Per ogni donna

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Per ogni donna forte, stanca di dover apparire debole

C’è un uomo debole stanco di dover apparire forte

Per ogni donna stanca di dover agire come una tonta

C’è un uomo stanco di dover simulare di sapere tutto

Per ogni donna stanca di dover essere qualificata come un essere emotivo

C’è un uomo al quale è stato negato il diritto a piangere e ad essere delicato

Per ogni donna considerata poco femminile quando compete

C’è un uomo che si sente obbligato a competere affinché

Non si dubiti della propria mascolinità

Per ogni donna stanca di sentirsi oggetto sessuale

C’è un uomo preoccupato di sembrare sempre disposto

Per ogni donna che si sente attaccata ai suoi figli

C’è un uomo a cui si è negato il piacere alla paternità

Per ogni donna che non ha avuto accesso ad un lavoro o salario soddisfacente

C’è un uomo che deve assumere la responsabilità economica di un altro essere umano

Per ogni donna che non conosce i meccanismi di una automobile

C’è un uomo che non ha appreso i segreti dell’arte del cucinare

Per ogni donna che avanza di un passo per la sua propria liberazione

C’è un uomo che riscopre il cammino alla libertà.

Centro per il Controllo Popolare – Comuna socialista en construccion – Ataroa

Barquisimeto – Esd. Lara – Repubblica Bolivariana del Venezuela

Link: Conferenza Mondiale delle Donne — Caracas 2011


Tony Guerrero: Luogo di ritiro (venerdí 12 febbraio 2010)

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Stanco, non mi arrendo. Ferito, non sanguino … (Tony Guerrrero)



Nell’attraversare il cuore dell’azzurro

insondabile, in un groviglio di rotte,

ma accompagnato da speranze

insignificanti però certe,

osservo la geografia silente

sommersa in un fulgore di neve,

territorio dell’indefinito,

miraggio della libertà.

Stanco, non mi arrendo.

Ferito, non sanguino.

Tanta fatica, tanti dolori:

li calmo con l’amore dei miei sogni,

materia invincibile

che i guardiani non sanno riconoscere.

(Tony Guerrero — traduzione di Silvano Forte)

La pubblicazione di questa poesia, oggi sabato 12 di gennaio   rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che  consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha  detto essere sembrati un’ “eternità”.



Tony Guerrero : Un lugar de retiro (Viernes, 12 de febrero de 2010)

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Hay cansancio, pero no me rindo. Hay cortaduras, pero no sangro (Tony Guerrero)



Cruzando el corazón del azul

insondable, confuso de rutas,

mas, acompañado de esperanzas

insignificantes pero ciertas,

miro la callada geografía

sumergida en un fulgor de nieve,

territorio de lo indefinido,

espejismos de la libertad.

Hay cansancio, pero no me rindo.

Hay cortaduras, pero no sangro.

Tanta fatiga, tantos dolores

calmo con el amor de mis sueños

hecho de una materia invencible

que no reconocen los guardianes.

(Tony Guerrero)

La publicación de este poema,  hoy sabato 12 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es  uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas  durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”.  Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.



Intervista a Walter Wendelin, internazionalista basco espulso dal Venezuela.

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Fermato per mano di Zapatero

Intervista di Annalisa Melandri a Walter Wendelin, internazionalista basco espulso dal Venezuela

Viene riproposta questa intervista pubblicata sul numero 3 della rivista ALBA informazione

Il 28 marzo  dello scorso anno,  l’internazionalista basco di origine tedesca Walter Wendelin, al suo arrivo a Caracas, fu  fermato dalle autorità venezuelane, espulso dal paese e mandato in Spagna senza che avesse nessun mandato di cattura, richiesta di estradizione o carico pendente con la giustizia spagnola. Walter,militante del movimento internazionalista Askapena, la Sinistra Abertzale (nazionalista), era diretto in Venezuela per illustrare ai politici e ad altri internazionalisti il processo democratico che la Sinistra Indipendentista  basca sta portando avanti da alcuni mesi chiamato Zutik Euskal Herria (Euskal Herria in piedi).

«È stata una questione prevalentemente politica e scorretta dietro la quale si nasconde la mano occulta dell’esecutivo spagnolo» ci spiega Walter in questa intervista, nella quale ci fornisce come strumento di analisi la sua visione rivoluzionaria e militante rispetto a quanto accaduto, invitando a non “sbagliarsi mai nell’individuare il vero nemico”, essendo note le difficoltà che deve affrontare il processo rivoluzionario in Venezuela e come questo sia oggetto di molteplici attacchi sia sul fronte interno che esterno.

A.M.: Walter, ci puoi raccontare come si sono svolti i fatti nell’aeroporto di Caracas?

W.W.: Semplicemente si sono presentati agenti del Servizio Bolivariano di Intelligence, la antica DISIP, chiedendomi di seguirli per rispondere ad alcune domande. Mi hanno anche detto che poi mi avrebbero accompagnato dove ero diretto. Ho avvisato quindi le persone che mi stavano aspettando all’uscita dell’aeroporto informandoli che mi trovavo all’Helicoidal, l’edificio del SEBIN. Lì ho parlato con gli agenti e con il personale del servizio di Immigrazione. Purtroppo alla fine mi hanno invitato ad abbandonare il paese senza spiegazioni ufficiali; sono stato portato in un hotel per passare la notte ed il giorno seguente accompagnato all’aeroporto.

Loro stessi hanno provveduto a cambiare il biglietto. Hanno cercato di farmi firmare una dichiarazione di espulsione, cosa che non ho fatto perché quanto riportato non corrispondeva al vero. Il fatto di non averla firmata d’altra parte non ha comportato nessun tipo di problema. Siccome viaggiavo con i miei documenti era chiaro però che non si trattava di una espulsione regolare come hanno constatato anche le autorità francesi all’arrivo all’aeroporto di Parigi dove sono stato interrogato per circa un’ora su quanto accaduto. Poi ho proseguito il mio viaggio verso Gasteiz.


A.M.: Hai qualche carico pendente o un mandato di arresto da parte della giustizia spagnola?

W.W.: Se avessi avuto qualcosa in sospeso con la giustizia venezuelana, spagnola o francese, o qualche mandato di cattura da parte dell’Europol o dell’Interpol non potrei rispondere a queste domande tranquillamente da casa come sto facendo adesso. Quindi si tratta di una questione meramente politica e scorretta dietro la quale si cela la mano occulta dell’esecutivo spagnolo. Per impedire che in Venezuela e nel resto del mondo si conoscano i fatti e le analisi di quanto accade in Euskal Herria, i Paesi Baschi, da un punto di vista non gradito al governo spagnolo, vengono utilizzate queste modalità poco serie e poco degne che dimostrano la sua debolezza ma che non per questo fanno meno danno e causano meno sofferenza. Alcuni media infatti hanno raccolto dichiarazioni dell’ambasciata e del ministero degli esteri spagnolo che affermavano che quello era esattamente il tipo di collaborazione che si aspettavano dal governo Chávez.


A.M.: Qual è la tua opinione sui reali motivi della tua espulsione dal Venezuela?

W.W.: Immagino che da parte del Venezuela o della sua intelligence si sia voluto compiere un gesto di buona volontà  e di collaborazione con il Regno di Spagna dopo aver firmato una serie di contratti con importanti multinazionali spagnole. Non bisogna dimenticare le pressioni della opposizione “escualida” che attacca il governo accusandolo di complicità con il “terrorismo internazionale” – FARC, ETA-Batasuna, Iran… – e con tutto l’asse del male e che si presenterà alle elezioni legislative in settembre o in ottobre. La situazione del governo Chávez è complicata sia rispetto a questa opposizione che all’ amministrazione USA ma anche internamente rispetto allo stesso chavismo e dalla sua vittoria dipende non soltanto il futuro dei venezuelani e delle venezuelane ma anche il successo di tutto il processo bolivariano in America.

Anche da parte del Regno spagnolo ci sono due ragioni che sono abbastanza evidenti. La prima è che la Spagna ha dovuto dimostrare al suo padrone, l’impero statunitense e principalmente alla sua amministrazione e alle sue multinazionali finanziarie,  che nonostante abbia firmato con il Venezuela contratti vantaggiosi per il capitale spagnolo ma anche per la rivoluzione bolivariana, non vuole contribuire a favorire il processo rivoluzionario bolivariano nemico degli Stati Uniti.

La seconda è che esiste una campagna iniziata alcuni mesi fa da parte del Ministero dell’Interno spagnolo per criminalizzare, danneggiare e impedire il processo democratico – ZUTIK EUSKAL HERRIA – che sta portando avanti la Sinistra Indipendentista Basca. Si tratta di una iniziativa unilaterale senza ricorso alla violenza e secondo principi democratici (come sempre ha fatto la Sinistra Abertzale) che riporta il confronto in un terreno prevalentemente politico  dove lo Stato spagnolo è ogni giorno più debole; proprio per questo lo Stato spagnolo preme per collocare il conflitto politico facendolo rientrare nello schema della lotta “antiterrorista” anche sul piano internazionale.


A.M.: Walter, tu sei sempre stato molto solidale con la rivoluzione bolivariana. Nell’intervista rilasciata a Miguel Suarez di Radio Café Stereo fai un appello a non cadere nella “trappola mediatica” che può offrire quanto è accaduto a Caracas. Cosa significa?

W.W.: Ho voluto dire principalmente che non dobbiamo mai sbagliarci nell’individuare il vero nemico  a maggior ragione per un incidente di questo tipo. Quindi non voglio dare importanza all’accaduto poiché, come ho detto prima, è la dimostrazione delle reali difficoltà pratiche che soffre il processo rivoluzionario in Venezuela a causa del criminale e immorale attacco dell’imperialismo yankee,del sub-imperialismo spagnolo e con la complicità della borghesia “escualida” venezuelana con il suo progetto capitalista neoliberale.

Detto in altre parole: si deve cogliere la differenza tra gli errori e le debolezze delle compagne e dei compagni di lotta e gli attacchi del nemico, bisogna inoltre saper individuare molto bene le quinte colonne nei processi rivoluzionari. Facendo tali distinzioni è molto importante non aggrapparsi ai propri principi individuali considerandoli come valori assoluti, i principi rivoluzionari devono sempre essere collettivi. Dall’altra parte troviamo la manipolazione mediatica. Ne è esempio il titolo di un giornale venezuelano che parlava di “detenzione illegale di un etarra”. Senza entrare nel merito della valutazione dei principi deontologici dei giornalisti, né della loro etica professionale,che lascia molto a desiderare, dobbiamo stare molto attenti all’influenza che hanno le loro menzogne e le loro mezze verità, che vengono ripetute mille volte, come disse Goebbels, per trasformarle in verità, e per suggestionare le nostre valutazioni, analisi ed opinioni. Coloro che strumentalizzano i mezzi di comunicazione per i loro propri interessi personali in quanto élite capitalista,  perseguono una strategia tesa a colpire la lettura critica della realtà di coloro che pensano di avere una visione progressista.


A.M.: Walter, tu quasi giustifichi quanto accaduto a causa della situazione molto difficile che si vive in Venezuela dove il governo è stretto tra il Regno spagnolo da un lato e le pressioni molto forti dell’ opposizione interna dall’altro. Ovviamente, a molti di noi, militanti, attivisti e solidali con le lotte di liberazione dei popoli, la tua espulsione ci ha spaventato da una parte e ci ha fatto riflettere dall’altra… la Spagna, inoltre, continua ad essere un partner economico molto importante per tutti i paesi dell’America latina. Come pensi si possano  coniugare la stabilità di un paese nell’ambito delle relazioni internazionali e gli scambi commerciali con la solidarietà rivoluzionaria?

W.W.: Soprattutto va tenuto presente che non può esserci alcuna stabilità in un mondo nel quale il Capitale ed il suo sistema sono egemoni poiché questi attori o fanno la guerra contro qualsiasi alternativa oppure se la fanno tra loro per l’egemonia. Il capitalismo è proprio questo per definizione. Non esiste nessuna formula o strumento etico che lo possa evitare.

Tuttavia a volte la tensione diminuisce oppure durante brevi periodi si crea una apparente stabilità. Il blocco socialista e l’Unione Sovietica hanno obbligato il capitalismo a sviluppare questi aspetti di stabilità (attraverso l’equilibrio nucleare, il modello keynesiano, la carta dei diritti umani e fondamentali dell’ONU, tra gli altri) ma da quando il modello socialista è stato fatto implodere, la strada è stata spianata verso la competitività totale. Ciò significa un aumento di instabilità globale, che si manifesta in focolai di guerre che sono aumentati considerevolmente ed aumenteranno ancora di più nei tempi a venire. Altra espressione è la cosiddetta lotta “antiterrorista” contro “l’asse del male” internazionale.

Pertanto si deve considerare la stabilità come un obiettivo tattico imprescindibile in alcuni momenti di un processo di resistenza di un paese di fronte all’imperialismo, ma mai come un fattore positivo o strategico in un mondo capitalista. Questo crea valutazioni contraddittorie rispetto a quando sia necessario o imprescindibile e benefico al processo rivoluzionario e quando invece favorisca il grande capitale. Tenendo presente questo possiamo confrontarci purché avvenga sulla base del rispetto nei confronti dell’autorità che ognuno ha sul suo proprio processo rivoluzionario. Vale a dire rispettare il principio di non ingerenza nelle questioni della sovranità nazionale. Questa è la base, il fondamento principale della solidarietà internazionalista.

Per questo dobbiamo rivalutare i principi di internazionalismo e solidarietà che attualmente sono concetti confusi dallo stesso sistema che fino a pochi anni fa li criminalizzava. Quando si sono resi conto che non potevano distruggere la solidarietà internazionalista come principio della sinistra, l’hanno assimilata per stravolgerne il contenuto e trasformarla in un valore che include nel suo discorso e nella sua ideologia persino l’estrema destra neoliberale. La concezione sbagliata del concetto di “solidarietà” è stata promossa dal sistema attraverso le ONG, che l’hanno introdotta nella sinistra, disarmandola. Oggi la solidarietà si è trasformata in un arma. Ciò è molto pericoloso per la sinistra. Quando cerchiamo di recuperare la solidarietà internazionalista come principio rivoluzionario, persino molta parte della sinistra critica combatte questo concetto con l’ erronea giustificazione che non si deve porre in pericolo la “stabilità” e non bisogna dare occasioni al sistema per reprimere l’avanzata della “nuova sinistra”. Il sistema non ha bisogno di scuse. Le usa se le ha e se non le ha, le inventa, sempre. In sintesi: non si deve, né si può mai coniugare la stabilità di un paese con la solidarietà rivoluzionaria. Quello che dobbiamo fare – soprattutto come sinistra europea – è imparare a rispettare i processi rivoluzionari di ogni popolo, soprattutto se non comprendiamo o ignoriamo le loro ragioni.


A.M.: Secondo quanto si legge in «Rebelión», “l’Ambasciata di Spagna in Venezuela ha riconosciuto di aver avuto qualche tipo di influenza nella detenzione e nell’espulsione. Hanno rivelato di aver collaborato con le autorità politiche venezuelane ed hanno affermato che la detenzione è una dimostrazione del tipo di cooperazione che Madrid si aspetta dal Venezuela”. Se non avevi alcun carico pendente in Spagna, non ti sembra che questo sia un ambiguo ricatto che il governo venezuelano non avrebbe dovuto accettare per non creare pericolosi precedenti e soprattutto per non mettersi allo stesso livello degli Stati Uniti che, come sappiamo, hanno  approntato “liste nere” di persone che per le loro idee e per le loro posizioni coerenti non possono mettere piede nel loro territorio?

W.W.: È un ricatto ma per nulla ambiguo, il quale dimostra che non ha nulla a che vedere con  questioni di giustizia o di legalità ma con interessi politici. Se il governo venezuelano avesse dovuto o non avesse dovuto accettare di sottomettersi a questo ricatto è qualcosa di cui si può discutere ma in ultima istanza sono i venezuelani e le venezuelane quelli che devono decidere e gli altri devono rispettare tale decisione. È pericoloso non tanto come precedente – giacché di cose di questo genere ne sono accadute numerose e più importanti, soprattutto tra i rivoluzionari colombiani, ma anche con i rifugiati baschi ed altri – ma il pericolo principale è la demotivazione, i conflitti, le frustrazioni nella stessa popolazione rivoluzionaria venezuelana. Il pericolo risiede nel fatto che molti rivoluzionari si rassegnino e si ritirino dalla lotta o che confondano il nemico, i principi e gli obiettivi prioritari della rivoluzione bolivariana.

Come internazionalista devo evitare che si utilizzi questo incidente per promuovere precisamente questo. Altra questione è che attraverso questo incidente e molti altri sui quali dobbiamo riflettere, possiamo creare un fronte internazionalista contro la legalizzazione delle liste nere, la lotta antiterrorista, la soppressione del diritto di asilo e tutte le altre espressioni controrivoluzionarie che si introducono come principi di uno stato di diritto quando con esso non hanno nulla a che vedere ma sono solo formule per imporre interessi del grande Capitale contro qualsiasi processo progressista, umano, socialista e rivoluzionario.


A.M.: Qual era il motivo del tuo viaggio a Caracas?

W.W.:Il motivo del viaggio era poter incontrare diversi politici e attori sociali che avevano mostrato interesse verso le opinioni e le analisi diverse da quelle trasmesse dai mezzi di comunicazione ufficiali e dagli agenti spagnoli sulla realtà del popolo basco. C’era anche l’intenzione di organizzare brigate internazionaliste con giovani disposti a formarsi come internazionalisti. Uno dei motivi del viaggio era inoltre la diffusione del processo democratico (Zutik Euskal Herria) iniziato alcuni mesi or sono dalla Sinistra Indipendentista Basca, caratterizzato dalla sua forma di dare soluzione ai problemi organizzativi, antirepressivi, politici ed economici e fare un bilancio di questa iniziativa di azioni unilaterali verso la risoluzione del conflitto. Conflitto che il governo spagnolo non vuole che si conosca, non vuole negoziare e rispetto al quale non propone alternative ma considera solo una soluzione finale in cui il popolo basco accetti di subire la sconfitta per mezzo della repressione militare, politica, giudiziaria, amministrativa e poliziesca.

Diverse entità spagnole dicono che stiamo ingannando la gente raccontando menzogne sulla esistenza del conflitto e del popolo basco. Questo è di fatto una mancanza di rispetto paragonabile solo con il reale “porqué no te callas?” diretto ai venezuelani e alle venezuelane: in questo caso poiché presuppone che i deputati, i parlamentari, i ministri, i politici, i dirigenti sociali e la gente in generale non siano in grado di rendersi conto quando qualcuno gli racconta falsità, che non siano capaci di riconoscere una verità da una menzogna e che non abbiano le loro fonti per replicare … in conclusione presuppone che siano idioti. Qualsiasi politico o politica venezuelana ha un livello professionale perfettamente paragonabile a quello di qualsiasi imprenditore, politico o diplomatico spagnolo. Qualsiasi cittadino o cittadina formatosi nel processo bolivariano ha più competenze dei cittadini spagnoli formatisi dalla Televisione Spagnola pubblica o privata, o da giornali come «El País», «El Mundo», «Hola» o «Interviu». In ogni caso questi imprenditori, politici o diplomatici spagnoli sono superiori solo nella loro boria reale, dimostrata dalla nobiltà della quale sono sudditi volontari. So che la mia opinione sul governo spagnolo e la società in generale non è molto lusinghiera per loro e che li può oltremodo infastidire, ma non posso cambiare tale opinione per un imperativo legale o per esigenze inquisitorie. Inoltre, se non fosse perché tentano di imporre la loro volontà e le loro decisioni attraverso la minaccia ed il ricatto, la violenza e la repressione (anche se legalizzata e istituzionalizzata) dove non gli compete – nel Paese Basco e sul popolo basco – non avrei motivo di parlare molto di queste cose.


A.M.: “Zutik Euskal Herria” (Euskal Herria in piedi) è una proposta della Izquierda Abertzale (Sinistra Nazionalista Basca) che propone un ambito democratico verso il superamento del conflitto. Cosa ci puoi dire sull’argomento?

W.W.: In verità parlare di Zutik Euskal Herria richiederebbe un’altra intervista e sarebbe molto importante e interessante poter approfondire e chiarire cosa è e cosa non è. Riassumendo, si tratta di una decisione di cambiamento strategico unilaterale della Izquierda Abertzale per riprendere l’iniziativa politica nel paese. È basata sull’analisi e sulla presa di decisione collettiva di tutti coloro che appartengono al così detto “ambiente terrorista”, che supera i settemila militanti e che si è realizzata durante molti mesi. Il processo è iniziato con la presa di coscienza del fatto che il governo spagnolo, che aveva lasciato il tavolo dei negoziati sulla risoluzione del conflitto alla fine del maggio 2007, non solo non era disposto a riprendere i dialoghi ma che era deciso ad applicare una “soluzione finale” repressiva e vendicativa. Aveva chiuso tutte le strade per l’ennesima volta. La situazione era bloccata. Non si poteva lavorare per una soluzione sensata, giusta e duratura.

D’altra parte alcune persone avevano analizzato il fatto che il governo spagnolo si era debilitato enormemente nello spazio politico, non aveva capacità per confrontarsi politicamente e democraticamente con la risoluzione del conflitto ed era questo che lo manteneva nella strategia criminale negando qualsiasi offerta che non significasse la sconfitta a causa della repressione politico-giudiziaria ed amministrativa dell’esecutivo. Quando abbiamo cominciato a discutere ed analizzare questo ci siamo resi conto che anche molte altre condizioni oggettive e soggettive erano cambiate o erano riuscite a cambiare notevolmente di forma. Era chiaro che per procedere verso un Ambito Democratico necessario a risolvere il conflitto politico era fondamentale agire politicamente in maniera unilaterale per il bene del popolo (vale a dire di noi tutti e di noi tutte) e nella certezza che ci fossero le condizioni per poter cominciare a raccogliere le forze dello spettro indipendentista e per la sovranità del nostro paese in assenza di violenza procedendo alla costruzione di un nuovo soggetto politico per i futuri negoziati e per la costruzione nazionale e sociale. Si è dibattuto fra tutti e tutte e si è arrivati alla decisione di procedere in questa direzione senza aspettare accordi o azioni del governo spagnolo né di altri.

Il governo spagnolo ha agito invece poi rapidamente con la detenzione dei coordinatori e dei  portavoce del dibattito, dei giovani, dei dirigenti, degli avvocati e dei familiari dei prigionieri e delle prigioniere politiche… sono aumentate le denunce di pene accessorie ai familiari, le percosse nelle carceri, le torture, la guerra sporca, il terrorismo di Stato. Tutto questo per paralizzare il dibattito, dividere, rompere e ristabilire lo scenario violento precedente. Ma ancora una volta non sono riusciti a fermare l’avanzata della Sinistra Abertzale. Ed è di questa avanzata, che continua da più di 50 anni verso l’autodeterminazione e la democrazia, che lo Stato ha vero terrore. Per questo manipolano, mentono, dicono che la iniziativa è una “trappola”, che si tratta sempre della stessa cosa, che è “per debolezza”, o “per tentare di evitare la sconfitta”, “per recuperare l’ opportunità di accedere ad un posto di consigliere o sindaco nelle prossime elezioni”… tutto questo è una menzogna e lo sanno.

L’obiettivo della Sinistra Abertzale è un altro: la risoluzione democratica del conflitto e la definizione di regole di confronto democratiche e con garanzie con le quali tutti i progetti politici possono difendersi e realizzarsi con l’unica condizione che prevede la libera volontà delle persone che vivono in Euskal Herria. Ciò non può non includere anche il progetto politico della Sinistra Indipendentista Basca che è Indipendenza e Socialismo.





Tony Guerrero: Luogo di ritiro (giovedí 11 febbraio 2010)

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Il tuo amore mi sprona, il tuo amore mi colma di luce, patria !(Tony Guerrero)



Sin dalla mia infanzia tra casa e scuola,

nella mia gioventù da un posto all’altro,

per tutta la mia vita, e persino nei sogni,

hai abitato nel mio cuore.

Isola di sole che offri a tutti

palme e spiagge, uccelli e frutti,

quell’estate rovente che amo,

quell’albero campagnolo e libero,

disposta ogni giorno a prendersi cura del fiore

indispensabile della speranza

mi alimenti sempre un anelito di pace.

Il tuo amore mi sprona, il tuo amore mi colma

di luce, patria !, arriverà il ritorno

e il tuo bacio che ci aspetta.

(Tony Guerrero — traduzione di Silvano Forte)

La pubblicazione di questa poesia, oggi venerdí 11 gennaio   rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che  consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha  detto essere sembrati un’ “eternità”.



Tony Guerrero: Un lugar de retiro (jueves, 11 de febrero de 2010)

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Tu amor me impulsa, tu amor me colma de luz, ¡oh, patria!, vendrá el regreso (Tony Guerrero)



Desde mi niñez de hogar y escuela,

en mi juventud de sitio en sitio,

toda mi vida, y hasta en mis sueños,

tú has habitado en mi corazón.

Isla de soles que a todos brindas

palmas y playas, aves y frutos,

aquel verano abrasador que amo,

aquel árbol libre en la campiña,

dispuesta a diario a cuidar la flor

indispensable de la esperanza

en mí tu alientas siempre la paz.

Tu amor me impulsa, tu amor me colma

de luz, ¡oh, patria!, vendrá el regreso

y el beso tuyo que nos espera.

(Tony Guerrero)

La publicación de este poema,  hoy venerdí  11 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es  uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas  durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”.  Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.


 


Tony Guerrero: luogo di ritiro (mercoledí 10 febbraio 2010)

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Sicuro, nella tempesta, mi immagino in giro per il mondo … (Tony Guerrero)



Sicuro, nella tempesta,

mi immagino in giro per il mondo

come se con me camminassero

spalla a spalla braccia invincibili.

Passeranno con le loro ali scure

tante altre gelide notti

senza riuscire ad annullare l’aurora

dell’ultimo giorno dell’ingiustizia.

Sorelle e fratelli della lotta

solidale che si moltiplica

come foglie in primavera:

ci darete la vittoria,

sarete con noi

nella grandiosa giornata del ritorno!

(Tony Guerrero — traduzione dallo spagnolo di Silvano Forte )

La pubblicazione di questa poesia, oggi giovedí 10 febbraio    rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che  consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha  detto essere sembrati un’ “eternità”.


 


Tony Guerrero: Un lugar de retiro (miércoles, 10 de febrero de 2010)

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Sicuro, nella tempesta, mi immagino in giro per il mondo … (Tony Guerrero)



Seguro, en medio del temporal,

me imagino andando por el mundo

como si caminaran conmigo

hombro a hombro brazos invencibles.

Pasaran con sus alas oscuras

otras tantas gélidas noches

sin poder aniquilar la aurora

del día final de la injusticia.

Hermanos y hermanas de la lucha

solidaria que se multiplica

cual las hojas en la primavera:

¡Ustedes nos darán la victoria,

ustedes estarán con nosotros

en la gran jornada del regreso!

(Tony Guerrero)

La publicación de este poema,  hoy jueves 10 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es  uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas  durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”.  Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.



Detenidos italianos en República Dominicana. ¿Y las instituciones italianas qué hacen?

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El día 2 de febrero, con la Comisión Nacional de Derechos  Humanos hemos  visitado nuevamente los tres detenidos italianos en Najayo. Se confirma la situación relacionada en el siguiente informe:

por Annalisa Melandri

Hace cuatro meses, dimos  seguimiento  a la situación  de tres ciudadanos italianos detenidos en la cárcel de  Najayo, en San Cristóbal , República Dominicana.

El 22 de septiembre pasado, una delegación formada por el  Dr. Manuel Mercedes Medina, presidente de la Comisión Nacional de Derechos Humanos de la  República Dominicana, y Annalisa Melandri había visitado los tres detenidos italianos  para  verificar su situación.  Esta había ya sido denunciada,  de hecho,  por la asociación italiana Secondo Protocollo ( que se ocupa de presos italianos en el exterior)  como particularmente difícil.

Pudimos averiguar entonces,  la veracidad del reporte de la asociación,  sobre todo respecto a las precarias  condiciones higiénicas  y de salud en que se encuentran los tres presos.

La situación carcelaria  en la República Dominicana, así como la de todos los institutos penitenciarios  en América Latina y América Central es muy grave.  Las deficiencias estructurales, de sobrepoblación,  la corrupción en todos los niveles entre el personal de seguridad, una alta tasa de violencia entre los presos, hacen que  las cárceles de esta región sean  entre las más peligrosas de la región. Para los que entran hay serias posibilidades de no salir vivos de ellas o por lo menos no en buenas condiciones de salud.

La denuncia de las condiciones de los detenidos en general y de las  violaciones de sus  derechos fundamentales durante el período de privación de libertad, se hace   por supuesto, siempre  independientemente de su nacionalidad y la Comisión Nacional de los Derechos Humanos en la República Dominicana denuncia abusos y violaciones casi a diario. Por otro lado,  la Comisión está trabajando junto a las  instituciones locales para desarrollar en todo el país  el nuevo Modelo de Gestión Penitenciaria que es aplicado  hasta ahora en 13 de las 35 cárceles de la Republica Dominicana. Este programa de reforma penitenciaria  ha recibido donaciones también de la Unión Europea y pronto se llevará a cabo en todo el Caribe y Centro América.  Sin embargo, en el caso de los presos extranjeros, existe la obligación de la Red Consular del país al cual  pertenecen, en este caso Italia,  de dar seguimiento constante a la  situación de cada uno de ellos y de brindarle  toda la  atención y el cuidado que necesitan.

Respecto a cuanto  reportado hace cuatro meses, se hace  necesaria  una actualización para los de ustedes que se han comunicado  preguntando cómo la situación se estaba desarrollando.

La interrogación parlamentaria del diputado  italiano Raisi  del  20 de septiembre,  la carta de la Comisión Nacional de Derechos Humanos del  23 de septiembre entregada al Embajador italiano Arturo Olivieri y dirigida al Ministro de Asuntos Exteriores Franco Frattini,  no han logrado muchos resultados.

El Sr. N.M. (nombre omitido a petición del interesado) se encuentra todavía en prisión y en su caso aún no se logra obtener información cierta tampoco sobre el tiempo que le falta al cumplimiento de la pena.  Es obvio que si hubiera  tenido  acceso una  asistencia legal  digna de ese nombre y hubiera sido  asistido desde el principio por un servicio consular eficiente, la situación sería ahora  muy diferente y, de hecho, hasta hubiera podido   solicitar una transferencia en Italia según el protocolo de Estrasburgo (Convenio de Estrasburgo  para el traslado a sus países de origen de las personas condenadas). Su situación de salud es muy precaria, tiene  constante necesidad de los medicamentos que  le prescribieron  después de haber padecidos dos pre-infartos y  la ayuda económica que le  proporciona la embajada no es suficiente para cubrir ni los gastos médicos, ni  tampoco lo necesario  para la alimentación, agua potable y seguridad personal. Estos cargos los presos de las cárceles de  la República Dominicana se ven  obligados a pagarlos por si mismos a menos de no querer vivir en condiciones  inhumanas de detención.

El Sr. Luciano Vulcano se encuentra  en un verdadero y propio  estado de DETENCIÓN ILEGAL , porque  en su caso se han vencido  los términos de  la   prisión preventiva (1 año) ya desde el mes de octubre  y  aún no se ha  formalmente iniciado el proceso por las razones más triviales  como por ejemplo la falta de un traductor en las audiencias.   Recordemos que el señor Vulcano ha sido detenido con la grave acusación  de atraco con arma a una casa de cambio.

La acusación  ha sido construida  sobre  una montaña de mentiras y con  testimonios falsos  y contradictorios. Los testigos, de hecho, ni siquiera están  de acuerdo sobre cómo él estaba vestido ese día. El dueño de la casa de cambio  no se ha presentado como parte civil en los términos previstos por la ley y la demanda ha sido  presentada por una persona y firmada por otra. La  policía ha declarado que el Sr. Vulcano había sido detenido en la Avenida Duarte durante un control y que él estaba armado. El Sr. Vulcano sin embargo en este momento estaba haciendo una operación bancaria en la filial de Banreserva en el centro comercial Plaza Lama, circunstancia  que se puede demostrar con facilidad. En realidad el Sr. Vulcano ha sido detenido en el parqueo privado  del hotel donde se alojaba,  frente a una decena de testigos y desarmado. La pistola que el llevaba por seguridad personal fue hallada en el curso del allanamiento  en su habitación.

La detención,   ha sido llevada a cabo  sin orden judicial y sin la presencia del juez. Todas estas fallas hubieran debido alertar sobre la posibilidad que haya sido detenido con fines de extorsión.  Luciano Vulcano  vive desde entonces una pesadilla de  la que no logra salir y  nuestro gobierno y la Embajada italiana en el país están permitiendo todo esto sin mover un dedo.

También su  situación  sanitaria  es muy delicada. Como evidenciado por  las fotografías anexas al artículo y sacadas de la  página de la asociación Secondo  Protocollo y publicadas con el consenso del mismo Vulcano,  ha  contraído varias infecciones de la piel (así como los otros dos prisioneros) como consecuencia de la falta de higiene y por la pésima  calidad de la alimentación que recibe. Además ha sido hospitalizado un día por un cólico renal debido   a los problemas de  retención hídrica  que le provoca la  mala calidad del agua suministrada en la cárcel.

El señor  Ambrogio Semeghini, detenido desde el  19 de diciembre de 2009 también se encuentra  en espera de juicio con un cargo pesado de  homicidio.

Sus condiciones de salud son graves y preocupantes porque si bien  haya podido resolver  el problema que tenía a los ojos, hace dos meses  le han detectado una forma tumoral en las cuerdas vocales  y tiene que hacer una  biopsia urgente de  un costo aproximativo de  200 / 300 €. El acuerdo entre los gobiernos de ambos países en casos como este prevé  que el gasto sea a cargo del país en que el detenido se encuentra preso.  La Embajada de Italia  afirma entonces que no tiene que pagar por la biopsia porque es de competencia de la dirección de prisiones de la República Dominicana.  Va aclarado que  estos exámenes  en este país no están  cubiertos  por Salud Pública, o sea no se hace en centros públicos  sino en estructuras privadas y la dirección de prisiones cubre solamente los que se puedan hacer en estructuras públicas.  Es cierto que el señor  Semeghini (que en Italia no tiene  nadie que lo pueda ayudar económicamente) recibe por el Consulado  un apoyo económico de  8000 pesos cada cuatro meses (160 euros). Se ha  dicho, sin embargo, en varias ocasiones que en este país  los reclusos en las cárceles tienen que pagar por todo, desde el agua potable hasta un pequeño  colchón para no dormir en el piso, desde una comida apenas decente hasta los medicamentos. Hechos los cálculos  necesarios, ya que la biopsia cuesta 10/15ml pesos,  si el señor Semeghini debería pagarla con el dinero del fondo, como parece que le haya  aconsejado de hacer  nuestra Embajada,  debería estar casi seis meses sin comer comida decente, sin tomar agua potable, durmiendo en el piso y no curándose tampoco una gripe. Después de estos seis meses, si logra sobrevivir sin haberse enfermado de algo más, y si el cáncer  mientras tanto no lo haya invadido, podriá hacerse la biopsia. Efectivamente la falta de humanidad nos parece el aspecto  más terrible de esta historia.

Por otro lado es cierto y lo confirmamos, lo que nos había sido  asegurado  por los diplomáticos italianos durante la  reunión en la Embajada,  o sea que el  Estado italiano en  la  última financiaría  ha reducido enormemente los fondos asignados a los Consulados para los italianos en dificultad en el exterior y en el Consulado siempre hay que mantener un fondo extraordinario para las emergencias de todos los italianos en el país y que  pueden ser de vario tipo.

Es cierto también que el apoyo que se puede brindar a los presos no es solamente de tipo económico, sino también puede desarrollarse en una serie de medidas  para garantizarle  por ejemplo una asistencia legal  digna de tal nombre. Encontrar aquí un abogado honesto es verdaderamente difícil y sobre todo si el detenido no tiene nadie afuera que le dé seguimiento a lo que el abogado hace (o simplemente no hace). La situación de los tres  italianos en la República Dominicana ha degenerado hasta este punto por esta razón.

Por lo tanto, es necesario y urgente una intervención de nuestras autoridades sobre todo respecto a las  dominicanas, que se ven  obligadas a garantizar a los detenidos el respecto de los términos de prisión preventiva y el derecho a un proceso justo en los tiempos y metodología. Nuestros connacionales no pueden ser dejados solos y sobre todo en las condiciones espantosas que las fotos publicadas elocuentemente demuestran.



Tony Guerrero: Luogo di ritiro (martedí 9 febbraio 2010)

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Nella mia solitudine dico il tuo nome e le sue lettere sono un sole nascente (Tony Guerrero)

Nella mia solitudine dico il tuo nome

e le sue lettere sono un sole nascente

tra le nuvole dell’alba

dove alla luce s’aprono fiori.

Nell’andare lo dico negli angoli

che il pensiero forgia e disfa

e col tuo nome nel mio soliloquio

non luci né ombre distinguo.

Lo pronunzio senza che nessuno possa ascoltarmi

in una voce intima di emozione

che ferisce appena l’aria ed il silenzio.

Alle domande del firmamento

rispondo, alzando lo sguardo

fino all’eternità del tuo nome.

(Tony Guerrero — Traduzione di Silvano Forte)

La pubblicazione di questa poesia, oggi mercoledí   9 febbraio    rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che  consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha  detto essere sembrati un’ “eternità”.




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