Il Cardinale durante la conferenza — Foto di Lauretta Pilozzi
Questo è il testo (più o meno) che avevo preparato per il mio intervento all’IILA e che ho letto dopo aver ascoltato per più di un’ora la conferenza del Cardinale Maradiaga sul tema: “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”. E’ di oggi la notizia dell’omicidio da parte di alcuni sicari di Olayo Hernández Sorto, membro del COPINH e del FNRP. Aveva moglie e 5 figli il cui sostentamento dipendeva dal suo lavoro.
Si è parlato qui di Diritti Umani e di povertà. Quindi volevo condividere una riflessione con voi.
Per quanto riguarda i Diritti Umani io credo che si debba aver ben chiara in mente una cosa, e cioè che rispetto alle violazioni dei Diritti Umani esistono sempre due attori: chi commette la violazione e chi la subisce. Generalmente commettono violazioni dei Diritti Umani lo Stato e i suoi apparati (esercito, polizia, magistratura…). Se io sequestro una persona e la torturo verrò incriminata e condannata presumibilmente per sequestro di persona, violenza privata o tentato omicidio. Uno Stato che sequestra, tortura o uccide persone viene condannato dagli organismi internazionali preposti, ammesso che ciò accada, per tortura, sparizione forzata o per esecuzioni extragiudiziali che sono reati permanenti e imprescrittibili proprio perché rientrano nell’ambito delle violazioni dei Diritti Umani e vengono considerati crimini contro l’umanità.
A questi due attori ne va aggiuno un terzo e cioè chi legittima le violazioni dei diritti umani, chi le benedice e legittimandole si rende complice dell’IMPUNITA’ dei criminali.
Ora parlando invece di violazioni dei diritti umani rispetto alla povertà spero sia sufficientemente chiaro a tutti in questa sala, che gli Stati commettono violazioni dei diritti umani per mantenere dei privilegi a danno delle masse popolari e quindi ci sembra particolarmente strano e paradossale l’invito che è stato rivolto al Cardinale Maradiaga che come è noto ha benedetto fin dal primo momento il colpo di Stato in Honduras. … (rumori in sala) …Posso ora presentarmi, sono Annalisa Melandri, collaboratrice della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani e sento di poter dire che sono qui a parlare anche a nome di alcuni settori della società civile italiana informati sui fatti che accadono e sono accaduti in Honduras e a nome di tanti amici indignati come me per questo invito. Il colpo di Stato in Honduras è stato portato avanti per mantenere i privilegi economici di quell’oligarchia che temeva di perdere il suo potere grazie alle proposte progressiste del presidente legittimo Manuel Zelaya.
Manuel Zelaya con la proposta di installare una Quarta Urna e di formare un’Assemblea Costituente stava cercando di restituire un po’ di dignità ad un paese che è uno dei più poveri del mondo, con un tasso di mortalità infantile del 48% entro il 5° anno di età, con una disparità tra classi ricche e povere tra le più alte del mondo.
Lei, Monsignore prima parlava del “20% della popolazione nel mondo che gestisce l’80% del PIL mondiale”. In Honduras vige un sistema sociale in cui 10 famiglie possiedono la totalità della ricchezza e del potere, controllano le istituzioni e in combutta con le gerarchie cattoliche ed ecclesiastiche, amministrano ogni aspetto della vita sociale ed economica. Il golpe è stato realizzato per difendere questo sistema sociale e il cardinale Maradiaga ha benedetto questo sistema sociale e tutte le violazioni dei diritti umani che sono servite a mantenerlo. (Richiesta di formulare la domanda da parte del Presidente dell’ILA. Non ci sono domande gli ho detto, volevo solo leggere un comunicato e proseguo…)
Ricordiamo che soltanto nei giorni immediatamente successivi alla cacciata di Zelaya si sono registrati 50 morti, 500 feriti e un migliaio di arresti e detenzioni arbitrarie mentre oggi c’è uno stillicidio continuo di omicidi di leader comunitari, membri del Fronte di Resistenza, militanti e attivisti.
La consideriamo pertanto complice dei crimini commessi durante e dopo il colpo di Stato (ooohhh generale) e la dichiariamo pertanto persona non gradita nel nostro paese.
(un po’ di confusione generale…)
Alla Comunità di Sant’Egidio
Roma
fax 06.580.01.97
Roma, 17 maggio 2010
Siamo venuti a conoscenza soltanto ora dell’invito rivolto al Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga, cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) da parte della Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-Latino Americano, per tenere la conferenza che si svolgerà presso la sede dell’ILA a Roma il 20 maggio prossimo sul tema: “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America latina”.
Sappiamo che il Mons. Maradiaga, fin dai giorni immediatamente successivi al colpo di Stato avvenuto in Honduras il 28 giugno dell’anno scorso, con il quale è stato deposto e cacciato dal paese il presidente legittimamente eletto Manuel Zelaya, si è distinto per le sue posizioni apertamente schierate con il governo golpista di Roberto Micheletti e contrarie al ritorno di Manuel Zelaya nel paese.
Il Mons. Maradiaga, e la gerarchia cattolica honduregna, avevano d’altra parte espresso già prima del golpe, forte perplessità e opposizione verso il progetto, portato avanti dal governo Zelaya, di installare una Quarta Urna nelle sedi elettorali, progetto che avrebbe condotto ad un’Assemblea Costituente in un paese dove vige tutt’ora la Costituzione scritta dal dittatore Policarpo Paz nel 1982. Un’Assemble Costituente che avrebbe restituito finalmente un po’ di sovranità popolare ad un paese, L’Honduras, uno dei più poveri del mondo, con una mortalità infantile del 48% fino al 5° anno di età, con una disparità tra classi ricche e classi povere tra le più alte in assoluto. Un paese dove vige un sistema sociale in cui una decina di famiglie possiede la totalità della ricchezza e del potere, controlla le istituzioni politiche e giudiziarie e, in combutta con le gerarchie militari ed ecclesiastiche, gestisce ogni aspetto della vita sociale ed economica.
Ci sono inoltre ben noti i legami dell’Opus Dei con le alte gerarchie cattoliche honduregne e sappiamo che lo stesso Mons. Mardiaga ne è membro attivo da oltre due decenni.
E’ noto anche che “secondo documenti in possesso del mensile El Libertador, il cardinale Rodríguez aveva ottenuto un salario mensile di 5.300 dollari da parte dello Stato. Il favore era stato concesso nel 2001 dal presidente della Repubblica, Carlos Flores Facussé ed era stato sospeso proprio da Manuel Zelaya”. Il suo salario è stato immediatamente ripristinato dal governo golpista.
Il Monsignore e il resto della gerarchia cattolica non hanno mai d’altra parte espresso nessuna condanna rispetto alle decine di persone che sono state uccise dai militari e dai gruppi paramilitari e sulle migliaia che hanno subito e continuano a subire gravi violazioni dei diritti umani. La violenza golpista non si è esaurita infatti con le “elezioni” farsa del novembre scorso, che hanno sancito la vittoria di Porfirio Lobo, ma continua a ritmo costante colpendo giornalisti, attivisti, leader comunitari e contadini, sindacalisti, in uno stillicidio continuo e costante di vite umane ignorato completamente dai media internazionali.
Il Monsignore Maradiaga, poco solidale e poco vicino al popolo, lo è ancor meno con gli uomini della sua Chiesa. Mai una parola di condanna ha proferito contro le persecuzioni a cui sono sottoposti da parte del governo uomini come padre Andrés Tamayo, a cui è stata tolta la nazionalità honduregna e che è stato espulso dal paese, o il gesuita Ismael Moreno (Padre Melo) e il sacerdote Fausto Milla, perseguitati e minacciati più volte di morte per il loro lavoro pastorale a fianco dei più poveri e per il loro impegno contro il colpo di Stato.
Proprio padre Tamayo è in questi giorni in Italia e auspichiamo un vostro incontro con lui, vero uomo di Chiesa vicino alle vostre posizioni.
Alla luce di quanto sopra esposto, ci coglie di sorpresa e ci amareggia pertanto la vostra partecipazione all’evento di cui sopra.
Conosciamo bene le attività della Comunità di Sant’ Egidio, sempre attenta alle tematiche delle popolazioni oppresse e della giustizia sociale.
Vi invitiamo quindi a riconsiderare la vostra partecipazione attiva alla conferenza del 20 maggio prossimo, informandovi che settori della società civile attenti al rispetto dei diritti umani in particolare per quanto riguarda l’area dell’America latina si sta stanno già organizzando per esprimere pubblicamente il proprio dissenso da quest’ennesima legittimazione di un vero colpo di Stato, oltre che per denunciare con tutti i mezzi e canali disponibili le complicità in tale legittimazione, qualora dovessero esserci.
Annalisa Melandri
www.annalisamelandri.it
collaboratrice italiana della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH)
a nome di altri attivisti di Roma
P.S. Vi informiamo che una cerimonia di consegna di una laurea Honoris Causa al monsignor Maradiaga lo scorso mese di novembre in Francia è stata annullata dall’ambasciata per timore di proteste. Qui la notizia relativa:
http://www.ellibertador.hn/Nacional/3493.html
“La povertà e l’ingiustizia sociale sono le veri armi di distruzione di massa”. Sul sito di Caritas Internationalis, il presidente dell’istituzione Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga accoglie i visitatori con questa frase. Peccato che lo stesso Maradiaga, aricvescovo di Tegucigalpa, capitale dell’Honduras, non abbia condannato il colpo di Stato militare che il 28 giugno scorso ha rovesciato il governo democraticamente eletto nel Paese centroamericano. Adesso Maradiaga è stato invitato nel nostro Paese dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-LatinoAmericano; le due istituzioni hanno ricevuto una lettera firmata da decina di realtà dalla società civile italiana, e da singoli cittadini. Un modo per dichiarare pubblicamente che Maradiaga, in Italia, è “persona non grata”.
Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, il cardinale dell’Honduras, arcivescovo di Tegucigalpa, presidente della Conferenza episcopale honduregna e della Caritas Internazionale, è invitato a Roma a partecipare in un incontro pubblico dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-LatinoAmericano il prossimo 20 maggio alle ore 18.00 presso la sede dell’IILA in Piazza Benedetto Cairoli 3.
Nel novembre scorso il “CardiMale”, come è stato ribattezzato in Honduras, era stato invitato a Parigi dall’Istituto Cattolico per ricevere una Laurea Honoris Causa insieme all’ex presidente del Fondo monetario internazionale, Michel Camdessus. Ma la cerimonia era stata annullata per le forti proteste di vasti settori dell’opinione pubblica francese ed internazionale.
Parigi ha infatti condannato il violento colpo di Stato militare e confindustriale che il 28 giugno del 2009 ha rovesciato il governo legittimo. Viceversa il cardinale Maradiaga prendeva da subito posizione a favore del golpista Roberto Micheletti, mentre il Presidente Costituzionale Manuel Zelaya era sequestrato dai militari ed espulso dal suo Paese. Immediata la condanna dell’ONU, dell OEA (Organizzazione degli Stati Americani), di UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane), e di numerosi organismi di difesa dei Diritti Umani oltre che della stessa Unione Europea. L’ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe), il SICA (Sistema d’Integrazione Centroamericana), ed il Gruppo di Rio hanno anche approvato sanzioni contro le autorità illegittime dell’Honduras.
L’Italia, per bocca del ministro degli Esteri Frattini ha parlato di una “grave violazione della legalità e delle regole democratiche”.
Nei giorni seguenti al golpe, come portavoce della Conferenza Episcopale Honduregna, Maradiaga appare in televisione, a reti unificate, per leggere un comunicato in cui invitava Zelaya a non intraprendere “azioni precipitose come un ritorno in patria” per evitare di “scatenare un bagno di sangue”. Nel suo comunicato non spende una sola parola per condannare la repressione che ha accompagnato il golpe, eppure le cifre delle violenze fanno paura. Secondo il COFADEH (Comitè de Familiares de Detenidos Desaparecidos en Honduras) durante il colpo di stato ci sono stati 16 esecuzioni, più di 500 feriti, 1046 arresti. Nel periodo da giugno 2009 ad aprile 2010 risultano 47 persone assassinate per militanza politica e 7 per conflitti legati alla terra. Di notte vige un coprifuoco non dichiarato e chi lo viola si espone al rischio serio di aggressioni, rapimenti, stupri.
Il Presidente della Conferenza Episcopale honduregna non pronuncia una parola sulla soppressione dei diritti civili e sulla chiusura dei media che non hanno appoggiato il golpe, come ad esempio Radio Progresso che pure è animata da gesuiti. Niente sulle minacce di morte ai giornalisti, le intercettazioni telefoniche e il blocco degli accessi ad Internet.
Viceversa, su Zelaya il cardinale dichiara: “l’iniziativa apparentemente meritevole di Zelaya, tenere gli incontri del governo in diverse cittadine in tutto il Paese, aveva in realtà lo scopo di istillare odio tra le classi”. Nonostante gli anni trascorsi, dal Cile di Pinochet, dall’Argentina di Videla, dal Perù di Fujimori, l’atteggiamento della Chiesa ufficiale non cambia, benché esistano numerose voci anche al suo interno che si levano contro il golpe e la repressione in Honduras.
Una spiegazione può essere stata l’ingresso dell’Honduras nell’ALBA il 26 agosto 2008 ed il progressivo avvicinamento di Zelaya a Hugo Chavez, visto dal cardinale honduregno e dalla gerarchia cattolica venezuelana come il “diavolo in persona”.
Per Maradiaga, infatti l’Honduras era un banco di prova per il tipo di politica che ha permesso a Chavez di vincere le elezioni in Venezuela e forse la destituzione violenta di Zelaya, per il cardinale, era il male minore. Di certo, nella vicenda permangono parecchi punti oscuri, tra cui l’allusione ad una lettera di dimissioni che Zelaya avrebbe preparato, cosa da questi smentita. Il copione si ripete: come era successo in Venezuela nel golpe del 2002 contro Chavez, un alto prelato citava una lettera di dimissioni del Presidente mai esistita. E negli anni ‘80, il cardinale si distinse per aver denunciato i sacerdoti che simpatizzavano con le lotte dei popoli salvadoregno e nicaraguense, denunce che hanno comportato torture, morti ed espulsioni.
In Honduras, nel gennaio 2010 si sono tenute elezioni “riparatrici” sotto ferreo controllo militare e seppur con un astensione record del 70% si è voluto garantire la continuità del Colpo di Stato. Il nuovo governo di Porfirio Lobo, ha premiato e promosso infatti i suoi principali autori materiali ed intellettuali, alcuni addirittura presso le Nazioni Unite. I protagonisti del golpe permangono nella Corte Suprema di Giustizia senza alcun processo ne revisione da parte del nuovo parlamento. La cosiddetta Commissione della Verità istituita dal nuovo presidente che tenta così di rompere l’isolamento internazionale, è composta da personaggi affini al golpe e non imparziali, come non potranno esserlo, d’altronde, le sue possibili conclusioni.
Questi solo alcune delle ragioni, più che sufficienti, che ci motivano a chiedere cosa abbia ispirato non solo l’IILA, ma soprattutto la Comunità di Sant’Egidio ad invitare in Italia un simile controverso personaggio ed esigere la cancellazione di questa iniziativa.
Da parte nostra, lo dichiariamo persona non grata.
Primi firmatari:
Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Osservatorio Informativo sulle Americhe — Selvas.org, CICA (Collettivo Italia — Centro America ), Coordinamento Associazione Italia-Nicaragua, Associazione A SUD-ONLUS, Rete dei Comunisti, Radio Città Aperta, Associazione e rivista Nuestra America, Centro Studi Cestes-Proteo, Associazione La Villetta per Cuba, Casa Editrice Natura Avventura, Lucia Agrati, Gruppo di Roma e Coordinamento nazionale Rete Radiè Resch, Gabriella Bentivoglio Gruppo Rete Radiè Resch Macerata, Fernanda Bredariol Gruppo Rete Radiè Resch (Lancenigo-Maserada-Spresiano) , Antonio Vermigli Gruppo Rete Radiè Resch (Quarrata, Pistoia) , Maria Teresa Gavazza Gruppo Rete Radiè Resch (Alessandria) , Giuliano Ciapetti, Amig@s MST– Italia (Firenze) Serena Romagnoli, Claudia Fanti, Benedetta Malavolti, Marta Gomes, Amig@s MST-Italia (Roma), Ettore Zerbino, Renata Ilari, Franco Fuselli, Marina Criscuoli, Ambretta Tasso, GianCarlo Corazza, Pierugo Bertolino, Arianna Sale, Dario Rossi, Luisa Devena, Alessandro Leni, Gabriella Barresi, Giovanna Savoldi, Roberto Masciadri, Amig@s MST-Italia (Milano), Annalisa Melandri,
Firme internazionali: Redes-Amigos de la Tierra (Uruguay), Oficina Ecumenica Monaco (Germania), Coordinacion Internacionalismo Buko (Germania), ALBA-Austria, IGLA, (Austria), Guatemala Solidaritat (Austria), France Amerique Latine (Francia), Alianza Social Continental Centro America, Movimiento Social Nicaraguense Otro Mundo es Posible, Alianza Social Continental, Instituto Rosa luxemburg (Brasile-Germania)
War on Want (Gran Bretagna), Ecologistas en accion (Spagna), Asociacion de solidariedad Bolivariana (Spagna), Omal-Paz con dignidad (Spagna), Informationsburd Nicaragua; Wuppekel (RFA), Casa del Mundo, Monaco (Germania), Venezuela Avanza, Monaco (Germania), Alianza antiguerra y racismo de Monaco (Germania), Observatorio de la deuda en la globalizacion (Spagna), Fundacion Mundubat, Pais Vasco (Estado Espanol), Ecuador Decide, Comision Intereclesial Justicia y Paz (colombia), Parti de Gauche (Francia),
E nominalmente: Nora Cortinas, Madres de Plaza de Mayo, Linea Fundadora (Argentina), Lourdes Palacios, Diputata FMLN (El Salvador), Marina Sosa, FMLN (El Salvador)
inviare a:
Mons. Oscar Rodríguez Maradiaga arriva in Italia. Il suo attivo sostegno al colpo di Stato non deve passare inosservato
di Giorgio Trucchi
Erano passati pochi giorni dal colpo di Stato che aveva deposto e mandato in esilio il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, quando il cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, è apparso su tutti i principali canali televisivi del paese, lasciando senza parole buona parte della popolazione.
Per chi non lo conosceva bene o comunque aveva poca dimestichezza con le vicende honduregne, il cardinale Rodríguez era salito alla ribalta internazionale per essere stato segnalato come uno dei papabili dopo la morte di Giovanni Paolo II. E l’idea di un Papa centroamericano aveva fatto correre la fantasia di molti.
Il discorso del Cardinale non aveva invece stupito gli honduregni. L’atteggiamento apertamente favorevole al colpo di Stato e al governo di fatto di Roberto Micheletti, le insinuazione sui presunti reati commessi da Zelaya e l’invito rivolto a quest’ultimo a non cercare di rientrare nel paese “per evitare un bagno di sangue”, non erano state infatti solamente parole profetiche.
Il giorno dopo, il giovane Isis Obed Murillo, il primo martire della Resistenza, avrebbe trovato la morte sotto i colpi assassini dei militari, Zelaya non sarebbe riuscito ad atterrare nell’aeroporto di Tegucigalpa e il Cardinale, con il sostegno della Conferenza Episcopale honduregna, avrebbe coronato la sua campagna “anti-zelaysta” iniziata molto tempo prima.
Pochi giorni prima del fatidico 28 giugno, la gerarchia cattolica honduregna aveva espresso pubblicamente il suo dissenso nei confronti del progetto dell Quarta Urna e dell’installazione di una Assemblea Costituente.
“In Honduras si vuole fare ciò che è stato fatto in Venezuela, Bolivia ed Ecuador. Vedo chiaramente la mano del presidente venezuelano Hugo Chávez e il paese non può essere consegnato nè al chavismo, nè a nessun’altro, perché vogliamo continuare ad essere liberi e indipendenti”, aveva detto mons. Darwin Andino, vescovo della capitale, il giorno prima del colpo di Stato.
Ancora più forte e chiara la posizione della Conferenza Episcopale hondureña, letta durante l’intervento televisivo del cardinal Rodríguez. “La destituzione di Zelaya servirà per edificare un nuovo Honduras e per iniziare un nuovo percorso. È un nuovo punto di partenza per il dialogo, il consenso e la riconciliazione”.
In molti hanno inoltre segnalato la mano dell’Opus Dei nel colpo di Stato e nei suoi preparativi.
“In Honduras l’Opus Dei ha come principale figura il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, il quale nonostante faccia parte della congregazione dei Salesiani, da circa due decadi coopera ed è un membro attivo di questa organizzazione”, scrive il sociologo Marco Burgos.
L’Opus Dei in Honduras ha connessioni profonde con il mondo della politica e dell’economia e si è spesso scontrato con il presidente Manuel Zelaya ed il suo governo, e questo nonostante alcuni dei suoi membri più conosciuti facessero parte dello stesso governo e del partito che lo aveva condotto alla presidenza.
“L’opposizione del presidente Zelaya all’ingerenza di questo settore fondamentalista della Chiesa cattolica, ha fatto sì che questo gruppo si convertisse in parte del colpo di Stato”, dice Burgos.
Tra i principali motivi di conflitto sorti durante l’amministrazione Zelaya ricordiamo il veto presidenziale alla legge che proibiva la “pillola del giorno dopo” (immediatamente approvata dal Parlamento dopo il golpe) e il progetto del Ministero dell’Istruzione di avviare programmi di educazione sessuale nelle scuole.
“Il cardinal Rodriguez e la viceministra degli Esteri di fatto, Marta Lorena Alvarado, si sono impegnati personalmente per evitare che la Agenzia di cooperazione della Chiesa cattolica irlandese in Honduras continuasse con i suoi programmi educativi sulle pari opportunità e i loro interventi in Vaticano hanno compromesso programmi promossi dalle Nazioni Unite”, spiega Burgos nel suo scritto.
Interessi economici pro-golpe
Ma la partecipazione del Cardinale a sostegno del colpo di Stato va ben oltre.
Secondo documenti in possesso del mensile El Libertador, il cardinale Rodríguez aveva ottenuto un salario mensile di 5.300 dollari da parte dello Stato. Il favore era stato concesso nel 2001 dal presidente della Repubblica, Carlos Flores Facussé ed era stato sospeso proprio da Manuel Zelaya.
Poco dopo il colpo di Stato, il suo salario era stato immediatamente ristabilito dal governo di fatto.
Nemmeno una parola da parte del cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga e del resto della gerarchia cattolica, eccezione fatta per il vescovo di Copán, Luis Alfonso Santos, sulle decine di persone che hanno perso la vita sotto i colpi dei gruppi paramilitari e sulle migliaia che hanno subito gravi violazioni ai diritti umani.
Nemmeno un segnale di condanna per la persecuzione contro uomini della Chiesa, come il padre Andrés Tamayo, a cui è stata tolta la nazionalità honduregna ed è stato espulso dal paese, o il gesuita Ismael Moreno (Padre Melo) e il sacerdote Fausto Milla, perseguitati e minacciati più volte di morte per il loro lavoro pastorale a fianco dei più poveri e per il loro impegno contro il colpo di Stato.
Il cardinale in Italia
Ora, Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga arriva in Italia, invitato a una serie di conferenze, tra cui una paradossale organizzata a Roma per il 20 maggio dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Istituto Italo-Latino Americano su “Oltre la violenza e la povertà. Proposte di cambiamento per l’America Latina”.
Da più parti stanno già arrivando appelli per impedire la presenza del Cardinale golpista, che tra l’altro è anche presidente della Caritas Internazionale.
È probabile ed auspicabile che ci siano mobilitazioni e proteste e non sarebbe il primo caso.
Già alcune settimane fa, Oscar Rodríguez ha dovuto sospendere un viaggio in Francia dove avrebbe dovuto ricevere il dottorato Honoris Causa da parte dell’Istituto Cattolico di Parigi.
Secondo un comunicato emesso dall’ambasciata honduregna in Francia, “questa decisione è dovuta alle forti pressioni esercitate da vari settori a livello nazionale ed internazionale, che lo considerano (il Cardinale) come uno dei principali autori del colpo di Stato in Honduras (…) e coinvolto in delitti di corruzione e deviazione di fondi pubblici”.
Nelle prossime ore verrà emesso un comunicato di ripudio contro la presenza del Cardimale, come è stato ribattezzato in Honduras.
© (Testo Giorgio Trucchi — Lista Informativa “Nicaragua y más” di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
Università degli Studi Roma Tre (Dipartimento di Studi Storici, Geografici, Antropologici) e Terre Madri ONLUS Organizzazione Non Governativa di Cooperazione Internazionale
Organizzano un seminario su
L’ARCHIVIO DEL TERRORE
Il Paraguay tra storia e memoria
martedì 18 maggio 2010, ore 17.00
Aula 18 della Facoltà di Lettere e Filosofia – Roma Tre
Ricordare i fatti accaduti è un regalo alle generazioni che vengono.(Martin Almada)
Nonostante l’America Latina sia al centro di un processo di democratizzazione e inclusione dei gruppi sociali storicamente emarginati, è ancora forte e presente il ricordo delle dittature, delle violazioni dei diritti umani dei decenni precedenti e dell’internazionalizzazione della repressione attraverso la Operación Cóndor. Procedendo tra storia, memoria e attualità incontreremo due testimoni privilegiati: Martin Almada –ex detenuto politico, Premio Nobel Alternativo per la Pace nel 2002, scopritore dell’Archivio del Terrore– María Stella Cáceres –Direttrice del Museo della Memoria: Dittatura e Diritti Umani di Asunción– e ripercorreremo alcune tappe fondamentali della storia paraguayana e latinoamericana.
Introduce e coordina
Maria Rosaria Stabili, Docente di Storia dell’ America latina
Salutano
Stefano Andretta,Direttore del Dipartimento di Studi Storici
Gianni Tarquini, Terre Madri onlus
Intervengono
Martin Almada, Le strategie della repressione e il ruolo degli Stati Uniti in America Latina
Maria Stella Cáceres, Violenza di genere in Paraguay
Facoltà di Lettere – via Ostiense 234–236, Roma (Metro B, Fermata Marconi)
GIORNI DI NEVE, GIORNI DI SOLE, Fabrizio e Nicola Valsecchi, Marna, 2010, 12 euro
L’ultimo romanzo dei fratelli Fabrizio e Nicola Valsecchi – gemelli con la passione della scrittura che già in passato hanno riscosso un buon successo di pubblico con La Chiromante .Una profezia (2002) e B. e gli uomini senz’ombra (2004) pubblicati dalla casa editrice Marma – si intitola Giorni di neve, giorni di sole.
Questo lavoro, scritto a quattro mani, come i precedenti, e sempre edito da Marna, si avvale della prefazione del premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel. Il romanzo, liberamente tratto dalla vita di Alfonso Mario dell’Orto, italiano emigrato in Argentina nel 1935, racconta il viaggio di ritorno in Italia di quest’uomo ormai anziano e che proprio nel paese dove era andato a cercare fortuna, ha perso sua figlia Patricia, uccisa insieme al marito Ambrosio durante la dittatura dei generali (1976–1983). Grazie alla testimonianza di Julio Lopez, il mandante dell’assassinio dei due giovani (Miguel Osvaldo Etchecolatz, allora commissario della provincia di Buenos Aires) è stato condannato all’ergastolo nel settembre del 2006 (e da allora Lopez scomparve, primo desaparecido della repubblica).
La postfazione di Gianni Tognoni, segretario generale del Tribunale permanente dei Popoli contestualizza la storia all’interno di quello che viene definito «il laboratorio di repressione» dell’America latina (30.000 persone scomparse). La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e nella fattispecie il Tribunale permanente dei popoli che ne è diventato strumento, ha istituito invece un «laboratorio di memoria», inteso come «stagione permanente» di ricerca ma anche di denuncia delle responsabilità materiali e morali, per quel crimine verificatosi con il concorso dei grandi poteri economici, con la complicità dei mezzi di informazione occidentali e della «comunità internazionale».
Alfonso Maria dell’Orto torna in Lombardia a trent’anni dalla morte di sua figlia Patricia per far conoscere i suoi ideali di libertà e giustizia sociale. Un viaggio che esplicita tutta la potenza taumaturgica del «ritorno a casa», un «ritorno nel ventre materno». Passato e presente si intrecciano, le presenze di allora e quelle di oggi si assomigliano e paiono fantasmi inseguiti dalla vita, che scorre in mezzo a loro «signora senza volto e senza pietà».
Una nota di speranza, tuttavia, domina l’intero romanzo. Patricia – pensa il padre mentre fa ritorno in Argentina – vive nel ricordo e negli affetti. La piccola Marianna, figlia di Patricia e Ambrosio, incredibilmente sopravvissuta al sequestro dei genitori, ogni 5 novembre – giorno del loro rapimento – scrive una poesia ai genitori. Ai giorni di neve, seguono giorni di sole.
ANNALISA MELANDRI
Recensione per Le Monde Diplomatique – Il Manifesto aprile 2010
Il Coordinamento Romano Donne per la Conferenza Mondiale delle Donne di Caracas 2011 partecipa con un proprio striscione oggi alle 18 a Ponte Garibaldi al presidio in memoria di Giorgiana Masi, vittima del Terrorismo di Stato…
UN FIORE A GIORGIANA MASI, VITTIMA DEL TERRORISMO DI STATO
Il 12 maggio di 33 anni fa veniva assassinata dal piombo dello stato borghese la compagna Giorgiana Masi, durante un sit-in indetto dai Radicali per l’anniversario della vittoria referendaria sul divorzio. Tale vicenda ha nell’allora Ministro degli Interni Francesco Cossiga il mandante politico e morale e, nelle “squadre speciali” da lui formate con l’avallo di tutto l’arco istituzionale dell’epoca, i vigliacchi esecutori dell’omicidio di una ragazza non ancora ventenne, colpita alle spalle e uccisa poi una seconda volta dal giudice che, dopo aver esaminato il caso, nel 1981 optò per l’archiviazione “in quanto sono rimasti ignoti i responsabili del reato”. Cossiga ha sempre sostenuto la tesi del “fuoco amico” di fantomatici autonomi e, a un certo punto si puntò il dito persino contro l’allora latitante Andrea Ghira (uno dei massacratori del Circeo), versioni poi smentite dalla pubblicazione delle celebri foto di Tano d’Amico , dove si vede chiaramente un’agente in borghese sparare e scappare via; sui fatti di quel giorno D’Amico dirà:“Il segreto sulla morte di Giorgiana tiene non perchè non lo conosce nessuno, ma perchè lo condividono in molti”. Una conclusione tale deve essere accompagnata da un bilancio severo sul movimento di quegli anni, criticando la componente opportunista promotrice del successivo reflusso negli argini imposti dal Capitale, portando avanti invece l’esempio delle componenti rivoluzionarie che attaccarono frontalmente il padronato e i suoi apparati coercitivi. A distanza di così tanto tempo la conclusione logica dei compagni di allora e dei militanti di oggi è che lo stato non processa mai se stesso. Oggi, da Carlo Giuliani a Stefano Cucchi, sono ancora i giovani, i lavoratori, i disoccupati, gli immigrati a pagare con la vita la barbarie del capitalismo, di cui ogni governo è sempre sostenitore e difensore! Ieri come oggi, in momenti di acuta crisi politica economica e sociale, lo stato accentua il suo carattere repressivo contro quanti continuano a lottare per la difesa dei propri diritti (lavoro, casa, istruzione, sanità) e per la costruzione di una società migliore.
NOI NON DIMENTICHIAMO ! GIORGIANA VIVE NELLE NOSTRE LOTTE! Le compagne
“Se la rivoluzione di Ottobre fosse stata di Maggio,
se tu vivessi ancora,
se io non fossi impotente di fronte al tuo assassinio,
se la mia penna fosse un’arma vincente,
se la mia paura potesse esplodere nelle piazze,
coraggio nato dalla rabbia strozzata in gola,
se l’averti conosciuta diventasse la nostra forza,
se i fiori che abbiamo regalato alla tua coraggiosa vita nella nostra morte
almeno diventassero ghirlande nella lotta di noi tutte donne, se..
Non sarebbero le parole a cercare di affermare la verità,
ma la vita stessa, senza aggiungere altro”
Costruiamo la Conferenza Mondiale delle Donne – Venezuela 2011
Dall’appello del Comitato Promotore Internazionale: Noi, milioni di donne di tutti i continenti viviamo sulla nostra pelle la povertà, la disoccupazione, lavori con bassi salari e con pochissimi diritti alla sicurezza, subiamo la guerra e siamo obbligate a migrazioni di massa, (…). La maggior parte di noi donne di tutto il mondo è doppiamente sfruttata e oppressa dal capitalismo, in quanto parte della classe lavoratrice e, allo stesso tempo, in quanto oppresse per la nostra condizione di genere e per ampie masse in quanto parte dei paesi dipendenti e dei popoli e culture oppressi.Cresce la consapevolezza che è necessario uno scambio internazionale delle esperienze, una cooperazione, azioni di solidarietà e lottare per la liberazione della donna in un mondo completamene liberato dallo sfruttamento e dall’oppressione.
Il Coordinamento Romano Donne partecipa alla costruzione della CMD per dare il proprio contributo alla rinascita di un movimento combattivo delle donne. Anche nel nostro paese, la donna subisce feroci attacchi alla propria libertà. La vergognosa campagna reazionaria contro la RU486 contro il diritto ad una maternità consapevole, condotta dal Vaticano e la sua corte e supportata da questo governo di fascisti, razzisti, leghisti e mafiosi è solo un esempio. Crediamo che sia importante unire le forze di tutte le donne che oggi lottano e si mobilitano in ordine sparso, per ricominciare a ricostruire un percorso comune, per arricchirci con lo scambio di esperienza ed uscirne rafforzate! Uniamo le nostre volontà per dare un impulso al movimento mondiale combattivo delle donne! Non c’è emancipazione della donna senza Rivoluzione!Non c’è rivoluzione senza emancipazione della donna! Lottiamo Unite!
Coordinamento Romano Donne
Per adesioni, info (iniziative e materiali ecc.) e contatti: href=“coordinamentoromanodonneyahooit“>coordinamentoromanodonneyahooit
339 — 8489559 (Chiara); 327–1843601(Giorgia)
annalisamelandriyahooit (annalisamelandriyahooit) (Annalisa)
Fonte: Cobas Pisa
In questi giorni la Grecia è attraversata da scioperi generali che hanno paralizzato il paese e da violenti scontri di piazza.
Quanto accade in Greciapotrebbe ripetersi molto presto in altri paesi Europei, per esempio il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda e l’Italia, le nazioni più a rischio del continente a cui vengono chiesti sacrifici economici e sociali tra cui innalzamento dell’età pensionabile, taglio del costo del lavoro e lo smantellamento dello stato sociale.
Il Fondo monetario internazionale e l’Unione Europeahanno imposto al Governo Greco (dopo anni di silenzio sulla nefasta bancarotta del precedente governo di destra) misure di autentica macelleria sociale per ridurre il rapporto tra deficit e Pil secondo i dettami di Maastricht.
Il Fmi e la Banca Europea, i Governi Inglese e Tedesco impongono tagli e sacrifici che metteranno in ginocchio il popolo greco, inaugurando un nuovo modello di Europa a due livelli, quella dei paesi “virtuosi”, “forti e ricchi”, e quella degli “scapestrati”, cioè dei paesi “deboli” e “scialacquoni”. E nei paesi più deboli cresceranno le disuguaglianze sociali ed economiche e i Governanti cercheranno di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri perchè divisi e indeboliti i lavoratori siano ridotti all’impotenza.
Ecco alcuni esempi di questa svolta “rigorista”: blocco degli stipendi fino al 2014, abolizione della tredicesima e quattordicesima mensilità, cancellazione del salario accessorio per i dipendenti pubblici, aumento dell’iva al 23%, età pensionabile a 65 anni e 40 anni di contributi, impossibilità (pur con i contributi) di andare in pensione prima di avere compiuto 60 anni, le pensioni dei nuovi assunti decurtate del 50%, cambierà la legislazione in materia di lavoro ( migliaia di licenziamenti…) vertiginoso sarà l’ aumento del costo della benzina e di tutti i generi di prima necessità.
Oggi l’Europa dei Banchieri e di Maastricht fa pagare le speculazioni finanziarie al popolo greco, domani a noi tutti. La Germania e la Banca Europea impongono politiche di riduzione della spesa sociale e di contenimento dei salari e delle pensioni, politiche che attaccano direttamente le nostre condizioni di vita.
Sostegno e solidarietà ai lavoratori greci e alle forze sociali che lottano contro la speculazione finanziaria e contro i parametri finalizzati non al rilancio dell’economia, ma alla sopravvivenza di un sistema economico fondato sullo sfruttamento selvaggio.
Basta subire i ricatti dei banchieri e degli speculatori, in Italia come in Grecia: costruiamo l’opposizione sociale e politica sviluppando il conflitto contro l’Europa dei padroni.
Confederazione Cobas Pisa
El pasado 28 de marzo, el internacionalista vasco de origen aleman Walter Wendelin fue expulsado por las autoridades venezolanas sin tener ninguna causa pendiente con la justicia española y sin que contra él existiese alguna orden de aprehensión. Walter es un militante del movimiento internacionalista Askapena, la izquierda abertzale y estaba viajando a Venezuela para dar a conocer a políticos y otros internacionalistas el proceso democrático Zutik Euskal Herria iniciado hace unos meses por la Izquierda Independista. “Fue un asunto eminentemente político e irregular detrás del cual está principalmente la mano negra del ejecutivo español” nos explica Walter en esta entrevista en donde además nos da una visión revolucionaria del hecho llamando a no “equivocarse nunca de enemigo” sobre todo tomando en cuenta las dificultades que sufre el proceso revolucionario en Venezuela.
A.M. — ¿Walter puedes contarnos como se desarrollaron los hechos en el aeropuerto de Caracas?
W.W. - Simplemente se presentaron agentes del servicio bolivariano de inteligencia, la antigua DISIP, y me pidieron que les acompañara para responder algunas preguntas después de lo cual me llevarían ellos mismos a mi destino en Caracas. Avisé de esta situación a las personas que me estaban esperando indicándoles que estaría en el Helicoidal, el edificio del SEBIN. Allí tuve varias conversaciones con ellos y con personal del servicio de Inmigración. Por desgracia, finalmente me invitaron a abandonar el país, sin una explicación oficial, me acompañaron a un hotel para pasar la noche y me llevaron al aeropuerto. Ellos se ocuparían del cambio del billete. Intentaron que firmara una declaración de expulsión lo cual no hice porque ni era lo que me dijeron ni eran verdad las razones que expusieron en su escrito. Tampoco hubo problema alguno en que no firmara esta declaración de expulsión. Cómo viajé con mis documentos estaba claro que no era una expulsión en regla y así lo tomaron las autoridades francesas en el aeropuerto de París donde me interrogaron sobre este aspecto durante una hora. Finalmente proseguí mi viaje a Gasteiz.
A.M. — ¿Tienes alguna causa pendiente con la justicia española o tenías alguna orden de detención?
W.W. - Si hubiera tenido algo pendiente con la justicia ya sea venezolana, francesa o española o hubiera alguna orden de la Europol o la Interpol no estaría respondiendo estas preguntas tranquilamente desde la casa. Es, pues, un asunto eminentemente político e irregular detrás del cual está principalmente la mano negra del ejecutivo español. Para impedir que en Venezuela y el resto de países conozcan los hechos y el análisis según opiniones que no les gustan de lo que ocurre en Euskal Herria – el País Vasco – necesitan utilizar estos tipos de actuación poco serias, poco dignas y que demuestran toda su debilidad – lo cual no quiere decir que no consigan hacer daño y causar mucho sufrimiento. Algunos medios recogieron declaraciones de la embajada y del ministerio de relaciones exteriores español que decían que esto era exactamente el tipo de colaboración que esperaban del gobierno de Chávez.
A.M. — ¿Qué opinas sobre los reales motivos de tu expulsión de Venezuela?
W.W. - Me imagino que por parte de Venezuela o su inteligencia querían hacer un gesto de buena voluntad y de colaboración con el Reino de España después de haber firmado una serie de negocios con importantes transnacionales españolas. También está la presión de la oposición escuálida que ataca al gobierno con el discurso de su complicidad con el “terrorismo Internacional” – las FARC, la ETA-Batasuna-…, Irán, con todo el eje del mal y que se presentará a las elecciones legislativas este septiembre u octubre. La situación electoral del gobierno de Chávez es complicada tanto frente a esta oposición y la administración estadounidense como internamente, dentro del chavismo y de su victoria depende no sólo el futuro de las y los venezolanos sino el avance del todo el proceso bolivariano en América.
Por parte del Reino español también hay dos razones que son bastante evidentes. Una es que España ha tenido que demostrar a su amo – el imperio estadounidense, a su administración y a sus transnacionales financieras principalmente que a pesar de haber firmado negocios con Venezuela que no sólo le suponen suculentos beneficios al capital español sino que también a la revolución bolivariana de Venezuela, no piensan contribuir en nada a este proceso enemigo de los EEUU. Por otro lado hay una campaña iniciada hace unos meses por parte del Ministerio del Interior español para criminalizar, cortocircuitar e impedir el proceso democrático – ZUTIK EUSKAL HERRIA – que ha iniciado la Izquierda Independentista Vasca. Se trata de una iniciativa unilateral que se plantea en ausencia de violencia y bajo principios democráticos (como siempre lo ha hecho la Izquierda Abertzale) que resitúa a los poderes fácticos españoles en un espacio eminentemente político donde el Estado español es cada día más débil y por ello éste insiste en situar el conflicto de intereses políticos en parámetros de lucha “antiterrorista”, también a nivel internacional.
A.M. — Walter, tú has sido y eres siempre muy solidario con la revolución bolivariana. En la entrevista realizada por Miguel Suarez de Radio Café Estereo haces un llamado a no caer en “la trampa mediática” que el hecho puede ofrecer. ¿Que significa eso?
W.W. - Básicamente he querido decir con ello primero que no debemos nunca equivocarnos de enemigo y mucho menos por un incidente de esta índole. Con ello no quiero restarle importancia ya que, como he dicho antes, supone una muestra de las dificultades verdaderas, prácticas, que sufre el proceso revolucionario en Venezuela por el acoso criminal y amoral del imperialismo yankee, el sub-imperialismo español y la complicidad de la burguesía escuálida con su proyecto capitalista neoliberal.
Dicho de otra forma: hay que diferenciar los errores y debilidades de compañeros y compañeras de lucha de los ataques del enemigo y hay que diferenciar muy bien las quinta-columnas en los procesos revolucionarios. En esta diferenciación es importante no tener como valores absolutos los principios individuales propios – los principios revolucionarios siempre han de ser colectivos. Por otro lado, está la tergiversación mediática y a veces llegan incluso a perder el control sobre ella. Un ejemplo es el titular en un periódico venezolano en el que hablaba de una “detención ilegal de un etarra”. Sin entrar a valorar los principios deontológicos de los periodistas, ni su ética profesional, que deja mucho que desear, debemos estar muy alerta sobre la influencia que tienen sus mentiras y medias verdades, repetidas mil veces, como dijo Goebbels, para transformarlas en verdad, en nuestras propias valoraciones, análisis y opiniones. Los que instrumentalizan los medios de comunicación para sus propios intereses particulares como élite capitalista tienen una estrategia establecida para contrarrestar la lectura crítica de las personas de izquierdas.
A.M. — Tú casi justificas cuanto ha ocurrido por la situación muy difícil que se vive en Venezuela donde el gobierno está apretado entre el “reino español” por un lado y entre y las presiones muy fuertes de la oposición interna. Sin embargo, a muchos de nosotros, militantes, activistas y solidarios con las luchas de liberación de los pueblos, el hecho de tu expulsión nos ha asustado por un lado y hecho reflexionar por el otro… España, además, sigue siendo un partner económico muy importante por todos los países de América latina. ¿Cómo piensas se pueda conjugar la estabilidad de un país en el ámbito de las relaciones internacionales e intercambios comerciales con la solidaridad revolucionaria?
W.W. — Primeramente hay que tener en cuenta que no puede haber nunca estabilidad en un mundo en el cual el Capital y su sistema son hegemónicos porque o hacen la guerra contra cualquier alternativa o se la hacen entre ellos por la hegemonía. El capitalismo es esto por definición. No hay fórmula o herramienta ética que pueda evitar esto. En todo caso puede disminuir algo la tensión, crear algo de aparente estabilidad durante lapsos de tiempo cortos. El bloque socialista y la Unión Soviética fue un factor que obligó al capitalismo desarrollar estos aspectos de estabilidad (mediante el equilibrio nuclear, el modelo keynesiano, la carta de derechos humanos y fundamentales de la ONU, entre otros) pero desde que lograron hacer implosionar el modelo socialista tienen vía mucho más libre hacía la competitividad total.
Esto significa un aumento de inestabilidad global cuya expresión son los focos de guerras que han aumentado considerablemente y aumentarán aún más en los tiempos venideros. Otra expresión es la lucha llamada “antiterrorista” contra el “eje del mal” internacional. Por lo tanto hay que considerar la estabilidad como un objetivo táctico imprescindible en ciertas circunstancias de un país en un proceso de resistencia frente al imperialismo, pero nunca como algo positivo o estratégico en un mundo capitalista. Esto crea contradicciones lógicas de apreciación sobre cuándo es necesario o imprescindible y beneficioso al proceso revolucionario y cuándo beneficia al gran capital. Teniendo en cuenta esto podemos intercambiar análisis pero siempre sobre la base del respeto ante la autoridad que tiene cada uno sobre su propio proceso. Es decir, cumplir con el principio de no ingerencia en los asuntos de soberanía nacional. Esto es la base, el fundamento principal de la solidaridad internacionalista. Para ello debemos retomar lo que es internacionalismo y solidaridad que actualmente son conceptos tergiversados por el mismo sistema que hace unos pocos años los criminalizaba.
Cuando se dieron cuenta que no podían extinguir la solidaridad internacionalista como principio de la Izquierda la asimilaron para tergiversarla y transformarla en un valor que incluye en su discurso e ideología hasta la extrema derecha neoliberal. La concepción errónea del concepto “solidaridad” fue promovido por el sistema a través de las ONGs (Organizaciones Neo gubernamentales) que la ha introducido en la izquierda desarmando la solidaridad. Hoy la solidaridad se ha convertido en un arma de fogueo. Esto es muy peligroso para la izquierda. Cuando intentamos recuperar la solidaridad internacionalista como principio revolucionario incluso gran parte de la izquierda lo critica y lucha en contra precisamente con la justificación errónea de no poner en peligro la “estabilidad” y no dar excusas al sistema para reprimir el avance de la “nueva izquierda”. El sistema no requiere de excusas. Las usa si las hay y si no las inventa, siempre. En resumen: no se debe ni se puede nunca conjugar la estabilidad de un país con la solidaridad revolucionaria. Lo que debemos hacer – sobre todo desde la izquierda europea – es aprender a respetar los procesos revolucionarios de cada pueblo, incluso, o sobretodo, si no comprendemos o ignoramos sus razones.
A.M. — Según cuanto se lee en Rebelión, “la Embajada de España en Venezuela reconoció haber tenido algún tipo de influencia en la detención y expulsión. Revelaron haber colaborado con las autoridades policiales venezolanas y afirmaron que la detención es una muestra del “tipo de cooperación que Madrid espera de Venezuela”. Si no tenías algún cargo pendiente en España, ¿no te parece que eso sea una forma de ambiguo chantaje que el gobierno de Venezuela no hubiera debido aceptar para no crear peligrosos antecedentes y sobre todo para no meterse al par de Estados Unidos que, como sabemos, tienen listas de personas que por sus ideas y por sus posturas consecuentes no pueden pisar tierra estadounidense?
W.W. - Es un chantaje pero nada ambiguo, que demuestra que nada tiene que ver con una cuestión de justicia o legalidad sino con intereses políticos. Si el gobierno de Venezuela ha tenido que o no hubiera tenido que someterse a este chantaje es algo sobre lo que podemos opinar pero en última instancia son los venezolanos y venezolanas las que deben decidir y los demás respetar. Es peligroso no tanto como antecedente – ya que de estos ha habido muchos más y más importantes, sobre todo entre revolucionarios colombianos, pero también con refugiados vascos y otros – sino que el peligro principal es la desmotivación, los conflictos, la frustración en la propia población revolucionaria venezolana. El peligro está precisamente en que mucha gente revolucionaria se resigne y se retire de la lucha o se equivoque de enemigo, de principios y de objetivo prioritarios de la revolución bolivariana. Y como internacionalista intento evitar que se utilice este incidente para promover precisamente esto.
Otra cuestión es que a través de este incidente y de los muchos más sobre los que deberíamos concienciar podamos crear un frente internacional contra la legalización de las listas negras, la lucha antiterrorista, la supresión del derecho de asilo y todas las demás expresiones contra-revolucionarias que se introducen como principios de un estados de derecho cuando nada tienen que ver con esto sino que son fórmulas para imponer intereses del gran Capital en contra de cualquier proceso progresista, humano, socialista y revolucionario.
A.M. ¿Cuál era el motivo de tu viaje a Caracas?
W.W. - El motivo del viaje era poder estar con diferentes políticos, agentes sociales que habían mostrado interés por conocer una opinión y análisis diferentes a los que transmiten los medios de comunicación oficial y los agentes españoles sobre la realidad del pueblo vasco, la intención de organizar brigadas internacionalistas con jóvenes dispuestos a formarse como internacionalistas, el proceso democrático (Zutik Euskal Herria) iniciado hace unos meses por la Izquierda Independentista Vasca, su forma de solucionar los problemas organizativos, antirrepresivos, políticos, económicos y el pronóstico de todo esta iniciativa de pasos unilaterales hacia la resolución del conflicto que el gobierno español no quiere que se conozca, no quiere negociar, no propone alternativas y sólo admite una solución final de aceptación de derrota por medios represivos, policiales, de guerra sucia judicial, administrativa y parapolicial.
Dicen diferentes entidades españolas que estamos engañando a la gente contándoles mentiras sobre la existencia del pueblo vasco y del conflicto. Esto, por de pronto, es una falta de respeto comparable con el “¿Porqué no te callas?” real hacia los y las venezolanas en este caso ya que presupone que los diputados, parlamentarios, ministros, políticos, dirigentes sociales y gente en general no son capaces de darse cuenta cuando alguien les va con una historia falsa, que no saben diferenciar la verdad de la mentira, que no tienen sus fuentes para contrastar, … en fin, presupone que son idiotas. Y cualquier político o política venezolana tiene un nivel profesional perfectamente comparable con cualquiera de los empresarios, políticos y diplomáticos españoles. Cualquier ciudadano o ciudadana formada en el proceso bolivariano tiene más conocimiento que los y las ciudadanas españoles formadas por la Televisión Española pública y privada, periódicos como El País o El Mundo, el Hola o Interviu.
En todo caso estos le superan en engreimiento real demostrado a través de su realeza de la cual son súbditos voluntarios. Sé que mi opinión sobre el gobierno español y la sociedad en general no es muy halagadora para ellos y que les puede molestar de sobremanera, pero no puedo cambiar esta opinión por imperativo legal o exigencia inquisitorial. Además, si no fuera porque intentan imponer su voluntad y sus decisiones mediante la amenaza y el chantaje, la violencia y la represión (aunque la hayan legalizado y constitucionalizado) donde no les corresponde – en el País Vasco y sobre el pueblo vasco – no tendría que hablar mucho o nada sobre ellos.
A.M. — “Zutik Euskal Herria” (Euskal Herria en pie) es una propuesta de la Izquierda Abertzale (izquierda revolucionaria vasca) que propone un marco democrático hacia la superación del conflicto. ¿Puedes decirnos algo más sobre eso?
W.W - La verdad es que hablar sobre ZUTIK Euskal Herria requiere otra entrevista y sería muy importante e interesante poder profundizar y aclarar qué es y también qué no es. Resumiendo mucho, es una decisión de cambio estratégico unilateral de la Izquierda Abertzale para retomar la iniciativa política del país. Está basada en un análisis y toma de decisión colectiva de toda la gente del mal llamado “entorno terrorista” que sobrepasa los más de 7000 militantes contabilizados y que se realizó durante muchos meses. Comenzó con la conciencia de que el gobierno español, que se había levantado de la mesa de negociación sobre la resolución del conflicto a finales de mayo del 2007, no sólo no estaba dispuesto a retomar la negociación política sino que estaba decidido a aplicar una “solución final” represiva y vengativa. Cerró todas las vías una vez más. La situación estaba enquistada.
Nadie podía avanzar hacia una resolución sensata, justa y duradera. Por otro lado, algunas personas analizaron que el gobierno español se había debilitado enormemente en el espacio político, no tenía capacidad política para enfrentar política y democráticamente la resolución, y era eso lo que le mantenía en la cerrazón criminal de su negativa a cualquier oferta que no significara la derrota ante la represión policial-judicial y administrativa del ejecutivo. Una vez que se comenzó a debatir y analizar nos dimos cuenta de que muchas otras condiciones tanto subjetivas como objetivas también habían cambiado o habíamos logrado cambiar de forma sustancial. Todas ellas llevaban a que para avanzar hacia un Marco Democrático suficiente para poder resolver el conflicto político era imprescindible tomar la iniciativa política de forma unilateral por el bien del pueblo (es decir, de nosotros todos y todas) y que estaban dadas las condiciones para poder comenzar por aglutinar fuerzas del espectro independentista y soberanista en nuestro país en ausencia de violencia y con ello la construcción de un nuevo sujeto político para la futura negociación y para la construcción nacional y social. Se debatió entre todas y todos – todos – y se consensuó la decisión de avanzar en este sentido sin esperar acuerdos o gestos del gobierno español ni de nadie.
Los gestos del gobierno español vinieron rápidos en forma de detenciones de los coordinadores y portavoces del debate, de jóvenes, de dirigentes, abogados y familiares de presos y presas políticas … aumentaron las denuncias de castigos adicionales a familiares, de palizas en las cárceles, de torturas, de guerra sucia, de terrorismo de Estado. Todo ello para cortocircuitar el debate, dividir, romper y volver al escenario violento anterior. Pero una vez más no pudieron parar el avance de la Izquierda Abertzale. Y es a este avance continuo desde hace más de 50 años hacia la autodeterminación y la democracia a lo que tienen verdadero terror. Por ello manipulan, mienten, dicen que la iniciativa es una “iniciativa trampa”, que es “más de lo mismo”, que es “por debilidad”, o “para intentar evitar una derrota”, o “para recuperar la oportunidad de acceder a un puesto de concejal o alcalde en las próximas elecciones” … Todo ello es mentira y lo saben. El objetivo de la Izquierda Abertzale es otro: la resolución democrática del conflicto y el establecimiento de unas reglas de juego democráticas y con garantías con las que todos los proyectos políticos puedan defenderse y realizarse con el único techo que supone la libre voluntad de las personas que viven en Euskal Herria.
Esto debe incluir también el proyecto político de la Izquierda Independentista Vasca que es INDEPENDENCIA y SOCIALISMO.
Adrián Ramírez López presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani — LIMEDDHvenerdì 7 maggio alle ore 17,15 Libreria San BenedettoSalita Santa Caterina 1/1 — Genova si parlerà di diritti umani in Messico e nel resto del mondo, criminalizzazione della protesta sociale, narcotraffico e militarizzazione, solidarietà e militanza attiva sono invitati a partecipare le associazioni che si occupano di diritti umani, di lotte sociali e di lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, giornalisti e mezzi di informazione indipendentii singoli cittadini. info tel 010–8696710, cell 340–1571388 Il Dr. Adrián Ramírez López, medico, dal 1993 ricopre la carica di presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani A.C., organizzazione non governativa affiliata alla Federazione Internazionale dei Diritti Umani, alla Organizzazione Mondiale contro la Tortura e alla Associazione Agir Ensemble pour Les Doits de l?Homme, tutte con statuto consultivo rispetto all?ONU.E? inoltre titolare di cattedra in Medicina Forense nel corso di laurea di Diritto, professore dei corsi di laurea di Infermeria e Psicoologia, professore invitato al corso universitario di Cooperazione per lo Sviluppo nelle Universidades Valencianas, in Spagna.Ha dato conferenze al Colegio de Abogados de Madrid, a la Universidad Autónomade Madrid, a la Comisión Española de Ayuda al Refugiado, al Ilustre ColegioNacional de Doctores y Licenciados en Ciencias Políticas y Sociología.Vanta una vasta esperienza come perito indipendente in medicina forense, in materia di torura ed altre violazioni dei ditritti umani.Ha partecipato a 186 missioni di osservazione dei diritti umani ed ha offerto colleborazione e supporto in materia di diritto umano al Senato della Repubblica, alla Camera dei Deputati e al?Assemblea Legislativa del Distretto Federale. E? stato eletto vicepresidente della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), carica ricoperta dal 1997 al 2001.