Hugo Chávez, Google e ABC.es

1 commento

A dir poco strano che  a due giorni dalle elezioni presidenziali del Venezuela, che hanno visto la vittoria contundente, ancora una volta,  del presidente Hugo Chávez Frías, cercando “Chávez” in Google in spagnolo appaia come prima voce l’articolo della  spagnola ABC.es, nel quale si riportava la notizia, circolata nel pomeriggio di domenica e completamente inventata,  che dava Chávez perdente secondo un’exit pool pubblicato  dall’ agenzia Varianzas.

I dati del sondaggio davano Capriles vincente con il 51,3% e Chávez con il 44,97% e la loro pubblicazione era addirittura in violazione della legge venezuelana che vietava i sondaggi “a boca de urna” .

Quello di domenica fu un chiaro tentativo destabilizzante portato avanti dai media rappresentanti dei settori ultraconservatori internazionali che continuano a  discreditare la democrazia venezuelana e ad offendere l’alto senso civico del popolo venezuelano.


Ci vorrà ben altro che un paio di scarpe…

3 commenti

Queste sono le scarpe che Enrique Capriles Redonski dice di aver utilizzato in tutte le elezioni alle quali ha partecipato. Non ne ha mai persa una  e quindi le utilizzerà  anche oggi come segno scaramantico.

C’è sempre una sempre prima volta e ci vorrà ben altro che un paio di scarpe per cambiare il corso della Rivoluzione in Venezuela.


84 anniversario della fondazione del Partito Comunista del Perú– Patria Roja

0 commenti

Fondato il 7 ottobre del 1928 dal politico, scrittore e giornalista marxista José Carlos Mariátegui

http://www.pcdelp.patriaroja.org.pe/


Luis Fernando Lalinde Lalinde — en su memoria

0 commenti

El 3 de octubre de 1984, Luis Fernando Lalinde Lalinde, de 26 años de edad, fue detenido y posteriormente desaparecido por el Ejercito colombiano. Desde ese día, Fabiola Lalinde emprendió la búsqueda de su hijo. Aunque sufrió constantes hostigamientos e intimidaciones, logró encontrar el cadáver de Luis Fernando después de 4.428 días de incesante búsqueda. (altro…)


Il Venezuela si ritira dalla CIDH

0 commenti

Chavez accusa l’organizzazione di essere uno strumento imperialista degli Stati Uniti. Che ne ospita la sede ma non ne ha mai ratificato la convenzione.

di Annalisa Melandri — 21 settembre 2012 per L’Indro*

Sicuramente non è stata una decisione improvvisa, quella del governo del Venezuela di uscire dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH). I malumori del presidente venezuelano Hugo Chávez, e di buona parte dell’officialismo, verso il Sistema Interamericano di Protezione dei Diritti Umani, accusato di usare una ’doppia morale’ nella denuncia delle violazioni dei diritti umani, risalgono a diversi anni fa. Chávez fin dal 2002 ha accusato l’organismo di essere uno strumento imperialista utilizzato dagli Stati Uniti con lo scopo di esercitare pressioni e di destabilizzare il suo governo.

In quell’anno, un golpe ’classico’ organizzato dall’opposizione venezuelana, appoggiata da settori ultraconservatori della Chiesa Cattolica e dai governi di Spagna e Stati Uniti, rimosse il presidente Chávez, arrestandolo. La sua detenzione durò appena 48 ore, fu infatti liberato da una imponente mobilitazione popolare.

Allora, la CIDH non espresse nessuna condanna per il tentato golpe e anzi, il Segretario Generale dell’ organismo, Santiago Cantón in una lettera inviata a una ONG colombiana, riconobbe la presidenza de facto dell’imprenditore Pedro Carmona Estanga.

E successivamente, nel 2008, alla notizia del mancato rinnovo del contratto per la catena televisiva RCTV (che ebbe un ruolo principe nell’esecuzione del golpe, ruolo documentato da filmati e registrazioni), la CIDH denunciò il Venezuela per “violazione della libertà d’espressione”. (altro…)


Il Messico vota per non cambiare

0 commenti

 

Il neo presidente Enrique Peña Nieto: simbolo di un modello fallimentare

Lo stato del Nordamerica ha paura di guardare al futuro, ma soprattutto di rimettere in gioco potere e clientelismi

di Annalisa Melandri 19 settembre 2012 per L’Indro*

 

Si sono tenute il primo luglio le elezioni presidenziali in Messico per scegliere il nuovo presidente della Repubblica. Ha vinto Enrique Peña Nieto, avvocato di 46 anni, con il 38,21% dei voti, candidato del Partido Revolucionario Institucional (PRI), che resterà in carica 6 anni, a partire dal primo dicembre prossimo.

Lascia un paese quasi in stato di emergenza nazionale, il presidente uscente FelipeCalderòn Hinojosa, conservatore, del Partido de Acciòn Nacional (PAN), di destra, al termine di quello che i messicani hanno definito el sextenio lutuoso (il sessennio luttuoso) per l’elevato numero di morti, circa 60mila, che la lotta al narcotraffico portata avanti daCalderón e realizzata in concerto con il governo degli Stati Uniti, ha lasciato come saldo.

Oltre ai morti, si registrano numeri da macelleria sociale: circa 15mila persone scomparse, migliaia di detenuti innocenti e di casi di tortura, le carceri in una situazione esplosiva. Per non parlare del traffico di armi che è cresciuto in maniera esponenziale anche grazie all’ingerenza, a volte poco chiara, degli Stati Uniti; il riciclaggio di denaro che permea quasi ogni attività economica; il traffico di influenze, il nepotismo e l’infiltrazione di narcotraffico e delinquenza ai massimi livelli istituzionali.

È questo il paese che oggi eredita il PRI, storico partito di massa, di tendenza socialdemocratica, le cui origini si rifanno alla gloriosa Rivoluzione messicana del 1910. L’esperienza del PAN invece, durata dodici anni, dal 2000 al 2012 con la presidenza diVicente Fox Quesada prima e di Felipe Calderón Hinojosa poi, è stata catastrofica. E tuttavia il 24.41% dei messicani a giugno hanno votato ancora una volta per un suo candidato, l’economista Josefina Vásquez Mota, che ha ottenuto così il terzo posto, dopo l’eterno rappresentante di sinistra Andrés  Manuel López Obrador, che ha ottenuto una percentuale del 31,59%. (altro…)


Salvador Allende: le perizie confermano che fu suicidio

0 commenti

La corte d’appello di Santiago pone fine alle polemiche sulla morte del Presidente

SALVADOR ALLENDE SI TOLSE LA VITA

Una serie di perizie forensi cilene ed internazionali riconferma la sentenza dello scorso dicembre
di Annalisa Melandri — per L’Indro *
14 settembre 2012

Martedì scorso, nel 39simo anniversario dell’11 settembre cileno, la magistratura ha scritto definitivamente la parola fine rispetto alle polemiche sulla morte del presidente SalvadorAllende, avvenuta quello stesso giorno, confermando così definitivamente la tesi ufficiale del suicidio.

Quel giorno del 1973, un golpe militare guidato dal generale Augusto Pinochet e realizzato con l’appoggio degli Stati Uniti, pose fine all’esperienza democratica portata avanti nel paese dal presidente Salvador Allende e dal partito Unidad Popular, che aveva vinto le elezioni nel 1970. La via cilena al socialismo’ si chiamava quel progetto politico che sperava di poter raggiungere la trasformazione sociale restando nei parametri della democrazia borghese. (altro…)


Francesco Mastrogiovanni: l’agonia

0 commenti

 

‘L’Espresso’, con il consenso attivo dei familiari di Mastrogiovanni e su iniziativa dell’associazione “A buon diritto” di Luigi Manconi trasmette in streaming l’interminabile e omicida costrizione a cui l’uomo è stato sottoposto. Una denuncia pubblica perché su questa vicenda sia fatta piena luce e perché casi del genere non si ripetano mai più.

PROCESSO CONTRO IMPUTATI (SEI MEDICI E DODICI INFERMIERI REPARTO PSICHIATRIA DI VALLO DELLA LUCANIA) 
LA PROSSIMA UDIENZA SI TERRA’ IL 2 OTTOBRE 2012 PRESSO IL TRIBUNALE DI VALLO DELLA LUCANIA (SA)

Leggi al riguardo:

Così hanno ucciso Mastrogiovanni di Gianfranco Turano 

Muri di Stato di Annalisa Melandri

Francesco Mastrogiovanni: morte di un anarchico di Michele Fumagallo

Tutta la mia stima e ammirazione per Grazia Serra che ha avuto il coraggio e la caparbietà di andare avanti, se non lo avesse fatto, la morte di Francesco sarebbe stata soltanto una morte in più avvenuta per TSO,  una vera e proprio tortura di Stato. 


Essere malato in un carcere del Perú

0 commenti

Jaime Ramírez è deceduto questo sabato 27 ottobre nell’Istituto di Scienze Neurologiche dove era stato ricoverato. d’urgenza.

Il dibattito in questo momento in Perú rispetto all’indulto per ragioni umanitarie che Ollanta Humala dovrebbe o no concedere all’ex ditattore Fujimori, condannato a 25 anni di carcere per omicidio, sequestro di persona e violazione dei diritti umani, oltre a sette anni per corruzione, è molto forte. Ancora non si sa quale decisione il presidente potrebbe prendere, a questo proposito ricordiamo la situazione di coloro i quali hanno combattuto per la libertà nel loro paese.

La situazione di Jaime Ramirez e di Emilio Villalobos

di Alberto Gáalvez Olaechea*

Cesar Vallejo in una delle sue opere di narrativa segnalò che il momento più difficile della sua vita lo aveva vissuto in un carcere del Perú. Eppure egli non era malato ed era stato dietro le sbarre per poco più di cento giorni.

Quella del carcere è una condizione anomala dell’essere umano ed è fonte di frustrazione e di sofferenza. Anche la malattia lo è. Però, quando molti fattori si sommano, il risultato che ne deriva è drammatico, quindi la carcerazione diventa tortura.

In questi ormai lunghi anni ho osservato molte situazioni angustianti sofferte dai prigionieri. Ho visto molte sofferenze mentali che hanno condotto alla pazzia, come sofferenze fisiche che hanno portato alla morte. Con gli anni, direi più precisamente, con i decenni, questo cerchio si è andato restringendo e gli uccelli rapaci volano girando attorno a noi, anche se questo può sembrare un po’ tetro. (altro…)


Appello a favore del prigioniero politico peruviano Jaime Pedraza, gravemente ammalato

6 commenti

APPELLO A FAVORE DEL PRIGIONIERO POLITICO PERUVIANO JAIME PEDRAZA, GRAVEMENTE AMMALATO

Jaime Pedraza è un prigioniero politico peruviano condannato per aver fatto parte dell’organizzazione guevarista dei Tupac Amaros (MRTA). Ha subito numerose torture e ha già scontato 17 anni di prigionia. Da qualche anno è ammalato di SLA una patologia gravemente invalidante che ha ormai raggiunto la fase terminale. Jaime ha perso man mano l’uso degli arti, non è più autosufficiente ed essendo in carcere non ha mai potuto contare su una terapia minimamente appropriata. Chiediamo per Jaime la possibilità di tornare a casa ai domiciliari o con un indulto umanitario, così che possa passare gli ultimi tempi con il conforto almeno della moglie e della bambina di 9 anni. A suo favore si sono espressi i vari religiosi che visitano regolarmente il carcere di Castro Castro a Lima, la Croce Rossa, Medecins sans Frontieres e vari membri del Congresso peruviano. In Italia hanno aderito all’appello la Fondazione Aldo Zanchetta e Latinoamerica-online.it.

Nel video allegato si puó ascoltare la voce di Jaime e i testi degli appelli da inviare al Ministro della Giustizia (via mail) o al Presidente Humala (via lettera). Ogni altra iniziativa è benvenuta. (altro…)


Pagina 25 di 175« Prima...1020...2324252627...304050...Ultima »