Patria es Solidaridad: dal Venezuela solidarietà con i prigionieri politici colombiani

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Nonostante il governo colombiano si neghi a considerarli tali, sono più di 7500 i prigionieri politici rinchiusi in condizioni disumane nelle prigioni  della Colombia. Proprio il fatto di non accettare  il loro status di prigionieri politici (questo vorrebbe dire considerare i guerriglieri come belligeranti e non come terroristi)  fa parte della strategia  con la quale lo Stato continua a negare la  matrice politica e sociale del conflitto che da più di 50 anni affligge il paese.

7500 sono gli attivisti, i politici, i sindacalisti, appartenenti ai movimenti giovanili, difensori dei diritti umani, intellettuali e guerriglieri che, ognuno a suo modo,  e dalle proprie trincee di lotta, rappresentano le mille sfaccettature della resistenza  politica e sociale colombiana, invisibilizzata sistematicamente agli occhi dell’opinione pubblica internazionale.

La giornalista colombiana Azalea Robles parla di “distorsione  mediatica”  dei prigionieri politici nelle carceri colombiane, contrariamente a quanto accade invece  per i prigionieri nelle mani della guerriglia,   per i quali invece si ha una vera e propria sovraesposizione nei mezzi di comunicazione del paese.

D’altra parte si sa che in Colombia l’ opposizione politica ha  poche vie di scampo: sottoterra in una delle centinaia di fosse comuni che ogni tanto vengono alla luce o dietro le sbarre di una prigione. E’ il volto purtroppo ancora troppo nascosto di un paese che l’opinione pubblica internazionale continua a chiamare “democrazia”. (altro…)


Caso Becerra: perché rinuncio a far parte della redazione della rivista ALBAinformazione

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“La solidarietà con il movimento rivoluzionario può essere presa come pretesto, ma non sarà mai la causa delle aggressioni yankee. Negare la solidarietà per negare il pretesto  è una ridicola politica da struzzi, che nulla ha a che vedere con il carattere internazionalista delle rivoluzioni sociali contemporanee. Smettere di solidarizzare con il movimento rivoluzionario non è negargli un pretesto ma solidarizzare di fatto con l’imperialismo yankee e la loro politica di dominio e schiavizzazione del mondo”. (Fidel Castro Ruiz)

 

Cari amici e colleghi, la presente per comunicarvi di aver deciso, dopo un difficile momento di   riflessione, di rinunciare a far parte della redazione  della rivista ALBAinformazione.

Tale decisione, sicuramente non facile,  nasce per quanto  accaduto al compagno e  giornalista, Joaquín Pérez Becera,   direttore della rivista ANCOLL e tra i fondatori dell’ Agenzia Bolivariana di Comunicatori (ABC).

Il suo arresto, il 23 aprile scorso, da parte del governo venezuelano e la successiva deportazione due giorni dopo in Colombia, avvenuta violando il Diritto Nazionale e Internazionale,  mi hanno profondamente ferita, come militante anti-imperialista e antifascista, come attivista per la difesa dei diritti umani, come internazionalista ma  soprattutto come persona sempre solidale  verso la Rivoluzione bolivariana, il processo politico in corso in Venezuela di cui il  presidente Chávez  è promotore e anima e verso  il quale proprio per questo,  tutti noi abbiamo un debito morale innegabile ma anche aspettative significative.

Oltre a questo, sono avvenuti altri  fatti che considero forse anche più gravi dell’arresto e della detenzione di Joaquín e che hanno fatto in modo che confermassi la mia decisione. Il primo, la dichiarazione del presidente Chávez che ha detto che tutti noi che appoggiamo Joaquín siamo un “movimento infiltrato fino al midollo” e che lo abbiamo “seminato in Venezuela come una patata bollente”. Questo è semplicemente offensivo e inaccettabile e non c’ è altro da aggiungere se non che si tratta di affermazioni completamente gratuite. Secondo, i gravi fatti  di censura avvenuti in TeleSUR  e la destituzione del presidente della Radio del Sur Cristina Gonzáles  da parte del ministro del Potere Popolare per la Comunicazione e Informazione,   Andrés Izarra. Radio del Sur è stata tra i mezzi di comunicazione indipendenti che hanno appoggiato Joaquín e hanno dato copertura alle proteste contro la decisione del governo.

Purtroppo le stesse posizioni del governo di Chávez verso Joaquín, e cioè il qualificarlo come “patata bollente” o rivoluzionario irresponsabile, se non infiltrato, o quasi considerandolo un danno collaterale necessario per il proseguimento del processo rivoluzionario, le ho rilevate in varia misura in questi giorni tra gli stessi membri della redazione della rivista. Anche se a  molti di loro mi unisce amicizia e impegno rivoluzionario, non posso non sentire queste accuse come se fossero dirette contro me stessa o contro altri amici, compagni e giornalisti che si trovano in serio rischio che accada loro quanto accaduto a Joaquín.

Il mio se pur minimo impegno nella redazione della rivista ALBAinformazione, (alla quale era dedicata anche una apposita sezione nel mio sito personale),  l’ho inteso fin dall’ inizio  come  forma con la quale poter esprimere praticamente  quell’ internazionalismo militante, che credo sia   anche una delle forme con le quali si manifesta  la solidarietà sentita come  “tenerezza dei popoli”.

Ero convinta che, nel caso del Venezuela e di quel governo che ho sempre considerato “amico”,   questa fosse anche  la  forma con la quale poter coniugare oltre alla solidarietà ai popoli in lotta,  quella verso un governo che proprio quelle lotte afferma di voler difendere e proteggere contro il capitalismo e l’ imperialismo, ma soprattutto contro le potenti oligarchie dei paesi latinoamericani ancora asservite agli Stati Uniti e all’ Europa.

La solidarietà al governo venezuelano mi sembra un atto dovuto e necessario proprio perché per queste sue posizioni e per le riforme sociali importanti,  che sta attuando nel paese,  si trova continuamente sotto attacco da più fronti, non ultimo quello della minaccia di aggressione militare che gli Stati Uniti possono  dispiegare proprio dalle loro basi situate in Colombia.

Il Venezuela rappresenta  per molti di noi   la  speranza per la realizzazione del sogno grande di Simón  Bolívar, l’ integrazione  latinoamericana, la costruzione della Patria Grande;  un’ oasi di resistenza e creatività politica e umana nel Sud del mondo contro la prepotenza e il predominio economico ma anche culturale del Nord.

Per tutto ciò considero la deportazione in Colombia di Joaquin Perez Becerra una gravissima ingiustizia, sia dal punto di vista giuridico,  (contraria alla Convenzione di Ginevra del 1951 che proibisce la consegna di una persona che gode di asilo politico al paese dal quale  tale persona è dovuta fuggire),    ma anche e  soprattutto un atto contrario ai principi della solidarietà rivoluzionaria. Infine, consegnare un uomo nelle mani dei suoi carnefici  non e’ etico e non e’ civile.

Joaquin,  è stato costretto a fuggire dalla Colombia molti anni fa,  per non diventare un numero  in più  degli oltre 4000 morti del genocidio politico della Unión Patriótica, conosciuto con il macabro nome di Baile Rojo. Prima di trovare rifugio in Svezia, paese che gli ha concesso poi lo status di rifugiato politico,  i paramilitari e l’esercito colombiano  sequestrarono e ammazzarono la sua prima moglie.

Vorrei far presente al presidente Chávez che perfino l’attuale governo reazionario dell’ Italia,  si è rifiutato appena qualche mese fa di consegnare nelle mani della  Turchia, che ne reclamava l’estradizione,  un  leader del PKK-KURDO arrestato nel  proprio territorio, di nazionalità olandese.

Un’ altra scelta è sempre possibile. Esiste sempre una via d’uscita diversa dalla  ragion di Stato,  “spaventoso cancro che tutto divora”, come ha recentemente scritto l’intellettuale argentino Néstor Kohan proprio rispetto a questa vicenda.

No,  presidente Chávez, compagni e colleghi di redazione,  non me ne vogliate,  ma io non me la sento di avallare  questa ingiustizia in silenzio, come non me la sento di accettare in  silenzio le accuse che ci sono  state mosse di “ essere un movimento infiltrato fino al midollo”. Questa accusa colpisce in modo basso e infamante tante persone, movimenti sociali e politici ai quali sono vicina e con i quali sono solidale.

Joaquín non è un terrorista come noi non siamo infiltrati né dalla CIA  né tanto meno dal  DAS (i servizi segreti colombiani). Non vogliamo mettere in difficoltà nessuno, al contrario abbiamo sempre difeso il processo in corso in Venezuela e lo continueremo a fare.

Joaquín Becerra  è stato invitato tante volte a Caracas per tenere conferenze,  dibattiti e  incontri. Proprio da uno di questi incontri pubblici  è nata la Agencia Bolivariana de Comunicadores (ABC) della quale lui è stato  uno dei  fondatori, della quale fa parte anche il mio sito e che voleva essere uno spazio comunicazionale che desse voce  alle nuove esperienze di costruzione del socialismo in Venezuela, alle lotte del popolo colombiano, alle notizie occultate dai media capitalisti, alle lotte di liberazione dei popoli di altri paesi, come per esempio quello palestinese e libico.

Capisco quindi e non sono indifferente ai  tanti segnali di inquietudine, smarrimento, disorientamento e rabbia che quotidianamente mi giungono da amici, colleghi e  compagni di Joaquín, proprio perché in quei segnali  si riflettono le mie  inquietudini e il mio  smarrimento.

Smarrimento che nasce anche dalla sensazione che da tempo qualcosa stia cambiando in Venezuela, soprattutto rispetto alle relazioni con la vicina Colombia.

Non accetto però che questo venga fatto sacrificando ideali, e  soprattutto persone. Qui la vittima sacrificale è un compagno, un giornalista e un militante che ha sempre difeso la Rivoluzione bolivariana dagli  attacchi statunitensi, dalle potenti oligarchie latinoamericane, dai gruppi imprenditoriali legati alle forze conservatrici europee, dai monopoli della comunicazione mainstream.

E’ pertanto  sul “nuovo corso” del governo venezuelano  rispetto alla solidarietà rivoluzionaria che ho bisogno di riflettere con calma e obiettività.

Soltanto un paio di anni fa il presidente Chávez di fronte all’ Assemblea Nazionale parlava in questi termini : “Le FARC e l’ ELN sono forze insorgenti che hanno un progetto politico e bolivariano che qui rispettiamo.”

Adesso invece vengono  consegnati nelle mani del governo colombiano membri della guerriglia o giornalisti come fossero criminali comuni e terroristi paragonandoli addirittura a terroristi veri  come Chávez Abarca accusato di essere il mandante e l’esecutore materiale di alcuni dei più gravi attentati contro civili a  Cuba. Oppure allo stesso modo espulsi internazionalisti baschi come Walter Wendelin.

Sappiamo che questo “nuovo corso”  non è iniziato con la vicenda di Joaquín. Spero  non corrisponda al vero quanto dichiarato dal ministro della Difesa della Colombia  Rodrigo Rivera al quotidiano colombiano El Tiempo, e cioè  che per distruggere le FARC bisogna chiudere “ogni possibilità alla soluzione politica al conflitto” e che questo si ottiene “attraverso la cooperazione internazionale”, aggiungendo che  “il caso di Joaquín Pérez Becerra è illuminante … i servizi segreti della Polizia riescono a stabilire che lui andrà in Venezuela, e in forma sbrigativa, senza tentennamenti, ci hanno risposto mandandocelo in Colombia. E ci hanno detto che di fronte a qualsiasi informazione  come questa che gli abbiamo dato, risponderanno nello stesso modo”.

Bene, vorremmo tutti avere delle risposte dal governo venezuelano rispetto a dichiarazioni inquietanti di questo tipo. Dobbiamo aspettarci che ogni volta che la Colombia richiede al Venezuela  un militante, un rifugiato politico, un giornalista, magari sulla base di accuse costruite ad arte, magari  tirate fuori  dal “famoso” computer di Raúl Reyes, il Venezuela deporterà d’ ufficio?

Voglio  continuare ad appoggiare il processo rivoluzionario in corso in Venezuela da una posizione più   defilata, ma non meno solidale.

Non  riesco più  a dare il mio contributo a una rivista che è  nata come forma di sostegno internazionalista e appoggio intellettuale a un governo che si dice rivoluzionario e socialista, ma che non esita a  consegnare nelle mani dei suoi carnefici una potenziale vittima.

Oltre alla possibilità  di rimanere solidali a un governo a qualsiasi condizione e a qualsiasi costo, anche a prezzo della vita e della sicurezza di un nostro compagno,  sento di  avere la possibilità e anche il dovere di farlo verso  chi lotta dal basso, con tenacia e forse sofferenza e  non si piega a giochi di potere e logiche di Stato.

La Rivoluzione bolivariana, quel magnifico progetto politico che fa sperare in una America latina capace di uscire a testa alta dalle infamie delle dittature del passato e dei crimini contro l’umanità,  va oltre l’azione del governo, è attività dei tanti collettivi, tante persone  e forze politiche che senza compromessi  di sorta,  continuano a lottare  contro il capitalismo internazionale, contro l’imperialismo di ogni colore e bandiera, contro la prevaricazione del più forte sul più debole.

Continuerò  a sostenere quel progetto comune e coltivare  la speranza che esso rappresenta, al fianco di chi lotta dal basso.

“Non esistono poteri buoni”,  diceva una celebre canzone di Fabrizio De Andrè.  Forse  aveva ragione…

 

Annalisa Melandri - www.annalisamelandri.it

Repubblica Dominicana,  22 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 


Lettera aperta a Hugo Chávez Frías, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela

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Confirmada la ciudadanía sueca di Joaquín Becerra

 

Presidente Chávez,  speriamo che il suo governo abbandoni queste pratiche così poco degne per la rivoluzione bolivariana che tanto difendiamo e che con orgoglio vogliamo continuare a difendere a testa alta,

27 aprile 2011

Lettera aperta al presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela,  Hugo Chávez Frías:

Signor Presidente,

Il 23 aprile scorso è stato arrestato all’aeroporto venezuelano di Maiquetía (Caracas) il cittadino svedese di origine colombiana, Joaquín PÉREZ BECERRA. Il comunicato ufficiale del governo da Lei presieduto afferma   che questo giornalista,  direttore dell’agenzia di notizie ANNCOL era «ricercato dalla giustizia colombiana, con una circolare rossa Interpol  per  i delitti  di associazione a delinquere, finanziamento del terrorismo e amministrazione di fondi relativi ad attività terroriste.» Per cui si procedeva alla sua estradizione in Colombia.

All’improvviso,  due giorni dopo, il 25 aprile, il presidente della Colombia ed ex ministro della Difesa, Juan Manuel Santos, in una dichiarazione rilasciata al quotidiano El Tiempo di Bogotà, ha dichiarato quello che sembra essere la verità: «Sabato ho chiamato il presidente Chàvez e gli ho detto che un personaggio per noi molto importante  appartenente alle FARC sarebbe arrivato in un volo della Lufthansa quel pomeriggio a Caracas e se lo poteva arrestare. Chávez non ha avuto esitazioni. Lo ha fatto arrestare e ce lo consegnerà.» (altro…)


Los sueños no mueren en prisión: 8 de Marzo con las presas políticas en las cárceles de Colombia

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LOS SUEÑOS NO MUEREN EN PRISION

 

Voy a tomar el aire de los muertos que me cubren

voy a evadir las ráfagas a viento

voy a llorar muy hondo mis derrotas

voy a saborear el café amargo que es la vida

voy a tenderme complacido

en los humeadle de las sangres y las flores.

¿Qué quien soy yo? ¿Cómo me llamo?

¿Que si estoy viva… herida?

¿O acaso, me han matado?

¿ Que quienes son los míos? ¿… mis compañeros?

¿Los que conmigo se deslizan en las sombras de lo oculto?

Soy toda hecha de silencios y lealtades

Piedra dura y muda

cimiento de las edificaciones del futuro.

¿Qué quien soy yo? ¿Como me llamo?

vuelve y juego en la apuesta de la vida soy la mujer de los mil nombres clandestinos

la que se atrevió a tropezar

en las trochas de la vida

quizás queriendo apurar los pasos de la historia.

Soy la mujer en sus manos temblorosas

las armas de los justos

la que se ardió como semilla

al agua, al sol,  al viento

y en lsa heladas noches del infortunio

tras emboscadas

y abrió su cuerpo, su corazón, su ternura

para conjurar la tragedia de la guerra.

Soy la mujer que cargo

sobre  sus hombros y su espalda

la agonía y los sufrimientos

de su pueblo.

La que hundió sus firmes pasos en la tierra

para probarla de rebeliones y esperanzas.

Soy la mujer que se arrastro como serpiente

y no dudo en cubrir su piel en barro

para sorprender las fortalezas enemigas.

La que sobrevivió y burlo

Las infernales hogueras del terror

La que se levanto de las cenizas

la que tuvo que dejar sus brazos y sus piernas

abandonadas y esparcidas

en medio del campo de batalla

la que no sabe ahora como hallarse

entre su nuevo cuerpo mutilado…

la que permaneció los tiempos necesarios

para fortalecerse de fracasos y derrotas.

Soy la mujer que se debate entre las dudas

de a que fuera

ofrenda y resultado de su vida.

La que lo dio todo sin quedarse nada,

la que se pasa entre la reja y la ventana

a contemplar el horizonte del futuro,

la que ve nubes grises

de pasar lento,

tan lento como la interminable

agonía de su pueblo y de sus días.

Soy la mujer que hoy habita

la prisión de la infamia

la que siempre supo

que hay un “otro mundo”

de felicidad, de paz y abundancia.

II

¿Qué quién soy? ¿Cómo me llamo?

Soy el puro “hueso seco” y el “aliento de la vida”.

Soy la mujer agotada y consumida

En la explotación y el trabajo.

Soy la mujer que se sentaba cada dia

A la mesa del hombre

Para no doblegarse a recoger

La indignidad de las migajas

La que se trajo y lleno de lagrimas

Ante la escasa comida para sus hijos.

La que se atrevió a desafiar en su abundancia

a las tiendas del consumo

La que se violento al solo poder.

Acariciar entre sus manos

La humilde panela con la que

Quizás soñaba endulzar la vida

Diaria panela necesaria

Que hubo de dejar allí

Adornando el altar de la opulencia

Por no poder disminuir

Se paga miserable;

Soy la que huyo de allí

A la vez: vacía y llena

De iras y rabias contenidas.

Soy la mujer que busco y rebuscó

Entre las basuras

La que sufre y se arrastra

En su miseria y su indigencia

Por las calles.

¿Qué puede ser otra y no la mujer que soy?

¿Acaso el hambre no ha carcomido mis entrañas?

¿Qué nuevamente,

Me han tirado la puerta en las narices?

¿Acaso no se habían cerrado

Ya mucho antes…

Desde siempre,

Todas las puertas a la vida?

¿Acaso no era esta

Estación probable

En la apuesta por la vida?

III

¿Qué quien soy ahora?

soy la mujer que ya no extraña tu presencia

la que se abraza a las dulces horas de la noche

porque solamente en ese

efímero instante,

se olvida que está presa.

Soy la mujer de la melancolía infinita,

la que aun se sobresalta

al escuchar el tronar de los cerrojos.

La que se despierta en madrugada

sola para acariciar su incertidumbre,

soy la que mato al olvido,

la soledad,

la indiferencia,

los recuerdos,

para quedarme en el silencio

y escuchar solo

la voz de mi conciencia

IV

soy la mujer de las heridas

que no sanan

la que se revolvió en la sangre

de sus muertos

la que se paró al borde de la fusa

y tomó entre muchos

los huesos de los suyos.

La que amo y lloro

en su orfandad,

a los hijos de los justos.

la que no olvida, ni perdona

la que no vende

ni acepta precio

al dolor de sus entrañas

¿Acaso es mercancía?

Soy la mujer para quien siempre fue un deber

no dejar morir

los sueños de sus muertos

V

Soy la mujer de la mirada llameante

la que en la apuesta por la vida

ha sido confinada,

a la sepultura de los vivos.

la que arrastra lastimosos pasos

sobre baldosas carcomidas de abandono

la que sueña

volver con paso firme

por las estrechas trochas de la vida

Soy la mujer que escupe fuego

a la ciudad de la ignominia,

la que se arde y quema en iras,

la que aun se retuerce

en las cenizas de sus sueños.

La que hoy te dice:

Compañera, Camarada:

No te abandones a la desesperanza.

Retoma el fuerte aliento de la vida

Eleva el fuego de la antorcha,

que es tu cuerpo.

cuerpo probado en la tortura,

en los fracasos y derrotas

y en las extenuantes

jornadas de lucha

Guía el camino al socialismo

y derrámanos con tu fertilidad política.

Han querido anticiparnos la muerte

pero el nuestro es compromiso consecuente.

Resérvanos un lugar

allende los muros que hoy nos contienen

Hombro a hombre lidiaremos

en las contiendas que devienen.

De las Prisioneras Políticas,

en voz de aliento a las mujeres

que todavía sueñan y luchan

por un mundo mejor

Reclusión de Mujeres de Bogotá

Buen Pastor, Marzo 8 de 2011

Grupo Para el Apoyo a Personas en Reclusión
Fundación Lazos de Dignidad
La Lucha social no es un delito, es un paso hacia la Libertad…
PRESXS POLÍTICXS A LA CALLE !!!
www.traspasalosmuros.net

Solidaridad con Manuel Olate. La vías de la paz se logran creando vínculos y no cadáveres y fosas comunes.

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El pasado  4 de  diciembre  le han concedido  por fin  la medida de detención domiciliaria al compañero chileno  Manuel  Olate, quien  había sido detenido en Santiago el  29 de octubre bajo la acusación de terrorismo y de ser  el “enlace entre la guerrilla colombiana de las FARC y los mapuche chilenos”.  Manuel  sin embargo   es solamente una víctima más del inútil intento del gobierno colombiano de aislar políticamente a nivel internacional  las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia — Ejército del Pueblo  (FARC-EP).

Inútil porque la solidaridad que  se expresa en diferentes formas en el mundo a las FARC es   directamente proporcional a la represión y a la violencia que sufre el pueblo colombiano  día tras día desde muchas décadas  por el terrorismo de Estado y su política  de “limpieza” social y política.

Miembro  destacado del Partido Comunista de Chile y del Movimiento Continental Bolivariano y además representante  del Movimiento de Solidaridad por la Paz en Colombia, Manuel había sido detenido bajo una orden de detención dictada por el Ministro de la Corte Suprema de Chile,  Margarita Herreros, que de esta forma daba seguimiento a  una solicitud de extradición procedente  de Colombia.

La evidencia de su culpabilidad saldría, de acuerdo con la versión  del  gobierno colombiano, una vez más de ese portentoso tarro de  Pandora que es la computadora del  que fue en vida el número dos de las FARC, el comandante Raúl Reyes.  Manuel, según algunos documentos, es acusado  de ser un tal  “Roque” presunto financiador de las FARC en Chile. En estos días su defensa está trabajando duro (también para enfrentar el juicio sobre el pedido de extradición en  Colombia) para demostrar que él  es solamente  un simpatizante  del grupo insurgente colombiano y que  nada tiene que ver con el presunto  “Roque”.

Simpatizante  como muchos de nosotros que solidarizamos con los luchadores sociales y la resistencia  en Colombia.   ¿Cómo no serlo  frente a un Estado narco paramilitar como el  colombiano que aniquila en la sangre  cualquier intento de oposición política y civil? ¿ Qué bombardea  lugares donde se discuten diferentes posibilidades para un pueblo que necesita y  urge un rescate social desde casi medio siglo?  ¿Qué mantiene en la impunidad los autores materiales e intelectuales de todas las peores masacres de los últimos 50 años de su historia? ¿Qué aplica sistemáticamente métodos como la tortura, la desaparición forzada y las ejecuciones extrajudiciales en  total desprestigio de todos los  tratados  internacionales  en tema de Derechos Humanos?

Raúl Reyes , conocido también como el “canciller de las FARC”,   murió el 1 de marzo de 2008 durante un bombardeo aéreo del ejército colombiano contra un campamento de la guerrilla  en territorio ecuatoriano. La acción militar que fue llevada en  evidente desprestigio de los acuerdos internacionales   de no intervención en territorio extranjero, causó la muerte de 22 guerrilleros y 4 estudiantes mexicanos que se encontraban en el campamento y una crisis regional muy grave entre Colombia, Venezuela y Ecuador.  En ese entonces muchas voces de protestas se levantaron  porqué el campamento era un lugar de encuentros  internacionales y de tratativas por la liberación de algunos prisioneros  en manos de la guerrilla,  entre ellos  la diputada franco-colombiana  Ingrid Betancourt. Unos días antes había sido visitado por personalidades franceses  y suizas que estaban haciendo mediaciones por cuenta de sus respectivos países.

¡La computadora de Raúl Reyes, por ironía de la suerte,  aquella  noche quedó milagrosamente intacta durante un bombardeo que duró varias horas por aviones  de combate Supertucano de la Fuerza Aérea Colombiana y  helicópteros   “Blackhawk”!

Desde entonces, objeto de manipulación técnica por parte de la CIA y de los hombres del DAS (los servicios de inteligencia colombiana), la computadora “mágica” se ha convertido   en un productor fantástico de pruebas útiles que luego  son utilizadas por ellos mismos y por la Fiscalía de  Colombia para acusar a los militantes, activistas y simpatizantes con la  causa y las demandas de justicia y libertad del pueblo colombiano.

Se ha verificado  por ejemplo con la senadora Piedad Córdoba, con dos miembros del partido de la Refundación Comunista de Italia,  Ramón Mantovani y Marco Consolo, con la sindicalista Liliana Ovando e incluso ha servido  para acusar de complicidad con la guerrilla  los presidentes de Venezuela y Ecuador,  Hugo Chávez  y Rafael Correa.

La periodista argentina Stella Calloni describe los inventos  producidos por la computadora de Raúl Reyes como los “Cuentos de las Mil y Una Noches” y recuerda   como el comandante de las FARC Reyes durante el periodo de las negociaciones  del Caguán viajaba a menudo en Europa para reunirse con  diplomáticos, parlamentarios, políticos e incluso con el  Papa Juan Pablo II, de quien recibió una bendición. Esto explicaría todos sus contactos internacionales. Hay fotos tomadas de él y de  algunos miembros de las FARC  en el  aeropuerto de Fiumicino  a su llegada a Italia en 2000 durante un viaje a Europa.

La foto de Manuel Olate con Raúl Reyes, que ha sido publicada  en toda la  prensa chilena (rigurosamente de derecha) como la prueba “reina” de sus enlaces con la guerrilla,   por sí misma no dice ni prueba nada.  En los periodistas  deberían  provocar más  indignación  las imágenes tomadas el pasado 12 de octubre al terrorista  cubano Orlando Bosch recibiendo el reconocimiento como “modelo para la comunidad”  en el  Instituto de Estudios Cubanos y Cubanos — americanos (ICCAS)  o la de su socio en terrorismo (verdadero terrorismo)  Luis Posada Carriles,  caminando  por las calles de Miami. Ambos reos  confesos de varios atentados contra civiles en Cuba.

Por otro lado, podemos suponer que  el hecho de que a  Manuel Olate le hayan  sido concedidos los arrestos domiciliarios  demuestre la debilidad de los cargos en su contra. Sin embargo en Chile se ha desatado rápidamente una  campaña de desprestigio en su contra con el respaldo de toda la prensa y de la televisión.

En Colombia, lo mismo le ha pasado a la  senadora Piedad Córdoba, que además ha sido inhabilitada al ejercicio  de  cualquier cargo público durante los próximos  18 años por la Fiscalía de su país sobre la base de las presuntas  “pruebas” de sus “vínculos” con las FARC encontradas en el disco duro de la computadora de Raúl Reyes.

Seguramente algún vínculo con las FARC  Piedad Córdoba lo tendrá si  ha logrado obtener  la liberación de muchos prisioneros  en manos de la guerrilla y si ella y el  grupo de  Colombianas y Colombianos por la Paz siguen   siendo los  interlocutores privilegiados del  grupo insurgente.  Obviamente  a ese concepto de vínculo no se le da el mismo significado que le da el gobierno colombiano. Las vías del dialogo  y de la paz por una salida negociada del conflicto se logran creando vínculos y no cadáveres y fosas comunes, se logran con el dialogo y la comunicación constante y no con bombas y metrallas.

El dialogo es la única vía de paz en un país donde el Estado  ha siempre actuado con bombas y metralletas.


Por Annalisa Melandri — www.annalisamelandri.it





El TLC y la paz en Colombia

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En este vídeo, cuatro representantes de instituciones colombianas o que trabajan por la justicia social en Colombia: Jorge Gamboa, Héctor León Moncayo, Piedad Córdoba y Vicent Vallies, explican las características del llamado “Tratado de Libre Comercio” de Europa con Colombia y algunas de las razones que les llevan a oponerse a que se ratifique dicho tratado.  Para ello, hacen referencia a la situación de los DDHH y a la búsqueda de la paz en el país.

Duración 10:23 minutos

Estas entrevistas fueron grabadas en el marco del Seminario Internacional “Contextos de aplicación de acuerdos económicos y de garantías de Derechos Humanos”, organizado por la plataforma justicia por Colombia y que tuvo lugar en Oviedo del 24 al 26 de noviembre de 2010.


Manuel Olate, ennesima vittima delle manipolazioni sul computer di Raúl Reyes

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Sono stati finalmente concessi il 4 dicembre scorso gli arresti domiciliari al compagno  cileno Manuel Olate, arrestato a Santiago  il 29 ottobre con l′accusa di terrorismo e di essere l′ anello di congiunzione tra la guerriglia colombiana delle FARC e i Mapuche cileni.  Manuel altro non è invece che l′ennesima  vittima  dell´ inutile  tentativo del governo colombiano di isolare politicamente a livello internazionale le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC).

Inutile   perché la solidarietà che riscuotono le FARC  nel mondo  è  direttamente proporzionale alla  repressione e alla violenza subita  dal  popolo colombiano dal terrorismo di Stato  e dalla sua “pulizia” politica.

Membro del Partito  Comunista Cileno e del  Movimento Continentale Bolivariano e responsabile del Movimento di Solidarietà per la pace in Colombia, Manuel era stato arrestato in base ad un ordine di detenzione  emesso dal  Ministro della Corte Suprema  del Cile Margarita Herreros  che in questo modo  rispondeva a una richiesta di estradizione proveniente dalla Colombia.

Le prove della sua colpevolezza   sarebbero venute fuori, a detta del governo colombiano,   ancora una volta da quel vado di Pandora che è il computer portatile del numero due delle FARC, il comandante Raúl Reyes.  Manuel , in base ad alcuni documenti, sarebbe stato accusato di essere un tal  “Roque” presunto finanziatore delle FARC in Cile. In questi giorni la sua difesa sta lavorando alacremente (anche per affrontare il processo nel quale si discuterà della sua estradizione in Colombia) per dimostrare invece che Manuel Olate  è soltanto un simpatizzante politico  del gruppo insorgente colombiano e  che non ha nulla a che vedere con il presunto “Roque”. (altro…)


Manifiesto Trirregional (Centroamérica, Europa, Países andinos) por la no ratificación de los TLC de la Unión Europea.

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Freno a la injusticia y a la desigualdad

No a la ratificación de los Acuerdos negociados por la

Unión Europea con Centroamérica, Colombia y Perú

Manifiesto de Organizaciones, Redes y Movimientos Sociales de América Central, Región Andina y la Unión Europea

En la VI Cumbre de Jefes de Estado y de Gobierno entre la Unión Europea y América Latina y El Caribe, celebrada en Madrid el 18 de mayo de 2010 se anunciaron la culminación de las negociaciones de un Acuerdo de Asociación entre la UE y América Central y de un Acuerdo Comercial Multipartes entre la UE y Colombia y Perú.


Las organizaciones, redes y movimientos sociales de las tres regiones que tuvieron también la oportunidad de encontrarse en Madrid en el marco de la Cumbre Alternativa de los Pueblos para debatir sobre el alcance y posibles impactos de los Acuerdos negociados, acordaron coordinar acciones de información, sensibilización, incidencia y movilización sobre los peligros que entrañan los Acuerdos negociados. Como parte de este proceso, hacen público el siguiente Manifiesto:


La crisis económica mundial ha cuestionado el paradigma del “libre comercio” en que se sustentan los acuerdos negociados. La lógica predominantemente “librecambista” de los Acuerdos negociados entre la UE y Centroamérica y la UE y Colombia y Perú, corresponde a un modelo en crisis que va a limitar fuertemente la autonomía de los Estados parte para promover y definir políticas regionales y nacionales de desarrollo en beneficio de las mayorías. El cierre de estos acuerdos se da en un contexto de crisis múltiple: económica, climática, energética y alimentaria que afecta fuertemente a los países del Sur y especialmente a los países centroamericanos y andinos, derivado de la vulnerabilidad ambiental que los caracteriza.


1. De Acuerdos de Asociación a Acuerdos de Libre Comercio.

Los Acuerdos negociados privilegian ante todo los intereses comerciales de la UE, tanto en el acceso a mercados, como en el alcance de los temas de servicios, inversiones, compras gubernamentales, propiedad intelectual entre otros. A cambio los países centroamericanos, así como Colombia y Perú han logrado “algunas ventajas” en acceso a mercados, que no hacen otra cosa que consolidar el acceso que ya tenían estos países en el marco del Sistema General de Preferencias (SGP), reafirmando el carácter de países exportadores de materias primas y por ende, su vulnerabilidad frente a los mercados internacionales.

2. Acuerdos abismalmente Asimétricos.

Las asimetrías en los niveles de desarrollo, bienestar y calidad de vida entre la UE y América Central, Colombia y Perú son abismales. La reducción de estas asimetrías entre las regiones, y al interior de estas, era un propósito prioritario de las negociaciones, no obstante los Acuerdos negociados no incorporan mecanismos realmente efectivos que contribuyan a reducirlas, por el contrario, las exacerban.

Los resultados de la negociación del sector lácteo, es un ejemplo de esta inequidad. Ya que el ingreso de los lácteos subsidiados europeos van generar un desplazamiento de los mercados internos centroamericanos y andinos, afectando a los productores locales y comprometiendo la soberanía alimentaría de estas regiones, tomando en cuenta que la leche es un alimento esencial de la canasta básica familiar.


3. Los Acuerdos negociados lejos de favorecer, afectan los procesos de integración regional en curso.

Fortalecer los procesos subregionales de integración, el andino y el centroamericano, fue uno de los objetivos fundamentales enunciados por la UE con estos Acuerdos y presentado como una diferencia significativa frente a los Tratados de Libre Comercio negociados con los Estados Unidos. No obstante, la evolución de la negociación demostró su incoherencia al respecto. En lo que se refiere al proceso de integración andino, el haber aceptado continuar la negociación con tan solo dos miembros Perú y Colombia, ha contribuido a agudizar las tensiones ya existentes entre los países miembros de la Comunidad Andina. De la misma manera, la aceptación de Panamá, como parte del Acuerdo, sin haber cumplido previamente con el ingreso al Sistema de Integración Económico Centroamericano — SIECA y tras haber anunciado su retiro del Parlamento Centroamericano — PARLACEN, afecta la institucionalidad centroamericana.


El Gobierno ecuatoriano ha anunciado la disponibilidad de negociar un Acuerdo de Comercio para el Desarrollo con la UE, sin embargo la poca flexibilidad que ha demostrado la UE en las negociaciones precedentes hace poco probable pensar que una negociación bajo estas características pueda llevarse a cabo. Sin embrago, y ante este escenario las organizaciones demandamos que este proceso sea consultado y consensuado con la población, respete la Constitución de Ecuador y se enmarque en los principio de igualdad y equidad para el Buen Vivir. Las organizaciones, redes y movimientos sociales nos mantendremos vigilantes al rumbo que tomen estas conversaciones.


4. Liberalizar el acceso a recursos naturales y sectores estratégicos limita las posibilidades de desarrollo y coarta la soberanía de los Estados.

Los recursos naturales, la biodiversidad, los conocimientos ancestrales, los servicios públicos, las fuentes de agua, los recursos minerales y energéticos tanto de Centroamérica como de la región andina, han sido objetivo codiciado de las empresas transnacionales de Europa y Estados Unidos. Los Acuerdos negociados favorecen los intereses de las multinacionales Europeas en estas áreas. Poner sectores estratégicos para el desarrollo de las regiones al servicio de los afanes de lucro de empresas europeas, afecta las posibilidades hacia futuro de la integración económica regional, la soberanía de los Estados y viene a reafirmar el paradigma en crisis del libre comercio, haciendo caso omiso de sus efectos.


5. Los Acuerdos negociados con la UE pueden agudizar los conflictos existentes en Colombia, Perú y la región centroamericana.

Los modelos extractivistas que se vienen aplicando tanto en Centroamérica, como en la región andina, generan el rechazo de la población y la movilización social en defensa del territorio y de los recursos naturales, principalmente, de los pueblos indígenas y afrodescendientes. Los Acuerdos negociados con la UE tienden a fortalecer este modelo con lo cual van a contribuir a exacerbar los conflictos socio ambientales existentes.


6. Los Acuerdos negociados no privilegian la defensa y protección de los derechos humanos sobre el libre comercio.

Estos Acuerdos, además de contener medidas que afectarán los derechos económicos, sociales y culturales de los pueblos centroamericanos, peruano y colombiano, no incluyen mecanismos efectivos que condicionen las preferencias comerciales al adecuado cumplimiento de los derechos humanos, y para ello incluyan mecanismos efectivos de sanción comercial frente a violaciones.


Adicionalmente, vale la pena subrayar como la culminación de las negociaciones estuvo por encima de cualquier otra consideración referida al buen gobierno o los derechos humanos: ni la crisis democrática de Honduras tras el golpe de Estado o las graves violaciones a la libertad sindical en países como Colombia, Guatemala o Panamá ocurridas durante la negociación lograron alterar el curso de las mismas. Estas situaciones evidenciaron la incoherencia de la Unión Europea, que priorizó el avance y culminación de los Acuerdos, y evidenció la ausencia de mecanismos efectivos de protección.


7. Los Acuerdos Negociados limitan las posibilidades de participación de la sociedad civil en la implementación de los Acuerdos.

A lo largo de las negociaciones las propuestas y recomendaciones de diversas organizaciones y movimientos sociales de las tres regiones fueron desconocidas. Tampoco el acuerdo contempla una participación vinculante, amplia y diversa de organizaciones y movimientos sociales. Los Foros previstos son un mecanismo de participación insuficiente, que no garantizan la transparencia ni la democracia en el Acuerdo.


8. Los Acuerdos negociados desconocen los Estudios de impacto socio ambiental.

Los Estudios de Impacto Socio Ambiental –encomendados por la Comisión Europea y publicados antes de la finalizar las negociaciones– pese a sus limitaciones, hacían referencia a impactos en algunas áreas sensibles. A pesar de contar con esta advertencia, las partes desconocieron de plano estos resultados a la hora de definir los textos de los Acuerdos, mostrando que no se buscó corregir estos posibles impactos en la negociación.


Frente a lo antes expuesto, considerando que la crisis económica se mantiene, que los Acuerdos negociados privilegian los intereses comerciales de la UE, comprometen recursos estratégicos de los Estados, debilitan los procesos de integración regional y no constituyen un avance en materia de protección a los derechos humanos ni superación de las inequidades sociales existentes, las organizaciones abajo firmantes, provenientes de las tres regiones y comprometidas en estas negociaciones, demandamos a todos los Parlamentos involucrados en la Ratificación de estos Acuerdos, que aborden la discusión de estos Acuerdos tomando en cuenta:


Las evidencias y lecciones de las crisis globales respecto al fallido modelo neoliberal bajo el cual se inscriben estos Acuerdos y que privilegien los Tratados y Convenios Internacionales de Derechos Humanos y Medio Ambiente sobre los intereses comerciales,


El objetivo prioritario de reducir las asimetrías existentes entre las partes, las cuales no fueron tenidas en cuenta dando como resultado Acuerdos Inequitativos e Injustos.


Que su propósito inicial de contribuir al fortalecimiento de los procesos de integración regional, reconociendo que el resultado de los Acuerdos se orientan en la dirección contraria.


En consideración a los antes expuesto, exhortamos a todos y todas los parlamentarios y parlamentarias concernidos a emitir un voto negativo a la aprobación, que abra una ventana de oportunidad para reabrir la discusión sobre las relaciones de la UE con América Central y la región Andina, sobre nuevas bases, en condiciones de igualdad y una agenda renovada que incorpore a las organizaciones de la sociedad civil.

NO a la ratificación de los Acuerdos negociados

Promovamos verdaderas condiciones de justicia y equidad entre nuestras regiones

Noviembre del 2010

SUSCRIBEN:

Europa: CIFCA, Grupo SUR, Oxfam, Red birregional Enlazando Alternativas. Alemania: Informationsstelle Peru (Freiburg), Peru-Gruppe München). España: Asociación Entrepueblos, ATTAC-España, Ecologistas en Acción, HUACAL (ONG de Solidaridad con El Salvador), PlasPaz. Plataforma Asturiana Paz y DDHH para Colombia, Plataforma Justicia por Colombia  España, Plataforma Rural/Alianzas por un mundo rural vivo, Red de Semillas “Resembrando e Intercambiando”, Red de Solidaridad para la Transformación Social REDS, Secretaria d’Organització Intersindical CSC, SETEM, SODePAZ, Soldepaz.Pachakuti. Francia: Comité Pérou. Holanda: Transnational Institute TNI, Irlanda: Grupo Raíces (Grúpa Freamhacha), Latin American Solidarity Centre (LASC). Italia: A Sud– Italia, Annalisa Melandri activista por los derechos humanos. América Latina: Alianza Social Continental, ALOP, Asociación Latinoamericana de Micro, Pequeños y Medianos Empresarios, A. C. ALAMPYME, Plataforma Interamericana de Derechos Humanos, Democracia y Desarrollo PIDHDD, SERPAJ América Latina. América Central: Capítulo centroamericano ASC, Centro América por el Diálogo CAD-. Costa Rica: Comisión Nacional de Enlace CNE. El Salvador: CEICOM, CORDES, Red de Acción Ciudadana Frente al Libre Comercio e Inversión SINTI TECHAN, Unidad Ecológica Salvadoreña UNES. Guatemala: Colectivo de Organizaciones Sociales COS, Consejo de Investigaciones e Información en Desarrollo CIID,  Movimiento Tzuk Kim-pop (Altiplano Occidental de Guatemala). Honduras: CHAAC. Nicaragua: Coordinadora Civil/ CAD Capítulo Nicaragua, FUMEDNIC, Movimiento Social Nicaragüense Otro Mundo es Posible. México: Alianza Internacional de Habitantes, Liga Mexicana por la Defensa de los Derechos Humanos LIMEDDH, Red de Mujeres Líderes por la Equidad y una Vida Libre de Violencia A.C. — D.F, Red Mexicana de Acción frente al Libre Comercio RMALC. Suramérica: Coordinadora Andina de Organizaciones Indígenas CAOI. Argentina: ATTAC Argentina, Movimiento por la Paz, la Soberanía y la Solidaridad entre los Pueblos MOPASSOL, Organización de Naciones y Pueblos Indígenas en Argentina ONPIA-. Bolivia: Consejo Nacional de Ayllus y Markas del Qullasuyu CONAMAQ. Colombia: Asociación de Cabildos Indígenas del Norte del Cauca – ACIN, Asociación Salud al Derecho, Coalición de Movimientos y Organizaciones Sociales de Colombia COMOSOC, CODIEPSIR, Colectivo Informativo Susurro, Comisión Colombiana de Juristas, Comisión de Protección y Seguimiento del Paramo El Almorzadero, Entre Redes, FUNCOP-CAUCA, Fundación Rostros y Huellas del Sentir Humano “Garifuna”, Marcha Mundial de Mujeres – Colombia, Mesa de Trabajo Mujeres y Economía, Movimiento Afrodescendiente Huellas Africanas, Movimiento Franciscano por la Paz MOFRAPAZ, Movimiento de Cristianos/as por la Paz con Justicia y Dignidad MCPJD, Movimiento Nacional por la Salud y la Seguridad Social MNSSS, Organización Nacional Indígena de Colombia ONIC,Plataforma Colombiana de Derechos Humanos, Democracia y Desarrollo PCDHDD, Red Colombiana de Acción frente al Libre Comercio RECALCA, Red Nacional de Mujeres Afrocolombianas Kambirí, Roberto Achito: Autoridad Tradicional Emberá, SINTRAFEC, SURCULTURA, Ecuador: Acción Vital, Centro de Derechos Económicos y Sociales CDES, Colectivo de Mujeres Acción Política por la Equidad APE, Colectivo para las Alternativas Humanas, Confederación de Pueblos de la Nacionalidad Kichwa del Ecuador ECUARUNARI, Democracia Socialista, Ecuador Decide. Perú: Confederación Nacional de Comunidades del Perú Afectadas por la Minería CONACAMI, Red Peruana por una Globalización con Equidad RedGE. Venezuela: Central Socialista de Trabajadores y Trabajadoras de Venezuela CST, Federación de Obreros Universitarios, Federación de Sindicatos de Profesores Universitarios FENASINPRES, Federación de Trabajadores de la Harina FETRAHARINA, Federación de Trabajadores de la Industria Gráfica FETRAIG, Federación de Trabajadores de Telecomunicaciones FETRATELECOMUNICACIONES, Federación de Trabajadores del Sector Eléctrico FETRAELEC, Federación de Trabajadores Universitarios FETRAUVE, Federación Nacional de Sindicatos de Trabajadores de la Salud FENASIRTRASALUD, Federación Nacional de trabajadores del Sector Público FENTRASEP, Federación Unitaria de Trabajadores de Petróleo y Gas FUTEP, Fuerza Socialista Bolivariana de Trabajadores, Sindicato Nacional Fuerza Unitaria Magisterial SINAFUM, Sindicato Unitario de la Construcción SUTAC.

Adhesiones a:  lauradotrangeldotfonsecaatgmaildotcom



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