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Precedenti SuccessiveProteste a Napoli
Un gruppo di persone oggi ha bruciato un autobus a Napoli. Sempre nella mattinata alcuni disoccupati hanno fatto irruzione nella sede del coordinamento regionale del Pdl.
“Se pensate di essere al sicuro, se pensate che le rivolte non potranno trasformarsi in rivoluzioni, è tempo di rivedere il vostro modo di pensare”
(Percival James Patterson , primo ministro della Giamaica alla riunione del G77 del 2008)
Appello agli studenti per boicottare Israele
Questa lettera è presa dal sito Boicotta Israele, e sarebbe utile farla circolare come meglio si può… attaccarla nelle bacheche delle scuole, ai cancelli o davanti gli ingressi dei parchi. Insomma… impariamo l’importanza dei boicottaggio ! e magari riprendiamo anche quelle belle usanze dell’attacchinare e volantinare in quartiere, nei propri posti di lavoro, nelle scuole… (Grazie Vale! )
Per maggior informazioni leggi qui.
Fiat e chiusura stabilimenti : il segreto di Pulcinella
per una nuova resistenza operaia…
Colombiani e Colombiane per la Pace: la società civile dialoga con le FARC per la soluzione del conflitto.
Colombia ed Ecuador sempre più divise da fumigazioni e basi militari
di Antonio Mazzeo
Da quel maledetto giorno del marzo 2008 in cui l’esercito colombiano bombardò l’accampamento della guerriglia installato in territorio ecuadoriano, assassinando il numero due delle FARC Raul Reyes, i due paesi latinoamericani hanno rotto le loro relazioni diplomatiche. Adesso il governo di Alvaro Uribe dovrà presentarsi di fronte la Corte internazionale di giustizia dell’Aja per rispondere dei “danni incalcolabili” all’ambiente e alla salute delle popolazioni indigene e afrodiscendenti generati dalle incessanti fumigazioni delle coltivazioni di coca alla frontiera con l’Ecuador.
Il ministro degli esteri ecuadoriano, Fander Falconí, ha presentato al massimo organo di giustizia internazionale una memoria di 450 pagine con oltre 2.900 documenti annessi, chiedendo formalmente la cessazione da parte delle forze armate colombiane delle operazioni di dispersione degli erbicidi, più l’imposizione di “indennizzi e riparazioni” a favore delle popolazioni vittime delle fumigazioni. La richiesta, ha spiegato il diplomatico, si basa sull’impatto che, tra il 2000 e il 2007, è stato causato da “micidiali cocktail chimici” su cui la Colombia “non ha voluto fornito precise informazioni”, utilizzati congiuntamente al glifosato, il potente erbicida commercializzato dalla transnazionale “Monsanto” con il nome di “Round-up”. “L’Ecuador ha potuto dimostrare che le aspersioni hanno provocato danni oltre a costituire, per i loro effetti, in territorio ecuadoriano una violazione della sovranità nazionale e dei diritti dei popoli indigeni”, ha aggiunto Fander Falconí.
Diego Cordovez, rappresentante dell’Ecuador presso la Corte Internazionale ed ex segretario generale aggiunto degli Affari Politici delle Nazioni Unite, ha spiegato che le fumigazioni nei dipartimenti meridionali della Colombia hanno pregiudicato in particolare la popolazione indigena degli Awa. “Essi vivono in isolamento volontario, ma l’erbicida causa un problema ambientale molto preoccupante”, ha dichiarato Cordovez. “Chiediamo che si rispetti una striscia di almeno 10 chilometri dalla frontiera con l’Ecuador per evitare ciò che i ricercatori chiamano “l’effetto deriva” delle fumigazioni”.
Come provato da prestigiosi istituti scientifici ed universitari, l’uso sistematico del glifosato è estremamente pericoloso. E la nocività del prodotto “Monsanto” è nota da lungo tempo alle stesse autorità militari colombiane. Nel 1984, in occasione della prima massiccia utilizzazione del glifosato contro le piantagioni di marijuana della regione settentrionale della Sierra Nevada di Santa Marta, per prevenire gravi pregiudizi alle popolazioni indigene, le forze armate colombiane imposero con la violenza l’allontanamento degli abitanti e la loro deportazione in aree distanti dai territori fumigati. Bogotà era entrata in possesso di un documento in cui la società produttrice del “Round-up” ammetteva che “piccole quantità dell’erbicida possono causare danni e distruzione della vegetazione e della fauna, specie in condizioni climatiche del tutto simili a quelle della Sierra e di buona parte della regione andina”. Nel 1992, l’organizzazione ecologista internazionale Greenpeace presentò un rapporto che rivelava la presenza nel glifosato di “elementi dispersi altamente tossici come la polyoxethylamine (Poea) e la 1,4-dioxane”. Greenpeace denunciò inoltre che il laboratorio a cui il governo degli Stati Uniti aveva affidato la verifica sulla tossicità del glifosato, aveva “alterato l’80% delle 22.000 prove di analisi realizzate”.
Ciononostante, fu deciso di utilizzare “sperimentalmente” il “Round-up” nella jungla meridionale di Panama e, a partire del 1994, contro le coltivazioni di coca dell’area andina della Colombia. Tre anni più tardi, le forze armate colombiane iniziarono le fumigazioni con nuovi e più devastanti erbicidi granulari, come l’Imazapyr e l’Hexaxinona prodotti dalla “Dupont”, che contaminarono suolo e fiumi e causarono danni irreversibili agli occhi, alla pelle e all’apparato respiratorio delle persone che entrano in contatto con essi. Con il Plan Colombia, il programma di aiuti militari per oltre 5,5 miliardi di dollari che Washington implementò a fine anni ’90 per debellare dal continente le ultime organizzazioni guerrigliere, le fumigazioni con contaminanti tossici sono state estese all’intero territorio colombiano e in particolare alla regione amazzonica di frontiera con Ecuador, Perù e Brasile.
È stata la base aeronavale di Manta, in Ecuador, ad avere assunto un ruolo chiave nella cosiddetta “guerra alla droga e al narcotraffico” scatenata dall’amministrazione Bush in America latina. L’uso dell’installazione fu concesso alle forze armate USA il 12 novembre 1999 per un periodo di 10 anni, rinnovabile. Washington assicurò investimenti per oltre 70 milioni di dollari trasformando in breve tempo Manta nel maggiore scalo operativo del continente per i cacciabombardieri, gli aerei cargo C-550, i velivoli cisterna Kc-135 e gli aerei radar Awacs delle forze armate statunitensi. Fu altresì autorizzato dal governo di Quito lo stazionamento nella base di 300 militari e tecnici USA.
Grazie a Manta, gli Stati Uniti si sono garantiti il pieno controllo dello spazio aereo del sud della Colombia e del corridoio oceanico che dall’Ecuador si estende sino a Panama, utilizzato dalle imbarcazioni di fortuna dei migranti latinoamericani che tentano di raggiungere il Messico e la California. Le operazioni di spionaggio ed allerta area condotte dalla base ecuadoriana sono coordinate dal “Joint Interagency Task Force South” di Miami (Florida), un comando speciale che vede la partecipazione dei rappresentanti di otto agenzie delle forze armate e dei servizi segreti USA e di undici paesi stranieri (Argentina, Brasile, Colombia, Ecuador, El Salvador, Francia, Gran Bretagna, Messico, Olanda, Perù, Spagna).
Oggi, Manta rappresenta però un ulteriore elemento di divisione politico-diplomatica tra Ecuador e Colombia ed Ecuador e Stati Uniti d’America. Il governo di Rafael Correa ha deciso di non rinnovare il “contratto” decennale all’uso della base aerea; entro l’11 novembre 2009, gli Stati Uniti saranno costretti a smantellare impianti e sistemi radar e ritirare militari e forze aree. Ripercussioni strategiche per i piani del Pentagono di riposizionamento nel continente latinoamericano? Pochissime, dato che il regime di Alvaro Uribe è venuto prontamente incontro alle esigenze dell’alleato nordamericano, offrendo il territorio nazionale come alternativa a Manta. Il 3 marzo 2009, è stato sottoscritto un accordo (il cui contenuto è ancora segreto) che consentirà alle forze armate statunitensi di accrescere la propria presenza in alcune delle maggiori basi militari colombiane. “Stati Uniti e Colombia stanno operando congiuntamente nella lotta contro il traffico illegale di droga e il crimine internazionale”, ha dichiarato l’ambasciatore USA a Bogotà, William Brownfield. “Parte di questa collaborazione, senza dubbio, richiede l’accesso alle basi militari in entrambi i paesi, cosa che richiede la definizione di un accordo. Tuttavia, un’eventuale base aerea continuerà ad essere sotto il controllo e la giurisdizione colombiana”.
A Bogotà si nega che all’orizzonte ci sia la realizzazione nel paese di una base che possa rassomigliare a quella utilizzata sino ad oggi Manta, con una presenza stabile di personale USA. Il comandante delle forze armate colombiane, generale Freddy Padilla, ha dichiarato che ci si limiterà a concedere a Washington l’uso di “basi militari per permettere agli aerei di rifornirsi di carburante e portare a compimento le loro azioni antidroga”. Versione scarsamente credibile, non fosse altro che questa autorizzazione è in vigore da tempi ormai remoti e riguarda pure la sosta di aerei spia e dei velivoli impegnati nelle fumigazioni di proprietà di società di sicurezza privata USA.
Il vero virus messicano : il governo
Álvaro Uribe e Silvio Berlusconi: il comune sentire di due leader discussi
L’Italia riceve Uribe, campione di scandali
E’ arrivato a Roma il presidente della Colombia Alvaro Uribe, pluri-inquisito e semi-sepolto da casi giudiziari, scandali e vergogne assortite, sia colombiane che internazionali. Ma Palazzo Chigi e la Santa Sede oggi si apprestano a incontrarlo con tutti gli onori Paramilitari, corruzione, omicidi: in pochi peggio di lui.
Ma pontefice e premier lo incontrano in pompa magna.
Pochi governi al mondo sono stati travolti da tanti scandali quanto i governi Uribe: il record si riferisce sia al numero che alla loro gravità. Tanti da non ricordarsene. La sua elezione favorita dai paramilitari e la rielezione comprata a suon di regali. Paramilitari ricevuti in segreto nel Palazzo per complottare contro la Corte suprema di giustizia. Metà dei congressisti che l’appoggiano (tra i quali suo cugino) implicati nella parapolitica. Ambasciate usate per evitare la galera ai fedelissimi. Servizi segreti usati per spiare giudici, opposizione e giornalisti. I suoi figli che si arricchiscono grazie ai suoi dipendenti. Il fratello giudice del suo ministro degli interni finito in galera per mafia. Un paio di migliaia di giovani fatti fuori dall’esercito per rimpinguare i numeri della guerra alle guerriglie e farsi pagare la ricompensa, proprio come accadeva nel Far West.
Fujimori, al suo confronto, è un angelico statista illuminato.Pochi governi al mondo sono stati travolti da tanti scandali quanto i governi Uribe: il record si riferisce sia al numero che alla loro gravità. Tanti da non ricordarsene. La sua elezione favorita dai paramilitari e la rielezione comprata a suon di regali. Paramilitari ricevuti in segreto nel Palazzo per complottare contro la Corte suprema di giustizia. Metà dei congressisti che l’appoggiano (tra i quali suo cugino) implicati nella parapolitica. Ambasciate usate per evitare la galera ai fedelissimi. Servizi segreti usati per spiare giudici, opposizione e giornalisti. I suoi figli che si arricchiscono grazie ai suoi dipendenti. Il fratello giudice del suo ministro degli interni finito in galera per mafia. Un paio di migliaia di giovani fatti fuori dall’esercito per rimpinguare i numeri della guerra alle guerriglie e farsi pagare la ricompensa, proprio come accadeva nel Far West. Fujimori, al suo confronto, è un angelico statista illuminato.
Ossessionato dal proposito di sconfiggere la guerriglia, a Uribe tutto sembra lecito. Anche governare con la logica della barricata: «O con me o contro di me, e quindi con le Farc». Da qui il suo gridare contro il nemico, il difendersi attaccando, aumentando sempre la posta in gioco, senza nessuna autocritica come un giocatore di blackjack che, persa la posta, raddoppia la giocata sperando di rifarsi, fino a quando non ha più nulla da scommettere. In questo caso, la sua popolarità, che persino i sempre compiacenti istituti di sondaggio sostengono in calo impressionante.
A livello internazionale va anche peggio. La Corte penale internazionale sta studiando con attenzione il caso colombiano. I giudici Luis Moreno Ocampo e Baltasar Garzón si stanno interessando soprattutto allo scandalo della parapolitica che riguarda soprattutto i legami tra i seguaci di Uribe e i capi delle Autodefensas Unidas. Quello che ha attratto i due importanti giudici non sono tanto le indagini realizzate dalla Corte suprema di giustizia quanto gli attacchi scagliati dal palazzo presidenziale contro i giudici.
Si tratta, tra gli altri, degli scandali noti col nome dei loro protagonisti, «Tasmania» e «Job». Tasmania è un paramilitare che nell’ottobre del 2007 scrisse una lettera a Uribe informandolo che alcuni giudici volevano comprare la sua testimonianza per incastrarlo. Si accese uno scontro devastante tra il potere esecutivo e quello giudiziario: i giornali parlarono di uno «scontro di treni». Nel giugno del 2008 Tasmania ritrattò le accuse, confessando di essere stato imbeccato dal suo avvocato per conto di Santiago e Mario Uribe (oggi in galera per la parapolitica), rispettivamente fratello e cugino del presidente che sostenne che tutto fosse accaduto a sua insaputa. Job invece è il soprannome di un paramilitare che si riunì alcune volte e clandestinamente nei sotterranei del palazzo presidenziale con due alti funzionari presidenziali per complottare contro la Corte suprema (pochi mesi fa Job è stato ucciso da due sicari in moto). Anche in questo casi, secondo Uribe, tutto sarebbe avvenuto a sua insaputa.
I giudici della Corte suprema sono anche tra i principali obiettivi di una serie di intercettazioni illegali realizzate dal Das (Dipartimento administrativo de seguridad), il servizio segreto alle dirette dipendenze del presidente. Il Das spiava un po’ tutti: magistrati incaricati delle indagini sulla parapolitica, politici dell’opposizione, giornalisti dei più importanti mezzi di comunicazione, alti prelati, giudici della corte suprema di giustizia, ong, sindacalisti, generali e anche membri del governo. E lo faceva da sei anni, guarda caso in piena era Uribe.
E, naturalmente, a sua insaputa. Durante la sua presidenza, sono caduti in disgrazia ben quattro direttori del Das, compreso Jorge Noguera accusato, tra le altre cose, di essere il mandante di 24 omicidi e di aver usato l’istituzione per operazioni di riciclaggio di denaro sporco. Prima di tentare di salvarlo, spedendolo al consolato di Milano, Uribe affermò di «mettere la mano sul fuoco» sulla sua innocenza.
Quella delle intercettazioni illegali durante l’era Uribe, è un vizietto anche della polizia. Lo scandalo costò nel 2007 il posto a 11 suoi generali, fatto senza precedenti e, come da copione, finito nel nulla. A dirigere la polizia, è stato richiamato il fido generale Oscar Naranjo, ritiratosi anni fa per l’arresto del fratello in Germania per narcotraffico. Di problemi in famiglia ne ha avuti anche l’attuale ministro degli interni Fabio Valencia Cossio (ed ex ambasciatore a Roma): il fratello Guillermo, giudice a Medellín, è finito in carcere per aver aiutato le strutture mafiose locali.
Tra gli intercettati illustri da parte del Das e della polizia c’erano anche i magistrati della Corte costituzionale, e proprio mentre decidevano la costituzionalità della riforma che avrebbe permesso a Uribe di farsi rieleggere nel 2006. La rielezione ricorda un altro scandalo, quello della «Yidis Politica» dal nome della ex parlamentare Yidis Medina, che raccontò di come il presidente e i suoi consiglieri le avessero promesso benefici economici e politici in cambio del suo voto, risultato poi decisivo per l’approvazione della legge che permise ad Uribe di ricandidarsi. La stessa Medina, sentitasi poi defraudata, uscì allo scoperto, meritandosi un processo e una condanna per essersi fatta corrompere. Mentre i corruttori — secondo la Medina, l’attuale ambasciatore in Italia Sabas Pretelt de La Vega, al tempo ministro degli interni, e Diego Palacio, attuale ministro della protezione sociale — l’hanno finora fatta franca.
Premiare con incarichi diplomatici i servitori fedeli caduti in disgrazia è un’abitudine di Uribe. Oltre al caso di Jorge Noguera spedito a Milano, vanno ricordati i processi contro le ex ambasciatrici in Ecuador e Brasile, contro l’attuale ambasciatore in Messico (ed ex ambasciatore in Italia) Luis Camilo Osorio, considerato l’artefice dell’impunità del paramilitarismo per molti anni, contro Salvador Arana, passato dall’ambasciata cilena alla latitanza con l’accusa di omicidio, contro Juan José Chaux, che ha dovuto rinunciare all’ambasciata nella Repubblica Dominicana perché implicato nello scandalo Job e sostituito dall’ex comandante dell’esercito Mario Montoya, costretto alle dimissioni per lo scandalo dei falsos positivos.
Cioè, per un sistema inventato da Uribe, che fa parte della cosiddetta «seguridad democratica», e che comporta premi per chi uccide i nemici: soldi, licenze e rapide carriere nell’arma per i superiori. Un sistema che parve subito funzionare facendo felici i soldati, il ministro della difesa Santos e il presidente che vantava i risultati ai quattro venti. Peccato che i morti non risultassero banditi o guerriglieri, ma ragazzini attirati con la scusa di un lavoro, portati in regioni di conflitto, vestiti da guerriglieri, uccisi e sepolti come N.N. in fosse comuni.
Quando scoppiò lo scandalo, Uribe sostenne che i giovani ammazzati non fossero innocenti: «Se sono andati da quelle parti non è certo per raccogliere caffè». Poi ammise che qualcosa non funzionava, facendo destituire una ventina di alti ufficiali che finirono alla berlina, ma non in galera. E sostiene ancora adesso, che tutto sarebbe successo «a sua insaputa».
Per finire, l’ultimo scandalo che riguarda Tom & Jerry, Tómas e Jerónimo Uribe, i figli del presidente che, nonostante la giovane età, appaiono degli impresari dal grande fiuto. Peccato che questo dipenda dalla solerzia di alcuni funzionari del governo che li hanno resi milionari dall’oggi al domani, trasformando in zona franca alcuni terreni che i due avevano comprato a prezzi stracciati. Anche in questo caso, il papà si dice ignaro. Ancora una volta, tutto sarebbe successo «a sua insaputa».
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