahí voy yo.

Ahí va mi corazón.

(Annalisa Melandri)

 


Vecchie poesie del 1984

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Ringrazio i miei amici Luca e Christian Luongo, che praticamente non vedo da una vita ma con i quali evidentemente esiste un legame che va ben oltre il tempo e lo spazio. Non so come, ma hanno trovato alcune mie vecchie poesie del 1984, (avevo 18 anni, in piena crisi esistenziale !!!!!) e grazie alla moderna tecnologia impensabile in quegli anni, in pochi minuti me le hanno inoltrate.

Le poesie non sono un granché ma averle lette mi é sembrata  comunque una cosa molto bella.

 


 


Tiempo de soledad

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Tiempo de soledad

Entre polvo y violencia
está el tiempo del silencio.
Entre tu alma y la mía
gritan  abismos  de clase.
Entre ustedes,
señores del cielo y de la tierra
y nosotros pueblo,
existe  un pequeño espacio liberado
que se llama Soledad.
Tu corazón,  hermano,
y el mío juntos hacen un arma.
Tu  poema,  hermana,
y el mío  juntos hacen las voces de l@s callad@s.
Vuelan todavía vivas,
las mariposas entre los rojos Flamboyants.

A una donna…

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LA FAMIGLIA UCCIDE PIU’ DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Dividendo stanze, letti e sogni
incubi e desideri
con uomini bambini
spaventati dalla vita.
Una donna è poesia
eterea e sottile
la vedi e già non c’è più;
un uomo è il vento
che disperde nell’aria i versi di lei e le sue parole
e mette lucchetti ai sogni.
Una donna sogna il futuro
godendo del presente;
un uomo muore nel presente
negando il futuro.
L’uomo solo
ha paura di un verso incancellabile.
Un verso è genesi dell’epopea dell’amore.
Uomini bambini
spaventati dalla vita,
assassini delle donne.
(Annalisa Melandri)
22/09/2010
La violenza contro le donne viene attribuita alla devianza di singoli, mentre avviene principalmente all’interno del nucleo familiare dove si strutturano i rapporti di potere e di dipendenza.
L’aggressività maschile è stata riconosciuta (dati Onu) come la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne in tutto il mondo.
“Sono 6.271.000 le italiane che hanno subito dal partner violenze fisiche, sessuali o psicologiche in casa. Si tratta, spesso, di violenze ripetute (fra 2 e 10 episodi per il 46,1%): le violenze più gravi riguardano 1.572.000 donne, nel 95,9% dei casi è violenza fisica, ma è frequente che sia accompagnata anche da quella sessuale. E 2.077.000 donne per l’Istat sono state oggetto di stalking da parte di ex fidanzati o ex mariti, succubi di comportamenti persecutori (dalle telefonate agli appostamenti, dalle minacce alle e-mail) che impediscono loro di mettere definitivamente il punto ad una storia d’amore ormai finita.“

Mala città

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.

A volte le strade si trasformano

in visioni di inquietudini,

strani filmati di deliri sociali.


Il guscio reclama il nucleo ribelle e fuggitivo.


Vedo e sento fredde solitudini

scontrarsi con la mia.


Rincorro semafori in sequenza

e il sogno indefinito del riposo.


Anche le formiche soffrono di insonnia

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Da quando ne ho memoria, per me è sempre stato così. Fin da piccola. Da bambina solidarizzavo con le formiche quando mio fratello e i suoi terribili amici le bruciavano dopo averle cosparse di alcool. Loro ridevano nel vedere quelle fila di corpicini carbonizzati sui muri, io piangevo e li odiavo. Io che le studiavo, che “a faccia per terra e culo per aria” come mi diceva mia madre, passavo le ore a seguirle, ad osservarle, a disegnarle, ammirata di tanta solidarietà ed organizzazione, per la mia ricerca di seconda elementare. Le ho sempre amate le formiche. “Le formiche sono comuniste” ho sempre pensato. Quell’atto di bruciarle ripensandoci, mi fa venire i brividi oggi.Ci stermineranno tutti?
 
Me ne andavo sola per campagne e boschi, in una Napoli ancora vivibile, e almeno lì sulla collina magica dei Camaldoli, libera dal cemento, sognando di guerre passate delle quali scoprivo ordigni abbandonati, di lotte tra bande rivali nel casale della contessa, diroccato e teatro di oscuri traffici, la scoperta dei capanni dei “botti” illegali, era tutto magico per me.
 
Vivevo in una classica famiglia borghese. Ma per me tutto aveva origine dal basso. Ora riesco a capirlo. Mi affascinava la natura e i suoi misteri, nello spettacolo della quale, mi ritagliavo ruoli fantastici, mi incuriosiva la vita dei contadini, e quella degli uomini e delle loro malefatte. Più grande al liceo, piccola tra i grandi, l’occupazione, le manifestazioni con gli operai. Che ne sapevo io, appena quindicenne, degli operai. Ma lì volevo e dovevo stare. Non dovevano essere soli.
 
Nessuno doveva essere solo. Così i randagi, animali, uomini e amici,  entravano e uscivano dai miei anni.
 
Una volta ricordo che partimmo in auto verso la Sicilia. Vacanze. Per il viaggio appesi degli strofinacci dietro ai finestrini perchè mi facessero ombra durante il viaggio. Mio fratello, otto, nove anni, si arrabbiò tantissimo. “Sembra la macchina degli zingari” mi disse urlando. Forse è da allora che li ho amati, gli zingari.
 
E io ridevo, mi piaceva sentirmi una zingara, forse lo ero, lo sono tutt’ora. Mi piaceva immaginarmi zingara. In realtà in quel momento ero solo la figlia di una famiglia borghese che partiva per le vacanze al mare.
 
Ma zingara lo sono nel cuore, credo e come gli zingari sto in basso. Quella litigata con mio fratello mi ha segnata per sempre e non la dimenticherò mai. E’ stata simbolica. Il simbolo di differenze inconciliabili,  il simbolo di quello che poi fu ed è. Una frattura.
 
E stanotte che non riesco a dormire, ripenso a queste ultime mie giornate, appena tornata dalle vacanze, con tutto il peso dei mali del mondo sulle spalle. Stanotte pesa di più, con il pianto del cognato di F. in testa, il sangue di Carlo, “sangue nostro”, con il volto di Cristina, la figlia di  Francisco, scomparso in Messico due anni fa, difensore dei diritti umani, con la faccia stampata in mente dell’ambasciatore colombiano, la stesso che ho rivisto oggi in fotografia, il suo curriculum pesante di corruzione e crimine e le sue parole durante l’incontro avuto all’ambasciata.
 
Dovrei uscire mi dico, tutto il giorno passato al pc tra morti, sangue, violenze, scomparsi, a fare mia ogni lotta, da quella dei fratelli mapuche (un altro ragazzo ammazzato alle spalle, una ventina rifugiati nei villaggi feriti che non vanno negli ospedali per paura di essere arrestati, mi ha raccontato oggi Violeta) a quella dei compagni in resistenza da oltre un anno del mercato di Coyoacan, lettere, mail, petizioni, telefonate, proteste da organizzare, l’articolo denuncia da scrivere, i morti sul lavoro di luglio, una strage continua, i morti in mare, cimitero liquido italiano.
 
Dovrei uscire, ma esco e mi ritrovo a scaricare libri in biblioteca, così tanto per dare una mano, mi dico.
 
Dovrei uscire.
 
Domani sera c’è Ascanio Celestini all’Isola Tiberina. Celestini sul Ruanda. Ho deciso, ci vado. Per non dimenticare il Ruanda.
 


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