a un amigo
Patria
La patria es como el arroz: germina en todas partese, así sea con océanos de por medio.En el exilio uno suele hallar patrias en pedacitos. Recuerdo que hace unos cuantos años, en una modesta taberna de Heidelberg, apareció de pronto un veterano con un acordeón y la emprendió nada menos que con La Cumparsita. Tuve que hacer un denodado esfuerzo para no enfrentar a aquel público germano con un papelón de lágrimas.
La patria es un territorio pero también es un fantasma que se aparece por las noches, ya sean éstas de Atenas, de Sevilla, de Tegucigalpa o de Brasilia. Uno estira los brazos para alcanzarlo, pero el fantasma patrio abre los postigos de sus alas y nos deja extranjero por un largo minuto.
Precisamente entonces puede llegar un rostro tan desconocido como familiar, y uno lo reconoce por sus vivos ojos de Salto o de Tacuarembó, convertidos ahí no más en fanales patriótricos que vienen de lejos o están aquí al lado, sufragando de a poco nuestras arduas preguntas.
Hay orillas donde la patria viene en olas y hay visiones donde la patria es un paisaje.
Aun la fealdad de una patria tiene su inexorable belleza y también su obligada tristeza incluye una alegría.
A veces, lindas veces, la patria se vuelve una mujer y nuestro patriotismo erótico sale a su conquista. Es por eso que la patria puede ser dos cuerpos tiernamente enlazados y tal vez de esa unión nazca una patria niña.
La patria no siempre tiene cuerpo pero no hay duda de que tiene alma. De ahí que esos gobernantes que tienen la indecente y maldita costumbre de invadir pequeñas e indefensas patrias , sean simplemente unos desalmados.
Brano tratto da Vivir Adrede –Seix Barral Biblioteca Breve
Cuando sepas que he muerto, no pronuncies mi nombre .
porque se detendrá la muerte y el reposo.
Tu voz, que es la campana de los cinco sentidos,
serfa el tenue faro buscado por mi niebla.
Cuando sepas que he muerto di sílabas extrañas.
Pronuncia flor, abeja, lágrima, pan, tormenta.
No dejes que tus labios hallen mis once letras.
Tengo sueño, he amado, he ganado el silencio.
No pronuncies mi nombre cuando sepas que he muerto
desde la oscura tierra vendría por tu voz.
No pronuncies mi nombre, no pronuncies mi nombre,
Cuando sepas que he muerto no pronuncies mi nombre.
Roque Dalton Garcia
Roque Dalton fu ucciso da Joaquín Villalobos, dirigente dell’ Esercito Rivoluzionario del Popolo (EPR), organizzazione nella quale entrambi militavano, il 10 maggio 1975. Accusato ingiustamente di far parte della CIA , fu giustiziato a sangue freddo senza nemmeno avergli dato la possibilità di difendersi. Non fu nemmeno seppellito e il suo corpo fu lasciato ai cani e agli avvoltoi. Così morì uno dei più grandi poeti latinoamericani.
L’opinione di Joaquín Villalobos, consigliere di Álvaro Uribe e assassino di Roque Dalton merita secondo Massimo Cavallini di essere citata a sostegno delle sue tesi esposte in questo suo articolo che altro non è che un’apologia della marcia contro le FARC del 4 febbraio scorso.
Cavallini presentandoci Joaquín Villalobos come “ex-guerrigliero, a suo tempo uno dei massimi leader del FMLN salvadoregno”, omette due piccoli dettagli: assassino di Roque Dalton e consigliere di Álvaro Uribe..
Che autorevolezza può avere Massimo Cavallini? Che affidabilità può avere un giornalista che a supporto dei suoi articoli cita l’opinione di un volgare assassino che a detta di tutta la sinistra latinoamericana viene definito un “ladrón”, “asesino” y “maldito”?
…
“Non ci sarà né il vitello grasso, né il cappone… Casini non ci sta. (per fortuna…speriamo…).
Si tratta di un vero e proprio attacco mediatico quello che la Val di Susa e il movimento NO TAV stanno subendo in questi giorni.
In realtà i media non si sono mai sbracciati molto per ascoltare la voce della Val di Susa e del suo popolo, che al di là del vero nocciolo della questione e cioè l’opposizione alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità nella tratta internazionale Torino-Lione, stanno dando filo da torcere ad amministrazioni locali, politici e imprenditori soprattutto per aver organizzato una forma di protesta e di partecipazione popolare intorno alle decisioni da prendere. Partecipazione che è stata definita come “democrazia al lavoro” , operazione di vertenza sociale e territoriale”, “fare politica trasversalmente”. Sono tutti modi diversi per dire la stessa cosa. Centinaia di persone, decine di movimenti, partiti politici, sindacati, associazioni, amministrazioni comunali hanno creato un vero e proprio “laboratorio territoriale”, hanno presentato analisi del progetto e progetti alternativi, studi di impatto ambientale, tutto ciò per dire che loro nella Valle il treno non lo vogliono. Un grande movimento in difesa del territorio.
Probabilmente la crisi di governo e l’imminente appuntamento elettorale stanno preparando il terreno, se nel giro di tre giorni, dal Corriere della Sera, a Tgcom al Tg5 di lunedì sera si stanno passando tutti la stessa notizia. Secondo il quotidiano di via Solferino, da sempre vicino agli industriali del nord, il movimento no-Tav sarebbe addirittura sulla via del pentimento. Tutti in fila a chiedere venia e pregare per i peccati commessi negli anni scorsi. Da quel 15 dicembre 1991, quando con il nome di HABITAT si formò il primo comitato in difesa della Valle, avanti negli anni, passando per gli “ecoterroristi valsusini” , per i “lupi-grigi valsusini” attraverso la manifestazione del maggio 2003 fino alle manganellate prese al Seghino nell’ottobre del 2005, per lo sciopero generale del mese successivo, (ottantamila persone …tutte a chiedere perdono adesso?) fino ai movimentati primi giorni di dicembre, sempre di quell’anno, con le ruspe a buttare giù il presidio e “l’ immacolata ribellione” dell’8 dicembre con la liberazione di Venaus dal presidio delle forze dell’ordine. Ricordiamo inoltre il grande forum del 17/18/19 febbraio del 2006 che ha visto la partecipazione di più di tremila persone. Questo solo per citare alcune delle tappe più significative di un grande movimento che da 8 anni difende il suo territorio. E’ bastata una pagina sul Corriere della Sera del 4 febbraio scorso, a firma di Alessandra Mangiarotti già nota ai valsusini, come conferma Chiara Sasso (la “cronista” dalla valle del settimanale Carta), per essere colei che “affonda non per la prima volta in malo modo il coltello” nel movimento.
Ebbene a detta delle autorevolissime voci di una barista, un benzinaio e un edicolante secondo il Corriere della Sera, “ora i no-Tav si pentono”.
Non bastano queste testimonianze, al coro si aggiunge anche un’immobiliarista che critica le strumentalizzazioni che ci sono state nella protesta e un’albergatrice che dice: “voglio la Torino-Lione e vi dico il perchè: ci porterà il lavoro”. Il nocciolo è infatti il lavoro. Secondo i valsusini intervistati dalla giornalista, che probabilmente poco hanno a che vedere con l’anima e il cuore del movimento, adesso in Val di Susa “della Tav c’è bisogno” perchè in Valle la disoccupazione dilaga e bisogna pensare a dar da mangiare ai figli. Non più no-Tav dunque ma un forte e deciso si-Tav. Ma fa di più la giornalista, oltre a dare voce a una decina di persone incontrate per strada e che probabilmente con il movimento non hanno nulla a che vedere, altera completamente il senso delle parole addirittura di Antonio Ferrentino, che da presidente della Comunità Montana Bassa Val di Susa e Val Cenischia, degrada al rango di “capopolo”. Praticamente gli fa dire, a lui, leader storico della rivolta, che: “anch’io non scenderei più in piazza. E centinaia di persone me lo vengono a dire.”ho marciato, ora non marcerei”. Il perchè? E’ finito il tempo di urlare moriremo tutti d’amianto ora si parla di ragioni vere, di priorità.”
“Operazione molto brutta”, ha definito lo scopo dell’articolo della Mangiarotti proprio Antonio Ferrentino, che insieme ad altri sostenitori del movimento si sono affrettati a pubbliacare su Carta una smentita a quanto scritto sul Corriere della Sera.
“La giornalista che l’ha scritto ha fatto una personale ricostruzione delle mie parole. Di parte direi, e con un obiettivo ben specifico – dice – Ho risposto a domande precise, come quella in cui mi si chiedeva se fossero previste altre manifestazioni in Valle alla quale ho risposto che al momento non sapremmo come e contro chi manifestare perché stiamo cercando di fare emergere, dal confronto con l’Osservatorio, quelle che sono le nostre osservazioni e la nostra contrarietà a quest’opera. È esattamente quello stiamo facendo all’interno di un tavolo di confronto. Sulle questioni tecniche ho detto poi che noi siamo d’accordo al potenziamento della linea storica, al nodo di Torino, e che il tunnel non è la priorità, se ne discuterà nei prossimi 10–15 anni. La cosa molto brutta è che la giornalista ha fatto emergere la sensazione che in Valle tutti abbiano cambiato idea. Nessuno di noi ha cambiato idea. Chi era favorevole è rimasto favorevole, chi era contrario è rimasto contrario. Nell’articolo però si possono leggere solo le valutazioni di chi è favorevole, non c’è nessun contrario all’opera. Mi sembra un’ operazione un po’ squallida. Si vuole lanciare il messaggio che in Valle non esiste più l’opposizione alla Tav, cosa totalmente falsa. È una operazione molto brutta».
Maurizio Piccioni, responsabile del Comitato Spinta dal Bass, da me contattato, invece mi ha confermato che in Valle si è molto discusso di questo articolo. “Naturalmente questa continua ad essere una Valle no TAV, purtoppo siamo sotto un attacco mediatico di enormi proporzioni: dopo il Corriere, ecco seguire il Tg5 delle 20.00 di lunedì e il Tgcom”.
Mi conferma che in Val di Susa si stanno preparando risposte e mobilitazioni e una grossa assemblea per discutere del problema si è già tenuta ieri sera, mentre per il 13 febbraio prossimo è previsto un presidio in concomitanza con il tavolo politico di Roma.
La Valle fa sentire la sua voce e risponde con veemenza alla propaganda mediatica volta a denigrare una delle voci più importanti della partecipazione popolare in Italia, ma soprattutto volta a spianare il terreno ai prossimi giochi di potere.
Per chi avesse ancora dubbi…
Foto scattata in Colombia. Io l’ho ripresa da Bogotalia che ringrazio.
Sicuramente Fidel non sta chiedendo aiuto ad Aznar per proteggere Chávez durante il golpe in Venezuela del 2002.
Questa ipotesi poteva uscire solo dalla fantasiosa penna di Juan Jesús Aznárez su El País del 3 febbraio scorso.
Noi siamo un po’ più realisti…
Secondo voi cosa si stanno dicendo?
“alle 12.00 ora di Roma ed in replica alle ore 19.00 sui canali Arcoiris TV (916 di Sky, ma anche in chiaro) oppure in streaming sul sito di Telesur”
Saranno intervistati Carlos Gaviria presidente del Polo Democrático Alternativo ed Enrique Santiago, avvocato e difensore dei diritti umani.
Si ringrazia Giornalismo Partecipativo per la preziosa segnalazione e mi scuso per non aver postato la notizia prima.
P.S. Intanto io segnalo che Benedetto XVI che generalmente non parla di Colombia, ieri in occasione dell’Angelus ha lanciato un appello per “la morte violenta” di “tanti “sequestrati per estorsione” in Colombia.
Che tempismo e che coincidenza, proprio il giorno prima della marcia della vergogna.
Rayen Kvyeh il 25 gennaio presso lo Spazio Odradek
Questa poesia di Rayen Kvyeh, tradotta dal Prof. Antonio Melis, è stata letta in Italia in occasione de La parola errante, recital e conferenza stampa sulla situazione dei prigionieri politici mapuche, che si è svolto a Roma presso lo Spazio Odradek il 25 gennaio scorso.
In Cile è stata assunta come inno e canto di lotta del popolo mapuche.
BALLA LA MORTE
Balla la morte
sulla tavola
dei potenti commensali.
Applaudono e tacciono,
tacciono e applaudono
sotto l’ombra complice
delle leggi bianche.
Si rompe il silenzio
sulle sbarre-muri.
Lo sciopero della fame
cavalca per le vene
dei prigionieri politici mapuche.
Sulle trecce nere
di Patricia Troncoso
si arrampica il silenzio
delle voci ancestrali.
Balla la morte
sugli alberi di natale
di neve artificiale
e luci colorate.
Si rompe il silenzio.
Lo sciopero della fame
cavalca i sentieri
solidali
attraversando frontiere
rompendo barriere.
Ruggisce il Llaima.
Rompe il silenzio.
Vomita fuoco.
Il rosso ruggito
della lava ardente
travolge le montagne.
Balla la morte
sulla bilancia della giustizia
dei potenti commensali.
Ballano le leggi.
Anno nuovo.
Nuove armi.
Mano dura – mano bianca.
Terrorista – mente bianca.
Moneta dura – plusvalore bianco.
Balla la morte.
Ballano le leggi.
con champagne e vino.
Si rompe il silenzio.
Lo sciopero della fame
cavalca i sentieri usurpati
del territorio mapuche.
Balla la morte
sulla scrivania
dei potenti commensali.
Ballano le armi.
La pallottola assassina
punta alla schiena.
Matías Catrileo assassinato.
Balla la morte
sulla tavola
dei potenti commensali.
I terroristi ballano
la cueca finale.
Ballano le leggi
cantando l’inno nazionale.
IL CASO È CHIUSO
Sulle trecce nere
di Patricia Troncoso
si arrampica il silenzio
delle voci ancestrali.
Rompono il silenzio
le voci dei venti.
Lemun, Catrileo, Epul
insorgono
nelle quattro forze della terra.
Matías Catrileo cade
baciando la terra.
Le voci dei venti
rompono il silenzio.
I suoi occhi si chiudono
illuminando
i sentieri ampi e stretti
della NAZIONE MAPUCHE.
Le voci ancestrali
rompono il silenzio.
Matías Catrileo cammina
per le quattro forze della terra.
(Traduzione di Antonio Melis)
Este poema ha sido leído en Italia en ocasión de la Palabra errante – recital y rueda de prensa por los prisioneros políticos mapuche del 25 de enero en Roma.
Ya se ha tomado en todo Chile cómo himno y canto de lucha del pueblo mapuche:
…
BAILA LA MUERTE
Baila la muerte
en la mesa
de los poderosos comensales.
Aplauden y callan,
callan y aplauden
bajo la cómplice sombra
de las blancas leyes.
Se rompe el silencio
en los barrotes-muros.
La huelga de hambre
cabalga por las venas
de los prisioneros políticos mapuche.
En las negras trenzas
de Patricia Troncoso
se enreda el silencio
de las vocesancestrales.
Baila la muerte
sobre los pinos de pascua
de artificial nieve
y luces de colores.
Se rompe el silencio.
La huelga de hambre
cabalga los caminos
solidarios
atravesando fronteras
rompiendo barreras.
Ruge el Llaima.
Rompe el silencio.
Vomita fuego.
Vomita piedras.
El rojo rugido
de la ardiente lava
arrasa las montanas.
Baila la muerte
sobre la balanza de la justicia
de los poderosos comensales.
Bailan las leyes.
Ano nuevo.
Nuevas armas.
Mano dura– blanca mano.
Terrorista — blanca mente.
Moneda dura — blanca plusvalía.
Baila la muerte.
Bailan Las leyes
con champán y vino.
Se rompe el silencio.
La huelga de hambre
cabalga los usurpados caminos
del territorio mapuche.
Baila la muerte
en el escritorio
de los poderosos comensales.
Bailan las armas.
Baila la muerte.
La bala asesina
apunta a la espalda.
Matías Catrileo asesinado.
Baila la muerte
en la mesa
de los poderosos comensales.
Los terroristas bailan
la cueca final.
Bailan las leyes
cantando el himno nacional.
CASO CERRADO
En las negras trenzas
de Patricia Troncoso
se enreda el silencio
de las voces ancestrales.
Rompen el silencio
las voces de los vientos.
Lemun, Catrileo, Epul
se levantan
en las cuatro fuerzas de la tierra.
Matías Catrileo cae
besando la tierra.
Las voces de los vientos
rompen el silencio
Sus ojos se cierran
iluminando
los senderos anchos y estrechos
de la NACION MAPUCHE
Las voces ancestrales
rompen el silencio
Matías Catrileo camina
por las cuatro fuerzas de la tierra
“Si Carlos Gaviria participa en la concentración del próximo lunes 4 de febrero y por lo tanto, sale a “tirarse la marcha, te volveremos picarillo vivo a machete y hacha…”.
E’ la minaccia inviata da un gruppo paramilitare operante in località Ciudad Bólivar, a sud di Bogotá al presidente del Polo Democratico Alternativo e consegnata alla sede del Partito.
Praticamente se Gaviria non partecipa alla marcia di domani verrà fatto a pezzettini con ascia e machete.…
Per chi avesse ancora dubbi.…