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No hay nada aquí
solo unos días
que se aprestan a pasar
solo una tarde
en que se puede respirar
un diminuto instante
inmenso en el vivir
después mirar la realidad
y nada más, y nada más.
(S.Rodríguez)
Y nada más
Di Annalisa Melandri e Monique Camus
28 Agosto 2007
Lei Senatrice, crede che il Frente riuscirà a rappresentare qualcosa di veramente importante per la difesa dei diritti umani nel paese?
Sì, perché lo è stato già in passato. Anni fa, nel 1979 formammo un Frente che si chiamò Frente Nacional Contra la Represión, il primo Frente, che morì per inedia anni dopo.
Ottenne dei risultati questo primo Frente?
Certo che sì, ottenemmo un’amnistia per 1500 prigionieri e non si portarono a compimento 2000 mandati d’arresto, ritornarono 57 esiliati e riuscimmo ad ottenere la riapparizione in vita di 148 desaparecidos che erano tenuti prigionieri nel Campo Militar n. 1.
Per tutti questi motivi credo che oggi ci sarà una repressione brutale contro questo nuovo Frente che sta nascendo oggi.
Lei è Senatrice e Presidente della Commissione Nazionale dei Diritti Umani in Senato, incontra ostacoli all’interno dello stesso Senato nello svolgimento del suo lavoro come attivista per i diritti umani?
Certamente c’è opposizione e molta, ma il fatto di essere stata nominata Presidente della CNDH costituisce un vantaggio e mi concede dei poteri personali come Presidente che faccio valere sempre e in ogni luogo.
Come considera il governo di Felipe Calderón relativamente al tema dei diritti umani?
Come ho detto questa mattina allo Zócalo, commemorando il 29° anniversario dello sciopero della fame delle madri messicane per i loro figli desaparecidos, Calderón ha zero in tutto, il governo attuale sta seguendo la stessa politica repressiva dei governi precedenti e sta anche facendo di peggio.
Nel PAN attualmente c’è molto fermento perché dalle sue fila si starebbe originando un nuovo partito di estrema destra, questo secondo lei, sarebbe un pericolo in più per la battaglia in difesa dei diritti umani o una spinta per la sinistra a impegnarsi maggiormente?
C’ è un detto che dice “dividi e vincerai”, probabilmente divisi avranno meno forza perché sono impegnati al momento nel dibattito in corso, ma come diciamo in Messico “tan malo es el pinto como el colorado” (non vanno bene né il dipinto né il colorato), saranno terribili entrambi e quindi si dovrà lottare contro due nemici e due fronti diversi.
Che appoggio riceve EUREKA come organizzazione per la difesa dei diritti umani e contro la repressione dalla stampa messicana?
Non lo so, non siamo “santitos de su devoción” (non siamo santi della loro devozione) come si dice da queste parti, ma le cose che hanno forza trascendono, per questo chiedo alla gente di incorporarsi al Frente. Il popolo per esempio che ha ottenuto? Che venisse respinta la revoca dell’immunità di AMLO. E’ stata la gente. E’ questo quello a cui devono prestare attenzione al popolo..
Io credo che questo Fronte otterrà quello che ha ottenuto in passato.
Senatrice, lei come vede il futuro del movimento di resistenza civile di AMLO?
Lo vedo bene, di più, chiaro lui è il mio Presidente ed io lo rispetto, lo rispetto molto, ma un giorno gli dissi, ed egli rise perché gli dissi così, “fammi un fischio”, come dice la canzone. E lui mi rispose “perchè?”. Perché dai un fischio a tutti quelli che ti seguono e finiranno gli altri partiti. Lui ha moltissima gente che lo segue, più di due milioni di sostenitori.
Lei crede che sia possibile nuovamente la candidatura di AMLO nel 2012?
Io vorrei che egli si candidasse nuovamente, egli ha l’età per farlo, ha l’età, l’animo e il carisma, ma io ho 80 anni e magari riuscissi a vivere per vederlo, penso che sì riuscirà perché non ha mai sbagliato, invece l’ingegniere Cuauhtémoc Cárdenas (PRD) si accordò con Salinas de Gortari, questo fu un errore, invece di difendere il suo trionfo, perché lui aveva vinto le elezioni nel 1988. AMLO fa ora quello che fece Benito Juarez, quando percorse tutto il paese portando fra le mani la Repubblica del Messico. Questo è quello che sta facendo Andrés Manuel. Sono felice che lo faccia.
L’allontanamento dell’ Ing. Cárdenas ha danneggiato il movimento di resistenza di AMLO?
Credo di no perché molte persone che erano con Cárdenas le vidi nello Zócalo veramente tristi quando ALMLO disse che bisognava andarsene e quando finì tutto. Credo di no. Probabilmente ad AMLO dispiace che non ci sia tutta la forza che era dietro Cárdenas però c’è moltissima gente che ha deciso di seguire Andrés Manuel.
La sua opinione sul personaggio politico controverso Porfirio Muñoz Ledo che attualmente è molto vicino a Andrés Manuel?
Lui è stato vicino a molta gente. Io lo conobbi con Luis Echeverría (fu segretario del governo durante il massacro di Tlatelolco nel 1968), Muñoz Ledo era vicinissimo a lui.
Ma dice il proverbio che “dei pentiti si giova Dio”. Se lui si è pentito può apportare il suo talento, lui è molto intelligente, è molto colto e può apportare molte cose.
Seguono le dichiarazioni e l’intervista rilasciate il 28 agosto al Club de Periodistas, al termine della riunione per la costituzione del Frente contra la Represión, alla stampa e alla televisione messicana da Elvira Arellano di ritorno dall’incontro con il presidente Felipe Calderón e il ministro degli Affari Esteri Patricia Espinosa.
Elvira Arellano fu deportata già altre due volte dagli Stati Uniti, una volta nel 1997, un’altra nel 2002 e l’ultima il 19 agosto 2007.
L’ultima volta è stata quella che ha destato maggiormente l’attenzione dei media e della comunità internazionale.
Forse per questo il presidente Calderón ha deciso di riceverla. Fino a quel momento infatti era una indocumentada (senza documenti) come milioni di altri messicani.
Questa vicenda ha dimostrato però che non tutti i migranti clandestini messicani sono Elvira Arellano, contrariamente a quanto dice lo slogan “todos somos Elvira Arellano” (tutti siamo Elvira Arellano) dell’omonima campagna che sostiene la donna nella sua battaglia favore degli immigrati messicani.
Attualmente secondo il Pew Hispanic Center ci sono circa tre milioni di bambini nati negli Stati Uniti da genitori nelle stesse condizioni di Elvira Arellano, nessuno dei quali è mai stato ricevuto dal Presidente.
E l’interessamento di quest’ultimo lascia perplessi, a un paio di giorni dalla presentazione dell’informe presidenziale, se si tiene conto che nei 40 minuti scarsi di incontro in cui prometteva aiuto alla donna per risolvere la sua situazione, circa 48 messicani venivano espulsi dal territorio americano e che soltanto nel primo semestre del 2007 si sono registrate 1,2 deportazioni di al minuto nella frontiera con gli Stati Uniti (circa 317 mila persone).
“Alle due di oggi pomeriggio ho avuto un’incontro con il presidente Calderón e con il ministro degli Affari Esteri Patricia Espinosa.
Io ho raccontato di quello che sta vivendo la nostra gente e loro mi hanno offerto aiuto. Mi hanno detto di spiegargli in che modo possono aiutarmi e che erano ben disposti a farlo soprattutto per quello che riguarda il mio caso personale.
Io ho detto loro che non ero lì soltanto per me ma che ci sono più di 5 milioni di cittadini messicani che si trovano negli Stati Uniti senza documenti e che hanno bisogno dell’appoggio del nostro governo.
Non sto chiedendo niente per me personalmente, ho tenuto a precisare perché questa è una battaglia per tutti coloro che si trovano nelle mie condizioni.
Una richiesta sì ho avanzato, e cioè la proposta di un incarico diplomatico che mi possa concedere il governo messicano affinché io possa viaggiare negli Stati Uniti come essere umano libero.
Ho il diritto di raccontare la mia storia e quello che ho vissuto.
Potrei essere nominata ambasciatrice di pace, di giustizia e di speranza negli Stati Uniti per molta nostra gente, non soltanto negli Stati Uniti ma in ogni altro paese del mondo”.
Cosa hanno risposto a questa richiesta?
Hanno risposto che avrebbero fatto tutto il possibile per aiutarmi in questo.
Come è possibile se inizialmente le autorità avevano detto che non avrebbero potuto fare nulla?
Io credo che è stata importante la pressione portata avanti negli Stati Uniti perché dopo la mia deportazione il popolo si è sollevato ed ha continuato a lottare. Il sabato infatti a Los Angeles, ci fu una grande manifestazione con più di 10 mila persone con la quale hanno appoggiato a me e mio figlio per dirci che non eravamo soli.
Stiamo lottando per una causa e cioè per cercare mantenere le nostre famiglie unite legalmente.
Io credo che negli Stati Uniti hanno appoggiato la mia situazione perché è la stessa situazione di milioni di famiglie. E’ importante portare alla luce tutto ciò che sta accadendo negli Stati Uniti con la nostra gente ed anche ciò che sta accadendo in Messico con la gente che viene da alti paesi.
Quindi lei scarta l’ipotesi di essere stata usata per fini politici?
Come ho già detto questa situazione non è relazionata ad un solo partito. Io ho parlato con i rappresentanti politici di tutti i partiti , io stessa faccio parte di un partito. Ci sono alcune persone che mi hanno proposto di candidarmi come deputata ma io non sto cercando questo, ci sono milioni di famiglie che vorrebbero stare di fronte ad una telecamera per dire “per favore aiutatemi, mi stanno separando dalla mia famiglia, mi stanno deportando” ed io credo che se ho avuto questa possibilità devo portare questo messaggio a i nostri dirigenti, al nostro governo messicano, devo raccontare quello che sta succedendo affinché trovino il modo di appoggiare la nostra gente, affinché trovino soluzioni per poter essere rispettati come esseri umani. Questa è la cosa importante che ho detto al Presidente, che trovi il modo di far capire agli Staiti Uniti che io non sono una terrorista, non sono una criminale, sono una donna di pace che cerca solo di far rispettare i miei connazionali come persone, come esseri umani che sono andati a cercare lavoro in un atro paese che non è il nostro. Che delitto è stato il desiderare un futuro migliore per le nostre famiglie?
Io credo che sia importante dialogare con il nostro Governo come è importante che il nostro Governo dialoghi con i dirigenti di altri paesi.
Che tipo di appoggio economico hanno detto che ti avrebbero dato?
Hanno detto di un aito economico ma come ho già detto prima, ho ribadito che non posso accettare niente per me. Io sono qui per una battaglia, io come madre so che ce la farò con mio figlio. Sono qui cercando di ottenere che il nostro Governo assuma una posizione più forte per poter negoziare con gli Stati Uniti una riforma migratoria. Io quello che sto chiedendo è qualcosa come un visto diplomatico per poter essere ambasciatrice di pace e giustizia, perché non sono una terrorista e perché gli Stati Uniti non devono continuare a vederci come terroristi.
Lei crede che il governo di Calderón abbia fatto il possibile per difendere i migranti o potrebbe fare di più?
Io ero molto conosciuta negli Stati Uniti e avevo molta visibilità per questo il Governo si è impegnato con delle dichiarazioni, credo.
A Tijuana dove mi hanno deportata e a San Isidro, ogni giorno vengono deportate donne, ogni giorno vengono deportati dei bambini e nessuno dice niente perché questa è precisamente la situazione che io ho descritto al Presidente, la situazione che stanno vivendo milioni di famiglie e il nostro Governo deve avere una posizione ferma per far difendere e far rispettare la gente che entra in quel paese.
Lei pensa che questo sia sufficiente?
Io credo che non sia stato fatto il necessario in ambito del sistema migratorio. Come infatti si è negoziato sul Trattato di Libero Commercio tra i due paesi, come si è negoziato per combattere il narcotraffico, perché non negoziare anche una riforma migratoria?
Qual è stato l’impegno e la disponibilità del Presidente per aiutarla? Avete stabilito dei termini per il visto diplomatico?
Fino al 12 settembre quando il Ministro degli Esteri ritornerà da un viaggio non potrò sapere nulla. Il 12 settembre sarò a Tijuana per appoggiare la mobilitazione che ci sarà in tutti gli stati Uniti a favore della riforma migratoria e contro le retate, deportazioni e separazioni di nuclei familiari. Sarò lì con il mio gruppo e mio figlio sarà lì con me.
Quando arriverà suo figlio?
Se Dio vuole arriverà venerdì
Elvira Arellano diventerà allora paladina dei diritti dei migranti?
Io credo che è quello che sto cercando di fare dal 2002.
Credo che non sia stato giusto aver viaggiato illegalmente senza documenti negli Stati Uniti, se li avessi avuti lo avrei fatto in altro modo, come 12 milioni di persone che ne sono sprovvisti.
E’ importante portare alla luce quello che sta accadendo con milioni di famiglie perché questa è un’emergenza che si sta vivendo negli Stati Uniti tutti i giorni.
Esiste un appoggio per le famiglie che vengono rimpatriate?
Fino a questo momento no, io credo si stia facendo qualcosa nelle frontiere da parte di alcuni gruppi come il gruppo BETA. Loro erano lì per soccorrere in alcun modo le persone che vengono deportate.
Mi sono resa conto che esisteva questo gruppo quando sono stata a Tijuana.
Crede che ci sia volontà da parte del governo federale o si tratta solo di parole e di promesse?
Io credo che la parola di un Presidente sia importante, egli si è impegnato e mi ha detto che avrebbe trovato il modo di aiutarmi. Spero in Dio.
Cosa hai provato a non essere alla manifestazione a Los Angeles, vederla per televisione e per la prima volta non essere lì?
Non ho potuto vederla nemmeno per televisione, solo per telefono ho parlato con la gente dicendole che per me era importante che il popolo si ribellasse, che era importante sentire l’unità che c’era in questa manifestazione perché tutti i leader delle comunità e religiosi, tutti i gruppi che sono a favore di una riforma migratoria, erano andati a manifestare.
E’ importante la parola di un presidente illegittimo?
Quello che è importante è quello che possono fare per difendere la nostra gente, questo non ha a che vedere con i partiti ed io non voglio che questo venga associato ad uno o ad un altro partito.
Credo che l’unità è ciò che sia più importante per difendere il mio popolo.
La segreteria del Ministero degli Affari Esteri ti ha obbligato ad incontrare il Presidente?
Non c’ è stato nessun obbligo, io sono qui solo per continuare a lottare per la nostra gente.
Ma tu non volevi andare..
Chi ha detto che io non volevo andare? Chi ha detto questo? Non ho mai detto questo, in nessun momento, mi hanno fatto un invito ed io ho deciso di accettare.
In merito alla borsa di studio per tuo figlio di cui parla il Ministro degli Esteri, allora non la accetterai?
Sempre la stessa domanda, la stessa e la stessa. Il motivo per cui io ho detto che non accetterò un aiuto personale è che io sono qui per una lotta per tutti i messicani che stanno vivendo negli Stati Uniti e che la posizione che il nostro governo assume è importante. Sia benedetto Dio, ho due braccia, sono forte, sana e posso tirare avanti mio figlio da sola e adesso per favore scusatemi, devo andare.
Il 28 agosto nel Club de Periodistas di Città del Messico si è tenuta la prima assemblea del Frente Nacional contra la Represión, (Fronte Nazionale Contro la Repressione) organizzata da moltissime associazioni civili tra cui il comitato EUREKA (per la Difesa dei Prigionieri, Perseguitati, Desaparecidos ed Esiliati Politici del Messico) fondato dalla senatrice Rosario Ibarra de Piedra (PT Partido del Trabajo) che presiede anche la Commissione Nazionale dei Diritti Umani in Senato.
Alla riunione hanno partecipato associazioni civili per la difesa dei diritti umani, la Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca, el Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra de San Salvador Ateneo, il Consejo para la Defensa de Los Derechos Humanos e la LIMEDDH tra gli altri.
La necessità di unire le forze e convocare un Fronte Nazionale contro la repressione si è fatta urgente in quanto ormai in Messico si sta assistendo ad una progressiva militarizzazione dello Stato e il governo federale già precedentemente con Fox e ora con l’attuale presidente Calderón sta portando avanti una politica di sistematica repressione di ogni manifestazione di protesta civile dei movimenti popolari, di cui Atenco e Oaxaca hanno rappresentato soltanto l’espressione più visibile e più internazionalmente conosciuta di quanto sta accadendo nel paese. Di fatto l’intolleranza e la repressione serpeggiano e il Messico sta lentamente scivolando verso una deriva di violenza che viene spesso mascherata dalla crociata contro il narcotraffico e la delinquenza intrapresa da Felipe Calderón , ma che in realtà colpisce sempre e comunque i contadini, gli indigeni, le donne e i più indifesi come sempre.
Particolarmente preoccupante è la situazione della violenza alle donne, vere e proprie vittime di un’espressione criminale “in uniforme”.
In Messico si dice che si sta assistendo ad un ritorno della “guerra sucia” degli anni 60/70, gli ultimi due casi di desaparecidos risalgono infatti appena a maggio di quest’anno e si tratta di Raymundo Rivera Bravo e Edmundo Reyes Amaya due militanti dell’EPR (Esercito Popolare Rivoluzionario) scomparsi da Oaxaca.
La necessità quindi di unire le forze di tutte le espressioni di lotta civile organizzata che qui nel paese sono molteplici e diversissime fra loro (perché su vari fronti si compiono qui le violenze dei diritti umani), in un unico grande Frente Nacional Contra la Represión, dal carattere plurale e democratico.
Alla costituzione del Frente è stata chiamata a partecipare il comitato EUREKA fondato dalla storica militante Rosario Ibarra de Piedra, varie volte candidata al Premio Nobel per la Pace, candidata presidenziale in passato e attualmente senatrice e presidente della Commissione dei Diritti Umani in Senato, ma
soprattutto madre di Jesús Pietra Ibarra, scomparso nel 1974. Rosario Ibarra de Piedra da allora si dedica con energia e coraggio alla difesa delle cause civili e dei diritti dei prigionieri ed esiliati politici, contro la sparizione forzata e la tortura.
Il 28 agosto è una data importante per le madri messicane, si commemorano infatti i 29 anni dello storico sciopero della fame organizzato nel 1978 per chiedere la riapparizione in vita dei loro figli davanti alla Cattedrale nello Zócalo di Città del Messico. Allora si costituì, al grido di “vivos los dejamos, vivos los queremos!” (vivi li abbiamo lasciati e vivi li vogliamo!) il comitato Eureka e il primo Frente Contra la Represión che ottenne un’aministia per 1500 prigionieri politici e la riapparizione in vita di 148 desaparecidos.
Il nuovo Fronte che si è costituito invece il 28 agosto di quest’anno, propone:
- la libertà di tutti i prigionieri politici
- la riapparizione in vita di tutti i desaparecidos
- la cancellazione dei mandati di cattura e la fine della persecuzione degli attivisti sociali
- porre un freno alla militarizzazione crescente del paese e alla criminalizzazione delle proteste sociali
- un battaglia contro l’impunità e per la condanna dei responsabili della repressione e dei crimini contro il popolo
Il Fronte si propone pertanto di portare avanti denunce sistematiche contro l’operato dell’attuale governo di Felipe Calderón ed è opinione comune a tutte le organizzazioni che hanno preso parte all’assemblea che il suo è un governo illegittimo che cerca di governare il paese solo con l’uso della forza.
E’ stato entusiasmante percepire lo spirito rivoluzionario e l’ardente desiderio di giustizia che hanno animato la riunione, sentire la solidarietà tra i suoi partecipanti. Giovani, vecchi, donne e bambini, singoli individui e associazioni, rappresentanti di sindacati e di comunità indigene, ognuno con la sua storia e le sue proposte, tutte regolarmente annotate e registrate dagli organizzatori.
Tutti insieme per gridare NO – BASTA CON LA REPRESSIONE!
Ed è stato un grido unanime che si è levato varie volte nella sala del Club de Periodistas.
C’era il magistrato Roberto Laza Hernandez che ha posto la sua esperienza e quella di un nutrito gruppo di suoi collaboratori al servizio del Frente.
Un rappresentante di Sonora ha esposto il problema degli alloggi della città, mentre un rappresentante di un movimento sociale ha esposto il programma del suo gruppo per organizzare il 15 settembre il “controgrito”, opposto a quello del presidente “espurio”, perché ha spiegato, “il grito è stato dato originariamente e storicamente dal popolo messicano contro i dominatori”.
Si è alzata una donna che ha fatto notare come stia diventando sistematica e quindi “politica” la violenza sulle donne, indigene, contadine e prigioniere politiche.
Una donna di Atenco ha preso la parola e ha raccontato in un sentito intervento di come ringrazi Dio tutti i giorni perché “io e i miei figli siamo vivi, dopo quello che è successo l’anno scorso ad Atenco, spaventati ma vivi”. “Non riesco ad immaginare – ha aggiunto – il dolore di avere un figlio desaparecido”. Rosario Ibarra, al tavolo sul piccolo palco, visibilmente commossa, ha abbassato lo sguardo.
“Quello che ci da la forza –ha continuato– è sapere che noi di Atenco non siamo soli e mai ci siamo sentiti soli dopo quello che è successo”
“No están solos” , non siete soli, un grido si è alzato ancora in sala, ripetuto decine di volte.
Il Frente nacional serve anche a questo.
Serve a dar voce al compañero Manuel, 102 anni, ferroviere, che sebbene dica che la situazione non sia molto cambiata rispetto a quando lui era più giovane, mette a disposizione le sue energie.
Si raccolgono firme ed adesioni, ci si scambia inviti, indirizzi e numeri di telefono, c’è molto da fare e si appronta una fitta agenda di appuntamenti: la marcia dal El Ángel (il monumento all’Indipendenza, simbolo della città) fino allo Zócalo del 31 agosto al grido di “libertad para los presos politicos y aparición de los desaparecidos” (libertà per i prigionieri politici e apparizione degli scomparsi) e soprattutto la grande giornata commemorativa del 2 ottobre quando nell’anniversario della Strage di Tlatelolco verrà dato vita ufficialmente al Frente Nacional Contra la Represion.
Poco prima del termine dell’assemblea, è arrivata anche Elvira Arellano, di ritorno dall’udienza con il presidente Felipe Calderón, la quale ha rilasciato queste dichiarazioni alla stampa nazionale presente.
Invece la Senatrice Rosario Ibarra de Piedra per il blog annalisamelandri.it ha concesso questa intervista esclusiva.
Il mio personale V affanculo DAY :
Confindustria siciliana decide di espellere tutti gli imprenditori che pagheranno il pizzo o in qualche maniera “collaboreranno” con la mafia.
E vabbè…anche se generalizzare così…
Romano Prodi dice che è un bell’ esempio e si congratula, come per :dire visto che non ci riesce lo Stato, arrangiatevi da soli.
Anche Antonio di Pietro è d’accordo e fondamentalmente anche lui si congratula con la società civile per cercare di reagire alla bell’e meglio a una sicura deficienza dello Stato.
Antonio di Pietro però fa di più chiede anche severità nei confronti di chi paga le tangenti.
Visto che l’iniziativa di Confindustria piace così tanto al governo perché il governo non espelle da se stesso coloro i quali “collaborano” o hanno collaborato con l’illegalità?
Cioè hanno collaborato contro lo Stato?
Questa è la pagina dell’iniziativa Parlamento Pulito diffusa sul blog di Beppe Grillo.
C’è una lista di 25 nomi. Sono 25 delinquenti o ex delinquenti che hanno ricevuto una condanna e che rappresentano il popolo italiano in Parlamento.
Tornando a Confindustria e alla Sicilia il più impresentabile è Cirino Pomicino.
Vergogna! No anzi, VAFFANCULO!!
Recuperati lunedì scorso dalla Croce Rossa Internazionale, dietro indicazioni da parte delle FARC del luogo preciso, i corpi degli 11 ex deputati uccisi in circostanze ancora poco chiare il 18 giugno scorso.
Reyes, intanto ha reiterato la volontà delle FARC di iniziare un dialogo con il governo colombiano e per questo chiede alla comunità internazionale di non essere considerati come gruppo “terrorista”.
Il Venezuela si è unito a Francia, Spagna e Svezia come mediatore internazionale nel conflitto.
Con i nostri migliori auguri a George Bush di “non dover più piangere sulla spalla di Dio o, meglio ancora, di non dover far piangere Dio sulla sua spalla”. (Vittorio Zucconi)
Pubblico volentieri la lettera diretta al Ministro Fabio Mussi in protesta contro la decisione dell’Università di Siena di conferire la Laurea ad Honorem al presidente del Cile, signora Bachelet. Sul sito Rai.it viene riportato che “Michelle Bachelet sarà insignita del titolo per l’impegno politico in difesa della democrazia e dei diritti umani, per il contributo allo sviluppo della medicina sociale e della salute pubblica”.
Sappiamo che questo è falso, come dimostrano gli ultimi avvenimenti in Cile e la situazione sempre più grave in cui versa il popolo cileno in materia di difesa dei diritti umani.
Chi volesse scrivere direttamente a Fabio Mussi può farlo a: mussi_fcamerait (mussi_fcamerait)
LETTERA APERTA
al
Signor Ministro
dell’Università e della ricerca scientifica
dottor Fabio Mussi,
abbiamo avuto notizia della Laurea ad honorem che sarà conferita dall’Università di Siena alla presidente del Cile signora Michelle Bachelet.
Non conosciamo i criteri che motivano l’approvazione da lei concessa al conferimento di questa Laurea.
Ciò che conosciamo è la violazione dei diritti umani che esiste in Cile e la repressione sistematica dello stato cileno contro il Popolo Mapuche. In sostanza la prosecuzione del sistema repressivo instaurato dalla Dittatura Militare e attualmente gestita dalla signora Bachelet.
Sappiamo che il governo della signora Bachelet permette alle multinazionali e ai latifondisti di appropriarsi e devastare il territorio appartenente al nativo Popolo Mapuche.
Sappiamo che la signora Bachelet permette l’applicazione della legge antiterrorista 18.314, promulgata da Pinochet e ancora in vigore, esclusivamente nei territori mapuche. E’ questo un comportamento razzista contro i Mapuche che pacificamente rivendicano i loro diritti.
Sappiamo che in Cile sono detenuti almeno 23 (altre fonti informative riferiscono 50) rappresentanti politici mapuche. La signora Bachelet nega la carcerazione meramente politica di questi prigionieri.
Sappiamo che i mapuche prigionieri politici subiscono la condanna emessa dopo un processo irregolare con testimoni prezzolati, comparsi in aula con il volto nascosto. Sappiamo che durante la carcerazione i rappresentanti politici Mapuce sono vessati e torturati; sappiamo che i loro famigliari, anche i bambini, sono minacciati, ricattati e perseguitati.
Conosciamo le condizioni di indigenza cui è costretto dalle persecuzioni il Popolo Mapuche.
Sappiamo che la signora Bachelet rifiutò la sua testimonianza al rapporto Valech sulla Prigionia e la tortura quando era ministro della difesa.
Ciò, signor Ministro, basta per contrastare con “l’impegno politico in difesa della democrazia e dei diritti umani”, vanagloriosa propaganda della signora Bachelet che l’Università di Siena accredita.
Signor Ministro, siamo indignati e disapproviamo il conferimento di questa immeritata Laurea ad honorem alla signora Michelle Bachelet.
Speriamo, signor Ministro, che lei voglia fare uso del suo senso di giustizia e sostenere di fronte alla signora Bachelet il rispetto dei diritti umani in Cile, per l’intero popolo di quello stato e in particolare per i Mapuche.
Ossequi
FIRMANTI:
Ass. WENUYKAN AMICIZIA CON IL POPOLO MAPUCHE
Ass. ARGENTINA VIENTOS DEL SUR
Ass. CULTURA MAPUCHE Goteborg Svezia
kulturamapuchegmailcom (kulturamapuchegmailcom) Sebastian Sepúlveda Presidente
RADIO REGION IVX
radioregion14gmailcom (radioregion14gmailcom) - Svezia
SOLIDARIETA CON IL POPOLO MAPUCHE
Coordinamento in Italia
violetaserenafastwebnetit (violetaserenafastwebnetit)
Publico de buenas ganas la carta enviada al Ministro de la Universidad e la Investigación Científica Fabio Mussi, como protesta en contra de la decisión tomada por la Universidad de Siena de atribuir una Laurea ad Honorem al presidente de Chile, señora Bachelet.
En la página web de la televisión de Estado Rai.it refiere que “Micelle Bachelet serà condecorada con dicho título por su “compromiso político en defensa de la democracia y de los derechos humanos, por el aporte al desarrollo de la medicina social y de la salud pública”.
Sabemos que eso es falso, que es probado por los ultímos acontecimientos en Chile y la situación siempre más grave en que se encuentran los pueblos mapuche y chileno en materia de derechos humanos.
Quien lo desea, puede escribir al Ministro Mussi a : mussi_fcamerait (mussi_fcamerait)
CARTA ABIERTA
al
Sr Ministro
De la Universidad y de la Investigación
Científica
dr Fabio Mussi,
Hemos recibido la noticia de la Laurea ad honorem que será asignada por la Universidad de Siena al presidente de Chile señora Michelle Bachelet.
No conocemos los criterios que han motivado la aprobación por Usted atribuida a la entrega de esta laurea.
Lo que conocemos, es la violación de los Derechos Humanos que existe en Chile y la represión sistemática del estado chileno contra el Pueblo Mapuche, en lo sustancial el proseguimiento del sistema represivo establecido por la Dictadura Militar y actualmente administrada por la señora Bachelet
Sabemos que el gobierno de la señora Bachelet permite a las transnacionales y a los latifundistas adueñarse y devastar el territorio perteneciente al pueblo originario mapuche.
Sabemos que la señora Bachelet permite la aplicación de la ley antiterrorista 18.314, promulgada por Pinochet y todavía en vigencia, exclusivamente en territorios mapuche. Este es un comportamiento racista contra los mapuches que pacíficamente revindican sus derechos.
Sabemos que en Chile hay almenos 23 detenidos (otras fuentes informativas citan 50) entre lonkos y comuneros mapuches. La señora Bachelet niega el encarcelamiento esencialmente politico de estos prisioneros.
Sabemos que los mapuches prisioneros politicos sufren una condena emitida después de un juicio irregular con testigos contratados, aparecidos en la sala con el rostro oculto. Sabemos que durante la encarcelación los comuneros son víctimas de vejámenes y torturas; sabemos que sus familiares, también niños son amenazados, chantajeados y perseguidos.
Conocemos las condiciones de indigencia a la cuál está obligado por las persecusiones el Pueblo Mapuche.
Sabemos que la señora Bachelet se negó a testificar en el Informe Valech sobre Prisión y Tortura cuando era ministro de Defensa.
Esto, señor Ministro, basta para contrarrestar “el compromiso politico en defensa de la democracia y de los derechos humanos”,
vanagloriosa propaganda de la señora Bachelet que la Universidad de Siena da crédito.
Señor Ministro , estamos indignados y rechazamos el otorgamiento de esta inmerecida Laurea ad honorem a la señora Michelle Bachelet.
Saludos cordiales.
FIRMAN:
As. WENUYKAN AMICIZIA CON IL POPOLO MAPUCHE
As. ARGENTINA VIENTOS DEL SUR
As. CULTURA MAPUCHE Goteborg Svezia
RADIO REGION IVX
SOLIDARIDAD CON EL PUEBLO MAPUCHE
Coordinación en Italia
L’arrivo di Flavio Sosa all’aeroporto di Oaxaca (foto La Jornada)
Il 15 agosto scorso, in seguito alle forti pressioni della comunità internazionale e delle associazioni per la difesa dei diritti umani, Flavio Sosa Villavicencio, leader dell’Assemblea Popolare di Popoli di Oaxaca (APPO) e suo fratello Horacio sono stati trasferiti dal penitenziario di massima sicurezza di Città del Messico al carcere regionale dello stato di Oaxaca.
I due fratelli Sosa si trovavano nel penitenziario del Altiplano dal 4 dicembre del 2006 quando furono arrestati “a sorpresa” dopo una conferenza stampa nella quale si assicurava che erano in corso trattative per risolvere il conflitto sociale allora in corso.
Il governo di Oaxaca ha diffuso un comunicato secondo il quale il trasferimento dei fratelli Sosa è avvenuto per accogliere le richieste dei loro familiari nonchè quelle della Commissione Nazionale dei Diritti Umani.
Ciò nonostante è stata molto forte la pressione esercitata sulle autorità federali e statali da parte di tutta la comunità internazionale affinchè i due fratelli Sosa potessero essere giudicati in un carcere regionale.
Ieri, nella sua prima intervista (a La Jornada) rilasciata da quando si trova in carcere, Flavio Sosa ha fatto sapere che “se la lotta è per il cambiamento, allora vale la pena soffrire”.
“Io non negozierò nulla con il governatore Ulises Ruiz, non ho commesso nessun delitto e prima o poi uscirò dal carcere”.
Ha affermato inoltre che “lo Stato messicano ha lanciato una brutale repressione contro il popolo di Oaxaca. Ha torturato e imprigionato molte persone senza che avessero commesso nessun delitto. E in un caso inedito nella storia recente dello Stato, siamo stati condotti in prigioni di massima sicurezza dello Stato del Messico come Nayarit e Tamaulipas soltanto per aver alzato la voce”.
Alla domanda se valga la pena soffrire tanto per una causa, Flavio risponde sicuro: “certo che vale la pena, la mia famiglia e quelle di tanti altri hanno sofferto cose terribili, ma se la lotta è per il cambiamento, allora vale la pena soffrire.