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Aplaudo al pueblo haitiano
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Mañana, domingo 28 de octubre, será un momento decisivo para Brasil. La segunda vuelta electoral entre los candidatos Jair Bolsonaro de extrema, muy extrema derecha y Haddad, candidato del PT, delfín de Lula, amenaza con llevar el país a una situación...
Apuntes sobre igualdad y vulnerabilidad
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In evidenza
Precedenti SuccessiveTony Guerrero: Luogo di ritiro (giovedí 4 febbraio 2010)
Vissuti e vocaboli che cercano
risposte al nulla o all’accaduto,
arrivano al recinto del presente
come api all’alveare.
Il loro battere d’ali inonda
l’aria con fiamme trepidanti
ed un miele cristallino avvolge
l’eco della parola amore.
Con appassionata sete di luce,
di aromi, di voci e di forme,
l’anima va oltre l’invisibile
e vede solamente il volto di giorni andati
che volteggia fino a scomparire
in lente spirali di fumo.
(Tony Guerrero — traduzione dallo spagno di Silvano Forte)
La pubblicazione di questa poesia, oggi venerdi 4 febbraio rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha detto essere sembrati un’ “eternità”.
Tony Guerrero: Un lugar de retiro (jueves, 4 de febrero de 2010)
Vivencias y vocablos buscando
respuestas a la nada y al suceso,
vienen al recinto del presente
como las abejas al panal.
El batir de sus alas inunda
el aire de trepidantes llamas
y una cristalina miel envuelve
el eco de la palabra amor.
Con apasionada sed de luz,
de aromas, de voces y de formas,
tras lo invisible se me va el alma
y sólo ve la faz de un ayer
en lentas espirales de humo.
(Tony Guerrero)
La publicación de este poema, hoy viernes 4 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”. Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.
Tony Guerrero: Luogo di ritiro(mercoledí 3 febbraio 2010)
La ragazza che dà le pastiglie
ai tossicodipendenti i calmanti
ha un faccino d’angelo, mi ricorda
una mia fidanzata del tempo passato.
Ogni sera fa il suo giro di ronda,
la sua voce va rompendo il silenzio
ed io lascio lì quel che sto facendo
per vederla passare, un istante.
Lei non mi guarda mai negli occhi
dove molto nascosti conservo
tanti volti di epoche e mondi,
tante notti di stelle senza nome,
tanti effluvi di andate e ritorni … ,
la ragazza che dà le pastiglie.
(Tony Guerrero — traduzione dallo spagno Silvano Forte)
La pubblicazione di questa poesia, oggi giovedí 3 febbraio rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha detto essere sembrati un’ “eternità”.
Tony Guerrero: Un lugar de retiro(miércoles, 3 de febrero de 2010)
La muchacha que da las pastillas
a los adictos a los calmantes
tiene cara de ángel, me recuerda
a una novia de tiempos pasados.
Ella cada noche hace una ronda,
con su voz va rompiendo el silencio
y yo abandono lo que hago entonces
para verla pasar, un instante.
Ella nunca me mira a los ojos
en los que muy escondidos guardo
tantos rostros de edades y mundos,
tantas noches de estrellas sin nombre,
tantas rachas de idas y venidas…,
la muchacha que da las pastillas.
(Tony Guerrero)
La publicación de este poema, hoy jueves 3 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”. Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.
Tony Guerrero: Luogo di ritiro (martedí 2 febbraio 2010)
Notte seduttrice che mi chiami
dagli abissi del silenzio.
Notte magnanima e magnetica,
sposa dell’ozio e non ancora violata!
Notte errante, incantatrice e occhi
color d’arcobaleno.
Notte pazza, piena del biancore
che aggiunge insonnia all’affanno.
Notte nuda sulla terra,
prima di andare verso l’altra riva senza nome
abbracciami, guardami e lasciami
toccare il tuo corpo per sentire
il mareggiare sulle amate spiagge
così nascoste nell’oscurità.
La pubblicazione di questa poesia, oggi mercoledí 2 febbraio rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha detto essere sembrati un’ “eternità”.
Tony Guerrero: Un lugar de retiro (martes 2 de febrero de 2010)
Noche seductora que me llamas
desde los abismos del silencio.
!Ah, noche magnánima y magnética,
novia del ocio aun inviolada!.
Noche errante, hechicera de ojos
que tienen el color del alcoiris.
Noche loca, llena de blancura
para al afán añadir insomnio.
Noche desnuda sobre la tierra,
antes de ir a otra orilla sin nombre
abrázame, mírame y permíteme
tocar tu cuerpo para sentir
el oleaje de queridas playas
tan ocultas en la oscuridad.
La publicación de este poema, hoy miercoles 2 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”. Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.
Detenuti italiani in Repubblica Dominicana: niente di nuovo, anzi
Abbiamo, in questo blog, circa quattro mesi fa, seguito la situazione di tre cittadini italiani detenuti nel carcere di Najayo, nei pressi di Santo Domingo, in Repubblica Dominicana.
Il giorno 22 settembre scorso, la sottoscritta, accompagnata dal Dr. Manuel Mercedes Medina, presidente della Commissione Nazionale per i Diritti Umani della Repubblica Dominicana, si era recata in quella struttura carceraria a far visita ai tre connazionali per verificare la loro situazione. Questa era stata infatti, segnalata dall’ associazione italiana Secondo Protocollo che si occupa di detenuti italiani all’estero, come particolarmente difficile.
Abbiamo potuto constatare allora quanto questo corrispondesse al vero soprattutto per le precarie condizioni igienico-sanitarie in cui i tre connazionali si trovavano.
La situazione delle carceri della Repubblica Dominicana, così come quella di tutti gli istituti di detenzione dell’America latina e Centrale è molto grave. Carenze strutturali, sovraffollamento, corruzione ad ogni livello fra il personale di sorveglianza, un elevato tasso di violenza fra i detenuti, rendono gli istituti penitenziari di questa regione tra i più pericolosi al mondo. Per chi vi entra esistono serie possibilità di non uscirne vivo o per lo meno non in buone condizioni di salute.
La denuncia delle condizioni dei detenuti in genere e delle violazioni dei loro diritti fondamentali durante il periodo di reclusione, viene ovviamente sempre fatta a prescindere dalla loro nazionalità e la Commissione Nazionale dei Diritti Umani in Repubblica Dominicana denuncia quasi quotidianamente abusi e violazioni commesse nei confronti dei detenuti dominicani; in altro fronte sta lavorando invece seriamente, insieme alle istituzioni locali, per sviluppare in tutto il paese il nuovo modello di gestione penitenziaria applicato fino a questo momento in 13 dei 35 istituti di detenzione del paese. Il programma di riforma penitenziaria ha ottenuto sovvenzioni anche dall’ Unione Europea e presto verrà applicato in tutta l’area caraibica. Tuttavia, nel caso dei detenuti stranieri, esiste l’obbligo della Rete Consolare del paese di cui sono cittadini, in questo caso l’ Italia, di seguire attentamente la loro situazione e di prestare tutta l’attenzione e l’assistenza di cui hanno bisogno.
Rispetto a quanto denunciato quattro mesi fa si rende necessario e doveroso un aggiornamento anche per quanti di voi hanno scritto, domandando come stesse procedendo la situazione.
L’ interrogazione parlamentare dell’ onorevole Raisi del 20 settembre scorso, la lettera del 23 settembre scorso, consegnata dal presidente della Commissione Nazionale per i Diritti Umani della Repubblica Dominicana e dalla sottoscritta all’ ambasciatore italiano Arturo Olivieri e indirizzata al Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini, hanno veramente sortito ben poca cosa.
Il sig. N.M. (nome omesso su richiesta dell’ interessato) è ancora in carcere e nel suo caso addirittura non si riesce ad avere notizie certe rispetto alla scadenza dei termini della detenzione. Ci sono grandi difficoltà ad avere il suo carteggio processuale, ad oggi non si riesce a capire ancora bene quanto tempo gli manchi alla fine della pena. E’ evidente che se avesse potuto accedere ad un’assistenza legale degna di questo nome e fosse stato assistito fin dal principio da un servizio Consolare efficiente, la sua situazione sarebbe notevolmente diversa e addirittura si sarebbe anche potuto chiedere il trasferimento in Italia secondo il protocollo di Strasburgo (o convenzione di Strasburgo per il trasferimento delle persone condannate). La sua situazione sanitaria è molto precaria, ha continuamente bisogno di medicine che gli sono state prescritte a seguito di due pre-infarti che lo hanno colpito e il sussidio che gli viene fornito non è sufficiente a far fronte né alle spese mediche e nemmeno a quelle necessarie per cibo, acqua potabile e sicurezza personale. Queste spese i detenuti nelle carceri della Repubblica Dominicana sono costretti a sostenerle personalmente a meno di non voler vivere in condizioni disumane di detenzione.
Il sig. Luciano Vulcano si trova invece in un vero e proprio stato di DETENZIONE ILLEGALE perché essendo scaduti i termini per la detenzione preventiva (di 1 anno) ormai già dallo scorso mese di ottobre, non viene ancora iniziato formalmente il processo per le motivazioni più banali quali ad esempio la mancanza del traduttore. Ricordiamo che il Sig. Vulcano si trova in carcere accusato di rapina a mano armata. L’accusa si fonda su una montagna di menzogne e falsità e su testimonianze false e contraddittorie. I testimoni infatti non sono nemmeno d’accordo su come fosse vestito quel giorno. Il proprietario della casa di cambio dove sarebbe avvenuta la presunta rapina non si è presentato come parte civile nei termini previsti dalla legge, la denuncia è stata presentata da una persona e firmata da un’ altra e la polizia ha dichiarato infine di aver arrestato il Sig. Vulcano durante un controllo in Corso Duarte mentre lui in quel momento stava effettuando una operazione bancaria nella filiale del Banreserva di un centro commerciale, circostanza facilmente dimostrabile. Secondo la polizia infine il Sig, Vulcano al momento dell’ arresto era armato. Il Sig. Vulcano invece è stato arrestato nel posteggio privato dell’ hotel dove alloggiava, davanti ad una decina di testimoni ed era disarmato. La pistola che lui portava per sicurezza personale era in camera ed è stata trovata durante la perquisizione. L’arresto, come avviene spesso in questo paese è avvenuto senza mandato e senza la presenza del giudice. Tutto lascia supporre che tutto questo sia stato organizzato dai poliziotti per potergli rubare la macchina. Si tratta di una pratica abbastanza usuale in Repubblica Dominicana. Il Sig. Vulcano da allora è entrato in un incubo dal quale non riesce più ad uscire e il nostro governo e l’ambasciata italiana nel paese stanno permettendo senza muovere un dito tutto questo.
A tutto questo bisogna aggiungere che la situazione sanitaria del Sig, Vulcano appare veramente delicata. Si allegano al corpo dell’ articolo una serie di fotografie eloquenti, tratte dal sito Secondo protocollo e pubblicate con il consenso dello stesso Vulcano. Ha contratto diverse infezioni della pelle,(come del resto gli altri due detenuti) in seguito alle scarse condizioni igieniche e all’ alimentazione che riceve. E’ stato ricoverato inoltre recentemente per una colica renale dovuta ai problemi trascurati di ritenzione idrica causati dall’ acqua che beve in carcere.
Anche il Sig. Ambrogio Semeghini che era stato arrestato il 19 dicembre del 2009 si trova ancora in attesa di giudizio con la pesante accusa di omicidio. Le sue condizioni di salute sono gravi e preoccupanti perché sebbene sia riuscito a risolvere il problema che aveva agli occhi, nel frattempo gli è stato riscontrato una forma tumorale alle corde vocali e avrebbe bisogno urgentemente di una biopsia, il cui costo si aggira intorno ai 200/300 euro. Gli accordi tra i governi dei due paesi in questo caso prevedono che sia di competenza del paese nel quale il detenuto si trova in carcere la copertura delle spese mediche di questo tipo. L’ ambasciata italiana quindi sostiene di non dover pagare la biopsia. Innanzitutto questo tipo di esame in questo paese non è previsto dalla sanità pubblica, ossia non ci sono strutture pubbliche dove lo possano effettuare. Il buon senso e soprattutto un approccio umanitario alla situazione fanno ben intendere come questo principio possa valere in paesi avanzati dove lo Stato sociale sia abbastanza sviluppato, dove non ci siano carenze sanitarie e soprattutto carenze economiche. Ovviamente questo non è il caso della Repubblica Dominicana. La sanità pubblica è in condizioni disastrose, i tempi della burocrazia sono lentissimi e come già detto le condizioni dei detenuti sono terribili. E´vero che il Sig. Semeghini (che in Italia non ha nessuno che lo possa aiutare) riceve un fondo dal Consolato ma questo fondo è pari a 8 mila pesos ogni quattro mesi (160 euro circa). E’ stato detto però in varie occasioni che in questo paese in carcere i detenuti devono pagare TUTTO, dall’ acqua potabile, al materassino per non dormire proprio in terra sul cemento, a un pasto decente, alle medicine. Fatti i dovuti calcoli (visto che la biopsia costa 15mila pesos pari a 300 euro) se il Sig. Semeghini dovesse pagarsi la biopsia con i soldi del fondo come sembrerebbe gli abbiano consigliato di fare dalla nostra ambasciata, dovrebbe stare sei mesi circa senza bere, mangiando quel poco che passa il carcere (igienicamente discutibile), dormendo in terra, non curandosi nemmeno il raffreddore. Dopo questo periodo se riuscisse a sopravvivere in tali condizioni e se il tumore nel frattempo non lo avesse invaso potrebbe sostenere le spese della biopsia. Effettivamente questo ci sembra l’ aspetto più raccapricciante di questa storia. La mancanza di umanità.
E’ vero d´altra parte, quello che ci era stato confermato dai diplomatici italiani durante l’incontro avuto in Ambasciata e cioè che lo Stato italiano con l’ ultima finanziaria ha notevolmente ridotto i fondi destinati agli italiani in difficoltà all’ estero e che oltre a quello che viene erogato ai nostri connazionali in carcere all’estero bisogna sempre mantenere un fondo di riserva per le emergenze che possono essere di vario tipo.
E’ anche vero che per assistenza non si intende solo quella economica (anche se per un detenuto che non ha risorse proprie nelle carceri di questi paesi trovarsi senza soldi è veramente terribile), ma anche e soprattutto una serie di interventi volti a garantire per esempio un’assistenza legale degna di questo nome. Qui trovare un’avvocato onesto è difficile, in modo particolare quando all’ esterno non si ha nessuno che possa interloquire con lui in modo costante e che possa fare pressioni perché agisca nel migliore dei modi. La situazione di questi tre italiani detenuti in Repubblica Dominicana è degenerata fino a questo punto anche per questo motivo.
Si rende necessario e urgente pertanto un intervento da parte delle nostre autorità nei confronti soprattuto delle autorità dominicane, che sono tenute a garantire ai detenuti il rispetto dei tempi di detenzione preventiva e il diritto ad un processo regolare, nei modi e nei tempi. I nostri concittadini non vanno lasciati soli e soprattutto non si può permettere che siano lasciati nelle condizioni terribili che le foto pubblicate, eloquentemente dimostrano.
Tony Guerrero: Un lugar de retiro (lunes 1 de febrero 2010)
Dije no a la quietud mohosa.
Me paré sobre el suelo desnudo,
di el primer paso, luego el segundo,
poco a poco me volvía lluvia.
Al inicio, fue el escepticismo
y después vino la dependencia.
Más adelante apareció la antítesis
y con ella el desenvolvimiento.
Comencé a girar por las horas
con espíritu y ritmo que impelen
y a través del éter se deslizan.
Cercado por un tedio sin tregua,
en la plaza de mi corazón
me vi feliz, cantando y bailando.
(Tony Guerrero)
La publicación de este poema, hoy martes 1 de febrero se da en el marco de la iniciativa poetica llamada “Rompiendo silencios” que consta en publicar cada día desde el 26 de enero hasta el 12 de febrero el poema correspondiente escrito por Tony Guerrero durante estos mismos dias del año 2010. Tony es uno de los cinco cubanos prisioneros injustamente en Estados Unidos; escribió estos poemas durante su detención aislado en una celda llamada “el hueco”. Dieciocho largos dias que él mismo dijo parecieron una “eternidad”.
Tony Guerrero: Luogo di ritiro (lunedí 1 febbraio 2010)
Ho detto no alla muffa della quiete.
Mi bloccai sul suolo nudo
ma poi il primo passo, poi il secondo,
poco a poco diventavo pioggia.
All’inizio, lo scetticismo
e poi la dipendenza.
Più avanti l’antitesi
e con essa il liberarsi.
Ho cominciato a girare nelle ore
con ritmo e spirito impellenti
e nell’etere guizzanti.
Accerchiato da un tedio senza tregua,
nella piazza del mio cuore
mi sono visto felice, cantando e ballando.
(Tony Guerrero — traduzione dallo spagnolo di Silvano Forte)
La pubblicazione di questa poesia, oggi martedí 1 febbraio rientra nell’ ambito dell’ iniziativa “Poesie per rompere silenzi” che consiste nel pubblicare ogni giorno dal 26 gennaio al 12 febbraio la poesia corrispondente scritta da Tony Guerrero durante questi stessi giorni dell’ anno 2010. Tony è uno dei 5 cubani detenuti ingiustamente negli Stati Uniti e ha scritto queste poesie durante la sua detenzione in isolamento in una cella chiamata “il buco”. Diciotto lunghi giorni che lui stesso ha detto essere sembrati un’ “eternità”.
Monsignor Jacques Gaillot: “In Francia regna l’ingiustizia”
Di Hernando Calvo Ospina
Fonte: http://hcalvospina.free.fr/spip.php?article317
Sono pochi i francesi che conoscono il nome della massima autorità della Chiesa cattolica del paese. La stragrande maggioranza di loro sa però chi è monsignor Jacques Gaillot. Uomo estremamente umile, dallo sguardo sereno e dalla voce pacata, che senza enfasi dice quello che vorremmo sentirci dire da molti politici. Nasce l’ 11 settembre del 1935 a Saint-Dizier, una piccola città della Francia. A 20 anni fu costretto a lasciare il seminario per prestare il servizio militare in Algeria, durante la guerra di liberazione contro il colonialismo francese. Racconta che fu una fortuna per lui non aver dovuto imbracciare le armi, perché era stato destinato ai lavori sociali e alla vita nella comunità.
- Monsignor Gaillot, cosa ha significato per lei aver vissuto quella guerra?
Quell’ esperienza cambiò la mia vita. Feci conoscenza con l’ islam, una religione molto diversa da quella cattolica e della quale non ne sapevo niente. Venni a sapere che i musulmani avevano fede in un solo Dio, che pregavano e che erano ospitali. Furono come fratelli per me. Questa interreligiosità influì sulla mia fede. La violenza della guerra mi convertì in un militante della non-violenza. Fondamentalmente l’ Algeria fu come un seminario per me.
- Dopo 22 mesi in Algeria è inviato a Roma e nel 1961 ordinato sacerdote. Nel 1982 fu nominato vescovo della città di Evreux in Francia ma viene sollevato da questo incarico pastorale il 13 gennaio del 1995? Come mai?
Alcuni giorni prima di quella data ero stato chiamato a comparire davanti alle autorità del Vaticano senza conoscerne il motivo. Con mio stupore, nel giro di poche ore fui dichiarato colpevole e in meno di un giorno fu decretata la mia espulsione dalla diocesi. Il cardinale Bernardin Gantin, prefetto della Congregazione dei Vescovi mi propose di firmare le dimissioni e in cambio avrei potuto mantenere il titolo di onorificenza di vescovo emerito di Evreux. Non firmai nulla. Mi nominarono allora vescovo di Partenia (1), una diocesi situata nell’ attuale Algeria, che non esisteva dal secolo V.
Con le mie poche cose lasciai la diocesi di Evreux. Non avevo dove alloggiarmi e mi sistemai per un anno a Parigi in un edificio occupato da famiglie senza dimora e da stranieri senza documenti. Poi fui accolto presso la Comunità dei Missionari Spiritani.
- Cosa spinse secondo lei il Vaticano a prendere questa decisione così drastica? Forse le sue posizioni politiche e il suo impegno sociale? Vediamo: nel 1983 fu uno dei due vescovi che votò contro il testo dell’ episcopato sull’ utilizzo del nucleare come forza di dissuasione. Nel 1985 appoggiò la sommossa palestinese nei territori occupati da Israele e incontrò Yasser Arafat a Tunisi. Nel 1987 invece di partecipare al pellegrinaggio per la Vergine di Lourdes preferì viaggiare fino in Sud Africa per incontrare un militante anti-apartheid in carcere. Nel 1988 dalla rivista Lui sostenne il sacerdozio agli uomini sposati. Lo stesso anno si dichiarò a favore della benedizione agli omosessuali. Il 2 febbraio del 1989 pubblicò sulla rivista Gai Pied un articolo dal titolo “Essere omosessuale e cattolico”. Dal 1994, si è dedicato completamente alle associazioni di sostegno agli emarginati tanto che la chiamano il “vescovo dei senza”: senza documenti, senza domicilio… Non crede che questo sia sufficiente a farsi dei nemici negli ambienti di potere ecclesiastico e civile?
Ancora oggi non ne le ho prove ma fonti affidabili mi hanno confidato che il governo francese, in modo particolare il ministro degli Interni di allora, Charles Pascua, ebbe a che vedere con la decisione del Vaticano. Non dimentichiamo che in Francia questo ministero è quello che si occupa anche delle religioni.
Penso che un mio libro che criticava la legge sull’immigrazione fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il Vaticano e il governo francese vollero isolarmi. Tuttavia, nel 1996 per il primo anniversario della mia partenza da Evreux, alcuni amici crearono in internet l’associazione Partenia (1), facendomi diventare così un “vescovo virtuale”. Il Vaticano non avrebbe mai immaginato che sarei riuscito a dar vita all’ unica diocesi in espansione, con il più grande numero di fedeli al mondo e di differenti lingue.
Ringraziai subito il Vaticano e il signor Pascua perché mi avevano permesso di raggiungere rapidamente l’altra sponda, dove scoprii una nuova vita. Mi sono aperto a più libertà e libero da tutti gli attacchi mi sono pienamente ritrovato in azione con gli esclusi. Posso vivere con la gente, condivido le loro allegrie le loro pene. E’ stato incredibile. Anche se Pascua è indagato per vari reati e la Chiesa perde ogni giorno più fedeli.
- Come considera la Chiesa cattolica al giorno d’oggi?
La Chiesa ci ha insegnato che Dio ha voluto portarci le disgrazie per poi condurci alla rassegnazione. Questo non è cristiano. La Chiesa fa intervenire Dio per obbligarci ad obbedire e a non pensare. Pochi discorsi su Dio mi parlano di lui ma quando qualcuno mi parla degli esseri umani allora mi parla davvero di Dio. L’ Istituzione resta immobile sul suo piedistallo, lontano dal popolo e da Dio. E continuando così la Chiesa si trasformerà in una setta perché molti si stanno avvicinando ad altre religioni. La Chiesa vive un’emorragia
Deve cambiare, modernizzarsi, accettare che le coppie hanno il diritto di divorziare e di usare il profilattico; che le donne possono abortire, che uomini e donne possono essere omosessuali e sposarsi; che le donne possono arrivare al sacerdozio e avere accesso alle alte sfere decisionali; si deve rivedere la disciplina del celibato perché i sacerdoti possano amare come ogni altro essere umano, senza dover vivere relazioni clandestine, come delinquenti.
La situazione attuale è malsana e distruttiva per gli individui e per la Chiesa. Il Vaticano è l’ ultima monarchia assoluta d’Europa. La Chiesa deve accettare la democrazia a tutti i livelli. Si deve cambiare modello perché quello attuale non è evangelico.
- Che pensa della Teologia della Liberazione che si diffuse così tanto in America latina?
Me ne interessai perché è una teologia che parla dei poveri. Non parla della liturgia, né del catechismo e nemmeno della Chiesa, parla dei poveri. Insegna che sono gli stessi poveri che devono prendere coscienza della necessità della loro liberazione.
Io ed altri fummo molto sensibili agli insegnamenti di Don Eleder Cámara in Brasile, un grande teologo(2), del vescovo Leónidas Proaño in Ecuador (3), del vescovo Oscar Romero in El Salvador e di altri sacerdoti soprattutto latinoamericani. Fu un colpo terribile per me quando l’arcivescovo Romero venne ucciso mentre celebrava una messa, il 24 marzo del 1980. Aveva lasciato la Chiesa dei potenti per stare con i poveri. Questa conversione di Mons. Romero mi sembrò ammirevole.
In America latina sono esistiti sacerdoti e religiose che hanno imbracciato le armi (4). Io non mi permetto di giudicarli perché quella è la loro scelta ma non sono d’accordo perché sono un non-violento.
Evidentemente la Teologia della Liberazione è pericolosa per i potenti. Quando i poveri sono sottomessi e accettano il loro triste destino, non c’è nulla da temere, sono una manna dal cielo per i ricchi che possono dormire tranquilli. Ma sei poveri si svegliano prendendo coscienza della loro condizione , convertendosi in attori di cambiamento, questo impaurisce il potere.
Se i poveri prendono la parola nella stessa Chiesa e mettono in dubbio l’Istituzione, è terribile. E la Chiesa dice: Questi sono comunisti! Attenzione! E quindi regolarmente dittatori, governi, repressivi e il Vaticano si alleano per combattere insieme.
Purtroppo non ci sono molti ribelli nella Chiesa perché l’ Istituzione forma all’obbedienza e alla sottomissione.
- Come vede la situazione sociale ed economica in Francia?
Io giudico una società in funzione di quello che fa per i più bisognosi. Ovviamente non ne posso dare che un giudizio severo perché la Francia non rispetta il diritto e l’essere umano.
Per me il problema principale è l’ingiustizia che regna dappertutto. Quelli che stanno al potere non investono nei poveri. Abbiamo un governo che favorisce solo i ricchi. E ci sono tre milioni di poveri in Francia!.
Molti nostri concittadini credono che i lavoratori immigrati privi di documenti approfittino del sistema, senza sapere che anche loro ricevono il formulario delle tasse a casa. Sono riconosciuti dalle amministrazioni ma siccome non sono in regola non possono beneficiare di nessun aiuto sociale. Questa è un´estorsione da parte dello Stato.
E la Chiesa in questo? Prendiamo ad esempio quanto accaduto il 23 agosto del 1996 quando quasi un migliaio di poliziotti antisommossa mille poliziotti delle squadre speciali forzarono a colpi di ascia le porte della chiesa Saint Bernard de la Chapelle a Parigi tirando via con la forza trecento stranieri irregolari. Ero arrabbiato e sconvolto perché era stato lo stesso vescovo a chiedere la loro espulsione. E quando si cacciano degli esseri umani che cercano protezione in una chiesa si sconsacra quella chiesa. E disgraziatamente continua a succedere.
E che si fa con i clandestini? Si ammassano in centri di detenzione, dandogli un trattamento degno di un campo di concentramento. E’ quello che succede oggi in Francia. Nelle carceri si verifica un suicidio ogni tre giorni. E’ terribile. L’ unico orizzonte che hanno i detenuti è il suicidio. Non si era mai visto. In Europa, la Francia ha il record più altro di suicidi per impiccagione in carcere.
- Di fronte a questa terribile situazione, dove è il discorso del governo sulla crisi economica?
In questa crisi economica non sono i ricchi ad esserne toccati, ma i più poveri. L’ anno scorso eravamo contro la legge del sistema pensionistico perché favorisce i ricchi e penalizza i poveri.
Oggi molti francesi vanno dal medico, dal dentista o dall’ oculista quando non possono fare altrimenti. E a volte è tardi. Le conquiste sociali si stanno lentamente perdendo in tutti i settori.
E la crisi rovina le famiglie. Se qualcuno compra una casa e poi perde il lavoro e non ne trova un’ altro, la deve vendere. Questo porta problemi di droga e di delinquenza.
L’edilizia sociale non è una priorità politica perché quelli che stanno al potere posseggono belle ville. Si costruisce poco in edilizia sociale e la gente non sa dove andare. Si lascia la gente per strada mentre ci sono molti edifici vuoti a Parigi.
Quando arriva l’inverno il governo parla di “piani”. Allora si aprono palestre o sale per ospitare qualche centinaia di persone che non hanno alloggio. Ma non è dei piani invernali che si ha bisogno, è di alloggi dignitosi. E´ una vergogna, è disumano, non è cristiano lasciar morire di freddo centinaia di persone per strada in Francia.
Come disse lo scrittore Víctor Hugo: “Facciamo la carità quando non riusciamo a imporre l’ingiustizia”. Perché non è carità quello di cui si ha bisogno. La giustizia va alle cause, la carità agli effetti. Io non dico che non si debba aiutare con un piatto di minestra o un cappotto chi sta per strada. Esistono delle urgenze. Io la sera di Natale sono stato invitato a donare un piatto caldo di minestra a chi non aveva nulla. L’ho fatto ma la mia coscienza non è tranquilla, lo sapete? Ci sono delle cause strutturali che costringono la gente alla miseria e sono quelle che dobbiamo combattere.
La cosa più triste è che la gente si abitua alle ingiustizie. E io dico: sveglia! Vergognatevi! Indignamoci contro l’ingiustizia!
Oggi l’ingiustizia è presente in tutta la Francia. Esistono oasi di ricchezza, di lusso esorbitante ed estensi ghetti di miseria. In Francia esiste una evidente violazione dei diritti dell’uomo. Quindi dobbiamo lottare per far rispettare i diritti delle persone.
- L´anno scorso ci sono state massicce manifestazioni di protesta contro diversi progetti del governo che però non ha fatto marcia indietro.
Io credo che quando non si rispetta il popolo che si esprime per strada, non si prepara il futuro. In Francia rimase un sentimento di rabbia. Non può continuare così, non si può continuare a mettere la polizia da tutte le parti per contenere il disagio del popolo. Questo ci ha portato ad avere uno stato di polizia.
L’ ingiustizia non porta la pace. Tutto il contrario. C’è del fuoco sotto la pentola. Quando c’è ingiustizia che cova sotto la cenere, il coperchio salterà.
- Le sue lotte per la giustizia non sono solo in Francia. Anche in altri luoghi si sono fatte sentire le sue parole e le sue azioni. Mi faccia alcuni esempi.
Continuiamo a lottare per il popolo palestinese. Israele è uno Stato coloniale che ruba la terra palestinese ed esclude questo popolo con la forza. Da più di 60 anni la Palestina vive sotto occupazione israeliana e nell’ ingiustizia. E la cosiddetta comunità internazionale fa ben poco o nulla. Per questo ci stiamo mobilitando ovunque per esercitare pressioni sul governo israeliano. E una delle azioni è boicottare i prodotti che provengono da Israele , e principalmente quelli prodotti nei territori occupati. La gente non sa che 50 prodotti agricoli si producono in Palestina a esclusivo beneficio di Israele. Mentre i palestinesi vivono nelle ingiustizie non esisterà la pace.
Cuba. Questo è un paese che ha un futuro. Ho potuto constatare che è un popolo degno, coraggioso e solidale. A Cuba ci può essere povertà ma non esiste la miseria che si vede in qualsiasi altro paese dell’ America latina o della stessa Francia o degli Stati Uniti. Nonostante l’embargo imposto dagli Stati Uniti, tutti hanno assistenza sanitaria ed educazione gratuite e nessuno dorme per strada. E’ incredibile!
Faccio parte del Comitato Internazionale per la Liberazione dei Cinque Cubani detenuti negli Stati Uniti per la loro lotta contro le azioni terroriste che si stavano organizzando a Miami. Sono in questo Comitato perché mi sono reso conto che si stava commettendo una grave ingiustizia e questo non poteva essere tollerato.
- Che pensa del modo in cui la stampa francese tratta i processi sociali e politici alternativi che si stanno sviluppando in America latina? E perché questa stampa ha la tendenza a ridicolizzare presidenti come Evo Morales o Hugo Hugo Chávez?
Questo comportamento della stampa si deve al fatto che, regolarmente la Francia appoggia a chi non dovrebbe. E’ questione di interessi. Questi presidenti non fanno quello che chiedono i ricchi, mentre la Francia spesso è da quella parte. Come in Africa.
E la partecipazione delle donne in politica in America latina è straordinaria. Per esempio una donna alla guida del Brasile! In Francia non siamo stati capaci di avere nemmeno una donna Primo Ministro. Siamo così maschi! Ah, sì, una volta abbiamo avuto la signora Edith Cresson, ma non rimase molto tempo, fu massacrata a causa della sua condizione femminile! Siamo maschi e volgari come non si può immaginare.
Oggi non è la vecchia Europa che dà l’esempio, è l´America latina. Dobbiamo guardare in quella direzione.
- Mons. Gaillot, infine, due ultime domande: Come é considerato lei dagli altri membri della Chiesa cattolica? E come cittadino ed essere umano vede una alternativa alla situazione sociale in Francia?
In generale le mie relazioni con gli altri vescovi sono cordiali anche se alcuni preferiscono ignorarmi. Questo si, non mi mandano mai nessun documento della Conferenza Episcopale e nemmeno mi invitano più all’ assemblea annuale a Lourdes. Non credo che Roma voglia farmi tacere , questa sarebbe una punizione estrema. Questo non è piacevole ma quello che mi rasserena è essere in pace con la mia coscienza, dire quello che penso e denunciare che non accetto questo stato di cose.
Per la seconda domanda… ho speranza negli uomini e nelle donne. Continuiamo ad andare avanti. Esistono movimenti cittadini che stanno creando un tessuto associativo alternativo. Vedo molte battaglie che nascono e che si sviluppano poco a poco. E’ formidabile! Ognuno deve trovare il cammino per lottare con gli altri. .
Unità: si questo è quello che può salvare la democrazia e i diritti umani. E’ questo quello che mi dà speranza.
Hernando Calvo Ospina.
Note:
2) Fu arcivescovo di Olinda y Recife. Muore il 27 agosto del 1999.
3) Chiamato il “Vescovo degli indios” e anche il “Vescovo Rosso”. Esercita il suo lavoro pastorale nella città di Riobamba. Muore il 31 agosto del 1998.
4) Sono vari i sacerdoti e le suore che si sono uniti alla guerriglia. Il primo è stato é stato Camilo Torres, morto in combattimento il 15 febbraio del 1966 in Colombia. In Nicaragua durante la guerra contro la dittatura dei Somoza, molti seguirono il suo esempio. Ernesto Cardenal fu il più famoso.
Traduzione di Annalisa Melandri – www.annalisamelandri.it