LA TERRA STA MORENDO. QUANTO TEMPO RESTA PER EVITARLO?
Cosa accadrebbe se la variazione climatica di cui tutti siamo testimoni provocasse una reazione a catena e alterasse l’equilibrio biologico? Il romanzo prende in prestito la fantascienza, ma quando il lettore chiude l’ultima pagina si rende conto che di fantasioso ormai c’è davvero molto poco. Forse siamo ancora in tempo a evitare l’epilogo raccontato nel libro; a patto di cambiare radicalmente i nostri comportamenti.
Presentazione del
Nuovo libro di
RAFFAELE MANGANO
L’ULTIMO
TERRESTRE
Sabato 23 maggio
ORE 18,30
LIBRERIA CROCE
Corso
Vittorio Emanuele 156
Altra lingua - da Acquaforte (Fara Editore, 2003)
sei giunto al paese dei tuoi sogni
sorridi
non bastano i sorrisi
si chiudono le anime e le porte
accettando la sfida
fai tua l’estranea melodia
attraversi frontiere
conservi la canzone di tua madre
per cantarla ai tuoi figli
Gladys Basagoitia
La Dott.ssa Stefania Massari, Direttore dell’ Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia , Il Ministero per i Beni Culturali in collaborazione con l’Associazione Culturale Nuovi Orizzonti latini presentano:
Voce e suoni di due poetesse della Stella del Sud
La S.V. è invitata al recital di due poetesse latinoamericane venerdì 22 maggio alle 17.00 presso la Sala delle Conferenze dell’Istituto Demoetnoantropologico (Museo delle Arti e Tradizioni Popolari), Piazza Marconi, 8/10 Roma.
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Rayen Kvyeh è nata a Huequén (Chile) e occupa un posto molto particolare all’interno del panorama, in continua espansione, degli autori di origine mapuche. Ha studiato Diritto del Lavoro presso l’Università di Concepción e contemporaneamente, all’inizio degli anni anni Settanta, ha seguito studi di teatro presso il Laboratorio Sperimentale della stessa Università. Durante la dittatura militare di Pinochet ha sofferto il carcere e la tortura e nel 1983 è stata costretta all’esilio in Germania dove ha collaborato attivamente alle attività politiche e culturali della comunità cilena. A Friburgo mette in scena, con la compagnia Las Hormigas, Historia de los Desaparecidos. Successivamente, alla metà degli anni Ottanta, svolge un progetto di ricerca in Nicaragua sulla cultura miskita. Farà ritorno in Cile soltanto nel 1987 dove vive da allora a Temuco.
Rayen presenta in Italia in questi giorni la sua nuova raccolta poetica intitolata Luna de cenizas/Luna di cenere — (tradotta dallo spagnolo dal Prof. Antonio Melis), Edizioni Gorèe, 2009.
Rayen ha voluto scrivere Luna di cenere in spagnolo, quasi per non contaminare il suo mapudungun, la lingua dei mapuche, con le parole tristi legate all’esperienza del carcere.
Gladys Basagoitia, peruviana, con cittadinanza italiana, vive a Perugia. Biologa, poeta bilingue, performer e traduttrice. È stata premiata più volte in concorsi di poesia nazionali e internazionali.
Ha pubblicato le sue poesie in Perú, Brasile, Argentina, Messico, Nicaragua, U.S.A., Portogallo, Colombia, Italia, ecc
Ha tradotto il libro di poesia: La sorte/ la scelta di Mariella Bettarini. Ha inoltre tradotto altri poeti dall’italiano allo spagnolo e poeti dallo spagnolo all’italiano, soprattutto poesia femminile.
Questa importante poetessa è inoltre impegnata nella difesa dei diritti umani e dei diritti delle donne. In quest’occasione ci leggerà alcune sue poesie (in spagnolo e italiano) e ci presenterà la sua ultima opera: Il fiume senza foce, Fara Editore.
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Lettura poesie: Geraldina Colotti
L’ex ambasciatore colombiano nella Repubblica Dominicana, Juan José Chaux , è stato arrestato ieri all’aeroporto di Bogotá El Dorado per presunti vincoli con gruppi paramilitari che, secondo le accuse, avrebbero sostenuto la sua candidatura (poi ottenuta) come governatore del dipartimento del Cauca.
Il capo paramilitare Herbert Veloza García, conosciuto come “HH”, attualmente in carcere negli Stati Uniti ha dichiarato che in più di un’ occasione Juan José Chaux si riunì con i vertici delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) come Salvatore Mancuso, “Don Berna” e “El Alemán”.
Chaux rassegnò le sue dimissioni da ambasciatore nel 2008, quando fu accusato dal paramilitare Antonio López, alias “Job” di aver partecipato a una riunione con lui nella Casa de Nariño, sede della Presidenza.
Chaux è stato recentemente sostituito a Santo Domingo, dall’ex capo dell’Esercito colombiano, Mario Montoya, dimessosi per lo scandalo dei “falsi positivi”.
Di rimpasto in rimpasto, di criminale in criminale…
Della nomina di Mario Montoya ne avevamo parlato qui
Adiós Don Mario
Le violazioni dei diritti umani del popolo mapuche accertate da parte degli organismi internazionali
Facendo buon viso a cattivo gioco, il Cile ha accettato le raccomandazioni di alcuni Stati membri dell’ONU e di alcune ONG rispetto al tema della violazioni dei diritti umani del popolo mapuche, promettendo entro la fine del corrente anno di dare impulso a un programma nazionale volto al rispetto di questi e realizzato in coordinazione con la società civile.
La sessione speciale dell’ONU si è tenuta martedì 12 maggio nell’ambito della riunione dell’ Esame Periodico Universale (EPU), un nuovo meccanismo delle Nazioni Unite che ogni quattro anni esamina la situazione di un determinato paese.
Povertà estrema, educazione, rispetto dei diritti di donne e bambini, fine della repressione, garanzie giuridiche e diritto alla terra. Questi i principali temi affrontati e le richieste di chiarimenti da parte di alcuni paesi membri dell’ONU, ma sono state proposte anche raccomandazioni sul caso dei giornalisti stranieri espulsi dal paese per aver realizzato reportages sui mapuche e la revisione della legge Antiterrorista, alle quali il governo cileno deve rispondere entro il settembre del 2009.
Tuttavia rischia di trasformarsi nel solito balletto vuoto e senza senso di raccomandazioni, fatto di buone intenzioni e promesse mancate, dove tutti sanno quel che accade ma nessuno è seriamente intenzionato a fare bene la sua parte fino in fondo. E soprattutto dal quale è rimasto escluso il diretto interessato e cioè il popolo mapuche.
Se è vero che nell’assemblea dell’EPU sono state sentite numerose associazioni per la difesa dei diritti umani e molte ONG, è anche vero che non un rappresentate del popolo mapuche è stato invitato a partecipare.
La situazione dei mapuche in Cile oggi è talmente grave e preoccupante che a ben poco potranno servire raccomandazioni e belle parole.
Ha a che vedere direttamente con i giochi di potere e il pinochettismo che è tutt’altro che morto e con una presidente, Michelle Bachelet, che sembra totalmente piegata a poteri molto più forti di lei e che non prende ferma posizione in merito anche perchè tra quasi un anno è in scadenza il suo mandato.
Le violazioni più gravi verso il popolo mapuche sono commesse dall’Esercito e dalla Polizia come riportato anche nella relazione del Comitato Contro la Tortura delle Nazioni Unite, nel quale si è fatto esplicito riferimento a maltrattamenti che si trasformano in veri e propri casi di tortura, all’ impunità imperante per cui chi commette le violazioni non viene mai giudicato e condannato e alla stessa legge di Amnistia per la quale non si possono giudicare le violazioni dei diritti umani commesse tra l’11 settembre 1973 e il 1988.
Le violazioni dei diritti umani contro il popolo mapuche sono commesse soprattutto durante le operazioni di perquisizione delle comunità, durante lo sfollamento forzato e durante gli interventi realizzati in occasione della riappropriazione delle terre da parte dei mapuche.
I morti e le violenze commesse sui bambini
In alcune occasioni le operazioni di polizia hanno avuto esito tragico come accadde nel 2002 con la morte del 17enne Alex Lemún Saavedra, rimasto ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dai Carabinieri o di Juan Collihuín morto per lo stesso motivo nel 2006, o più recentemente per l’uccisione di Matías Catrileo, morto durante una recuperazione di terre il 3 gennaio 2008.
In tutti questi casi gli autori materiali di queste morti sono ancora in servizio e nessun provvedimento è stato preso contro di essi.
Particolarmente grave è la situazione delle donne e dei bambini mapuche, i soggetti più deboli delle comunità.
Ci sono neonati, come è avvenuto ad una bambina di appena sette mesi che è rimasta intossicata dal lancio di un lacrimogeno lanciato all’interno della sua abitazione, che riportano gravi lesioni e traumi durante le operazioni di polizia, o minori che raccontano di essere stati picchiati dai Carabinieri o tenuti per un’intera notte in celle umide e fredde e senza cibo.
Bambini che raccontano di intimidazioni e minacce e altri che ricevono alla schiena o alle gambe i pallini antisommossa o che restano completamente soli dopo l’arresto di tutta la famiglia come è avvenuto alla figlia minore della lonko (dirigente indigena) Juana Calfunao che ha dovuto chiedere asilo a Ginevra.
Il Servizio di Salute dell’Araucania Nord, (Programma di Salute Mapuche — Dipartimento di Psichiatria, Ospedale di Angol) ha testimoniato proprio al riguardo, come i bambini delle comunità mapuche soffrano di tutta una serie di disturbi e problemi psicologici riconducibili al conflitto territoriale e giuridico.
E’ accertato ufficialmente inoltre anche un caso di sparizione forzata, un ragazzo di 16 anni, José Huenante, è scomparso da tre anni dopo essere stato visto l’ultima volta su un’ auto dei Carabinieri. Tre di essi sono formalmente accusati del suo sequestro, ma del giovane nessuna notizia ad oggi.
I prigionieri politici
Non meno grave appare la situazione dei prigionieri politici mapuche nelle carceri cilene. In un recente comunicato dichiarano di rifiutare fermamente “l’integrazione forzata con la società winka (occidentale) corrotta dall’individualismo” e reclamano e confermano i loro diritti sui territori originari svenduti completamente alle multinazionali dai quali sono stati cacciati per permetterne lo sfruttamento.
Lo sfruttamento delle foreste ad opera delle multinazionali del legno, la costruzione di dighe e centrali idroelettriche, di aeroporti, lo sfruttamento minerario delle enormi ricchezze del sottosuolo, sono queste le politiche che attua il governo cileno per svendere le risorse del paese ai capitali stranieri e per la cui realizzazione passa sopra ai diritti dei popoli nativi, decretandone la scomparsa.
C’è una campagna sistematica di distruzione e di annichilamento di intere comunità che si sta portando avanti nel silenzio indecente della comunità internazionale e che si compie attraverso repressione, minacce, uccisioni e arresti.
I membri delle comunità organizzate e in lotta, i weichafe (guerrieri), vengono incarcerati e accusati in base a leggi risalenti alla dittatura di Pinochet di essere “terroristi” e condannati con pene lunghissime che arrivano fino a dieci anni e oltre per reati minori quali l’incendio (elevato alla categoria penale di “incendio terrorista”), la recuperazione di terre e atti di proteste o rivendicazioni sociali.
Soltanto della Coordinadora Mapuche Arauco Malleco sono stati arrestati circa un mese fa 11 membri che vanno ad aggiungersi agli oltre 40 prigionieri nelle carceri che Michelle Bachelet, presidente del Cile, ha più volte ribadito non essere prigionieri politici.
Patricia Troncoso, Elena Varela e i giornalisti “terroristi”
Purtroppo il conflitto con il popolo mapuche fa parte di una delle tante lotte giuste ma dimenticate del mondo. Si fa finta di non sapere che è un intero popolo che si ribella a un sistema di potere con forme di protesta antiche e organizzate e che è sbagliato e disonesto chiamare terrorismo.
La legittimità delle richieste del popolo mapuche, la fierezza della sua gente, l’importanza delle sue rivendicazioni esce soltanto per brevi momenti dai confini nazionali quando il sistema politico e giudiziario cileno “inciampa” in incidenti di percorso come accadde l’anno scorso in occasione del lunghissimo sciopero della fame (112 giorni) che Patricia Troncoso portò avanti dal carcere e che la condusse quasi alla morte e in seguito al quale ottenne soltanto modesti benefici rispetto alla sua detenzione. Le sue richieste politiche più importanti, quali la libertà per tutti i prigionieri politici, la smilitarizzazione dei territori mapuche dell’Araucanía, l’abrogazione della legge Antiterrorista, la fine della repressione contro il popolo mapuche, furono completamente disattese.
Il suo sciopero della fame non si concluse con la sua morte solo per la grande pressione internazionale su di un governo sordo e cieco, dal momento che Patricia non ha mai ricevuto, nemmeno nei momenti più critici, la visita di nessun rappresentante del governo del suo paese.
Sempre lo scorso anno balzò alla cronaca la vicenda della videomaker Elena Varela, arrestata nel maggio del 2008 e tenuta in carcere tre mesi, mentre realizzava un reportage dal titolo Newen Mapuche sul conflitto con le multinazionali del legno, accusata di essere l’autrice intellettuale di alcune rapine in banca commesse tra il 2004 e il 2005 in associazione con la guerriglia del MIR (Movimiento de Izquierda Revolucionaria).
In quell’occasione le fu sequestrato tutto il suo lavoro. Il processo, con il quale rischia una condanna a 15 anni di carcere, che era fissato per il 29 aprile è stato rimandato ai primi di giugno per aspetti formali.
Anche Reporters senza Frontiere ha espresso in una lettera a Michelle Bachelet (alla quale lei non ha mai risposto) preoccupazione per la sentenza che sarebbe scaturita dal processo e i dubbi circa la validità delle accuse.
D’altra parte era già avvenuto in passato che giornalisti stranieri fossero identificati come “terroristi” ed arrestati. Accadde nel marzo 2008 con due cittadini francesi, nella zona di Collipulli quando Christophe Harrison y Joffrey Rossi furono detenuti per poco tempo, accusati di aver provocato un incendio e di appartenere all’ETA e a due cineasti italiani, Giuseppe Gabriele y Dario Ioseffi, accusati di “terrorismo” e poi espulsi dal paese.
Il prossimo Esame Periodico Universale (EPU) si terrà tra quattro anni. In Cile allora ci sarà un altro governo e un altro presidente. Da Michelle Bachelet ci si aspettava molto, sicuramente molto di più di quello che ha fatto per il rispetto dei diritti umani nel suo paese, vista la sua storia personale segnata da gravi perdite familiari durante la dittatura di Pinochet.
Il pinochettismo e il potere militare sono ancora forti in Cile, la destra è sicuramente una delle più forti in America latina, il neoliberismo applicato selvaggiamente negli anni ’70 e ’80 si è radicato prepotentemente creando ferite profonde in un tessuto sociale già gravemente compromesso da anni di terrore.
Il popolo mapuche rivendica i suoi territori, afferma prepotentemente e con orgoglio il diritto di vivere sulle sue terre, riconferma con fierezza usi e tradizioni antiche che non vuole perdere.
“Gli occhi neri di Lautaro
gettano migliaia di lampi.
Come soli fanno germogliare i solchi
come soli guidano l’avanzata di un popolo combattente
che non vuole essere schiavo
come un puma in gabbia”
(Rayen Kvyeh)
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In questi giorni la poetessa mapuche Rayen Kvyeh è in Italia per presentare alla Fiera del Libro di Torino la sua ultima raccolta di poesie dal titolo “Luna di Cenere” per le Edizioni Gorée e con la traduzione dallo spagnolo di Antonio Melis professore ordinario di Lingue e Letterature Ispanoamericane presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena.
Incontreremo Rayen Kvyeh e la poetessa peruviana Gladys Besagoitia venerdì 22 maggio alle 17.00 presso la Sala delle Conferenze dell’Istituto Demoetnoantropologico (Museo delle Arti e Tradizioni Popolari), Piazza Marconi, 8/10 Roma.
“…Loro vivono lì e noi qui. Già. Oggi mentre tornavo a casa guardando gli stranieri ed in particolare gli africani alle fermate dell’autobus pensavo che una volta si andava dall’Europa a prenderli con le navi mentre ora per diventare “schiavi” come i loro antenati devono pure pagarsi il viaggio su barconi fatiscenti…Così va il mondo, purtroppo, nell’indifferenza generale, in una sorta di egoismo legalizzato e il dramma che ogni giorno va in scena in tutti i Delta del Niger del mondo sembra proprio non appartenere a nessuno…” (un commento sul sito Portametronia)
di Edo Dominici per A Sud
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Nel Delta State l’esercito attacca un campo del Mend sarebbero almeno 200 i militanti uccisi, tra loro potrebbe esserci Government Ekpemukpolo alias Tompolo . Ucciso da un “colpo vacante sparato dall’esercito” uno degli ostaggi filippini.
Una giornata di combattimenti e comunicati, di morti reali o presunti ‚di vittorie schiaccianti e di smentite, in una regione nella quale i giornalisti non sono tollerati dall’esercito e dove spesso anche i rari quotidiani locali hanno difficoltà a verificare sul campo quanto sta realmente accadendo. Il bilancio degli scontri di venerdì, secondo il Vanguard , tra civili, soldati e militanti potrebbe essere di oltre 250 morti.
Il Movimento per l´emancipazione del delta del Niger (Mend) oggi ha ribadito la dichiarazione di «guerra totale» in tutta la regione del Delta del Niger.
«Il Mend dichiara guerra nella regione e invita tutti gli uomini adulti a sostenere la lotta per la nostra libertà – si legge in una dichiarazione pubblicata dai media nigeriani — Le forze armate nigeriane venerdì hanno eseguito bombardamenti aerei indiscriminati sulla popolazione civile inerme nella zona di Gbaramatu nel Delta State come punizione per l´umiliante sconfitta subita quando mercoledì 13 maggio quando i reparti della JTF (le forze speciali dell’esercito nigeriano) hanno cercato di assalire con un raid due campi di militanti.
Le vittime del bombardamento sono soprattutto donne, bambini e anziani che non sono potuti fuggire rapidamente nella boscaglia o in mare aperto. Considerato che questi sono i bersagli presi di mira dal governo per difendere la sua falsa pace e la finta proposta di amnistia, il nostro scetticismo si è rivelato più che corretto. Ribadiamo ancora una volta il nostro ordine a tutte le compagnie petrolifere di evacuare entro il termine della mezzanotte di oggi (Venerdì) e di cessare la produzione di petrolio fino a nuovo avviso. Questa è l´ultima volta che un tale avviso viene rilasciato».
Oggi la marina e l’esercito nigeriano hanno nuovamente attaccato i militanti del Campo 5 del Mend, comandato da Tom Polo, lungo il Chanomi Creek nel Delta, lo stesso attaccato mercoledì . Secondo Jonjon Oyeinfe, ex leader del Ijaw Youth Council, scontri sono in corso anche sul fiume nelle vicinanze del terminale della Chevron di Forcados.
Il portavoce dell’esercito, il colonnello Rabe Abubakar ha detto che le forze armate nigeriane hanno attaccato il Campo 5 con mezzi pesanti compresi cannoni e copertura aerea «per scovare i criminali dopo il dirottamento di due petroliere (tra cui la MV Spirit), gli attacchi contro i soldati e le minacce alle imprese petrolifere perché evacuassero il loro personale nel corso degli ultimi giorni. La task force militare non può alzare le mani e consentire che questo tipo di eventi continuino».
Secondo il portavoce dell’esercito l’operazione ha avuto inizio a Oporoza dove c’era poca resistenza all’attacco dei militari. Il conflitto a fuoco è avvenuto dopo che i militanti hanno lasciato il grande Campo 5.
Dopo il raid ad Oporoza i soldati si sono trasferiti vicino Kunukunuma e Okerenkoko, tutto intorno alle insenature di Chanomi dove i militanti si sarebbero ritirati.
Secondo il colonnello Abubakar il comandante dei militanti del Campo 5 Government Ekpemukpolo alias Tompolo potrebbe essere rimasto ucciso, ma la notizia non può essere verificata. Sempre secondo il portavoce militare i militanti uccisi sarebbero più di 200.
In serata Jomo Gbomo portavoce del Mend ha comunicato che durante l’attacco uno degli ostaggi, tutti di nazionalità filippina, è rimasto ucciso colpito da una pallottola vacante sparata dall’esercito.
Intanto la direzione della Shell Petroleum Development Company (SPDC) ha riferito che ha cominciato ad evacuare il proprio personale dalla travagliata area mentre la Chevron Nigeria Limited (CNL) ha dato delle restrizioni alla circolazione dei lavoratori all’interno degli impianti.
Difficile dire cosa sta realmente accadendo e dove possa portare questo conflitto. Tra comunicati e smentite di vittorie vere o presunte c’è la certezza di 20 milioni di civili che vivono con meno di un dollaro al giorno in una zona ricchissima di petrolio e sono spesso loro le vittime inermi del conflitto che ormai rischia di coinvolgere tutte le comunità e gli Stati del delta del Niger.
In questi tre giorni i combattimenti si sono svolti tutti nel Delta State, ora il rischio concreto che la “guerra del petrolio” si estenda agli altri Stati della regione è sempre più concreto, soprattutto nel Bayelsa e nel Rivers dove ci sono numerosi gruppi affiliati al Mend.
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Questa invece è un’agenzia Apcom sulla situazione rispetto all’Italia:
Roma, 13 feb. (Apcom) - Il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) rilancia gli attacchi contro la compagnia petrolifera italiana Agip in Nigeria e alza il tiro parlando di una “grande guerra del petrolio”. “Il Movement for the Emancipation of the Niger Delta (Mend) è venuto a sapere che un individuo senza scrupoli chiamato ‘Octopus’ (piovra) ha rassicurato l’Agip di poter sventare l’attacco programmato contro le aziende italiane sul Delta del Niger”, ha affermato il portavoce dei ribelli, Jomo Gbomo, in un’email inviata ad Apcom. Quest’uomo — prosegue Gbomo — è la stessa persona che ha “pagato un riscatto con l’aiuto della famiglia Daukoru e il primo pronto a negare pubblicamente di aver pagato un riscatto”. Il portavoce si riferisce a Gladys Daukoru, la moglie dell’ex ministro dell’Energia, Edmund Daukoru, rapita a inizio febbraio a Port Harcourt e rilasciata pochi giorni dopo, secondo il Mend, grazie al pagamento di un riscatto di 2,5 milioni di dollari. Per fugare ogni dubbio, Il movimento dei ribelli nella mail, sottolinea: “Vogliamo ribadire ancora una volta la nostra determinazione a danneggiare gli affari italiani a tempo debito”. Il Mend afferma di aver respinto l’offerta di denaro e la richiesta della “piovra” e dei suoi soci criminali dentro l’Agip per rovesciare la decisione. E non finisce qui. Nel mirino del Mend c’è ancora il ministro degli Esteri Franco Frattini, in tour in Africa in questi giorni: “E’ piuttosto spiacevole che invece di venire in Nigeria con un ramo d’olivo, il ministro italiano abbia scelto di venire con un ‘regalo greco’ che porterà ora a una grande guerra del petrolio”. Le sue affermazioni mostrano chiaramente, ha concluso Gbomo, che “il governo italiano ha scelto ancora una volta di stare con la parte sbagliata come fece Mussolini”. Quando la guerra sarà terminata e il Delta del Niger “emancipato”, il Mend “ricorderà solo quei paesi che sono stati dalla parte della giustizia”.
Polifonia / Attori
A SCHIENA DRITTA
CRONACHE DALL’ULTIMA
GUERRA DI COSA NOSTRA
di
Prefazione di
Sergio Nazzaro
formato: 13,5x21
pagine: 228
prezzo: € 18,00
ISBN: 978–88-95265–26-1
uscita: maggio 2009
Un anno di reportage e inchieste sulla riorganizzazione di Cosa nostra dopo i clamorosi arresti di Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Partendo dai clan “periferici” della
mafia rurale di Partinico, ai massimi sistemi e alle inquietanti connessioni con pezzi dello
Stato. Un viaggio in una Sicilia che tenta di reagire e di modificare un percorso di emarginazione
sia dal punto di vista sociale che sul piano della legalità.
Un’inchiesta che punta anche all’emersione e all’analisi di figure criminali considerate erroneamente
marginali e che, alla luce di una vera e propria guerra di mafia in atto in questo
periodo, si rivelano come ai vertici del sodalizio criminale.
Pietro Orsatti, nato a Ferrara, vive e lavora a Roma. Attualmente redattore del settimanale left–
Avvenimenti e collaboratore di varie testate fra le quali Terra, Agoravox.it, Dazebao, Liberazione,
Arcoiris.tv e Telejato. Ha collaborato con numerose testate giornalistiche fra le quali Diario, il manifesto,la Nuova Ecologia, Rai, Telesur. Alterna il lavoro giornalistico con quello di autore e regista
teatrale e di documentari.
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