Mafiocrazia. Poteri occulti negli Stati Uniti

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DI JUAN GELMAN
Altercom

Non crediate che siano pochi gli eletti dotati di poteri occulti. Non negli Stati Uniti per lo meno. Nell’anno 2006 erano 67.000 i partecipanti a 900 comitati, sottocomitati, commissioni, assemblee e/o convegni che forniscono consulenza al Dipartimento dell’Agricoltura, al Pentagono, al Dipartimento dell’Energia e ad altri ministeri e organismi federali su argomenti più diversi, dalle violazioni dei diritti umani all’interno delle forze armate, fino al trasporto, la produzione e l’immagazzinamento del petrolio e del gas naturale. I loro nomi difficilmente appaiono sui media e costituiscono un potere invisibile. Manipolano la politica dello Stato e non poche volte lo fanno a favore di interessi diversi fra loro. I lobbisti del Congresso o del Potere Esecutivo sono noti. Loro forse no.

L’esistenza di questi organismi è perfettamente legale: la legge federale sul comitato consultivo (FACA, Federal Advisory Committee Act) fu approvata nel 1972. Solo che si applica in modo particolare: sembrerebbe che l’elezione di coloro che lo compongono abbia a che vedere più con le alleanze politiche ed economiche che con l’esperienza nelle materie che devono esaminare. Così la pensa il rappresentante democratico Brian Birdi “Accade” –ha detto– “che si travisi deliberatamente la selezione dei partecipanti al dibattito, si scelga quelli di una certa ideologia e si eliminino gli altri. Viene intenzionalmente contaminata l’informazione che riceviamo. Ovviamente non si tratta solo di ideologie.

L’ispettore generale del Dipartimento di Educazione ha identificato, in un convegno cui partecipavano 25 membri, 6 che avevano “legami professionali importanti relativamente a un metodo pedagogico che prevede l’impiego di un determinato programma di lettura” il che fa prevedere l’invio in via preferenziale di fondi agli stati dove si applica tale metodo (The Center for Public Integrity, 29–03-07). Gli avvocati di Earthjustice — organismo non governativo che difende l’applicazione delle leggi ambientaliste — hanno dato il via ad un processo contro i Rappresentanti degli Interessi Commerciali statunitensi (USTR United States Trade Representative), ente che difende strenuamente le magnificenze del libero commercio: hanno presentato prove relative al fatto che 6 dei suoi comitati di consulenza erano dominati da interessi imprenditoriali. Questi comitati dovevano valutare i danni che i nuovi prodotti chimici e farmaceutici potevano arrecare alla popolazione. Perché si sa, la cosa principale è la salute. Delle imprese.

Il Dr. Hemnry Anderson e lo specialista Richard Espinosa furono rimossi nel 2005 dai loro incarichi nell’organo di consulenza che, tra le altre cose, amministrava i programmi di indennizzo ai lavoratori dell’industria nucleare. Ci sono indizi che il Dipartimento del Lavoro abbia considerato che erano troppo a favore dei danneggiati dalle radiazioni nucleari. Nell’ottobre 2005, poco dopo avergli comunicato la decisione, Shelby Hallmark — direttore dell’ufficio dei programmi di indennizzo ai dipendenti di quel dipartimento — promosse un memorandum nel quale si segnalava che l’organo al quale appartenevano i due specialisti ricorreva a criteri “confusi” per far sì che un certo numero di lavoratori ottenesse un indennizzo e altri benefici medici. Hallmark spiegò che il mandato dei due specialisti era scaduto e che sostituirli “avrebbe migliorato in modo considerevole l’equilibrio dell’assemblea” (www.judiciary.house.gov, 15–11-06). E così fu. Il Dipartimento del lavoro ha respinto fino al febbraio 2007 circa 56.000 reclami dei 90.000 che hanno presentato le vittime di cancro e di altre malattie provocate dall’esposizione al plutonio e all’uranio.

Cioè ha tolto le speranze a più del 62 per cento dei colpiti dai danni collaterali dell’industria nucleare.

I convegni e i comitati dei consulenti solitamente si riuniscono a porte chiuse e sigillano gli atti delle riunioni. A volte si camuffano da gruppi di lavoro non previsti dalla legge e che non la rispettano. Il tribunale d’appello della giurisdizione di Washington ha considerato che non erano oggetto alla regolamentazione del FACA e la Suprema Corte di Giustizia ha deciso che nemmeno lo era il gruppo che il vicepresidente Dick Cheney aveva convocato per decidere le politiche energetiche del governo prima dell’invasione dell’Iraq. l dettaglio è che la maggior parte di questi “consulenti” aveva interessi dichiarati nelle industrie del settore, ma Dick non era un meticoloso. In verità nemmeno l’unico: nove dei trenta membri del Consiglio della Politica di Difesa del Pentagono sono legati a imprese che hanno vinto contratti per 76.000 milioni di dollari solo nel periodo 2001/2002 senza particolari clamori.

In passato i poteri occulti permettevano la levitazione, la telecinesi, la vera magia ed altre meraviglie. Oggi, negli Stati Uniti questi poteri si riducono a uno solo: fare soldi. Molti.

Altercom. Agenzia stampa dell’Ecuador, Comunicazione per la Libertà

Juan Gelman, (n. 1930) poeta e scrittore argentino. Dal 1976 risiede in Messico, dove fu costretto all’ esilio a causa della dittatura militare fascista che gli ha strappato suo figlio e la nuora in gravidanza. Tra la sua vasta opera spiccano i libri:

Los poemas de Sidney West (1969)
Fábulas (1971)
Hechos y relaciones (1980)
Citas y comentarios (1982)
La junta luz (1985)
Composiciones (1986)
Interrupciones I e II (1988)
Salarios del impío (1933)

Fonte: http://www.altercom.org/
Link: http://www.altercom.org/article148077.html
13.05.2007

Tradotto per www.comedonchisciotte.org da ANNALISA MELANDRI


Francesco Merlo e “l’ideologia al veleno” contro la sinistra”

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Non credo che la manifestazione a L’Aquila non dovesse essere autorizzata, visto che era una manifestazione organizzata  contro il 41 bis, che a detta dei partecipanti, sarebbe equivalente alla tortura.
Possiamo dissentire o meno da questo punto di vista , purtroppo le manifestazioni spesso rappresentano un’incognita anche per gli organizzatori ed effettivamente non si sa mai come vanno a finire, un po’ come le partite di calcio.
Il fatto è che il corteo si è di fatto trasformato per la presenza di alcuni elementi, che sicuramente veri terroristi  non erano, in un corteo in solidarietà a Nadia Desdemona Lioce che in regime di 41 bis ci si trova da tempo insieme ad altri 160 detenuti del carcere aquilano, di cui proprio uno, accusato per reati di mafia, si era suicidato il giorno precedente.
I terroristi non sfilano alle manifestazioni e per di più a volto scoperto. Lo fanno e ne hanno tutto il diritto gli ex terroristi prestando volto e storia forse  inconsapevolmente  a uno sparuto gruppo di persone che di fatto urlano slogan irripetibili e imbrattano i muri.
Tra gli organizzatori del corteo infatti si legge su La Repubblica di ieri che c’era Paolo Maurizio Ferrari, il brigatista di Nomadelfia, uno dei fondatori storici delle Brigate Rosse, il primo ad essere arrestato con l’accusa di sequestro di persona (fu un sequestro lampo di poche ore) che ha scontato trenta anni di carcere senza mai usufruire di un permesso, senza aver mai ucciso nessuno, perché semplicemente si è sempre rifiutato di presentare la benché minima istanza e perché durante la detenzione ha accumulato altre condanne,  per esempio per aver offeso la corte ad un processo o per aver partecipato alla rivolta nel carcere dell’Asinara.
Al di là delle considerazioni che si possono fare se sia necessario o meno il 41bis, se la manifestazione dovesse essere autorizzata o meno, se i manifestanti dovessero essere  arrestati seduta stante come l’Osservatore Romano  ha suggerito, è bene precisare che alcune persone sono state identificate e nei casi più gravi giustamente indagate per il reato di apologia di terrorismo.
Ma c’è  diffamazione però anche nelle parole di  Francesco Merlo quando scrive su La Repubblica, nel suo articolo “Ideologia al veleno”   che all’Aquila “sfilano in duecento per la Lioce”  quando questo non è vero. Purtoppo come spesso accade, tra  i duecento che sfilavano contro il 41bis, tra i quali Giulio Petrilli dirigente aquilano del Prc ora nei guai per questa sua partecipazione, c’erano anche poche persone che effettivamente hanno manifestato solidarietà alla Lioce, hanno cantato slogan contro Biagi e si sono allontanati per scrivere sui muri “Cloro al Clero”.
Come fa strumentalizzazione politica dell’evento Francesco Merlo, quando scrive che  tutta la sinistra italiana dovrebbe sentirsi imbarazzata al cospetto della famiglia Biagi. Perché?  E’ tutta la sinistra italiana responsabile e condannabile duramente e senza mezzi termini se uno dei suoi “simpatizzanti” (pur se ideologicamente lontano ormai anni luce)  imbraccia le armi e nella sua follia crede così di cambiare la società?
A pochi giorni dall’arrivo di Bush, Merlo fa  strumentalizzazione politica dell’evento (in questo caso degli eventi), quando scrive che  Biagi, D’Antona e Petri, “questi nostri sfortunati fratelli se potessero tornare chiederebbero conto a Bertinotti della mano che non vorrebbe stringere a Bush e della manifestazione contro il boia americano che il 9 giugno riproporrà per le strade di Roma quella teoria dell’imperialismo che era forse già poco originale ai tempi di Lenin.”
In che calderone Merlo getta con tanta superficialità tutta la sinistra? Quella istituzionale, quella della piazza, quella delle scritte sui muri e quella delle pistole in pugno, quella antiamericana e quella della pace. Tutti   comunque  combattenti e terroristi secondo Francesco Merlo, Bertinotti rifiutandosi di stringere la mano a Bush e la Lioce  con tre omicidi sulle spalle. E vale la pena ricordargli che “i poveri scarti umani che nelle nostre metropoli invece di  impazzire o suicidarsi sono pronti a togliere di mezzo gli altri, a togliere di mezzo il mondo” a cui fa riferimento in apertura del suo articolo in prima pagina con il gratuito cinismo che si trova ormai così frequentemente sui giornali, non sono solo figli della sinistra ma di tutto il Paese.
 

Napoli: l’emergenza rifiuti cambia il volto della città

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da il Vernacoliere


Cuba e Liberazione: voce di partito o voce d’edicola?

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Il PRC è un partito composto da uomini. Gli uomini di un partito hanno delle idee, spesso diverse fra di loro.
Non credo che su Cuba all’interno del PRC ci sia stato “lo strappo”  di cui ho sentito parlare, credo invece che ci sia un dibattito acceso e vivo fra posizioni diverse. 
Non so perché Sansonetti si sia preso la briga sul giornale del PRC di far pubblicare degli articoli che sicuramente non rispecchiano le anime di tutto il partito. E le numerose lettere che sono state pubblicate in questi giorni lo dimostrano.
Così facendo si crea confusione tra gli elettori  e credo sia  lecito a questo punto domandarsi se esista una linea di politica estera del Partito di Rifondazione Comunista che a prescindere dalle idee dei singoli uomini, lo identifichi ideologicamente e lo definisca anche meglio rispetto agli altri partiti italiani. Credo che ogni elettore abbia il diritto di sapere il suo partito di riferimento, a prescindere dalle opinioni personali di ognuno degli uomini che ne fanno parte,   che posizione assume  in un tema così delicato come quello della politica estera.
Dire “che posizione assume”  non vuol dire necessariamente appoggiare incondizionatamente Fidel Castro o meno, non vuol dire mancare di obiettività e lasciarsi trasportare da una sterile ideologia oppure buttare a mare nel viaggio verso Miami tutto ciò che di buono a Cuba è stato fatto, nonostante le difficoltà.
Io credo che in tutte le lettere che ho avuto modo di leggere, anche quelle pubblicate da Liberazione questo sia stato il punto fermo ribadito da tutti: “è vero che… ma è anche e altrettanto vero che…”. In una situazione complessa come quella cubana non si può,  come la Nocioni e Sansonetti  hanno fatto, buttare a mare ciò che di buono c’è e accendere i riflettori impietosamente solo sulle difficoltà, che nessuno si sogna ancora oggi di negare.
Tutto sommato credo che il popolo cubano se non altro meriti un po’ più di rispetto e di considerazione perché se Fidel Castro dopo 50 anni ancora è lì,  probabilmente il popolo cubano non ritiene che a Cuba sia tutto da buttare a mare.
Leggo   su Liberazione l’articolo di Fabio Amato (responsabile nazionale esteri Prc) il quale esplicitamente dichiara che su “Liberazione si esprimono liberamente opinioni che non coincidono necessariamente con quelle del Partito”. E continua, che “pensiamo (noi come  partito?) che per essere amici e vicini a Cuba non serva tacere quando non si condividono delle scelte, né essere reticenti sui problemi attuali. Ma lo facciamo stando dalla sua parte. Dalla parte del suo popolo e della Rivoluzione.”
Io credo abbia parlato a nome del partito, la linea estera della politica di Rifondazione Comunista probabilmente è questa e Sansonetti che di mestiere fa il giornalaio,  non ha fatto altro che trascinare i suoi lettori in quella melma di bugie e di volgarità, di critiche senz’anima in cui sguazzano decine di giornalisti ai quali diciamocelo chiaramente, dei poveri, degli analfabeti, dei malati e dei bambini di quella parte del mondo non interessa un fico secco. Ai quali non interessa che un povero in Sud America preferirebbe di gran lunga vivere a Cuba che non in Colombia o ad Haiti per esempio.
Sansonetti vende un giornale e adesso va tanto di moda parlare male di Cuba, come di Chávez.
Non siamo più negli anni 60 e 70 dove la Rivoluzione Cubana, Fidel ed Ernesto facevano sognare una società più giusta per tutti.
Nella sua “difesa d’ufficio” della Nocioni (suvvia che ci aspettavamo? ) non può non ammettere che in è effetti “l’ironia  è stata  scorretta”, salvo poi aggiungere che “raramente l’ironia è corretta” .
Ma l’avranno capito almeno la Nocioni e Sansonetti che non si ironizza sui padri che hanno perso i figli, sulle mogli dei detenuti, mai, qualunque sia il loro crimine e  non si ironizza mai sulle miserie, né sulla tragicità della vita?
 
Volevo inoltre  ringraziare i lettori di questo blog,   perché sebbene quando si parli di Cuba gli animi si surriscaldano, avete  partecipato attivamente in questi giorni al dibattito ma soprattutto avete discusso pur nelle opinioni diverse,  in modo civile e costruttivo, apportando spunti di riflessione e notizie interessanti.
Grazie a tutti voi.

Angela Nocioni: quando a lezione di stile? — Lettera a Liberazione

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Gentile Direttore Piero Sansonetti,
 
Ci troviamo di fronte all’ennesima “Nocionata”?
Ricordo quella appena di pochi mesi fa sulla “redistribuzione del reddito che altro non sarebbe se non un’ elemosina ai poveri” .
Ho trovato questa volta però veramente di cattivo gusto l’articolo “dell’inviata Angela Nocioni” pubblicato su Liberazione del 30 maggio.
Non voglio entrare nel merito di tutti i mali di Cuba che lei meticolosamente elenca,   anche se un riferimento particolare va fatto su quanto dice del problema abitativo dell’Avana.
Confesso che non ero a conoscenza del problema dei “crolli” dovuti ai soppalchi, ma comunque inviterei la Nocioni a farsi un giro nelle democraticissime Roma e Napoli dove in uno stesso appartamento vivono anche 5/6 nuclei familiari insieme, o il degrado di alcuni quartieri di edilizia popolare delle nostre città.
Sarei infine curiosa di conoscere il nome di quest’associazione internazionale che registra perfino  i crolli decimali dell’Avana.
A prescindere da tutto ciò, dai visti, dal desiderio di evadere, dalla stampa, dalla carta che manca, e da altro ancora,  trovo però  che ironizzare sul dolore di un padre che ha perso un figlio sia degno della peggiore infamia possibile mascherata da giornalismo.
Cosa non si direbbe per afre carriera…
Nemmeno Omero Ciai arriva a tanto. Ma nemmeno Libero e Il Giornale.
Dopo tutto quello che ha sproloquiato sull’ “inferno cubano” che bisogno aveva la signora in questione di infierire su un uomo già così provato e che non ancora riceve giustizia per la morte del figlio?
Giustino e Fabio di Celmo, erano già imprenditori all’Avana al momento della morte del figlio e aprire un ristorante a Cuba era un desiderio di Fabio che il papà ha realizzato.
Eppure se non sbaglio in passato il PRC ha appoggiato sia la causa dei  5 cubani che per la Nocioni sono semplicemente “spie”,  sia quella dell’estradizione in Italia di Posada Carriles.
E anzi leggo che proprio il 17 maggio scorso, è stata presentata in Parlamento un’interrogazione per la richiesta di estradizione del terrorista Posada Carriles affinché risponda dell’assassinio del cittadino italiano Fabio di Celmo.
Non è possibile che un quotidiano di partito pubblichi una pagina completamente fuori linea rispetto al partito di riferimento, ma anche così livorosa, aggressiva, volgare. Ilettori di Liberazione hanno diritto di sapere se è cambiata la linea del PTRC su Cuba. Nessuno dice che Cuba sia perfetta ma si rende conto che la Nocioni allinea il PRC alla destra più recalcitrante?
Fabio si è trovato a detta di Carriles, “nel posto sbagliato al momento sbagliato”, la Nocioni, caro Direttore, a Liberazione, in che posto si trova secondo lei?  In quello giusto o in quello sbagliato?
Annalisa Melandri
Roma
 
Leggi anche:
la lettera di Gennaro Carotenuto
la lettera della Segreteria Nazionale dell’Associazione Italia-Cuba
dove viene riportata la lettera di Paolo Rossignoli (Edizioni Achab) e alcuni articoli in rete che riguardano Angela Nocioni.
la lettera  di Annalisa Melandri a Piero Sansonetti su una precedente “Nocionata”
la lettera di Elio Bonomi di Notizie dall’Impero

Insomma su questo giornale si informa o si disinforma?

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Confesso che nonostante sia deprimente il fatto che la sanità americana sia buona o cattiva a seconda dell’argomento da trattare, mi ha fatto sorridere questa mattina leggere sul Corriere della Sera queste parole di Massimo Gaggi nella stessa rubrica dove pochi giorni fa il Vicedirettore Pierluigi Battista dava ironicamente del “fiero smascheratore delle bugie del potere” e del “genio della mistificazione” a Michael Moore: “In America quella della sanità è una ferita aperta: 46 milioni di cittadini senza alcuna assistenza, un sistema basato su assicurazioni private che dovrebbe essere più efficiente dei sistemi pubblici europei e che invece risulta mediamente più costoso e farraginoso…”.


Televisión Basura o comunicación popular

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Televisión Basura o comunicación popular
(la auténtica libertad de expresión)
Junio de 2007

Por Raul Isman (Redacción Popular)
La expresión televisión basura es útil y práctica para definir en pocas y sintéticas palabras el contenido de la mayor parte de la programación de los grandes medios; como es sabido, orgánicamente ligados al capital globalizado e imperialista. La expresión resulta plenamente justificada al recordar como un periodista especializado en banalidades farandulescas recomendó poner una bomba para asesinar a recolectores de residuos informales (llamados en nuestra Argentina cartoneros), colocando explosivos en la citada basura. La verdadera e inmunda basura es la que se propala durante casi todo el día en dichos medios.
Para los empresarios, los massmedia no son sólo un modo de amasar grandes ganancias. Sin lugar a dudas, se trata fundamentalmente del modo que tienen de difundir e imponer a las grandes masas su cosmovisión de la sociedad; concepción que oscila entre lo conservador y lo francamente reaccionario. Ciertos tópicos que circulan en ellos son recurrentes en los receptores del conjunto de nuestros países; de modo que cualquier observador notará que sólo se modifican las tonalidades fónicas correspondientes al origen territorial de quienes hablan. Pero calcado será el conjunto de los mensajes que oscilará desde la banalidad más ramplona hasta la instalación de un imaginario en el que predomine un sentido común que refuerce el predominio del imperialismo y la derecha en la conciencia de los sectores populares. Algunos de tales temas son la defenestración constante de los procesos emancipatorios y populares que atraviesan nuestra América, colocar a las víctimas en el sitial de los victimarios– al tiempo que exculpan a los verdaderos causantes de nuestros infortunios-; la creación premeditada de situaciones de pánico colectivo (frente a la delincuencia, por ejemplo), la exaltación de personajes execrables puestos en el sitial de verdaderos benefactores de la humanidad y varios más. Pero seguramente son dos los más destacados: vincular indisolublemente la actividad política con el robo y la banalizacióm recurrente de los fenómenos cotidianos. En efecto, la política es el espacio en el que los pueblos resuelven sus problemas; y, si es sinónimo de corrupción, lo que se logra es la parálisis de los sujetos que deberían transformar la realidad.
Una de las tantas escaramuzas de esta “guerra” comunicacional se viene librando desde que el gobierno de la revolución bolivariana decidió no renovar — y ya efectivizó la medida haciéndose cargo de las instalaciones del multimedia– la licencia para emitir TV abierta a Radio Caracas Televisión (R.C.T.V). Inmediatamente, desde las usinas intelectuales del imperio llovieron acusaciones de autoritarismo y no respetar la libertad de expresión para el Comandante Hugo Chávez Frías, presidente de Venezuela y líder de la unidad continental. Pero examinemos los hechos con un mínimo de frialdad. Dejemos de lado el compromiso descarado y abierto de la línea editorial de R.C.T.V. con el golpe que, en el año 2002, el imperialismo impulsó contra el derecho soberano del pueblo venezolano a auto-gobernarse. En la programación predominaba un conjunto de vaciedades, telenovelas rosadas, programas de entretenimientos y series ficcionales. Y cuando informaba lo hacía con una posición que no podía calificarse como tendenciosa– algo a todas luces legítimo– sino desde el torvo y avieso recurso consistente en falsear absolutamente los hechos. Un ejemplo, al presentar una manifestación opositora, lo hacían mientras editaban imágenes de la represión al Carachazo, en la etapa presidida por Carlos Andrés Pérez.
Los supuestos campeones de la libertad de expresión muestran en sus programas televisivos un discurso absolutista y monótono. Lo único sensato es dejar que el mercado asigne los recursos económicos, privatizar, desregular, el A.L.C.A. y sus respectivos T.L.C.; es decir que regalemos nuestro patrimonio y nuestros esfuerzos en aras del enriquecimiento del imperio y sus minúsculos aliados locales, Fidel Castro es un tirano sangriento y Hugo Chávez se alimenta con niños. Se llega a decir que el venezolano es el gobierno más peligroso de la actualidad, “olvidando” al elenco genocida que causa muerte y sufrimiento en Irak, Afganistán y está dispuesto a llevar sus misiles por todo el mundo en aras de defender sus privilegios. Tales son los tópicos casi únicos que circulan en sus programaciones, como pueden atestiguar millones de homo videns a lo largo de nuestras geografías.
Lo que no se nos puede escapar es que entre los seguidores de tales medios basura se hallan vastos sectores de nuestras masas populares. Y que una de las causas de esta limitación es la insuficiencia para formular una política comunicacional alternativa, que exprese las verdaderas necesidades de nuestros pueblos por la liberación. Las emisoras radiales y televisivas comunitarias, Telesur (la cadena auspiciada por el gobierno bolivariano), Encuentro (el magnífico canal del Ministerio de Educación de la República Argentina) y otras iniciativas que desconocemos configuran el embrionario e incipiente comienzo de una red que necesariamente debe ser pluralista y diversa. Sólo cuestionando de este modo a los medios esbirros de la derecha la libertad de expresión será un derecho popular y no una bandera hipócrita del imperialismo.


A Santa Fé de Ralito, in Colombia…strani francesi e capi paramilitari.

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Salvatore Mancuso y Jorge 40

Salvatore Mancuso e Jorge 40

A  Santa Fé de Ralito, in Colombia nel luglio del 2001 è stato firmato un documento inquietante con il quale 32 persone tra capi paramilitari (tra i quali i tristemente noti Salvatore Mancuso e Jorge 40), rappresentanti del Congresso, sindaci, governatori, funzionari locali e anche un giornalista hanno sugellato la nascita di un “nuovo patto sociale”.
Questo patto fu  ratificato con il nome di  “accordi segreti di Ralito”.
Praticamente un’associazione a delinquere tra paramilitari e politici. La così detta parapolitica colombiana messa nero su bianco.
Questa è una delle rivelazioni che ha fatto nel mese di gennaio 2007 Salvatore Mancuso (sono passati 5 mesi e lui  non ha ancora finito di parlare…)  davanti alla Fiscalía accettando così i benefici della legge di Giustizia e Pace (o “legge del colpo di spugna”  a seconda di come la si veda…)  per la quale se confessa i suoi crimini e partecipa al processo di pace verrà condannato ad una pena non superiore agli otto anni.
Ma al tavolo di  Ralito non erano seduti  solo colombiani, vi erano anche due ospiti internazionali e per la precisione un francese e un argentino, di tutto rispetto: “due professori della Sorbona” che avrebbero partecipato alla riunione come consiglieri politici dei capi delle Autodifese Unite della Colombia (e cioè Salvatore Mancuso e Jorge 40) .
Si tratterebbe di Mario Sandoval e di Juan Antonio Rubbini Melato, i quali “avrebbero proposto la creazione di un movimento comunitario e politico a sostegno delle idee delle Autodifese e in favore di un processo di pace”. ( El Tiempo 26 novembre 2006)
La rivelazione è stata fatta da due funzionari colombiani che erano presenti a Ralito, il senatore Miguel de la Espriella e il direttore dell’Istituto Nazionale delle Concessioni (INCO) Carlos Ordosgoitia.
Juan Antonio Rubbini Melato è un argentino,  più noto con lo pseudonimo di “il Che delle AUC” per le sue simpatie di gioventù per la figura di Ernesto Che Guevara (sic!). E questo la dice lunga sulla complessità del personaggio che pur non essendo un professore universitario della Sorbona,  ma un disoccupato mantenuto dalla moglie (come egli stesso ha dichiarato in una recente intervista al settimanale El Espectador) alla riunione di Ralito veniva chiamato come “El professor”.
E lo fu infatti “professor”, fu consulente politico prima di Carlos Castaño e poi di tutto il gruppo paramilitare a lui legato.
Il Machiavelli della parapolitica intanto dal suo blog, La Paz en Colombia, in cui riporta con nonchalance tra i link il sito di Salvatore Mancuso e quello di CataholicNet, fa un’apologia del significato  e del fine ultimo del paramilitarismo e di come questo debba trovare il sistema di inserirsi come soggetto politico nell’attuale conflitto in corso in Colombia. Certo è che a ben vedere gli ultimi avvenimenti della politica colombiana quello che salta agli occhi è che i paramilitari di fatto “soggetto politico” già lo sono diventati.
Mario Sandoval invece, l’altro “professore della Sorbona” sarebbe stato legato all’epoca all’Istituto di Alti Studi dell’America Latina (Iheal di Parigi), alla nuova Sorbona e all’Università di Marne-la-Vallée.
Bisogna precisare tuttavia che l’Iheal ha chiarito che Sandoval all’epoca era solo  un loro assistente  e non un professore ordinario.
Sandoval lo ritroviamo in Cile a novembre 2006 insieme a Alain Juillet, francese, direttore della Direzione generale della sicurezza esterna (Dsge) in Francia  e direttore dell’intelligence economica ad un importante convegno tenuto presso il museo militare di Santiago sull’ “Intelligenza economica, difesa e sicurezza” organizzato dall’Università Bernardo O’ Higgins di cui Sandoval tra l’altro  è professore associato. In quell’occasione Sandoval era presente come responsabile della direzione dell’Intelligencia Economica dell’Assemblea delle Camere Francesi e di Commercio e Industria (ACFCI).
Ma le sorprese non finiscono qui. Infatti in rappresentanza della società civile colombiana al congresso al museo militare di Santiago era presente una ONG (organizzazione non governativa) chiamata  Verdad Colombia.
Viene a questo punto da chiedersi: cosa ci fa una ONG colombiana, che dal suo sito predica di avere come proposito “la difesa della democrazia, dei valori di libertà, dei diritti umani”,  in un congresso organizzato da oscuri personaggi legati ai capi delle AUC come Sandoval, per conto dell’Università Bernanrdo O’Higgins, fondata nel 1990 da Pinochet?
In realtà Verdad Colombia non è una ONG qualsiasi.
E’una para-ong che ha legami forti e riceve sovvenzioni da molti think tank di estrema destra sia europei che statunitensi. Il suo sito web sembra costruito appositamente per infangare il nome di associazioni come Human Right Watch e Amnesty International  e gettare discredito sul loro lavoro.
E’ interessante a questo punto aggiungere a queste notizie tratte ed ampliate dall’articolo di Laurence Mazure “Imprudenze o connivenze” apparso su Le Monde diplomatique di maggio, quelle aggiunte da Hernando Calvo Ospina, giornalista e scrittore colombiano residente in Francia, nel suo articolo dal titolo “Il lungo braccio del narco– paramilitarismo in Colombia” .
Egli aggiunge che “è per lo meno da dieci anni che proprio i paramilitari e specialmente i presunti scomparsi  capi Fidel e Carlos Castaño dicevano di essere stati appoggiati e sostenuti da personaggi di strutture accademiche in Europa, specialmente in Spagna e Francia”.
Ma queste dichiarazioni non sono mai state tenute nella giusta considerazione.
Come aggiunge, non  sono mai stati fatti controlli sulle proprietà immobiliari dei Castaño a Parigi e su chi o quale istituzione statale abbia di fatto permesso a Sandoval di avere accesso negli ambienti universitari francesi.
Prossimamente:
approfondimenti sulla ong Verdad Colombia.
 

Chi è più in malafede Pierluigi Battista o Michael Moore?

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Sicko
 
Parlatene, parlatene, mentendo spudoratamente ma parlatene! Male ovviamente!
Questo sembra essere l’imperativo a cui rispondono tutti coloro che si occupano di informazione mainstream, quando l’argomento trattato è Cuba.
Spesso mi chiedo dove finisca il giornalismo e inizi la mistificazione.
Pierluigi Battista in questo suo articolo dentro alla mistificazione ci sguazza a piene mani, a partire dal titolo: “Quegli applausi a Moore o la vera specialità di Cuba: Carceri più che ospedali.
Cuba non è perfetta, (quale paese lo è?) e per un borghese del nord probabilmente non è il miglior posto dove vivere.
Cuba non è una democrazia (almeno nel senso liberal-parlamentare) ma su una cosa più o meno sono tutti d’accordo: il suo sistema sanitario è uno dei più democratici al mondo, perché è totalmente gratuito e soprattutto perché è accessibile a tutti. Vedremo inoltre di seguito come sia anche uno dei migliori in quanto a efficienza.
Tutti d’accordo (più o meno) ma certamente non  Pierluigi Battista e il Corriere della Sera di cui egli è vice direttore.
In tutto l’articolo, che è una dura critica a Michael Moore e al suo film Sicko presentato recentemente a Cannes, non c’è una riga, dico una, supportata da un dato certo, da una fonte, da una citazione.
Il peggior sfoggio di banalità e stereotipi che mi sia capitato di leggere ultimamente.
E questo se è sudore della fronte di un vice direttore di un quotidiano come il Corriere della Sera lo trovo piuttosto grave.
Anche ironizzando, Battista non si rende conto di cadere nel ridicolo:
“…perché la Cuba di Castro è molto, ma molto meglio della Cuba di Guantanamo in mano agli americani….” scrive con una punta di sarcasmo che fa intendere come pensi l’esatto contrario di quello che scrive.
Ma che razza di paragone è????
Ma il massimo della malafede lo troviamo in queste poche righe:
“…perché è reale che il sistema sanitario degli Stati Uniti soffre di spaventose iniquità, ma che la Cuba del dispotismo castrista sia il luogo della cura e della civiltà, dell’altruismo e del disinteressato sacrificio di sé, questa è pura invenzione, come testimoniano tutte , ma proprio tutte le organizzazioni umanitarie che denunciano lo stato miserevole dei diritti umani sotto il regime dell’Avana, la soppressione di ogni più elementare libertà, la caccia al dollaro che ha fatto di Cuba un bordello ancor più funzionante di quelli che sfolgoravano nel regno di Fulgencio Batista.”
Eh no, caro Battista, Michael Moore non è andato a Cuba per dire che è la democrazia più perfetta del mondo, che è la patria di tutte le libertà e che è il paradiso in terra. Perché propone un dibattito e poi tergiversa così platealmente?
Moore è andato a Cuba, tra l’altro violando una legge, perché il suo “democratico” paese glielo impediva, solo per dimostrare che tutto sommato la sanità cubana  è “democratica” (nel senso di essere aperta a tutti gli individui in quanto tali) molto più democratica almeno di quella della grande America del Nord.
Capisco bene l’imbarazzo nel dover ammettere che nell’”antidemocratica” Cuba esista qualcosa di veramente democratico, ma questo alla fine rende evidente solo quanto poi sia relativo il concetto di democrazia.
Allora visto che il Corriere della Sera si è tenuto piuttosto sul vago nella sua denigrazione del sistema sanitario cubano, vediamo un po’ come non “sia pura invenzione la Cuba della cura e della civiltà, dell’altruismo e del disinteressato sacrificio di sé”:
Il 19 settembre 2005 è stato formato dal giorno alla notte, un corpo medico specializzato in catastrofi naturali in occasione del flagello Katrina. Agli Stati Uniti, che hanno rifiutato l’offerta, era stato proposto l’invio di più di 1000 medici per le cure necessarie alla popolazione di New Orleans.
Medici cubani erano stati già inviati in precedenza in Perù  nel 1970, in Venezuela nel 1999, in Sri Lanka e Indonesia nel 2004 e in Guatemala nel 2005 in occasione di catastrofi naturali.
Dal 2004 è attiva l’Operazione Milagro per la quale sono stati operati gratuitamente e hanno recuperato la vista circa 400 mila pazienti in 28 stati.
Nel 2005, si è tenuto un incontro mondiale presso l’Istituto di Medicina Tropicale Pedro Kouri nel Polo Scientifico dell’Ovest dell’’Avana patrocinato dal Governo della Svizzera e dall’OMS a cui hanno partecipato in un corso della durata di 11 giorni importanti figure della ricerca medica specializzata di 5 paesi industrializzati e del personale delle Nazioni Unite.
Il governo cubano ha preparato come medici più di 10.000 giovani di tutto il mondo, compresi statunitensi, di  umili origini, accogliendoli gratuitamente presso l’Università Latino-americana di Medicina. E’ stato offerto loro il materiale, il vitto, l’alloggio nonché un buono di 100 pesos per le spese.
Nel 2006 il Programma Mondiale Alimentare (PMA) delle Nazioni Unite ha decretato Cuba l’unico paese del continente americano (compresi gli USA) libero dalla denutrizione, ma soprattutto libero dalla denutrizione infantile.
Questi sono i dati,  Sig. Battista, non un ‘accozzaglia di luoghi comuni buoni solo a riempire una mezza pagina di giornale.
Vogliamo parlare dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti Sig. Battista?
C’è una storia che è emblematica e che lei sicuramente conoscerà bene. E’ quella di Wayne Schenk che avendo scoperto di essere malato di cancro ai polmoni non si era potuto curare perché la sua assicurazione da veterano dei marines (era stato in Libano) prevedeva solo le cure base e un ciclo di chemioterapia. I medici gli avevano detto che poteva “comprarsi” (come dire altrimenti?) un altro anno di vita con 125 mila dollari subito e 250 mila per un secondo ciclo di chemioterapia.
Fu proprio sfortunato Wayne, vinse anche alla lotteria , un milione di dollari, ma siccome il premio era rateizzato, 34 mila dollari ogni anno, non ce l’ha fatta e così dopo tre mesi è morto.
Si può morire per un dente? Non è accaduto in Africa, non è accaduto a Caracas e nemmeno a Cuba, ma a Washington DC , un bambino di 12 anni, Deamonte Driver
è morto semplicemente perché la mamma non aveva i soldi per far visitare suo figlio.
Il programma sanitario per i più poveri che tuttavia esiste negli Stati Uniti, il Medicaid, essendo appunto destinato ai più poveri, funziona poco e male e così la banale infezione del bambino dal dente si è estesa al cervello. E’ accaduto a gennaio di quest’anno.
Merrill Goozner, noto farmacologo e noto giornalista ‚ e non Michel Moore, su The Guardian ha scritto: “la morte di Deamonte Driver è una testimonianza della bancarotta morale di chi si sforza di difendere un sistema sanitario assicurativo che sta collassando su se stesso. I programmi di assistenza sanitaria pubblica pagano cifre irrisorie, col risultato che medici e dentisti non vogliono aderire e la qualità dell’assistenza sanitaria ai poveri precipita a livelli da Terzo Mondo. Occorre riformare profondamente l’intero sistema. Se Deamonte ci ha insegnato qualcosa, è da dove cominciare a cambiare le cose.”
Anche lui un “genio della comunicazione e della mistificazione?”
Negli Stati Uniti ci sono circa 45 milioni di persone senza assistenza sanitaria, un rapporto del Census del 2004 rileva che di questi più di 8 milioni sono bambini.
Negli Stati Uniti se perdi il posto di lavoro perdi anche l’assicurazione medica e quindi l’assistenza sanitaria e con te la perde tutta la tua famiglia, “democraticamente” appunto.
L’amministrazione Bush sempre più avida di denaro per il finanziamento della lotta al terrorismo ha sottratto fondi agli enti Medicaid e Medicare che sono quelli che forniscono assistenza ai settori più poveri della popolazione.
La salute è diventata alla stregua di qualsiasi altro bene commerciale e quindi soggetto alle leggi del mercato e di conseguenza agiscono coloro i quali la salute dovrebbero salvaguardarla.
Perfino Il Giornale riesce a far sfornare a Stelio Solinas una frase del tipo “per noi europei, persino per noi italiani abituati al lamento perpetuo in materia, il film di Moore girato con l’ironia e l’intelligenza che gli sono proprie, è un po’ un motivo di orgoglio. Per gli americani potrebbe essere il primo passo verso un radicale cambiamento.”
Solo per l’atlantista Corriere della Sera, Michael Moore è un genio della mistificazione.

Qui l’articolo di Pierluigi Battista
 

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