Prostituzione, criminalità, disagio giovanile… I blog sono solo la punta dell’iceberg…Questo e molto di più ovviamente da Bruno Vespa..

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22 Febbraio 2008
 
Stasera su Porta a Porta è stata fatta disinformazione a livelli tanto gravi da chiuderne la trasmissione se avessimo uno stato culturalmente preparato.
- Si è associato il disagio giovanile con Internet.
- Si è parlato di blog come qualcosa di folle che fanno solo i ragazzini.
- E’ stato affermato più volte e da più ospiti che i blog sono scritti da ragazzi affetti da problemi di personalità multipla.
- Che i blog e le perversioni sessuali sono strettamente collegati.
- E’ stato fatto intendere che le ragazze che hanno un blog sono al primo passo verso la prositutizione.
- Hanno equiparato myspace a un luogo di esibizionisti con gravi problemi (facendo vedere la pagina della presunta assassina Amanda Knox), ma poi qualcuno ha affermato che myspace è un sito “legale”… Come dire che gli altri non lo sono…
- Il padre del presunto assassino ha detto che lui aveva la password del blog e tutti, dal padre a Vespa, hanno continuato a intendere che solo grazie alla password si può entrare in un blog.
- Uno dal pubblico per screditare un’informazione citata da un ospite ha detto “Non so dove avrà trovato questa notizia, è falsa, l’avrà trovata su Internet…”
- Il presentatore che va in onda tutti i giorni su milioni di teleschermi si interrogava su quale perversione mentale poteva spingere tutti questi ragazzi ad esporsi e a volersi far vedere a tutti i costi.
- Che non capisce tutta questa voglia di protagonismo.
…e molto altro.
Sono nauseato.
 
 

Ancora violenza razzista per le strade di Roma

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E siamo qui, come in una distesa sempre più buia
spazzati da allarmi confusi di lotta e di fuga,
dove eserciti ignoranti si affrontano nella notte.
(Dover Beach, Matthew Arnold)
 
L’anno scorso proprio in questo periodo nel quartiere  romano  nel quale vivo accadeva un grave episodio che ebbe vasta eco su stampa e televisione.
Una banda di incappucciati in pieno pomeriggio davanti alla scuola elementare  effettuò una “spedizione punitiva”, come fu definita qui in zona,  in un bar abitualmente frequentato da rumeni, picchiandoli a sangue sul marciapiede tra i bambini spaventati che uscivano da scuola e le vecchiette con le buste della spesa. Il bar fu distrutto e dato alle fiamme.
E’ passato un anno e oltre alla presenza di un posto di polizia mobile purtroppo nulla è stato fatto da parte degli enti e degli organi preposti per rendere vivibile un quartiere già penalizzato da anni di abbandono istituzionale.
Un anno fa,  con l’associazione culturale di zona con la quale collaboro (Insieme per il Trullo) avevamo deciso di coinvolgere maggiormente le istituzioni per rendere vivibile il quartiere ma soprattutto per creare spazi di aggregazione giovanile, per ridare luce a una realtà sommersa che ha bisogno di essere sviscerata per poterla liberare dal demone.
Ci abbiamo provato  nel nostro piccolo, ci stiamo provando tutt’ora, con impegno e serietà, con scarsità di mezzi ed entusiasmo, soprattutto soli, e purtroppo  il demone è ancora lì.
E si chiama intolleranza, insofferenza, razzismo.
La notte scorsa un ragazzo  di nemmeno 20 anni è stato inseguito per strada da un gruppo di venti giovani come lui, ma italiani,  inseguito fra le auto in sosta, perfino nei cortili delle case, inseguito e picchiato, preso a mattonate in testa solo perchè rumeno.
Ed episodi come questo, mi dicono qui in giro, avvengono quasi  tutte le sere, abbiamo le nostre strade popolate di giustizieri notturni che decidono chi deve essere punito e chi no in base a valutazioni del tutto arbitrarie sul grado di sobrietà, sulla nazionalità, sulla decenza del malcapitato di turno.
Quelli che potrebbero essere i nostri figli, ragazzini, poco più che adolescenti,  vanno in giro armati di mattoni e spranghe per  picchiare altre persone.
Questa è la realtà del quartiere,  signori. E non posso fare a meno di chiedermi: dove sono i genitori  che non sanno leggere l’odio negli occhi dei loro figli quando questi rientrano a casa? Dove è la scuola che è cieca e sorda? E gli amici? E i vicini? Le istituzioni? Le ragazze? Chi è il responsabile?
Può serpeggiare la violenza per le strade di notte ed essere tacitamente accettata da tutti come se si trattasse di un elemento di arredo urbano?  
Questa è la realtà di  un quartiere che l’anno scorso in più di un’occasione venne definito “estrema periferia romana” ma che posso con certezza affermare essere un quartiere semicentrale, adiacente alla zona ospedaliera, confinante con una delle zone più belle ed esclusive di Roma , la Valle dei Casali e il Casaletto, protesa verso la campagna ma vicinissima al centro.
Eppure sembra di vivere in un’ altra epoca per le strade del Trullo, la globalizzazione intesa nella sua accezione più positiva, e cioè  terreno di scambio prima culturale che economico,  reciproco dare e ricevere, la globalizzazione del diverso modo di sentirsi cittadini del mondo, qui è ancora un concetto  astratto. Qui  non si ha nemmeno chiaro il concetto dell’essere “cittadini” e  il mondo è ancora troppo lontano…
E’ una lotta fra poveri quella che si svolge nel quartiere, una guerra per il territorio violenta e animalesca nelle sue manifestazioni, un delirio adolescenziale di manifestazione di potere e di potenza facilitato da un ambiente dove ancora sono dominanti vecchi valori arcaici e tribali.
Valori portati fin qui avvolti in pochi stracci,   nelle valigie di cartone degli immigranti abruzzesi e calabresi durante e dopo la guerra, perchè qui,  romani “de Roma”, non ce ne sono.
E allora veramente non si capisce che identità stiano difendendo questi giustizieri “fai da te”, quale territorio stiano delimitando con i loro raid notturni alla stregua di gruppi di cani randagi,  alzando la gamba e pisciando contro i lampioni ad ogni testa spaccata di un rumeno.
L’economista Amatya Sen, premio Nobel, dice che “l’identità può anche uccidere, uccidere con trasporto”.
Ma  qui non è l’identità che porta ad uccidere, è la paura di non averla,  è il senso di smarrimento, il vuoto.
Si riempie di violenza quella mancanza di identità, mancanza di identità principalmente con se stessi e poi con  una comunità che convive con noi e come noi, tra difficoltà e problemi e come gli abruzzesi e i calabresi giunti  qui 50 anni fa,  tra paure e solitudini, con il dolore e il rimpianto per  una terra lontana.
Una comunità che, come noi, è formata da cittadini europei, cittadini di quell’Europa che ormai non dovrebbe avere più confini se non quelli che creiamo  con l’ignoranza e l’arroganza, ma formata soprattutto e innanzitutto da esseri umani, come noi.
 
 
“Nel mondo contemporaneo esiste un’impellente necessità di interrogarsi anche sui valori, sull’etica e sul senso di appartenenza che dà forma alla nostra concezione del mondo globale, oltre che sull’economia e sulla politica della globalizzazione. In una visione non solitarista dell’identità umana, impegnarsi su tali questioni non impone di sostiture le nostre fedeltà nazionali e le nostre lealtà locali con un sentimento di appartenenza globale…che si rflette nell’operato di un gigantesco “Stato mondiale”.
Anzi, l’identità globale può iniziare a riscuotere quanto le è dovuto senza cancellare le altre fedeltà.
(Amatya Sen)
 

Il “mio” premio Nobel…

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Brad Will - Oaxaca, Messico

Per parlare di Pace non si può non parlare di guerra e si conoscerà la Pace e si ripudierà la guerra solo se saremo informati sulle guerre. Il “mio”  premio Nobel della Pace lo conferisco  “al giornalista ucciso nello svolgimento della sua  professione”. E penso a Brad Will, Anna Politkovskaja, Ilaria Alpi, Hrant Dink, Enzo Baldoni, al giornalista giapponese ucciso in Birmania poche settimane fa e ovviamente a tanti altri meno conosciuti. A loro il  mio debito morale perchè sono morti per darci uno strumento fondamentale di ripudio della guerra: l’informazione.
La difesa dell’ambiente è importante, il cambiamento climatico è un problema urgente ed è giusto che la soluzione venga trovata urgentemente, ma la soluzione non può essere un premio Nobel. C’è un protocollo al quale circa 170 paesi del mondo hanno aderito per la soluzione di un problema comune. Gli Stati Uniti, l’Australia e il Kazakistan no. Perchè più coerentemente non applicare le sanzioni internazionali ai paesi che non contribuiscono a salvare l’ambiente?

Federico Rampini e “il pericolo giallo”, la Mattel e i cinesi cattivi..

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Morire avvelenati dal made in China è l’ultima versione del “pericolo giallo”, la più inquietante.… I milioni di Barbie e Batman ritirati dalla circolazione per la vernice al piombo che può intossicare i bambini occidentali…Prima era un dragone in grado di divorare interi settori industriali dei paesi ricchi. Ora è in gioco un bene perfino più prezioso, la nostra salute e quella dei nostri figli…Scopriamo con orrore che i “terzisti” cinesi ingaggiati dalla Mattel o dalla Nike sono spesso pirati del capitalismo, criminali che non esitano a sacrificare vite umane per arricchire i loro conti offshore nei depositi esentasse di Hong Kong.”
Così scriveva quest’estate Federico Rampini sulle pagine de La Repubblica del 15 agosto, commentando la notizia del ritiro di 18 milioni di giocattoli Mattel dal mercato.
 
Questi erano i toni  di tutto l’articolo, che chiudeva con una lapidaria conclusione: “Il suicidio del boss dell’impresa Lee Deer, colpevole di aver esportato giocattoli tossici, può diventare un sinistro presagio della sorte che toccherà un giorno al regime cinese, se si ostina a rifiutare le riforme politiche”.
Effettivamente allora, questo grido al “pericolo giallo” mi sembrò un tantino esagerato, soprattutto perchè il vero nocciolo della questione veniva gettato lì in un rigo solo: “Le Multinazionali occidentali vi hanno colto un’opportunità”.
Le multinazionali occidentali hanno colto da sempre infatti un’opportunità per  far soldi e trarre enormi profitti approfittando di  situazione economiche e sociali che lasciano spazio allo sfruttamento più bieco e infimo, quello della mano d’opera.
 
Se la Mattel decise si spostare la produzione delle famigerate bambole in Asia fu per la necessità di ridurre i costi e quindi, trarre maggior profitto dalle vendite.
I costi in Asia,. come generalmente avviene nei paesi del Terzo Mondo,  si riducono sfruttando gli operai ed economizzando sui materiali.
Già Green Peace aveva portato avanti una campagna informativa nel 2005 sostenendo che nei giocattoli prodotti dalla Mattel ci fossero tracce superiori alla media di ftalato, prodotto altamente cancerogeno  e risulta quanto meno improbabile che un colosso come la Mattel non effettui dei test di sicurezza o dei controlli sui suoi articoli prodotti in altri paesi.
L’impietosa analisi e condanna del “made in China” che fa Federico Rampini nel suo articolo del 15 agosto, non analizzando completamente la responsabilità della Mattel nella vicenda,  peccava essenzialmente di sensazionalismo, infatti era di appena un mese prima la notizia del Colgate tossico contraffatto di origine cinese. Tutti siamo d’accordo che dalla Cina giungono tonnellate e tonnellate di merci contraffatte e quindi potenzialmente pericolose e che mancano di controlli di sicurezza, non credo però che la responsabilità di questo sia a senso unico e che giovi alla sicurezza dei nostri figli gridare al “pericolo giallo”.
Mi è capitato di comprare un giocattolo “made in China” in una nota catena di giocattoli italiana e all’aprire la confezione mi sono accorta che peccava del più elementare sistema di sicurezza per i bambini e cioè i vani portabatterie erano  sprovvisti delle viti” , oltre che di scadentissima qualità, il giocattolo infatti non funzionava . Ho riportato l’articolo in questione al negozio e alle mie rimostranze il commesso mi ha fatto notare il marchio CE sulla confezione. Gli ho fatto notare d’altra parte come se oggi si falsifica tutto dalle Ferrari al dentrificio, non vedo nessuna difficoltà a falsificare un marchio su una scatola di giocattoli. Questo per dire che evidentemente se c’è un paese produttore di prodotti falsi e pericolosi, è perchè esiste ed è compiacente  un mercato dove distribuirli e leggi aggirabili in vari modi.
Purtroppo l’analisi di Rampini  sembrava andare a senso unico, un’Occidente buono e socialmente evoluto dopo secoli di lotte e conquiste e una Cina appena uscita dal Medioevo che deve stare alle regole se non vuole “risparmiarsi un’ondata di protezionismo”.
E secondo questa analisi la colpa del demonio cinese è da riscontrarsi nella “nomenklatura comunista” corrotta che permetterebbe a quei diavoli di capitalisti di calpestare impunemente le leggi cinesi che potrebbero anche essere almeno sulla carta accettabili.
 
Invece è di questa settimana la notizia che la Mattel ha dovuto chiedere mondialmente scusa alla Cina perchè il difetto riscontrato nelle Barbie non era imputabile alla Lee Der, l’azienda cinese produttrice della celebre bambola, il cui dirigente si suicidò pochi giorni dopo lo scoppio dello scandalo.
Pace all’anima sua. Tutti allora gridarono alla colpa, tranne i dipendenti dell’uomo che lo difesero strenuamente come un persona integra e tutta d’un pezzo. Forse troppo.
La Mattel praticamente per poter immettere subito nel mercato i nuovi giocattoli, avrebbe ridotto i test sulla sicurezza, sfornando prodotti difettosi. Le vernici tossiche cinesi non c’entravano nulla ma si trattava di piccoli magnetini pericolosi se ingeriti e risultanti essere un difetto di progettazione imputabile direttamente alla Mattel, un errore “made in Usa” quindi.
Federico Rampini però nel suo articolo di ieri, 22 settembre  non analizza  così impietosamente l’accaduto, come pure sarebbe stato logico fare,  anzi tiene  a precisare che se la Mattel ha agito con così tanta leggerezza è stato a causa della fretta dei “dirigenti della Mattel di lanciare nuovi prodotti sul mercato prima della concorrenza e prima delle copie contraffatte”.
Alla fine è sempre  colpa dei cinesi, il “giallo” (nel senso di colore) assume toni più sbiaditi ma rappresenta sempre un pericolo.
E quasi quasi dovremmo sentirci in colpa, suggerisce Rampini, in un altra  sua conclusione lapidaria, se per un attimo abbiamo osato pensare malissimo della  multinazionale americana,  perchè così facendo si rischia di “dimenticare i dentifrici tossici, gli alimenti contaminati, i medicinali falsi. O il milione di “culle killer” sempre made in China – ritirate precipitosamente ieri dal mercato Usa dopo la morte di due neonati soffocati da una barra del lettino”.
Come sempre, il nemico non è fra noi in casa nostra e ci minaccia alla porta.
 
 

I padroni dei media

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Dieci mega gruppi controllano stampa, radio e tv negli USA e influenzano l’America Latina

ERNESTO CARMONA
Argen Press

Dieci mega società posseggono o controllano i grandi mezzi di informazione degli Stati Uniti: stampa, radio e televisione. Questi dieci imperi controllano, inoltre, il vasto settore affaristico del divertimento e della cultura di massa, che abbraccia il mondo editoriale, la musica, il cinema, la produzione e la distribuzione di contenuti televisivi, sale teatrali, Internet e parchi di divertimento tipo Disneyworld, non solo in America del Nord ma anche in America Latina e nel resto del mondo.

Centinaia di milioni di nordamericani, latino-americani e cittadini di tutto il pianeta utilizzano quotidianamente – direttamente o indirettamente – i prodotti di informazione e culturali delle holding AOL/Times Warner, Gannett Company, Inc., General Electric, The McClatchy Company/Knight-Ridder, News Corporation, The New York Times, The Washington Post, Viacom, Vivendi Universal e Walt Disney Company, proprietarie dei mezzi di comunicazione più influenti.

I dieci gruppi controllano i quotidiani nazionali di maggior diffusione, come il New York Times, USA Today e Washington Post, centinaia di emittenti radio e le quattro catene televisive con maggiore audience nei programmi di notizie: ABC (American Broadcasting Company, di Walt Disney Company), CBS (Columbia Broadcasting System, di Viacom), NBC (National Broadcasting Company, di General Electric) e Fox Broadcasting Company (di New Corporation).

Coloro che amministrano questi mezzi di comunicazione hanno acquisito un’importante fetta di potere che non proviene dalla sovranità popolare, ma dal denaro e risponde ad un’intricata matassa di relazioni tra i mezzi di informazione e di comunicazione e tra le più grandi multinazionali statunitensi, come la discussa impresa petrolifera Halliburton Company del vicepresidente Dick Cheney; il Carlyle Group che controlla gli affari della famiglia Bush; i fornitori del Pentagono Lockeed Martin Corporation, Ford Motor Company, Morgan Guaranty Trust Company of New York, Echelon Corporation e Boeing Company, solo per citarne alcuni.

Principalmente i dieci grandi imperi della comunicazione offrono propaganda politica, formano l’opinione pubblica e persuadono a favore dell’ideologia conservatrice; hanno giustificato politiche imperialiste come l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan e in generale plasmano le menti e lavano i cervelli.

Invece di informare il cittadino per dotarlo di una visione critica e attenta, il controllo mediatico lo trasforma in un consumatore passivo di divertimento e in uno spettatore della politica… televisiva.

Il controllo interessato delle notizie da parte dei mezzi di comunicazione più influenti ha inizio dalla selezione su ciò che fa “notizia”, cioè sull’informazione che verrà fornita ai cittadini e in che modo debbano riceverla, cioè la presentazione, l’elaborazione e l’approccio dei fatti attraverso degli “uomini ancora” o presentatori, delle immagini televisive o dei testi dei grandi periodici.

Paradossalmente questi dieci grandi imperi mediatici mostrano gli Stati Uniti come una democrazia esemplare, retta dal così detto “sogno americano di libera concorrenza” dove tutti avrebbero “le stesse possibilità di avere successo”.

Probabilmente rimangono pochi ingenui ancora che credono a questa propaganda. Quello che è certo è che la travolgente concentrazione della proprietà ha fatto sparire numerosi mezzi di comunicazione locali, in particolare le emittenti radio, piccoli periodici e case editrici di tipo familiare, perdendo posti di lavoro e limitando la “libertà di espressione”.

Roma costruì il Colosseo per offrire un diversivo cruento alle masse urbane del suo impero. Oggi ogni volta che accendiamo il televisore riceviamo terrorizzati le crudeltà della propaganda della guerra dell’impero statunitense, nonostante le notizie pretendano di mostrare la presunta bontà dei suoi soldati in Iraq e i film ci familiarizzino da bambini con la morte e la violenza.

Petrolio e risorse naturali per le multinazionali e circo per i popoli, questa sembra essere la parola d’ordine dell’impero, solo che adesso il circo è installato nelle case per il volere di poche elite mondiali.

Negli Stati Uniti l’informazione è stata sostituita lentamente e totalmente dalla propaganda corporativa. Non esiste più il “diritto all’informazione” garantito dal Primo Emendamento della Costituzione. I cittadini statunitensi hanno perduto il loro diritto all’informazione vera e adeguata senza rendersene conto e senza che questo sia stato formalmente abrogato. Le frequenze per i segnali radiofonici e televisivi costituiscono un bene pubblico di tutta la società ma il loro controllo è passato nelle mani di pochi mega-imperi mediatici:

1) AOL /Time Warner Inc. è il maggior impero mediatico, conosciuto in America Latina per la rivista Time, come fornitore di Internet AOL, per i film di Warner Brothers, CNN, TNT e le altre società fondate dal famoso Ted Turner, ex marito di Jane Fonda.

Questo impero possiede impianti sportivi come Los Bravos di Atlanta (baseball), numerosi canali televisivi come Cartoon Network, Entertainment Network e tutte le società che portano nel nome la T di Turner: TBS Superstation, TNT & Cartoon Network dell’Asia e del Pacifico, Turner Classic Movies (TCM) Turner Entertainment, Turner Network Television (TNT) e Turner South.

Come notizie televisive via cavo possiede la CNN, CNN Airport Network, CNN in spagnolo, CNN fn, CNN Headline News, CNN Interactive, CNN International e CNN Radio. Partecipa in Court TV (con Liberty media Corp.), HBO (Home Box Office), Kablevision (televisione via cavo in Ungheria – 53,75%), New York 1 News (canale di notizie 24 ore solo per la città di New York), Road Runner e Time Warner Cable.

Produce film con Fine Line Features, New Line Cinema e Turner Original Productions e li distribuisce nelle sale cinematografiche e in televisione tramite Castle Rock Entertainment, Warner Brothers, Warner Brothers Domestic Pay TV, Warner Brothers Domestic Television Distribution, Warner Brothers International Television Distribution ed altre 14 società. Controlla Warner Brothers International Theaters, proprietaria o gestore di multi sale cinematografiche in più di 12 paesi , mentre invece per far giungere la sua produzione nelle case possiede la Warner Home Video, etc.

Il gruppo possiede riviste, fumetti e magazine come Life, Time, Money e altre 70 pubblicazioni di vario genere e per tutti i gusti. Ha una trentina di marchi registrati come American Recordings, Asylum, Atlantic Classics, The Atlantic Group, China e altri. Pubblica libri con Time Life Books, Back Bay Books, Back Bay Books, BookoftheMonth Club, Bulfinch Press, Children’s BookoftheMonth Club, Crafter’s Choise, History Book Club ed un’altra ventina di case editrici. Partecipa a Amazon,com, AOL MovieFone, CNN Newsroom (programma di notizie giornaliere per lezioni scolastiche) e circa 15 aziende di educazione in internet, oltre ai servizi on line di AOL.com, AOL Europe, AOL Instant Messenger, CompuServe Interactive Services, Digital City, etc. Sfrutta inoltre il business dei parchi di divertimento come Disney World tramite Warner Brothers Recreation Enterprises e della vendita al dettaglio con Warner Bros. Comsumer Products.

2) Gannet Company Inc. raggruppa i periodici di maggior circolazione e comprende anche stazioni televisive. Possiede i quotidiani nazionali USA ToDay, U
SA Weekend, USA ToDay Sports Weekly, USA ToDay Information Network ed i servizi di informazione Gannet News Service. La lista dei quotidiani locali della holding comprende decine di periodici. E con Army Times Publishing Company produce pubblicazioni per il consumo delle armi, come Army Times, Navy Times, Navy Times Marine Corps, Air Force Times, etc.

In Inghilterra possiede Newsquest pic Daily Newspapers, Bolton Evening News, Daily Echo (Bournemouth) e un’altra ventina di periodici. Con la televisione è presente in Arizona: KNAZ (Flagstaff), KMOH (Kingman), KPNX (Phoenix); e molti altri stati. Ha anche partecipazione in altri affari come Cincinnati Reds, tramite Cincinnati Enquirer, Classified Ventures Com. LLC (proprietà condivisa con Knight Ridder, New York Times Company, Times Mirror, Washington Post Company, Tribune Company, Central Newspapers Co. e McClatchy Company), Space.com (con General Electric) e moltissimi altri accordi commerciali.

3) General Electric è un altro mostro che possiede, controlla o partecipa in numerosi mezzi di informazione importanti come NBC News o la catena ispanica Telemundo, senza tralasciare gli elettrodomestici e partecipando anche nell’aviazione, nei sistemi industriali e in una moltitudine di altri affari.

Fu fondata nel 1878 da Thomas Edison, è cresciuta nel tempo abbracciando interessi in Westinghouse, United Fruit e AT&T.
Nel 1926 ha formato la National Broadcasting Corporation (NBC) che amministra emittenti radiofoniche e televisive. La sua filiale RCA ha controllato Random House, ma l’ha venduta nel 1980 a S.I. Newhouse’s Advance Publications. Nel 1985 ha acquisito per 6.300 milioni di dollari la parte di RCA in NBC, nel 1986 ha venduto il settore musicale RCA a Bertelsmann e nel 1989 ha formato CNBC, poi nel 1996 ha lanciato MSNBC.
Ha sviluppato reti di notizie via cavo con Microsoft, nel 1997 ha esteso CNBC in Asia e in Europa, nel 1999 ha ottenuto il 32% di Paxons Communications e la rete PAX TV, nel 2002 ha acquisito Telemundo Communication Group per 2.700milioni di dollari, un affare che ha coinvolto Sony e Liberty Media Corp. Ha acquisito la rete Bravo Network da Cablevision e MGM per 1.250 milioni di dollari.
Nel 2002 ha creato NBC Universal con Vivendi Universal, acquisendo anche le holding di intrattenimento che comprendono i parchi e gli studi cinematografici e televisivi Universal Picture e tre canali tv via cavo.

Riassumendo, possiede 15 stazioni televisive ed altre 14 stazioni Telemundo, produce e distribuisce programmi televisivi tramite NBC Universal Television Studio, NBC Universal Television Distribution, CNBC, MSNBC, Bravo, Mun2TV, Sci-Fi, Trio e USA, produce film con Universal Pictures, gestisce il parco Universal Parks & Resorts, possiede Paxons Communications (30%) e le attività commerciali GE Aircraft Engines, GE Commercial Finance, GE Consumer Products, GE Industrial Systems, GE Insurance, GE Medical Systems, GE Plastics, GE Power Systems, GE Specialty Matelrials e GE Transportation Systems.

4) News Corporation, il cui proprietario più importante è l’australiano-statunitense-britannico Rupert Murdoch controlla la catena televisiva Fox Broadcasting Company, con succursali praticamente in tutti gli Stati Uniti.
Possiede inoltre il canale di notizie Fox News e tutto ciò che includa nel suo nome la parola Fox (Zorro), come Fox Sports ed altre attività commerciali che hanno nomi diversi come per esempio il National Geographic Channel, Sky Directv, etc.
Il gruppo possiede inoltre un settore di riviste e magazine che pubblica TV Guide, il Weekly Standard e Inside Out, tra gli altri. Per produrre cinema possiede 20th Century Fox, Fox Television Studios e Fox Searchlight Pictures.
Nel settore dell’editoria possiede imprese come Harper Collins ed altre 40 case editrici.
I suoi quotidiani comprendono il New York Post degli Stati Uniti, il News of the World, News International, Sun, Sunday Times e The Times, nel Regno Unito e più di 20 quotidiani in Australia.

Alla fine del 2004, Rupert Murdoch, all’età di 76 anni, ha pagato 44 milioni di dollari per un appartamento nella Fifht Avenue a New York, proprio di fronte all’ingresso del giardino zoologico in Central Park. L’appartamento è composto da 2 piani, 20 stanze, 2.500 mq più 1.250 mq. in terrazzi con una spesa mensile di mantenimento di 21.500 dollari.

Secondo la rivista Forbes, il magnate possiede 9 mila milioni di dollari ed è il multimilionario numero 73 della classifica mondiale dei grandi ricchi.
Possiede quasi cento stazioni tv via cavo e televisione aperta negli Stati Uniti, Europa e Australia, una ventina di case editrici come Harper Collins Publishers e Greenwillow Books, per citarne alcune, più 43 quotidiani divisi tra gli Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

5) McClatchy Company, specializzata in periodici e pubblicazioni Internet, possedeva soltanto 12 pubblicazioni quotidiane fino a quando nel giugno 2006 acquisì Knight Ridder, la seconda holding di periodici, con 31 rotative, tra i quali il Miami Herald ed il New Herald. I nuovi proprietari mantengono 31 quotidiani, approssimativamente 50 periodici non quotidiani e vari periodici a diffusione gratuita ma ovviamente fecero sparire vari quotidiani della “concorrenza” perché li acquistarono. Tutti i quotidiani hanno versione online, mentre l’azienda ha avviato McCatchy Interactive, che fornisce contenuti e sviluppa software, come Real Cities (http://www.RealCities.com) e annunci economici (cars.com e appartamenti.com).

6) Il New York Times Company pubblica a NewYork il quotidiano omonimo, a suo tempo rispettabile, ed altri 17 periodici nel paese, ma lavora anche nella radio, nella televisione ed in altre attività commerciali. Nel 2006 l’azienda aveva un valore di 3.300 milioni di dollari, includendo il New York Times, l’International Herald Tribune, il Boston Globe, più altri 15 quotidiani, l’emittente WQXR-FM e più di 30 siti web, inclusi il NYTimes.com, Boston .com e About.com.

Gestisce 8 stazioni televisive in differenti città e due emittenti radio a New York. Partecipa anche in Boston Red Sox, NESN e Discovery Times channel (50%).

7) Il Washington Post Company abbraccia diverse attività commerciali nel campo dell’ informazione e in quello educativo ma la sua principale attività è la pubblicazione del quotidiano omonimo. Il Washington Post, l’edizione di magazine, televisione, tv cavo, servizi di informazione elettronica ed educativa. Possiede il portale Washingtonpost.Newsweek Interactive (WPNI), le pubblicazioni accessorie online Washingtonpost.com, Newsweek.com, Slate and Budget Travel Online; Express; El Tempo Latino; The Gazette e Southern Maryland Newspapers; The Herald (Everett, WA); Newsweek magazine; Post-Newsweek Stations (Detroit, Houston, Miami, Orlando, San Antonio e Jacksonville) e Cable ONE che serve il MidWest, l’Ovest e gli stati del Sud. La holding è anche proprietaria di Kaplan Inc. un fornitore internazionale di mezzi educativi e dei così detti “career services” (servizi allo studio) destinati ai privati, alle scuole e ai negozi. Ha quote di partecipazione anche nel Los Angeles Times, Washington Post News Service e Bowater Mersey Paper Company.

Possiede emittenti televisive a Detroit, Houston, Miami-Ft. Lauderdale, Orlando, San Antonio e Jacksonville e gestisce altre attività commerciali anche nel settore dell’educazione come Cable One (a Phoenix, AZ), Post Newsweek, Tech Media, Newsweek Productions, Government Computer News, GCN.com, Kaplan, Inc e Post Newsweek Tech Media, Newsweek Productions, Government Computer News, GCN.com, Kaplan, Inc e Post Newsweek Tech Media.

8) Viacom possiede le catene CBS e UPN. E’ proprietaria di case editri
ci, produce e distribuisce film, tv via cavo (MTV, Nickelodeon e altri 13 canali) oltre alla produzione e distribuzione di programmi per la TV.
Nella radio amministra la catena Inifinity Broadcasting con un’infinità di emittenti. E’ anche la proprietaria di Blockbuster (cinema in cassetta) , Paramounts Parks, Famous Players, United Cinemas International e Famous Music.

Gestisce più di 50 emittenti tv sia via cavo che in segnale aperto, mentre produce e distribuisce programmi televisivi con Spelling Television, Big Ticket Television e King World Productions, produce cinema con Paramount Home Entertainment e Paramount Pictures, pubblica libri e riviste con Simon & Schuster, Pocket Books, Scribner, Free Press, Fireside, Touchstone, Washington Square Press, Archway, Minstrel e Pocket Pulse. Sta anche nel business per i divertimenti dei turisti e visitatori con i parchi come Paramount Parks.

9) Vivendi Universal, la proprietaria degli Universal Studios, Universal Pictures etc, partecipa a HBO, Cinecanal ed altre produttrici e distributrici di programmi televisivi come Universal Television Group, Multimedia Entertainmet, USA Networks Inc. tra le moltissime altre. Possiede la rivista Rolling Stones, le case editrici Larousse, Nathan, Anaya, etc come anche amministra imprese interattive in internet e una ventina di compagnie musicali affiliate a Universal Music Group, oltre che numerosi affari nelle comunicazioni e nel divertimento come Cinema International Corp, Cineplex Odeon Corp. United Cinemas International, Vivendi Universal, Vivendi Telecom International e Cegetel (telecomunicazioni), Viventures (fondi di capitale) e molte altre attività commerciali nel settore del divertimento e del “retail”.

Per citare solo alcuni altre attività commerciali, possiede o partecipa nel Cinema Internazional Corporation (multinazionale di sale cinematografiche 49%), Cineplex Odeon Corporation (sale cinematografiche 42%) , Duet (abbonamento a musica con Yahoo! e Sony), United Cinemas International (multinazionali di sale cinematografiche 49%) Vivendi Environnement (distributrice mondiale n. 1 di acqua), Vivendi Universal (proprietaria di 26, 8 milioni di azioni di Time Warner) e Viventures (fondi di capitale e ventures).

C’è anche il business dei parchi, divertimento e retail, con Universal Studios Hollywood, City Walk, Universal Orlando Resort, Hard Rock Hotel, Portofino Bay Hotel, Royal Pacific Resort, Universal’s Island of Adventure Universal Studios Theme Park, Hotel Port Aventura, Universal Mediterránea (Spagna), Universal Mediterránea Theme Park, Universal Studios Japan, WetnWild Orlando e Spencer Gifts. E’ entrata nelle telecomunicazioni con Vivendi Telecom Internacional e Cegetel.

10) Walt Disney Company è un altro mega mostro mediatico, che controlla la rete televisiva ABC e possiede e gestisce più di mezzo centinaio di emittenti televisive e radiofoniche. Per via cavo possiede ESPN, The History Channel e una cinquantina di altre aziende, incluso tutte quelle che utilizzano la parola Disney. Inoltre abbraccia affari nel settore del petrolio grezzo e del gas naturale.

Possiede e gestisce emittenti a Chicago, New York e in quasi cento città degli Stati Uniti, partecipa nella tv via cavo A&E Television (37.5% con Hearst e GE); ABC Family; The Disney Channel; El Entertainmet (con Comcast e Liberty Media); ESPN, Inc, che comprende Classic Sports Network, ESPN, ESPN2, ESPN News, ESPN Now e ESPN Extreme (80%; Hearst Corporation possiede il rimanente 20%), altre venti aziende che producono televisione e circa trenta aziende internazionali di tv via cavo.

Nel mondo dell’editoria è presente con Hyperion Books, Miramax Books e Walt Disney Company Book Publishing. Pubblica riviste con Magazine Subsidiary Groups, che comprende ABC Publishing Group, Disney Publishing Inc.; e una ventina di aziende negli Stati Uniti e in Europa. Ha investito nel business del multimedia, con Walt Disney Internet Group, ABC.com, ABC Internet Group, ABCNEWS.com, Disney.com e un’altra dozzina di aziende.

Ovviamente partecipa nel business dei parchi di divertimento, dove è stata pioniera con Disneyland e Disney World, con la presenza negli Stati Uniti e in Europa, nello stesso tempo sviluppa opportunità commerciali per software con giochi per video e CDROM), abbraccia la produzione e distribuzione di film (Buena Vista Home Entertainment, Buena Vista Home Video, Buena Vista International, Caravan Pictures, Hollywood Pictures, Miramax Films, Touchstone Pictures e Walt Disney Pictures).

Disney inoltre si sta dando da fare per cercare e sfruttare giacimenti di petrolio e di gas naturale, tramite la finanziaria Sid R. Bass e sfrutta il retail con Disney Store. Nel campo musicale è presente con Buena Vista Music Group, Hollywood Records (musica popolare e bande musicali per il cinema), Lyric Street Records (marchio per la musica country di Nashville), MammothRecords (marchio per la musica popolare ed alternativa) e Walt Disney Records. E’ presente nel teatro e nel settore dello sport con Walt Disney Theatrical Productions, che comprende la produzione delle versioni dei successi per l’infanzia come Il Re Leone, La Bella e la Bestia e Re David. Partecipa nelle società sportive Anaheim Sports Inc. e Mighty Ducks of Anaheim, che fa parte della Lega Nazionale dell’Hockey.

Possiede altre attività commerciali internazionali: Hamster Productions (casa di produzione televisiva francese), Japan Sports Channel, RTL2 (produzione e distribuzione televisiva, tedesca), Scandinavian Broadcasting System, TeleMunchen (produzione e distribuzione televisiva, tedesca), Tesauro of Spain e TV Sport of France. Per la produzione e e distribuzione di programmi televisivi utilizza Buena Vista Television, Touchstone Television, Walt Disney Television, Walt Disney Televison Animation (possiede impianti per la produzione al di fuori del Stati Uniti, in Giappone, Australia e Canada).

Il controllo dei grandi mezzi di informazione corporativi è colluso con i vertici delle grandi multinazionali ed alcuni protagonisti della classe politica. La promiscuità corporativa del potere mediatico, politico ed economico si diffonde come il cancro, dagli Stati Uniti all’America Latina e al resto del pianeta.

La proprietà dei grandi mezzi di comunicazione e informazione degli Stati Uniti risponde a giganteschi imperi mediatici sempre più concentrati e intrecciati con la maggior parte delle grandi corporazioni multinazionali statunitensi. A loro volta le mega-corporazioni mediatiche che dominano nel paese del Nord, esercitano anche la loro influenza sulle menti dei consumatori di informazione e di divertimento dell’America Latina e del resto del pianeta.

I ricercatori Bridget Thornton, Brit Walters e Lori Rouse, del Proyecto Censurado 1 dell’Università Sonoma State della California, hanno riscontrato che 118 membri dei consigli di amministrazione, organi collegiali e direttivi di dieci delle più importanti organizzazioni mediatiche – di stampa, televisione e radio — degli Stati Uniti appartengono contemporaneamente alla direzione di altre 288 mega-corporazioni multinazionali statunitensi. L’ubiquità nei consigli di amministrazione riunisce i grandi “corporate media” (con il grande capitale corporativo degli Stati Uniti (“corporate America”). Per questo motivo gli autori hanno concluso che la grande stampa e le grandi corporazioni del paese del Nord sono la stessa cosa: “Corporate Media is Corporate America!”

Porta girevole

Gli accademici hanno anche scoperto che la porta girevole mette in comunicazione gli uffici dell’amministrazione federale o il potere politico (compresi la Casa Bianca e il Congresso) con i consigli di amministrazione dei grandi mezzi di comuni
cazione. Alcuni di questi consiglieri sono stati senatori o rappresentanti come Sam Nunn, di Disney e William Cohen di Vioacom, mentre altri membri di consigli di amministrazione dei grandi mezzi di comunicazione hanno lavorato prima nell’Amministrazione Federale delle Comunicazioni (FCC),l’organismo che si suppone regoli, controlli e impedisca che negli Stati Uniti esistano monopoli mediatici, regionali e nazionali: è il caso di William Kennard, del New York Times e di Dennis FitzSimmons del Tribune Company.

Le dieci più grandi organizzazioni di mezzi di comunicazione analizzate da Thornton, Walters e Rouse rappresentano la fonte principale di notizie per la maggior parte dei nordamericani. “I loro vincoli societari ci obbligano a esaminare minuziosamente la qualità delle loro notizie” hanno concluso gli autori. “Disney, per esempio è la proprietaria della catena televisiva ABC, quindi ci domandiamo, come reagisce il consiglio di amministrazione di Disney di fronte a notizie negative che riguardano i consigli di amministrazione di società amiche come Halliburton o Boeing?”.

Per esempio, gli autori hanno segnalato che membri della direzione generale di grandi mezzi di comunicazione contemporaneamente hanno legami con Ford, Kraft e Kimberly-Clark, e danno lavoro a 10 mila nordamericani. “È accettabile che la mano d’opera degli Stati Uniti riceva soltanto le informazioni societarie private che le grandi aziende desiderino vengano diffuse?” si domandano i ricercatori. “Possiamo accettare che rispetto alla concorrenza straniera gli operai degli Stati Uniti abbiano orario più lungo, una paga più bassa e pochi benefici?”

Gli autori pensano che “se queste società controllano i mezzi di comunicazione, controllano la diffusione delle notizie che distorcono il Primo Emendamento nella mente (del pubblico) per proteggere interessi societari al di sopra dell’interesse di tutti.” Il primo emendamento costituzionale indica che “ il Congresso non approverà nessuna legge…. che limiti la libertà di espressione o di stampa”.

Thornton, Walters e Rouse hanno trovato inoltre un legame tra i grandi mezzi di comunicazione societari e l’educazione superiore statunitense. Per esempio, e solo per citare alcuni casi, nel consiglio di amministrazione del Washington Post ci sono alcuni membri che contemporaneamente partecipano anche nel direttivo della USC (Università del Sud della California), ci sono dirigenti di Disney che hanno legami con l’Università di Georgetown, mentre altri consiglieri di Gannet Company Inc. (proprietaria di USA ToDay ed altre pubblicazioni) siedono nella direzione dell’Università della Columbia e nel consiglio di amministrazione di Knight-Ridder (proprietaria di periodici acquistata da The McClatchy Company e co-proprietaria della catena NBC) ci sono consiglieri che partecipano come membri associati nella direzione del collegio Wharton, dell’Università della Pennsylvania, fondato nel 1881 e considerato prima scuola di commercio e finanza.

L’informazione come mercanzia

Gli autori si domandano se la diminuzione del finanziamento statale e federale delle università significa che l’educazione superiore finirà per trasformarsi in un altro affare delle grandi società, relegando al governo il semplice ruolo di spettatore: “L’educazione universitaria sarà esclusivamente per un’elite votata unicamente al consumismo?”: La domanda principale è se le università finiranno per dedicarsi esclusivamente alla formazione di lavoratori-consumatori invece che di pensatori”.

Secondo Thornton, Walters e Rouse “quando declinò l’impero romano, il feudalesimo prese il posto del governo”. Poiché perché il signorotto feudale possedeva la maggior parte della terra e delle risorse, fu una delle cause della scarsità di occupazione nei secoli IV e V.

“Oggi abbiamo sostituito il feudalesimo con l’associazionismo”, assicurano gli autori. “Il grosso della popolazione ha ogni volta meno possibilità per scegliere le sue notizie, le sue fonti di informazione e perfino la sua educazione, mentre i grandi mezzi di comunicazione approvano la società della concentrazione della proprietà e la obbligano ad appoggiarsi a chi riesce ad avere potere.

Nell’opulenza della società del corporativismo l’unico scopo è la concentrazione della ricchezza e i grandi mezzi di comunicazione corporativi sono le “ragazze pon pon” (cheerleaders) del sistema” hanno detto Thornton, Walters e Rouse.

Parafrasando il Manifesto Comunista di Marx d Engels (1848) “l’economia di mercato creata dalle multinazionali non permette altro vincolo tra gli uomini che il freddo interesse ed il crudele “pagamento in contanti”. Il così detto neoliberismo ha affogato il sentimentalismo nelle gelide acque del calcolo interessato e ha fatto della dignità personale una semplice mercanzia. Ha sostituito alle numerose libertà guadagnate e garantite costituzionalmente – come la libertà d’espressione garantita dal Primo Emendamento– l’unica e crudele libertà di commercio. In altre parole si è stabilito uno sfruttamento aperto, sfacciato e brutale.

Connessioni tra consigli di Amministrazione

1) Consiglio di Amministrazione di Gannet Company, Inc.: Douglas H. McCorkindale, Louis D. Boccardi, James A. Johnson, Duncan M. McFarland, Stephen P. Munn, Donna E. Shalala, Solomon D. Trujillo e Karen Hastie Williams.

Partecipano in Asia Pacific Fund, Inc., Associated Press, Carlisle Companies, Inc., The John F. Kennedy Center for the Performing Arts, Chubb Corporation, Continental Airlines, Inc., Electronic Data Systems Corporation, Goldman Sachs Group, Inc., Graduate School of Journalism Columbia University, KB Home Corporation, Lennar Corporation, Lockheed Martin Corporation, Orange S.A., PepsiCo, Inc., Prudential Mutual Funds, SunTrust Banks, Inc., Target Corporation, Temple-Inland Corporation, Trustee, Financial Accounting Foundation, UnitedHealth Group y WGL Holdings, Inc.

2) New York Times: John F. Akers, Brenda C. Barnes, Raul E. Cesan, Lynn G. Dolnick, Michael Golden, William E. Kennard, David E. Liddle, Ellen R. Marram, Thomas Middelhoff, Janet L. Robinson, Henry B. Schacht, Arthur Sulzberger, Jr., Cathy J. Sulzberger y Doreen A. Toben

Partecipano in Alcoa (Aluminum Company of America), APCOA Parking AG, German, Augustana College, Bewerbungskomitee Leipzig 2012, Carlyle Group 2001, Eli Lilly and Company KarstadtQuelle AG German, Fitch Ratings, a U.S./UK, Flamel Technologies S.A, Ford Motor Company, Hallmark Cards Inc., International Herald Tribune, Johnson & Johnson, Lehman Brothers Holdings Inc. Staples Inc., Lucent Technologies Inc., PepsiCo, Inc., Polestar Corporation (compagnia britannica), Times Square Business Improvement District LHIW Real Estate, Development Partnership, U.S. Venture Partners North Castle Partners LLC y W.R. Grace & Co.

3) Washington Post: Donald E. Graham, Warren E. Buffett, Barry Diller, John L. Dotson Jr., Melinda French Gates, George J. Gillespie III, Ronald L. Olson, Alice M. Rivlin, Richard D. Simmons y George W. Wilson.

Partecipano in Berkshire Hathaway Inc., Bill & Melinda Gates Foundation, Brookings Institution, Cravath, Swaine & Moore LLP, Georgetown University, IAC/InterActiveCorp USA Interactive, Munger, Tolles & Olson LLP, BrassRing, Inc., Pulitzer Prize Board, District of Columbia College Access Program, Federal City Council in Washington DC, Summit Fund of Washington, Coca-Cola Company, Gillette Company, Life Trustee, Urban Institute Member, American Academy
of Arts and Sciences, IAC/InterActiveCorp., New York University, Medical Sciences at UCLA, Conservation International, Channel 13/WNET, School of Cinema-Television USC, University of North Carolina at Chapel Hill, Robert C. Maynard Institute for Journalism Education, Drugstore.com, White Mountains Insurance Group Inc., Madison Square Boys and Girls Club, Pinkerton Foundation, Life Director and Chairman Emeritus National Multiple Sclerosis Society, John M. Olin Foundation, William S. Paley Foundation, Arthur Ross Foundation, Museum of Television and Radio, The Jackson Laboratory, RAND Corporation, USC Annenberg School for Communication, Southern California Public Radio, Berkshire Hathaway, Edison International, City National Corporation, Dun & Bradstreet Corporation, Moody’s Investors Service, J.P. Morgan & Co. Inc., Morgan Guaranty Trust Company of New York, Un. Pacific Corporation, Yankee Publishing Inc., General Electric Investments, Advisory Board of Directorship, White Burkett Miller Center of Public Affairs University of Virginia, Protestant Episcopal Cathedral Foundation, Newspapers of New England Inc., Bakersfield (California) Californian e Associated Press

4) Knight-Ridder: Mark Earnest, Kathleen Feldstein, Thomas Gerrity, Ronald McRay, Pat Mitchell, Kenneth Oshman, Vasat Prabhu, Anthony Ridder, Gonzalo Valdes-Fauli e John E. Warnock.

Partecipano in: Adobe Systems Inc., Echelon Corporation, Economics Studies Inc., H&R Block Inc., Kimberly-Clark Corporation, Public Broadcasting Service, Starwood Hotels and Resorts e Wharton School of the University of Pennsylvania.

5) The Tribune Company (Chicago): Dennis J. FitzSimons, Jeffrey Chandler, Roger Goodan, Enrique Hernandez Jr., Betsy D. Holden, Robert S. Morrison, William A. Osborn, J. Christopher Reyes, William Stinehart, Jr., Dudley S. Taft y Kathryn C. Turner.

Partecipano in: 3M Company, Allstate Corporation, Aon Corporation, Big Shoulders Fund, Boys and Girls Clubs, Business Council, Carpenter Technology Corporation, Caterpillar Inc., Nicor Inc., Chandler Ranch Co., Chandler Trusts, Chicago Council on Foreign Relations, Chicago Horticultural Society, Chicago Symphony Orchestra, Chicago Urban League, Children’s Hospice International, Children’s Memorial Foundation, Children’s Memorial Medical Center, Cincinnati Association for the Performing Arts, CINergy Corp., Commercial Club of Chicago, ConocoPhillips, Control Data Corporation, Economic Club of Chicago, ElderPort, Evanston Northwestern Healthcare, Executives’ Club of Chicago, Federal Reserve Bank of Chicago, Fortune Brands Inc., General Electric Information Services, Gibson, Dunn & Crutcher LLP, Grocery Manufacturers of America, Harvey and Mildred Mudd Foundation, Hydril Company, Illinois Tool Works Inc., Inter-Con Security Systems Inc., Inter-Con Security Systems Inc., Kraft Foods, Inc., Interspan Communications, Junior Achievement of Chicago, Kellogg Graduate School of Management Northwestern, Lake Forest Academy Board of Trustees, Lake Forest Bank and Trust, Lake Forest College, Louise Taft Semple Foundation, Lyric Opera of Chicago, McCormick Tribune Foundation, McDonald’s Corporation, Media Security and Reliability, Council FCC, Museum of Science and Industry, Northwestern University, Boy Scouts of America, Newspaper Association of America, Nordstrom Inc., Northern Trust Corporation, Northwestern Memorial Foundation, Northwestern Memorial HealthCare, Partner, Gibson, Dunn & Crutcher LLP, PepsiCo Inc, Quaker Oats Company, Reyes Holdings LLC, Ronald McDonald House Charities, Rush-Presbyterian-St. Luke’s Medical Center, Schering-Plough Corporation Schlumberger Limited, Secretary of Defense to the Defense Policy Advisory Committee on Trade (DPACT), Southern Star Group and Fifth Third Bancorp, Standard Technology Inc., Taft Broadcasting Comp., The Un. Central Life Insurance Company, Tupperware Corporation, United Way of Metropolitan Chicago Inc., University of Notre Dame Board of Trustees, Wells Fargo & Company, Wintrust Financial Corporation, World Business Chicago e YMCA of Metropolitan Chicago.

6) News Corp.: K. Rupert Murdoch, Chase Carey, Peter Chernin, Kenneth E. Cowley, David F. DeVoe, Viet Din, Rod Eddington, Andrew S.B. Knight, Lachlan Murdoch, Thomas J. Perkins, Stanley S. Shuman, Arthur M. Siskind e John L. Thornton.

Partecipano in: Allen & Company LLC, Arthur M. Siskind, British Airways, Georgetown University, Independent Newspapers Limited, Partner Kleiner, Perkins, Caulfield & Byers, Rothschild Investment Trust C.P. e Tsinghua University of Beijing.

7) AOL/Time Warner: Richard D. Parsons, James L. Barksdale, Carla A. Hills, Stephen F. Bollenbach, Reuben Mark, Stephen M. Case, Michael A. Miles, Frank J. Caufield, Kenneth J. Novack, Robert C. Clark, R.E. Turner, Miles R. Gilburne e Francis T. Vincent, Jr.

Partecipano in: Apollo Theatre Foundation, Citigroup, Estee Lauder, Colonial Williamsburg Foundation, Museum of Modern Art, Howard University, Committee to Encourage Corporate Philanthropy, Barksdale Management Corporation, Colgate-Palmolive Company, Harvard University, Hills & Company, Hilton Hotels Corporation e ZG Ventures LLC.

8) General Electric: Jeffrey R. Immelt, James I. Cash, Jr., William Castell, LVO, Dennis D. Dammerman, Ann M. Fudge, Claudio X. Gonzalez, Andrea Jung, A.G. Lafley, Rochelle B. Lazarus, Sam Nunn, Roger S. Penske, Robert J. Swieringa, Douglas A. Warner III e Robert C. Wright.

Partecipazioni: America Movil, American Accounting Association, American Film Institute, American Museum of Natural History, Anheuser-Busch Companies Inc., Ann Taylor Stores, Avon, U.S., Babson College, Bechtel Group Inc., Boston Museum of Science, Boys & Girls Clubs of America, ChevronTexaco Corporation, Chubb Corporation, Coca-Cola Company, Columbia Business School, Cosmetic, Toiletry and Fragrance Association, Dell Inc., Douglas A. Warner III, GE Capital Services, General Electric Company, General Motors Corporation, Grupo ALFA, Grupo Carso, Grupo Mexico, Grupo Televisa, Hamilton College and Xavier University, Home Depot Inc., Internet Security Systems Inc., Investment Co. of America, J.P. Morgan Chase & Co., Kellogg Company, Kimberly-Clark de Mexico S.A., Lauder Institute Board of Governors (Wharton School of Arts & Sciences), Mexico Fund Inc., Microsoft Corporation, Motorola Inc., Museum of Television and Radio, Motion Picture and Television Fund Corporation, NBC Universal, New York Presbyterian Hospital, Nuclear Threat Initiative, Ogilvy & Mather North America CEO chairman, Partners Healthcare, Penske Corporation, Procter & Gamble, Scientific-Atlanta Inc., Simmons College, United Auto Group Inc., United States Senate Ret., Universal Technical Institute Inc. e World Wildlife Fund.

9) Walt Disney: John E. Bryson, John S. Chen, Mr. Eisner, Judith L. Estrin, Robert A. Iger, Fred H. Langhammer, Aylwin B. Lewis, Monica C. Lozano, Robert W. Matschullat, Senator George J. Mitchell, Leo J. O’Donovan e Gary L. Wilson

Partecipazioni: Boeing Company, California Health Care Foundation, CB Richard Ellis Inc., Northwest Airlines Corporation, Clorox, DLA Piper Rudnick Gray Cary LLP, Duke University, Estée Lauder Companies Inc., FedEx Corporation, Georgetown University, Gillette Company, Halliburton Co., ImpreMedia LLC, Inditex S.A., International Air Transport Association, KMart Holding Corporation, Lincoln Center for the Performing Arts in New York City, McKesson Corporation, Preti, Flaherty, Beliveau & Pachios, Siemens Pyramid, Staples Inc., SunAmerica Asset Management Corp., Sybase Inc., Tenet Healthcare Corporation, The Keck School of Medicine at the University of Southern California, United States Senator from 1980 to 1995, University of California, University of Southern California, Western Asset e Yahoo! Inc.

10) Viacom: Sumner M. Redstone, George S. Abrams, David R. Andelman, Joseph A. Califano Jr., William S. Cohen, Philippe P. Dauman, Alan C. Greenberg, Charles E. P
hillips, Shari Redstone, Frederic V. Salerno, William Schwartz e Robert D. Walter.

Partecipazioni: Akamai Technologies Inc., American Express Co., American International Group Inc., Automatic Data Processing Inc., Bear Stearns Companies Inc., Boston University Law School, Brandeis University, Cadwalader, Wickersham & Taft, Cardinal Health Inc., CineBridge Ventures Inc., Cohen Group, Combined Jewish Philanthropies, National Association of Theatre Owners, Consolidated Edison Inc., Dana Farber Cancer Institute, DND Capital Partners LLC., European Fine Arts Foundation, Gabelli Asset Management, Head N.V., John F. Kennedy Library Foundation, Lafarge North America Inc., Lourie & Cutler, Midway Games Inc., MovieTickets.com Inc., Museum of Fine Arts in Boston, National Amusements Inc., National College of Probate Judges, Oracle Corporation, Popular Inc., Rising Star Media, Sonesta International Hotels Corporation, Lourie & Cutler P.C., United States House of Representatives 1973–1979, Willis Group Holdings Limited y Winer and Abrams.

Nota:

1) Censored 2006, Media Democracy in Action, by Peter Phillips and others, Seven Stories Press, Nueva York, 2006.

Fonti:

- Los amos de la prensa en EEUU y América Latina, Ernesto Carmona, 2007.

- Bridget Thornton, Brit Walters y Lori Rouse, en Proyecto Censurado de la Universidad Sonoma State de California, Censored 2006, Media Democracy in Action, de Peter Phillips y otros, Seven Stories Press, Nueva York, 2006.

- U.S. Securities and Exchange Commission (sec.gov/edgar/search edgar/webusers.htm)

- Columbia Journalism Review (www.cjr.org/tools/owners).

Ernesto Carmona
Fonte: http://www.argenpress.info/
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=51346
28.05.2007

Traduzione a cura di ANNALISA MELANDRI per Come Don Chisciotte


Tinky Winky non è gay e anche se lo fosse?

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Tinky Winky “Tante coccole!!”: Tinky Winky, così se potesse,  rigrazierebbe  sorridente con la borsetta sotto il braccio,  Ewa Sowinka,  responsabile del governo polacco per i diritti dei bambini che ha fatto  nei giorni scorsi dietro-front sulle accuse che aveva mosso al tenero pupazzetto dei Teletubbies di essere gay.

Si  è  trattato di un dietrofront alquanto imbarazzato visto che appena poche settimane prima lei stessa aveva dichiarato di voler far psicanalizzare i Teletubbies perché uno di essi, appunto Tinky Winky “potrebbe propagandare l’omosessualità ai bambini”.In quell’occasione aveva aggiunto inoltre la Sowinka ”Si tratta di una specie di cartone simpatico e innocuo. Non mi ero però accorta che il protagonista Tinky Winky, porta con sé sempre una borsetta rossa pur essendo un maschio. All’inizio pensai che la borsetta potesse essere una caratteristica di questo personaggio, dopo ho capito che poteva avere un messaggio omosessuale nascosto. Rischia di mandare un messaggio sbagliato ai bambini.”
E così la decisione, poi fortunatamente abbandonata,  della parlamentare polacca di affidare ad un’equipe di psicologi il compito di stabilire le reali tendenze sessuali del povero Tinky Winky.
Già in passato negli Stati Uniti, il più che conservatore reverendo Falwell della Liberty University della Virginia, aveva scritto un articolo richiamando l’attenzione sul fatto che il colore del pupazzetto “ è il viola come quello dei Gay Pride e la sua antennina è a triangolo proprio come il simbolo del Gay Pride”.Teletubbies
Probabilmente è vero che nelle intenzioni dei disegnatori originariamente c’era la volontà di rappresentare le  diversità del genere umano come conviventi armoniosamente in un luogo magico, TeletubbiLandia appunto, e infatti il protagonista verde, Dipsy nei primi episodi aveva il volto più scuro degli altri sui amici.
Ho trovato in rete anche strane teorie sul significato nascosto e sui messaggi subliminali che il cartone animato diffonderebbe.
Una cosa sola posso aggiungere in difesa di Tinky Winky,  i miei figli sono cresciuti  
a latte e Teletubbies e non mi sembra che siano mai stati turbati dalla sua borsetta.
Tante coccoleeee!!!!

Orgoglio gay tra passato e presente.…

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Dia del orgullo gay 2006 em Madrid

La fotografia è di Aurelio Antona e si riferisce al Gay Pride 2006 di Madrid
La foto es de Aurelio Antona y se refiere al Día del Orgullo Gay 2006 en Madrid
Questa poesia di Paul Verlaine (1844–1896) dal titolo Queste passioni rappresenta un’esplicita difesa fatta dal poeta francese  della dignità dell’amore omosessuale:

Queste passioni che loro soli chiamano ancora amori
sono amori anch’essi, teneri e furiosi,
con particolarità curiose
che non hanno gli amori certi d’ogni giorno.
Eroiche anche più d’essi e meglio d’essi,
esse s’adornano di splendori d’anima e di sangue
tali che al confronto gli amori inquadrati
non sono che Riso e Gioco o bisogni erotici,
che vani proverbi, che un nulla da bimbi troppo viziati.
“Ah! I poveri amori banali, animali,
normali! Gusti grossolani o frugali bulimie,
senza contare la stupidità delle fecondità!”
possono dire coloro che l’alto Rito consacra,
avendo conquistato la pienezza del piacere,
e l’insaziabilità del loro desiderio
che benedice la fedeltà del loro merito.
La pienezza! Costoro l’hanno superlativamente:
baci sazi, ingozzati, mani privilegiate
nella ricchezza delle carezze ripagate,
e questo divino finale annientamento!
Così sono i forti e i forti, l’abitudine
della forza li rende invitti al diletto.
Copioso, gustoso, debordante, il diletto!
Lo credo bene che loro l’abbiano, la piena pienezza!
E per esaudire i loro voti, ciascuno di loro, a turno,
compie l’azione suprema, ha la perfetta estasi
– talvolta la coppa o la bocca e talvolta il vaso –
estatico come la notte, fervente come il giorno.
I loro bei sollazzi sono grandi e gai. Niente crisi di quelle:
svenimenti, nervi. No: giochi coraggiosi, poi felici
braccia stanche attorno al collo, per meno languidi
che stretti sonni a due, tutti interrotti per ricominciare.
Dormite, innamorati! Mentre attorno a voi
il mondo disattento alle cose delicate,
rumoreggia o giace in sonnolenze scellerate,
senza neppure, è così sciocco!, essere geloso di voi.
E quei risvegli franchi, chiari, ridenti, verso l’avventura
di fieri dannati di un più magnifico sabba?
E salve, testimoni puri dell’anima in questa lotta
per l’affrancamento dalla greve natura!
 


Mafiocrazia. Poteri occulti negli Stati Uniti

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DI JUAN GELMAN
Altercom

Non crediate che siano pochi gli eletti dotati di poteri occulti. Non negli Stati Uniti per lo meno. Nell’anno 2006 erano 67.000 i partecipanti a 900 comitati, sottocomitati, commissioni, assemblee e/o convegni che forniscono consulenza al Dipartimento dell’Agricoltura, al Pentagono, al Dipartimento dell’Energia e ad altri ministeri e organismi federali su argomenti più diversi, dalle violazioni dei diritti umani all’interno delle forze armate, fino al trasporto, la produzione e l’immagazzinamento del petrolio e del gas naturale. I loro nomi difficilmente appaiono sui media e costituiscono un potere invisibile. Manipolano la politica dello Stato e non poche volte lo fanno a favore di interessi diversi fra loro. I lobbisti del Congresso o del Potere Esecutivo sono noti. Loro forse no.

L’esistenza di questi organismi è perfettamente legale: la legge federale sul comitato consultivo (FACA, Federal Advisory Committee Act) fu approvata nel 1972. Solo che si applica in modo particolare: sembrerebbe che l’elezione di coloro che lo compongono abbia a che vedere più con le alleanze politiche ed economiche che con l’esperienza nelle materie che devono esaminare. Così la pensa il rappresentante democratico Brian Birdi “Accade” –ha detto– “che si travisi deliberatamente la selezione dei partecipanti al dibattito, si scelga quelli di una certa ideologia e si eliminino gli altri. Viene intenzionalmente contaminata l’informazione che riceviamo. Ovviamente non si tratta solo di ideologie.

L’ispettore generale del Dipartimento di Educazione ha identificato, in un convegno cui partecipavano 25 membri, 6 che avevano “legami professionali importanti relativamente a un metodo pedagogico che prevede l’impiego di un determinato programma di lettura” il che fa prevedere l’invio in via preferenziale di fondi agli stati dove si applica tale metodo (The Center for Public Integrity, 29–03-07). Gli avvocati di Earthjustice — organismo non governativo che difende l’applicazione delle leggi ambientaliste — hanno dato il via ad un processo contro i Rappresentanti degli Interessi Commerciali statunitensi (USTR United States Trade Representative), ente che difende strenuamente le magnificenze del libero commercio: hanno presentato prove relative al fatto che 6 dei suoi comitati di consulenza erano dominati da interessi imprenditoriali. Questi comitati dovevano valutare i danni che i nuovi prodotti chimici e farmaceutici potevano arrecare alla popolazione. Perché si sa, la cosa principale è la salute. Delle imprese.

Il Dr. Hemnry Anderson e lo specialista Richard Espinosa furono rimossi nel 2005 dai loro incarichi nell’organo di consulenza che, tra le altre cose, amministrava i programmi di indennizzo ai lavoratori dell’industria nucleare. Ci sono indizi che il Dipartimento del Lavoro abbia considerato che erano troppo a favore dei danneggiati dalle radiazioni nucleari. Nell’ottobre 2005, poco dopo avergli comunicato la decisione, Shelby Hallmark — direttore dell’ufficio dei programmi di indennizzo ai dipendenti di quel dipartimento — promosse un memorandum nel quale si segnalava che l’organo al quale appartenevano i due specialisti ricorreva a criteri “confusi” per far sì che un certo numero di lavoratori ottenesse un indennizzo e altri benefici medici. Hallmark spiegò che il mandato dei due specialisti era scaduto e che sostituirli “avrebbe migliorato in modo considerevole l’equilibrio dell’assemblea” (www.judiciary.house.gov, 15–11-06). E così fu. Il Dipartimento del lavoro ha respinto fino al febbraio 2007 circa 56.000 reclami dei 90.000 che hanno presentato le vittime di cancro e di altre malattie provocate dall’esposizione al plutonio e all’uranio.

Cioè ha tolto le speranze a più del 62 per cento dei colpiti dai danni collaterali dell’industria nucleare.

I convegni e i comitati dei consulenti solitamente si riuniscono a porte chiuse e sigillano gli atti delle riunioni. A volte si camuffano da gruppi di lavoro non previsti dalla legge e che non la rispettano. Il tribunale d’appello della giurisdizione di Washington ha considerato che non erano oggetto alla regolamentazione del FACA e la Suprema Corte di Giustizia ha deciso che nemmeno lo era il gruppo che il vicepresidente Dick Cheney aveva convocato per decidere le politiche energetiche del governo prima dell’invasione dell’Iraq. l dettaglio è che la maggior parte di questi “consulenti” aveva interessi dichiarati nelle industrie del settore, ma Dick non era un meticoloso. In verità nemmeno l’unico: nove dei trenta membri del Consiglio della Politica di Difesa del Pentagono sono legati a imprese che hanno vinto contratti per 76.000 milioni di dollari solo nel periodo 2001/2002 senza particolari clamori.

In passato i poteri occulti permettevano la levitazione, la telecinesi, la vera magia ed altre meraviglie. Oggi, negli Stati Uniti questi poteri si riducono a uno solo: fare soldi. Molti.

Altercom. Agenzia stampa dell’Ecuador, Comunicazione per la Libertà

Juan Gelman, (n. 1930) poeta e scrittore argentino. Dal 1976 risiede in Messico, dove fu costretto all’ esilio a causa della dittatura militare fascista che gli ha strappato suo figlio e la nuora in gravidanza. Tra la sua vasta opera spiccano i libri:

Los poemas de Sidney West (1969)
Fábulas (1971)
Hechos y relaciones (1980)
Citas y comentarios (1982)
La junta luz (1985)
Composiciones (1986)
Interrupciones I e II (1988)
Salarios del impío (1933)

Fonte: http://www.altercom.org/
Link: http://www.altercom.org/article148077.html
13.05.2007

Tradotto per www.comedonchisciotte.org da ANNALISA MELANDRI


I miti del mercato globale

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DI JOHN MC MURTRY
Rebelion

Alla fine del 2006, il settimanale di economia mondiale, The Economist, realizzò un numero sulla “Felicità ed Economia”. L’articolo principale svelava, involontariamente, un punto debole dell’economia. Non c’è possibilità di distinguere tra le necessità universali degli esseri umani ed i prodotti spazzatura per le masse, o i gabinetti in oro zecchino per i ricchi.

Felicità, no

Di fatto, i consumatori del mondo sviluppato non si sentono più felici disponendo di un maggior numero di beni sul mercato. Nonostante studi scientifici, come The Loss of Happiness in Market Societies (La Perdita della Felicità nelle Società di Mercato) (Yale 2000) di Robert Lane, dimostrino che la soddisfazione della popolazione diminuisce nella stessa misura in cui aumentano, al di sopra di un certo livello, le rendite e il consumo dei beni, il messaggio non viene registrato dagli economisti o dai politici. La ragione di questo è che l’economia neoclassica è basata sulla premessa fondamentale che la crescita del mercato produce più felicità quanti più beni vengono acquisiti — cosiddette “utilità marginali” che corrispondono ai prezzi pagati.

Se l’ipotesi di partenza è falsa, il paradigma viene meno. Così il problema si aggira con altre affermazioni. The Economist spiega che molti “beni” possono dare soddisfazione se gli altri non li hanno. La falsità del primo principio è enunciata anche dal fatto che alcuni possono solo godere quello che ottengono se ottenuto a spese di altri. Alla fine ciò che importa è la disponibilità a pagare un prezzo di mercato se uno se lo può permettere, questa è l’unica unità di misura del benessere che esiste nella dottrina economica.

Efficienza, no

Una persona logica può pensare che l’equazione tra prezzi pagati e felicità sia insensata. Ma il problema è ignorato. Al contrario si incentra l’attenzione su quanto sia “produttivo ed efficiente” il mercato. Neppure questa assunzione regge. Il sistema del mercato mondiale produce molti più rifiuti di qualsiasi altro sistema economico nella storia. Nel testo conosciuto a livello mondiale, Economics (Economia), Paul Samuelson definisce l’efficienza economica come “assenza di rifiuti”. Ma come tutti gli economisti del modello dominante, Samuelson si riferisce solo ai rifiuti che rappresentano un costo per le imprese private. Il sistema è più efficiente quanto più a lungo l’inquinamento e i danni a terzi possono essere esteriorizzati, nonostante che questo sia molto devastante. E’ per questo motivo che lo sfruttamento delle risorse più importanti per la vita umana — aria respirabile, acqua, ecosistemi negli oceani e capacità produttiva dell’uomo — è un problema ignorato nei modelli economici utilizzati dai governi. Questi concetti omessi restano fuori dai libri della contabilità pubblica e privata.

Beni o mali economici?

Questo metodo di calcolo economico è funesto a lungo termine, ma non si discute. E’ per questo che non si è sviluppato nessun principio commerciale o economico per distinguere tra beni che causano malattie e beni che rendono la vita possibile. Dopo 25 anni di liberalizzazione del mercato, sono aumentate epidemie come il cancro, sospettate di essere in relazione a sostanze cancerogene immesse in commercio. Ma ciò è anche ignorato dai supervisori governativi sugli alimenti e farmaci, dagli istituti per il cancro e dagli economisti, come sostiene Samuel Epstein dal 1981. A seguito dell’epidemia di obesità che si è sviluppata recentemente, si è organizzata un’iniziativa nel 2002, da parte dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), per informare i consumatori sugli alimenti sani in contrapposizione a quelli nocivi , ma è stato posto il veto alla sua realizzazione. Come è stato anche ignorato l’allarme nel 2004 del Direttore Generale Federale della Sanità [massima autorità sanitaria degli Stati Uniti], che avvisava che l’obesità è un “problema mondiale più grave del terrorismo”. In Gran Bretagna nel 2007 i grandi interessi dell’industria alimentare stanno attuando una campagna contro la politica pubblica di porre etichette con codici colorati nei cereali arricchiti di zuccheri, sali e grassi.

Si apre una tragica macro spirale. Quanto più il sistema di mercato globale produce e consuma, tanto più manda in fumo e distrugge complessivamente gli ecosistemi umani e naturali. Ma le leggi per la prevenzione vengono rifiutate perché “troppo costose” o perché “interferiscono con il libero mercato”.

Perfino l’eminente Organo Scientifico dell’ONU sul Cambiamento Climatico non stabilisce una relazione tra la destabilizzazione del clima e la responsabilità del meccanismo di produzione dei gas industriali. Così che si prevedono nuovi mercati di “acquisto di carbonio” e il meccanismo del mercato, cieco alla vita, che causa il problema, si estende ancora di più. La spirale globale discendente è destinata a continuare tanto più quanto l’opinione pubblica la accetta.

Crescita del mercato globale = Collasso del sistema di vita

Trasformare le riserve di denaro del mercato in sempre maggiori riserve di denaro non funziona se non si regolamenta la qualità della vita. La liberalizzazione del mercato è stata una panacea economica fin dall’era Thatcher-Reagan. Un modello di collasso mondiale della basi del capitale della vita è per questo sempre più strutturato nei sistemi globalizzanti. Dagli pseudo-alimenti che causano la maggior parte dei tumori, malattie cardiache e disordini organici fino agli agenti inquinanti commerciali e ai rifiuti che causano la destabilizzazione del clima, l’estinzione delle specie e l’esaurimento delle riserve di pesca e delle terre coltivabili, i conduttori al profitto sono sempre al lavoro, sotto la copertura che non vi sono alternative. Poiché le imprese sono obbligate per legge a massimizzare i benefici degli azionisti, massimizzano tutte le eccedenze che possono permettersi di imporre sui terzi come “necessarie per competere”. Con i governi che si trasformano nella “migliore democrazia che si possa acquistare con il denaro”, non resta nessuna autorità pubblica per proteggere gli interessi vitali comuni. Al contrario i leader politici esigono più crescita di mercato e con essa più sfruttamento del sistema di vita. E’ tabù menzionare il legame causa-effetto.

Perfino vecchie norme preventive sono abolite quando i governi trasferiscono le analisi dei prodotti pericolosi “a clienti” del settore privato. Le campagne di “pubbliche relazioni” si occupano di mantenere la rotta. “Dobbiamo competere con il mercato globale” e “le imprese stanno facendo tutto il possibile per dare ai consumatori ciò che chiedono”. Gli economisti neoclassici ci dicono che “la mano invisibile” della concorrenza del mercato assicura “l’ottimo sociale” , e questo è il grande discorso della nostra epoca. Rinchiuso in una rete matematica, il grande mito appare rigoroso e scientifico fino a che il collasso giunge proprio dava
nti al nostro naso con la destabilizzazione del clima.

Non è scienza, ma culto del sistema

Il grande mito a livello della strada è che tutti i prodotti di consumo sono dei “beni” e mai dei “mali”. Il resto è semplice. Semplicemente somma i vantaggi dei “beni” ed ottiene la somma della felicità e del benessere sociale. Alimenti spazzatura a perdere, divertimenti violenti, macchine comode che ingurgitano combustibili fossili, tutto ciò pesa tanto sui bilanci nazionali come gli alimenti organici, i filtri d’acqua pubblica, e l’elettricità domestica. Insieme con i redditizi meccanismi di distruzione di massa, utilizzati per fare la guerra e per distruggere i fondali marini e i boschi, si investe di più in mezzi per distruggere la vita che in mezzi per produrla. Nessuna scuola economica o imprenditoriale segue il modello macro.

Quando finalmente si pone la domanda: come si evita il disastro globale? L’idea di come finalmente siano necessari i controlli del mercato si impone come un imperativo economico.

Ciò nonostante le necessità universali della vita di cui tutto il mondo ha bisogno prima dei profitti del mercato finanziario non sono ancora definite. L’economia professionale guarda solo alla “domanda di mercato” mentre gli economisti (e post-modernisti) comparano le necessità ai desideri.
Se la domanda del mercato in viaggi nei week-end in aerei privati conta più del bisogno di acqua pura di milioni di bambini poveri, allora si offriranno viaggi in aerei privati, anche con aiuti governativi, mentre i bambini moriranno di dissenteria. La verità è ciò che vende.

Capitale distrutto, non sviluppato

La confusione più profonda si fa tra il concetto di riserve di denaro privato e “capitale” . Il capitale reale è patrimonio che produce più patrimonio — dai servizi ecologici alle infrastrutture sociali, alle conoscenze scientifiche e tecnologiche che producono beni per la vita. Tutto è stato subordinato al capitale-denaro privato che non produce nulla. Pochi riconoscono che il capitale–denaro non è capitale reale, ma una domanda di capitale reale da parte di riserve di denaro privato che cercano di moltiplicarsi. Così che ogni forma di capitale per la vita si sacrifica alla crescita del capitale denaro concentrato nelle mani di un 2% della popolazione, che possiede oltre il 90%. Questo non costituisce un ordine economico ma un sistema di predatori e sfruttatori chiamato “creazione di ricchezza”.

Gli antropologi parlano di “pazzia culturale” ma ne evitano l’aspetto predominante. Il famoso libro di Jared Diamon, Collapse (2005) (Collasso) è una dimostrazione di questo. Egli studia gli abbagli del denaro-capitale che conducono al disastro ecologico emergente.
Dai cicli idrici stabili fino all’esposizione alla luce solare, alla vocazione per i giovani, ogni forma di capitale vitale è scomposta in fattori dalla ricerca dei profitti.
Alimenti nutritivi, sistema di sanità pubblica e ambienti ricchi in biodiversità sono esclusi dall’equazione se ciò risulta più proficuo per gli interessi privati.
Le più elementari forme del capitale-vita, come un terreno fertile, il fitoplancton che costituisce la base della vita nel mare o gli habitat diversi delle specie in riproduzione sono fuori dal modello dominante.

Capitale ed economia reale

Un ordine economico sano protegge e sviluppa le sue basi di capitale-vita e favorisce i mezzi che difendono la vita a lungo nel tempo. Le necessità per la vita che devono essere fornite dal sistema economico si riconoscono da un unico principio. Tutto ciò senza il quale la nostra capacità per vivere si riduce è una necessità per la vita e niente più — aria respirabile, spazi aperti e luce del giorno, acqua pulita, alimenti salutari e riciclaggio dei rifiuti, spazio per difendersi dagli elementi, un ambiente i cui elementi sostengono e favoriscono la sopravvivenza della specie, sicurezza e cure per i malati, varietà di mezzi di comunicazione/arte per scegliere e apprendere, lavori utili che contribuiscano allo sviluppo e diversificazione della società, capacità di scegliere differenti mezzi di svago a seconda delle possibilità a disposizione. O conserviamo meglio le condizioni che rendono questo possibile, dal ciclo di acqua stabile e riproduzione di riserve di proteine fino alle fonti di energia disponibile, o moriremo lentamente.

Civiltà passate come i Sumeri, i Khmer, gli Aztechi e, più drammaticamente, il recente Reich millenario si sono estinti per adorare ciecamente i propri sistemi. Stiamo seguendo lo stesso cammino. La differenza è che noi conosciamo ciò che loro non sapevano. Abbiamo gli strumenti economici per applicare in tutto il mondo infrastrutture pubbliche, leggi e norme a difesa della vita, imposte ecologiste e sociali, e vincoli di mercato.

Soprattutto abbiamo il mondo da perdere. Il problema è riconoscere i miti del mercato globale prima che i nostri conduttori ci portino al collasso della biosfera.

John McMurtry, PhD, FRSC, professore emerito — Università di Guelph

John McMurtry
Fonte: http://www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=49348
06.04.2007

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di ANNALISA MELANDRI


1° Maggio 2007 — Appello della Federazione Sindacale Mondiale (FSM)

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La FSM formula auguri militanti e internazionalisti alla classe lavoratrice di tutto il mondo.

 

 
19 aprile 2007
 
Fratelli e sorelle,
 
A nome della Federazione Sindacale Mondiale indirizziamo auguri militanti internazionalisti alla classe lavoratrice di tutto il mondo. Esprimiamo un augurio ai popoli del mondo che lottano per la loro sopravvivenza, per il diritto a costruire un presente e un futuro dignitosi. Esprimiamo un augurio a coloro che lottano per la loro liberazione dalle forze di occupazione e dallo sfruttamento capitalistico.
 
Il “May Day” è un giorno speciale di grande significato per la classe lavoratrice. Dal momento della rivolta dei lavoratori tessili del 1 maggio 1886 a Chicago fino ad oggi, il “May Day” è il giorno che permette di fare un bilancio delle conquiste dell’anno precedente, di progettare nuove iniziative e definire obiettivi per l’anno successivo. Le nostre nuove iniziative devono corrispondere ai bisogni attuali e alle richieste degli strati popolari.
 
Cari compagni,
 
Viviamo in un periodo caratterizzato da: a) aggressività imperialista b) globalizzazione capitalista e c) restrizione delle libertà democratiche, sindacali e lavorative.
 
- In Iraq, Afghanistan, Palestina, Libano, Colombia, Kosovo, Somalia, Sri Lanka e altrove, lavoratori ed impiegati perdono la loro vita a causa degli interventi pianificati e organizzati dagli USA, dalla NATO e dai loro alleati. Alcuni altri paesi, come Cuba, Iran, Siria, Nord Corea, Venezuela, Sudan, ecc. sono minacciati perché non intendono obbedire e allinearsi ai desideri di George Bush, di Tony Blair e dei loro alleati.
 
La politica delle forze imperialiste provoca molte vittime, insieme a disoccupazione, povertà, sfruttamento, immigrazione. Le principali vittime delle guerre sono i bambini e i civili disarmati.
 
- La povertà e la disoccupazione tra la maggioranza dei lavoratori sono in crescita. I dati statistici dicono la verità e non possono essere messi in discussione. 800 milioni di persone soffrono per la fame. 200 milioni di bambini vivono in condizioni di abietto squallore. 900 milioni di adulti sono analfabeti. 115 milioni di bambini non vanno a scuola. Allo stesso tempo, la “UNE-WIDER University” di Helsinki ha diffuso i risultati di una ricerca che indica che il 2% degli abitanti del mondo possiede il 60% della sua ricchezza! Nel 21° secolo ci sono persone che hanno un salario mensile di 25–30 euro, senza diritti sindacali e umani. Il debito del mondo in via di sviluppo ha oggi raggiunto i 140 miliardi di dollari USA. Secondo i dati dell’ONU, esistono centottanta milioni di immigrati per ragioni economiche e settanta milioni di rifugiati. Essi rappresentano il 3% della popolazione del pianeta. L’Unione Europea ha venti milioni di immigrati, di cui cinque milioni sono europei.
 
Nella maggior parte dei paesi di Africa, Asia e America Latina le posizioni e le politiche delle organizzazioni imperialiste e dei monopoli multinazionali ricordano i peggiori momenti del colonialismo. Mai in precedenza nella storia dell’umanità tanta ricchezza è finita nelle mani di così pochi.
 
- La restrizione delle libertà democratiche e sindacali è la massima aspirazione dell’Unione Europea e degli USA. Con il pretesto della lotta al terrorismo, si restringono le libertà individuali dei cittadini, e si rafforzano i fenomeni di xenofobia e razzismo. Ogni momento della nostra vita personale viene seguito. Viviamo nell’era del “Grande Fratello”. In molti paesi capitalisti l’attività sindacale è proibita, i sindacalisti sono perseguitati e i sindacati sono illegali!
 
La FSM, dopo avere analizzato e valutato la situazione internazionale, propone per il 1° Maggio 2007 in tutto il mondo i seguenti principali slogan:
 
- Diritto al lavoro per tutti
 
- Libertà sindacali per tutti
 
- Un mondo senza sfruttamento
 
- Fermiamo le uccisioni e le persecuzioni dei sindacalisti
 
- Libertà per i cinque cubani nelle carceri USA
 
- Solidarietà Internazionale – Internazionalismo
 
Facciamo appello a tutti i membri e gli amici della FSM perché adottino i nostri slogan. Perché lottino per i diritti di tutti i lavoratori. In particolare per:
 
- i giovani lavoratori
 
- le lavoratrici
 
- gli immigrati
 
- gli intellettuali progressisti
 
Perché richiedano un lavoro dignitoso per tutti. Tempo pieno e lavoro stabile, copertura sociale e salari decenti, pieno rispetto per i diritti della classe lavoratrice.
 
Cari compagni,
 
La FSM ha avviato un nuovo corso. Dopo il 15° congresso, con uno spirito nuovo, essa fa un bilancio della sua storia, si confronta con il presente e avanza verso il futuro.
 
La classe lavoratrice mondiale ha bisogno oggi di una forte FSM capace di esercitare la leadership, di analizzare la situazione internazionale, di coordinare le organizzazioni sindacali militanti e di sviluppare con efficacia la sua attività. Nelle condizioni attuali, la classe lavoratrice mondiale ha bisogno di sindacati su posizioni di classe, in grado di unire tutti i lavoratori contro le multinazionali e l’imperialismo. Ha bisogno di sindacati animati dall’internazionalismo, democratici e moderni. Questa è la FSM che stiamo costruendo!
 
Viva il 1° Maggio!
Lavoratori di tutti i paesi unitevi!
 
Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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