Omero Ciai, La Repubblica e la Colombia

17 commenti
E’ noto ormai che la Colombia trova spazio sulle pagine de  La Repubblica solo quando fornisce occasione per parlare  di Ingrid Betancourt o di Gabriel García Márquez.
Omero Ciai è stato inviato in Colombia  dal quotidiano per il quale lavora,  per il  ritorno di Gabo  nella sua Arataca –Macondo, dopo un’assenza  del premio Nobel dalla sua città natale durata ventiquattro anni.
Evviva! Finalmente l’occasione giusta per i lettori de La Repubblica di conoscere un po’ della realtà e della lunga guerra che tormenta un paese dimenticato da tutti.
Invece no!
Con tutto quello che accade laggiù ci si sarebbe aspettato uno sforzo giornalistico un po’ più serio del “reportage” del 31 maggio. Non metto in dubbio che  sia più rilassante e  divertente leggere del viaggio in trenino dell’anziano e fin troppo silenzioso Gabriel  García Márquez piuttosto che la cronaca di tutte le quotidiane tragedie che i colombiani vivono sulla propria pelle.
Un accenno però, anche minimo, almeno per inserire il “reportage” in una situazione politica e sociale più chiara, (visto che comunque La Repubblica  non lo fa mai), alla parapolitica, alle confessioni (che stanno togliendo il sonno a Uribe) di Salvatore Mancuso, ex capo delle AUC (Autodefensas Unidas de Colombia, un corpo paramilitare di estrema destra), prima notizia in quei giorni in Colombia e in America latina, credo fosse stato doveroso.
Probabilmente i lettori abituali di La Repubblica non sanno nemmeno, perché nessuno glielo dice mai,  che in Colombia un ex capo paramilitare, Salvatore Mancuso, nostro connazionale, calabrese per l’esattezza, “signore della coca”, “signore della guerra” e il più potente narcotrafficante colombiano, nonché capo delle AUC, al momento è in carcere e oltre ad aver confessato 55 omicidi e 6 stragi sta rendendo tutta una serie di dichiarazioni che testimonierebbero la collusione dei vertici del governo colombiano con il paramilitarismo.
Stanno accadendo cose terribili in Colombia, la violenza a questo punto sembra essersi irrimediabilmente incancrenita e non c’è un settore della società che ne  sia immune.
Ci sono stati  recenti e massicci scioperi dei maestri e degli studenti universitari, con l’occupazione di molte università, la situazione dell’infanzia è terribile, tanto che negli  ultimi due mesi solo nel Chocò, per la “disattenzione” delle locali autorità, la denutrizione  ha ucciso 37 bambini e sempre nel Chocò nel corso di un desalojamiemto (sgombero), tre bambini indigeni sono stati gettati nelle acque del Río San Juan da membri dell’ESMAD le squadre mobili antisommossa della Polizia Nazionale e i loro corpi ancora non sono stati recuperati.
Siamo a questo punto talmente in malafede da chiederci come mai le limitate proteste delle università private contro Chávez trovano spazio sui nostri mezzi di informazione e invece nessun accenno alle grandi proteste degli studenti universitari in Colombia, tra l’altro duramente represse dalla polizia? Nell’Università Nazionale a Bogotà a fine maggio si è tenuto l’Incontro Nazionale Universitario al quale hanno partecipato studenti di 24 università pubbliche e 8 università private per denunciare il controllo di stampo fascista del governo di Uribe nelle facoltà, le continue minacce a cui è sottoposto il movimento studentesco, la detenzione arbitraria e la tortura di alcuni leader dello stesso.
Di tutto questo non un accenno sul “reportage” de La Repubblica.
Delle favelas colombiane ne immaginiamo vagamente l’esistenza perché Omero Ciai ne descrive i contorni che sfuggono insieme al resto del paesaggio dietro ai finestrini del treno. Egli non si degna nemmeno per un attimo di scendere la treno e fare quello che la sua professione richiederebbe. Indubbiamente è stato molto più comodo proseguire il viaggio con Gabo….
Delle proteste dei maestri ne troviamo un vago riferimento quando il trenino lascia il porto di Santa Marta dal quale è partito alla volta di Arataca e incontra migliaia  di maestri che lanciano un vano appello a Márquez affinché sostenga la loro causa.
La Colombia sembra lontana anni luce in questo reportage e i colombiani sembrano comparse uscite da un depliant delle vacanze, gli uomini a torso nudo, qualcuno “perfino” in bermuda, ragazze che ballano la cumbia e anche una  gentile bambina che aiuta il nostro Ciai ad allacciarsi le scarpe.
La Repubblica non scrive mai di Colombia, come scrive troppo poco e male di Sud America e proprio per questo poco, verrebbe a questo punto da domandarsi:  ma veramente La Repubblica ha spedito fin laggiù un suo inviato solo per questo?
E la società, il popolo, la fame, i bambini, la Colombia, davvero è stata sprecata un’occasione così per farceli conoscere?
 
No, che dite…
La Repubblica qualche giorno dopo, il 4 giugno, ci delizia con un altro brillante “reportage” dal titolo : “Colombia, caccia al bimbo della giungla”.
Orbene in questi giorni in Colombia e non solo c’è un gran rumore intorno alla presunta liberazione di Ingrid Betancourt . E ‘ una notizia importante che però va osservata e letta tenendo sempre ben presente il “realismo magico” che permea il paese ed i suoi avvenimenti, soprattutto quelli che coinvolgono direttamente il presidente Uribe. Con tanto da dire, tanto da approfondire sull’argomento, rapporti diplomatici in ballo, ora più tesi ora meno tra Francia a Colombia, l’annuncio a sorpresa di Uribe dell’ imminente  liberazione della Betancourt e le sue reali ripercussioni sulla politica e sulle trattative di pace in Colombia, l’articolo di Omero Ciai sembra la versione colombianizzata della leggenda di Tarzan, il re delle scimmie. La storia di questo bambino, figlio dell’amica del cuore di  Ingrid Betancourt rapita insieme a lei nel 2002, Clara Rojas e di un guerrigliero fariano.
Secondo John Pinchao Blanco, militare anch’egli prigioniero delle FARC che guarda caso è riuscito a fuggire dallo stesso campo di prigionia della Betancourt e della Rojas dopo circa nove anni di prigionia,  “il padre del bambino è stato trasferito in un’altra zona , oppure è stato ucciso perché il metodo delle FARC è impedire qualsiasi intimità tra gli ostaggi e i guerriglieri che li vigilano, impediscono anche alla mamma di vedere suo figlio perché sono loro che si occupano della sua crescita e della sua educazione”.
Poi Omero Ciai si sofferma sui pericoli che corre questo bambino in piena foresta colombiana “sottratto ai genitori e tenuto prigioniero in una giungla dove insieme alle malattie, dal tifo all’epatite, rischia (udite! udite!) la denutrizione cronica.”
Ancora una volta mi viene spontanea la domanda, la Colombia, in questo romanzetto esotico, dove sta? dove stanno i Colombiani? dove stanno i 37 bambini morti di fame (morti di fame Sig. Ciai, non malati di denutrizione cronica) negli ultimi due mesi?
E’ tutta la realtà di un paese che viene  travisata nel breve “reportage” dell’inviato Omero Ciai.
La storia di Emmanuel il “bimbo della giungla”, si legge, avrebbe colpito al cuore i colombiani e così Uribe avrebbe imposto come priorità la liberazione della Betancourt.
Un Uribe in difficoltà sia per le pressioni di Sarkozy sia per (e qui veramente si raggiunge la mistificazione) un “paio di scandali”. Omero Ciai ancora una volta preferisce di gran lunga scopiazzare un paio di notizie di cronaca invece di fare il suo mestiere e approfondire gli argomenti con arguzia e perspicacia.
Ciai  finalmente accenna brevemente a Mancuso, sfocandone i contorni e le dimensioni del suo collaborare con la giustizia e al fatto che Washington minaccia di ridurre gli aiuti alla Colombia per lo scarso impegno nella lotta alla produzione di droga.
Questi sarebbero il “paio di scandali”. Uribe in realtà sta praticamente annaspando in un mare di letame, che rischia di ingrossarsi sempre di più e di travolgerlo. Salvatore Mancuso è un fiume in piena e le sue dichiarazioni coinvolgono personaggi che occupano i settori più diversi del paese, dai sindaci  ai governatori, dai deputati  ai banchieri, fino ad alcuni generali, all’ex capo della polizia Rosso Josè Serrano, arrivando  al vice presidente Francisco Santos (che mentre Mancuso lo accusava era ricevuto in Italia con tutti gli onori da D’Alema in un incontro da egli stesso definito “proficuo e significativo”), e all’attuale ministro della difesa Juan Manuel Santos (cugino di Francisco e appartenenti alla potente famiglia Santos  proprietaria  del quotidiano El Tiempo), nonchè all’ambasciatore colombiano a Roma Sabas Pretelt de La Vega.
In questo periodo in Colombia grazie alle dichiarazioni di Mancuso e di altri paramilitari che stanno collaborando con la giustizia, decine e decine di fosse comuni vengono individuate e ciò che rimane dei resti di coloro che furono barbaramente trucidati dai paramilitari che altro non facevano che seguire la “politica dello stato” come lo stesso Mancuso ha dichiarato, riesumati e identificati. La Colombia sembra non uscire dall’orrore in cui è si trova ormai da  50 anni e Ciai scrive di un “paio di scandali”.
Uribe resta lì al suo posto, quasi per miracolo, le strade del crimine convergono verso di lui, poi come per magia lo sfiorano e per La Repubblica non è altro che un presidente in difficoltà che però è stato  toccato dalla storia del bimbo nella giungla e che quindi fa  di tutto per liberarlo insieme agli altri ostaggi.
Suvvia, è talmente evidente che l’annuncio della liberazione di Betancourt è l’ennesima mossa di un uomo che sta giocando tutte le  carte che gli sono rimaste per diluire l’attenzione dei media sugli scandali che lo coinvolgono sempre più da vicino, che l’articolo di Ciai non può che strappare un sorriso a chi è abituato ad informarsi altrove.
Leggi La Repubblica e vieni a conoscenza che “200 guerriglieri delle Farc sono stati concentrati nella prigione di Chiquinquira e verranno liberati con un indulto presidenziale nelle prossime ore”. Tra gli ostaggi ci sarebbe Rodrigo Granda, arrestato a Caracas nel 2004 e considerato il ministro degli esteri delle Farc. Granda, la cui liberazione è stata richiesta dal ministro degli Esteri francese  Kouchener, potrebbe fare da intermediario per la liberazione della Betancourt.
Tutto starebbe nelle sue mani dunque, e tutto dipenderebbe dal fatto che accetti o meno la liberazione.
Non un accenno al fatto che le FARC e Rodrigo Granda in prima persona  (il quale è stato liberato il 5 giugno scorso)  respingono fermamente l’ulteriore farsa di Uribe e fanno sapere che i duecento detenuti che dovrebbero essere liberati in realtà sono “disertori” o “traditori” o “delinquenti comuni” e in nessun caso militanti fariani. Granda in un’intervista rilasciata al giornalista colombiano Germán Silva Losada fa sapere che è stato liberato per le pressioni esercitate dal presidente francese Sarkozy e che comunque la necessaria condizione urgente è la smilitarizzazione (ipotesi sempre respinta da Uribe) dei municipi di Florida e Pratera, dove si possano incontrare tutte le parti per definire lo scambio.
In questa  vicenda confusa e tutt’altro che in via di definizione, perfino l’altro gruppo guerrigliero colombiano, l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) non sempre in accordo con la politica delle FARC, tramite il Comando Centrale,  invita tutti i prigionieri politici dell’ELN nelle carceri colombiane a solidarizzare con i prigionieri fariani  per “respingere insieme le manovre del governo”.
Il pressappochismo e la superficialità fatti giornalismo, dove mancano approfondimenti, dove non si capisce come mai la reale portata delle notizie viene svilita a favore di un sensazionalismo di bassa lega che inevitabilmente finisce per penalizzare l’informazione critica e rivolta al sociale e alla dimensione umana del paese.
Ovviamente è più “facile”  leggere della “caccia al bimbo della giungla” e del viaggio di Márquez sul trenino verso Macondo, ma poi ci perdonino La Repubblica e Omero Ciai se le notizie, quelle vere, ce le andiamo a cercare altrove.
Leggi anche:
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    Maria Valdes ha detto:

    Gentile Annalisa, visto che cerchiamo di essere precisi. Juan Manuel Santos, attuale ministro della Difesa e anche lui coinvolto dalle dichiarazioni di Mancuso per le intercettazioni telefoniche e anche per avere chiesto alle Auc di finanziare la derrota di Samper quando questi era presidente, non è affatto fratello di Francisco, ma di Enrique, proprietario di El Tiempo insieme, se non erro, a Rafael Santos.
    Il vicepresidente non è affatto proprietario de El Tiempo e, a essere ancora piu circostanziati, un altro della famiglia Santos, Alejandro, figlio di quello stesso Enrique quindi nipote di manuel santos, e direttore di Semana, settimanale di inchiesta e antiuribista.
    In altre parole, nella famiglia Santos c’e di tutto. Quanto a Ciai, presumo che Repubblica gli abbia chiesto un articolo “verticale”, cioe su un solo argomento e non sulla Colombia intera. Pur contestando le scelte di non parlare mai di quel Paese, mi permetto di difendere Ciai. Grazie.

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    Maria ha detto:

    Ultima cosa: vorrei ricordare che Granda è accusato di essere il mandante dell’omicidio della diciassettenne Cecilia Cubas, figlia dell’ex presidente del Paraguay. Una colpa minore, immagino.….…

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    Anonimo ha detto:

    Infine: e noto che Granda e stato liberato su richiesta di Sarkozy, lo scrive El Tiempo da quindici giorni.

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    Reynamiranda ha detto:

    Cara Maria, Annalisa non ha bisogno di essere difesa, ma è ovvio che un giornalismo che manda una volta ogni dieci anni qualcuno in Colombia per scrivere SOLO un pezzo di colore è PESSIMO giornalismo. Quindi Ciai e Repubblica, proprio non meritano difesa.

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    Anonimo ha detto:

    Così, per sempitura memoria… : - )
    Ciao, grazie per i report!

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    Anonimo ha detto:

    Ehmm… ho provato a postare un link, non ci sono riuscito.
    http://img14.imgspot.com/u/07/164/11/liberazione.gif

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    Francesco ha detto:

    Cara Annalisa,non preoccuparti nessuno ti tocca i tuoi Venezuela e Cuba…nessuno vuole paragonare la Colombia ai tuoi amati stati dove impera il socialismo reale…

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    Annalisa ha detto:

    @Maria 1 Grazie per la precisazione, Juan e Francisco infatti sono cugini.
    @Maria 2 non mi sembra di aver detto che Granda sia un santo o sia esente da colpe.
    @Maria 3 è noto certo, il mio non era certo uno scoop ; - )
    infine credo si possa fare anche un articolo “verticale” cercando di non alterare così sfacciatamente la realtà del paese di cui si sta parlando. Invece di “un paio di scandali” per esempio bastava dire il più grande scandalo… e già il senso cambiava no? Uribe in difficoltà? ma via…

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    Annalisa ha detto:

    @La tela di Penelope, carino! quasi quasi lo copio anche io. Grazie!
    @Francesco infatti il paragone non reggerebbe. Saluti.

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    Aldo Palumbo ha detto:

    Passa il tempo, ma Annalisa Melandri resta la più assidua lettrice di Repubblica e di Omero Ciai. Brava. Attenta però a non commettere anche tu grossolani errori di analisi. Quando affermi che “stanno accadendo cose terribili in Colombia” e che “la violenza sembra essersi ormai incancrenita”, dici una cosa inesatta. O meglio: ti perdi dietro un piuttosto datato luogo comune. Sotto Uribe infatti – e questo spiega la perdurante popolarità del presidente in carica – la violenza è molto diminuita (lo è davvero, anche se non mancano i dubbi sulla completa affidabilità dei dati governativi). Ed almeno in parte è vero che – come sostengono gli uribisti – anche lo scandalo della parapolitica è il prodotto di un successo. Ossia: è la conseguenza di un processo di “pace e verità” che prevede il disarmo e la confessione delle AUC. Il punto vero è capire in che misura la verità – tutto quello che emerge dalle confessioni, più o meno pilotate a fini di ricatto politico, di Salvatore Mancuso – e la pace siano contraddizione. Io credo che lo siano. E credo che la pax uribista non sia in grado di sopravvivere alla rivelazione degli orrori e delle complicità che caratterizzarono (e caratterizzano) la vita delle AUC. Ma riducendo tutto ad una sorta di ramanzina contro Uribe e contro una violenza slo superficialmente analizzata tu non aiuti a capire la realtà della Colombia molto più di quanto faccia Omero Ciai con i suoi “figli della giungla”.

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    Francesco ha detto:

    Che peccato pero’ Annalisa che all’Avana si finisca in galera per manifestare contro Castro ed a Caracas si muoia per essere rapinati di un paio di scarpe…Ognuno si tenga le sue croci…Molti venezuelani conosciuti qua in Colombia mi dicono che “nonostante tutti i problemi,meglio vivere in Colombia che nel Venezuela attuale…“Inoltre la Colombia patisce,ingiustamente come accade per Cuba e Venezuela,la propaganda di una stampa che la vuole far passare per un paese fatto solo di droga e violenza(vedi anche il sito viaggiare sicuri del MAE…) e non e’affatto vero.

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    Paolo ha detto:

    Ciao Annalisa ho linkato il tuo blog al mio… ero convinto di averlo già messo invece non l’avevo ancora fatto! Un saluto

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    Marco ha detto:

    sono d’accordissimo con nº11 troppe speculazione durante anni hanno dovuto sopportarei colombiani da parte dei mass media e i termini da Annalisa,usati spesso, sono esagerati, rimane la colombia una delle principali economie del sudamerica e il tenore di vita é stato migliorato tantissimo, l’infrastruttura anche … certo é anche vero che continua a persistere un grave problema di politica interna: presidente in sopsetto contatto con le Auc, probabile che sia cosi … e se anche fosse?! credete che in italia il tenore di vita sia dovuto grazie all’onesta dell’italiano medio che paga le propie tasse e di un governo che si preoccupa del propio popolo??? o su via la mafia ha dato molto anche in italia, se no dove sarebbero i ricchi oggi giorno senza tanti “favori” … la stessa cosa succede in colombia! per lo meno i contatti di uribe servono a qualcosa visto che i risultati si vedono da soli! quel che conta per un popolo in difficolta é il risultato e non il metodo, mi spiace ma quando si ha fame si fa qualsiasi cosa per mangiare e so da molti che hanno visitato che a Cuba e in Venezuela si ha piu fame che in Colombia!!!!

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    Annalisa ha detto:

    @Aldo Palumbo il mio post non voleva assolutamente “analizzare” la violenza in Colombia come non credo fosse quella l’intenzione di Ciai, sarebbe e convieni con me troppo lungo e complicato, io ho semplicemente criticato la maniera di esporre i fatti de La Repubblica che non dà una visione reale di quella che è la situazione colombiana. E’ vero che Uribe è ancora molto popolare ma è vero che quasi tutti i sondaggi fatti in Colombia sono effettuati da propagandisti del governo con tecniche e metodi che vengono spesso messi in discussione. Io ho riportato dei dati e degli avvenimenti, che vi piacciano o no sono reali, che non ho inventato io e penso che la loro omissione non dia una giusta visione politica del paese.
    @Francesco e Marco, la Colombia è bellissima e i Colombiani gente meravigliosa e assolutamente non è un paese fatto solo di droga e violenza ma non si fa un favore a nessuno ad omettere le verità. E d’altra parte se un quotidiano importante come la Repubblica che di Colombia non parla mai, omette tali realtà o peggio le altera, secondo me non fa un buon servizio ai suoi lettori, d’altra parte non è una rivista turistica. Marco, per il resto il tuo commento mi lascia molta tristezza e un pò di inquietudine. Il tuo “se anche fosse” lo trovo gravissimo, vallo a raccontare ai parenti di tutti quelli che sono stati trucidati dalle AUC con il benestare del tuo presidente. Certo che la mafia ha “dato” molto in Italia, ha tolto anche vite e ha distrutto famiglie ma nessuno, almeno non le persone ONESTE si sognano di dire E SE FOSSE?
    @Paolo, grazie, ricambio con piacere

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    GaryBaldi ha detto:

    Se qualcuno anzichè parlare delle presunte repressioni cubane, frutto solo della propaganda di chi viene lautamente pagato per farlo, si preoccupasse delle repressioni che avvengono da noi, forse farebbe un favore alla verità.
    Non vorrei rievocare Genova, non serve, le violenze della polizia sono talmente tante.….
    Se a Cuba avvenisse anche solo uno di questi fatti, i cubani non starebbero con le mani in mano, ma non lo fanno semplecimente perchè la violenza poliziesca è semplicemente un’invenzione propagandistica. Cuba non è la Colombia, e nemmeno l’Italia! A Cuba la violenza è quasi inesistente. A Cuba non si muore di fame, malgrado il vergognoso blocco economico. A Cuba si costruisce cultura, e futuro.
    Come mai i nostri Ministri girano scortati da dicine di gorilla? Di chi hanno paura? Del popolo? A Cuba i Ministri girano soli e senza scorta!!!! Non hanno niente da temere perchè non sono dei delinquenti.
    BASTA CON LE STUPIDE IPOCRISIE E CON LA VILE PROPAGANDA!!!!!!!!!!!!!!!!!
    PS.Annalisa, tu parli di Ciai e come d’incanto appare Palumbo con il suo seguito? Non ti fa pensare niente?.……

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    Ernesto ha detto:

    Perfettamente d’accordo con te Gary!!

  17. avatar
    Doppiafila ha detto:

    Ciao Annalisa, mi sono perso sia gli articoli di Ciai che questo tuo perchè sono stato fuori per una decina di giorni. Mi meto subito “a paro” cominciando — com’è mia abitudine — dai blog. Un unico commento: la situazione in Colombia merita un approfondimento aldilà delle questioni “di cronaca” come Aracataca o Emmanuel Rojas. Stanno succedendo cose grosse sia all’interno (vedi ad esempio le rivelazioni di Ochoa Vasco a Semana sul ruolo dei paramilitari nel narcotraffico) che all’esterno (in particolare le negoziazioni del TLC con gli USA ed il ruolo della maggioranza democratica), entrambi temi che rischiano di cambiare le carte in tavola nel Paese e nella regione…
    Un caro saluto, Doppiafila

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