La gestione della Fondazione Neruda — I parte (da un’inchiesta di Mario Casasús)

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Pablo Neruda

Il 12 luglio scorso, lo ricordo ogni anno, è stato l’anniversario della nascita di Pablo Neruda.
Non lo dimentico mai perché personalmente ho un debito morale verso il grande Poeta in quanto  in un particolare momento della mia vita l’ho sentito talmente “vicino” da riuscire a trasmettermi    forza e coraggio nel prendere una decisione importante.
A volte il merito dei “Grandi” consiste proprio in  questo, l’universalità del loro messaggio.
Per questo Pablo Neruda è patrimonio di tutta l’umanità e  il suo messaggio è un imprescindibile punto di riferimento. L’umanità tutta non può fare a meno di Pablo Neruda e della sua Poesia per i valori eterni e universali in essa contenuti.
In gran parte pensata e scritta per la sua terra, il Cile,  e per il suo popolo ma talmente grande ed immensa da abbracciare l’intero pianeta.
Talmente viva e vibrante da essere sempre attuale perché purtroppo sempre attuali sono ingiustizie, abusi, violazioni dei diritti umani, il potere di pochi contro tanti.
Ci ha lasciato un grande compito Neruda, in cambio di tanta passione e di tanta grazia, un input al quale chi lo ama e lo sente ancora vivo, non riesce a sottrarsi.
Nella grande opera Canto Generale che anche Che Guevara portava nel suo zaino fino allo stesso giorno della sua morte, ci dice il poeta:
 
“Per questo ti parlerò di quelle pene che vorrei allontanare
ti costringerò a vivere ancora una volta fra quelle bruciature,
non per soffermarci come in una stazione alla partenza,
e neppure per battere la fronte come la terra,
né per riempirci il cuore d’acqua salata,
ma per camminare sapendo, per toccare l’onestà
con decisione infinitamente gravide di significato,
perché il rigore sia una condizione della gioia,
perché in tal modo possiamo essere invincibili.”
 
Compito impegnativo ha lasciato il Maestro, al suo popolo in particolare e a noi tutti più in generale: rigore ed onestà.
E per rigore ed onestà, rispondendo al messaggio di Pablo Neruda, ricordiamo che il Cile, tradito da tutti, tradito da sempre, (“il mio popolo è stato il più tradito di questo tempo” Egli scriveva) continua ad essere purtroppo tradito anche da chi dovrebbe proteggere la memoria del suo Poeta e quindi la dignità e l’orgoglio del popolo cileno: la Fondazione Neruda.
La Fondazione Neruda è gestita da Agustín Figueroa, figura scelta  da Matilde Urrutía alla morte del Poeta come amministratore della stessa.
Tale scelta, fu fatta in quanto egli era fratello di Aida Figueroa, amica di Pablo Neruda e militante comunista.
Il nome di Figueroa è strettamente legato a quello di Ricardo Claro, uomo di punta della dittatura di Pinochet ed elemento di collegamento con la CIA che quella stessa dittatura  ha sostenuto fin dall’inizio.
Il nome di Figueroa appare nel consiglio direttivo di molte imprese di Ricardo Claro. I proventi della Fondazione Neruda che nelle intenzioni del Poeta doveva essere un luogo di diffusione di pace e cultura e che invece è diventata un’impresa dedita all’evasione fiscale e al riciclaggio di danaro, vengono gestiti  in collaborazione con gli uomini forti del regime di Pinochet.
Al giornalista argentino, Mario Casasús, editorialista de La Jornada Morelos, va il merito di aver, in questi ultimi anni ricostruito la rete di interessi e traffici che esistono tra la Fondazione Neruda e Ricardo Claro, aver ricostruito l’evasione fiscale della Fondazione e aver più volte denunciato tale situazione.
Questo il suo primo articolo del 11/08/2005
La gestione della Fondazione Neruda, uno sguardo critico
di Mario Casasús

La Jornada, Morelos; Cuernavaca Messico 11.08.2005

La memoria dell’America s’estende dal pueblo natale di Neruda, Parral (nel
profondo sud del Cile) al nostro Parral (alla frontiera con gli Stati Uniti
e Chihuahua), dalle Alture di Macchu Pichu alle viscere della Valle di
Cuauhnahuac (Cuernavaca è legata a Neruda non meno della sua poesia e vita:
nel 1941 un gruppo di simpatizzanti nazisti lo colpirono brutalmente in un
ristorante del centro di Cuernavaca, così come nel 1966, Neruda per l’ultima
volta en Messico, visitò a La Tallera il suo intimo amico David Alfaro
Siqueiros).

Pablo Neruda fu sempre un testimone nell’occhio del ciclone; giusto a titolo
d’esempio: la guerra civile spagnola, la nascente Guerra Fredda tra USA e
URSS, il trionfo della Rivoluzione cubana, la proposta di via democratica al
socialismo di Unidad Popular (1970–1973), le azioni clandestine degli Stati
Uniti per far saltare il governo di Salvador Allende; fino allo stesso
funerale di Neruda, accadimento storico che dimostra che anche i morti ci
parlano, dato che assunse il carattere di prima marcia di ripudio contro la
dittatura di Pinochet.

Neruda perseguitato politico, poeta proibito, nell’anno 1948 se ritrova
senatore privato dei poteri e con sul capo un ordine di cattura, con il
Messico del PRI che gli nega un salvacondotto o l’asilo politico: “Neruda, a
quel punto, se rifugia nella ambasciata Messicana. Lo accoglie
l’ambasciatore Pedro di Alba. A sorpresa arriva l’ordine dal Messico di
negargli asilo. Erano gli anni del governo controrivoluzionario di Miguel
Alemán. Neruda –come ricorda Cardoza e Aragón nelle sue memorie Il río,
riterrà sempre colpevole del fatto ignominioso il cancelliere Jaime Torres
Bodet. E’ quel 1948 in cui, all’interno del Canto generale, scrive:
’…e quando il Messico aprì le sue porte
per ricevermi e proteggermi,
Torres Bodet, misero poeta,
ordinò che mi consegnassero
ai carcerieri furenti’”

(Ricerca di Marco Antonio Campos, in Neruda clandestino di José Miguel
Varas, pubblicato ne La Jornada Semanal del 18 Luglio 2004).

Lo stesso vecchio PRI che nel 1973, con il suo genocida Luis Echeverría
Álvarez, gli offre un aereo speciale per il suo nuovo esilio. Neruda non
poté ritornare in Messico nel 1973 (muore a causa d’un cancro e per
tristezza fulminante il 23 Settembre). Alla morte di Neruda, la vedova di
lui Matilde Urrutia fece quanto di meglio poté per preservare il patrimonio
e la memoria di Neruda, diede sistemazione organica ai versi sparsi e
inediti del poeta, li pubblicò, camminò solidale al fianco del suo popolo
quando il terrore militare era atroce, diede battaglia agguerrita a tutela
dei diritti umani denunciando all’estero le sistematiche violazioni compiute
dalla dittatura pinochetista. Il suo unico errore fu quello di fidarsi di
Juan Agustín Figueroa nominandolo presidente della Fondazione Neruda, e
questo perché era il fratello di Aída Figueroa Yávar (grande amica di
Neruda, che la conobbe durante la persecuzione del 1948).

Né Matilde Urrutia, men che meno Pablo Neruda, avrebbero potuto immaginare
che le lotte di tutta una vita ed i mille sforzi intrapresi affinché venisse
compiuta la propria volontà testamentaria sarebbero stati fatti naufragare
sotto il peso di una Fondazione azionista della oligarchia pinochetista
dominata da Juan Agustín Figueroa e Ricardo Claro. La vera intenzione di
Neruda era quella di una Fondazione Cantalao per mettere in piedi la quale
aveva donato un terreno in località Punta di Tralca, e redatto gli statuti
per il suo funzionamento, giammai progettando la creazione di case-museo
succursali, e ancor meno una Fondazione che rendesse culto alla sua
personalità.

Il documento di Neruda (inedito, datato 9 Maggio 1973, del quale se è
discusso solo all’interno del Partito Comunista del Cile — che ne ha
pubblicato una parte sul proprio organo di stampa– e all’interno del
Consiglio Direttivo della Fondazione Neruda), documento che mi permetto di
citare visto che entrambi gli statuti, quello del 1973 e quello del 1982,
certificati presso pubblico notaio, sono in mio possesso): Originariamente
si trattava di una “Fondazione di Beneficenza senza fini di lucro il cui
obiettivo sarà la diffusione della letteratura, delle arti e delle scienze,
con particolare attenzione verso il litorale compreso tra San Antonio e
Valparaíso. a) messa in opera e realizzazione nel terreno donato alla
Fondazione di edifici  destinati a luoghi di riunione, e altresì di
alloggio, per scrittori, artisti e scienziati nazionali ed internazionali”.
Nell’articolo quinto, relativo alla composizione del Consiglio Direttivo e
Esecutivo: “Sarà composto di due rappresentanti di Pablo Neruda, dai Rettori
delle Università del Cile, Cattolica e Tecnica dello Stato, da un
rappresentante della Central Unitaria di Trabajadores (vale a dire il
Sindacato) e da un rappresentante della Sociedad di Escritores di Cile”.

Senza dubbio, il testo del 1982, non fa menzione della volontà di Neruda, e
nomina  cinque persone (quando invece nel 1973, erano sette, e ora nessuna è
rappresentante delle Università Cilene). Inoltre, Juan Agustín Figueroa
redige: “Le loro cariche saranno vitalizie a meno che non cessino per
rinuncia. In caso di posto vacante, gli altri quattro membri provvederanno
all’elezione del sostituto. Se i membri restanti sono solo uno o più membri
del Consiglio, a questi spetterà designare i rimpiazzi”. Una vera e propria
dittatura che perpetua il Consiglio Direttivo, grazie ai margini di manovra
legale degli statuti del 1982, redatti dall’avvocato Juan Agustín Figueroa a
mo’ di testamento di Matilde Urrutia.

Nella pagina ufficiale del suo sito web www.neruda.cl, la Fondazione se
definisce come “una persona giuridica di diritto privato costituita nel
1986″; solo che in nessun punto rendono pubbliche le loro attività
economiche: già solo nel 2003 lasciò nelle sue casse all’incirca un miliardo
di pesos Cileni — quasi due milioni di dollari USA -, suddivisi tra diritti
d’autore, vendita di biglietti d’ingresso alle case-museo e merchandising”
(secondo una nota di Andrés Gómez del quotidiano La Tercera del 10 Giugno
2004). Essendo “una persona giuridica di diritto privato” non devono rendere
conto allo Stato Cileno (se non per il pagamento delle imposte), ed ancor
meno alla popolazione in generale (grazie alla nota di La Tercera veniamo a
sapere che esiste un “buco di 25 milioni di pesos per appropriazione
indebita in una Casa Museo di Neruda”).

Per certi versi, forse all’avvocato Juan Agustín Figueroa dovrebbe andare il
nostro plauso, per il recupero della casa di Isla Negra, inizialmente donata
al Partito Comunista da Pablo Neruda, successivamente espropriata alla
collettività politica dalla dittatura di Pinochet e finalmente (a partire
dal 1991) amministrata dalla Fondazione. Se non fosse che… non è quello
che Neruda voleva, soprattutto se pensiamo alla sua poesia:

“lascio ai sindacati
del rame, del carbone e del salnitro
la mia casa sul mare d’Isla Negra.
Voglio che l&i
grave; abbiano riposo i maltrattati figli
della mia Patria, saccheggiata da asce e traditori,
distrutta nel suo sacro sangue,
ridotta in brandelli vulcanici.”
(Testamento, da Canto Generale. Messico, 1950.)

Juan Agustín Figueroa fu Ministro, titolare del dicastero dell’Agricoltura,
durante il governo di Patricio Aylwin (1990–1994), e la propria immagine
pubblica se l’è fatta soprattutto grazie alla sua carica di Presidente della
Fondazione Neruda. Il giornalista Cileno Ernesto Carmona descrive Figueroa
come: “una sorta di ponte politico tra l’estremista di destra Ricardo Claro
e la Concertación, la coalizione a maggioranza
socialista-democraticocristiana che governa il Paese”. “Io nominai Juan
Agustín Direttore (di Cristalerías Cile), perché siamo molto amici fin dai
tempi dell’Università”, dichiarò Ricardo Claro a Il Mercurio.”(vedi: Agencia
Cilena de Noticias del 17 Gennaio 2005).E’ possibile verificare chi sono i
membri del Direttivo di Cristalerías di Cile visitando il loro sito web,
www.cirstalCile.cl.  L’affinità ideologica tra Ricardo Claro e Juan Agustín
Figueroa viene chiaramente fuori quando il Presidente della Fondazione
Neruda invoca la ley antiterrorista contro due indigeni Mapuche (per un
presunto incendio e invasione delle sue proprietà nel sud del Cile, quando
la realtà è che i Mapuche da sempre vivono nel sud Cileno e Argentino); a
Figueroa è stata rivolta una richiesta di lasciare la Concertación,
(l’alleanza dei Partiti che governa il Cile) per aver violato i Diritti
Umani dei Mapuche attraverso l’impiego contro di loro della Ley
antiterrorista (Legge antiterrorista).

Il deputato socialista Alejandro Navarro Brain è autore di una durissima
Lettera aperta a Juan Agustín Figueroa in cui spiega quali retroscena
utilizzò la dittatura di Pinochet per far nascere la cosiddetta Ley
Antiterrorista.

Quanto all’altro membro del duo Figueroa-Claro, sul padrone di Cristalerías
Cile la rivista Rocinante, nel Novembre 2000, pubblicò la funa
(manifestazione contro i collaboratori di Pinochet) compiuta contro Ricardo
Claro: “Un migliaio di persone parteciparono il 14 Ottobre alla funa
(denuncia pubblica) dell’impresario Ricardo Claro, padrone di Megavisión,
delle imprese Cristalerías di Cile, ed altre ancora. I manifestanti
denunciarono di fronte alle sedi di Megavisión e Elecmetal la molteplice
complicità di Claro con la dittatura di Pinochet. Affermarono che il vertice
dell’impresa Elecmetal, presieduto da Ricardo Claro, consegnò a membri dei
carabineros (polizia) e dell’esercito i lavoratori José Devia, José
Maldonado, Augusto Alcaya, Miguel e Juan Fernández Cuevas e Guillermo
Flores. I sei furono assassinati brutalmente e i loro corpi fatti ritrovare
in varie vie di Santiago. I loro corpi presentavano segni di tortura e
numerosi colpi d’arma da fuoco”. Da parte sua, Ricardo Claro nega qualsiasi
tipo di collaborazione con la dittatura di Pinochet: “Il proprietario di la
Compañía Sudamericana di Vapores, Ricardo Claro, affermò con fastidio che è
una ‘stupidaggine’ credere che le navi della sua impresa furono utilizzate
come centri di tortura durante il regime di Augusto Pinochet, come viene
invece sostenuto da organizzazioni di difesa dei Diritti Umani” informò
Radio Cooperativa (notizia del 2 Dicembre 2004 sul loro sito web
www.cooperativa.cl).

Ora i ruoli s’invertono e si rendono i favori: se a Juan Agustín Figueroa
viene dato modo di far parte del Consiglio direttivo di Cristalerías Cile
(proprietà di Ricardo Claro) ora la Fondazione Neruda investire gran parte
del suo capitale a favore proprio della stessa Cristalería Cile, (è l’ultima
decisione del direttivo della Fondazione Neruda, decisione fino ad ora non
venuta pienamente a galla né sulla stampa nazionale né internazionale a
causa della enorme influenza di Ricardo Claro e della buona reputazione
ufficiale di cui la Fondazione Neruda gode). Si tratta di un investimento
iniziale di mille e 300 milioni di pesos Cileni (2.315.227,25 dollari USA) e
se calcoliamo che ogni anno visitano le case di Neruda all’incirca centomila
persone — cifre ufficiali — (x 2.500 pesos Cileni) Cristalerías Cile si vede
garantiti 250 milioni di pesos Cileni l’anno (445.236 dollari) senza far
cenno alle entrate derivanti dalle vendite di ogni libro di Neruda che si
venda in qualunque parte della Terra e in qualsivoglia traduzione.

Alla vigilia del Centenario di Neruda (2004) la Fondazione commise un grave
atto contro uno dei suoi impiegati, Luis Alberto Ocampo, accusandolo di
“appropriazione indebita” di 25 milioni di pesos Cileni, cosa incredibile se
consideriamo che Luis Alberto Ocampo era un modesto impiegato con l’unica
responsabilità di prestare il suo servizio presso l’emporio del museo. Una
fonte interna alla Fondazione mi ha confidato una versione diversa da quella
ufficiale: “La Fondazione Neruda incaricò degli investigatori interni, due
contadores capeggiati da Emilio Rojas, i quali stabilirono tramite perizia
contabile che la somma sottratta alla Fondazione Neruda è del tutto
dissimile da quella accertata dal procedimento giudiziario, dato che non si
trattava affatto di soli 25 milioni di pesos, (come pubblicato da La Tercera
del 10 Giugno 2004) bensì di perdite, tra il 2002 e il 2003, per 90 milioni
di pesos e nel 2004 (in sei mesi) per 50 milioni di pesos Cileni”. La stessa
fonte mi anticipò che Francisco Torres (Direttore Esecutivo della
Fondazione) si sarebbe dimesso “prima che la nave vada a fondo”, adducendo
come scusa la ricerca di “migliori prospettive di lavoro”. Inoltre, la fonte
mi spiegò: “Il meccanismo utilizzato per la sottrazione di 140 milioni di
pesos Cileni (249.309,95 dollari) avvenuta dentro la Fondazione Neruda è
stato quello di emettere fatture di onorari false, alcune delle quali
nemmeno furono dichiarate nel pagamento delle imposte da versare all’erario,
e se facciamo un confronto con la cifra contestata a  Luis Alberto Ocampo, è
davvero impossibile che abbia sottratto tutti quei soldi, visto il suo
incarico presso l’emporio di una delle case-museo di Neruda”. La mia fonte è
totalmente attendibile, le indagini condotte dal controllo tributario lo
dimostreranno. “Fare di Luis Alberto Ocampo un capro espiatorio mettendolo
in prigione è una mossa molto arbitraria”, dice telefonicamente il suo
avvocato, Alicia Meyer, che lo difende nella causa 1997–3 (anno 2004),
“Quando vuole può venire e visionare le mie carte” dichiara concludendo la
lunga chiacchierata telefonica che ho avuto con lei.

In definitiva:

La Fondazione Neruda non sta facendo assolutamente nulla per recuperare la
Antología Popular 1972 (progetto di Neruda e Unidad Popular per stampare un
milione di esemplari e distribuirlo gratuitamente a biblioteche pubbliche,
scuole e sindacati del Cile), anzi, avvalla il contratto della casa editrice
Spagnola EDAF con la Agencia Balcells per pubblicare una falsificazione del
libro, che ha ora per titolo Antología Póstuma con una presentazione zeppa
di bugie, scritta da Manuel Márque
z de la Plata. Il libro venne pubblicato
nella sua prima (ed unica) edizione in un totale di 150.000 esemplari.
Neruda desiderava una tiratura finale di un milione di copie ed impegnò
legalmente il suo editore Gonzalo Losada (e proprietario del Copyright) a
cedere tutti i diritti d’autore, con la clausola che il libro non avrebbe
potuto essere venduto. Tutto questo è stato volutamente omesso da Edaf,
Márquez de la Plata e Melquíades Prieto (direttore di Biblioteca Edaf): si
tratta di un furto compiuto ai danni del popolo del Cile, iniziato con la
dittatura di Pinochet e portato a conclusione (“legalmente”) da Edaf e dalle
omissioni della Fondazione Neruda.

Alla Fondazione Neruda non interessa cercare il prologo di Neruda al libro
Canción de gesta (stampato da Quimantú nel1973), inedito perché tutta la
tiratura venne distrutta dalla instauratasi dittatura di Pinochet, pur
sapendo che un unico esemplare sopravvissuto esiste, disperso in qualche
stanza della Biblioteca di Letteratura Straniera di Mosca (come da mia
inchiesta sulla rivista Rocinante dell’Agosto 2004), così come ugualmente la
Fondazione Neruda negò il proprio appoggio allo scrittore e architetto
Ramiro Insunza, per pubblicare il libro inedito Oda a las flores de Datitla,
che Neruda scrisse durante la propria permanenza in Uruguay, durante gli
anni 50, e che rimase impubblicato fino al 2003, data del trentennale della
morte del poeta.

La Fondazione Neruda mise fine al Tren de la poesia (evento culturale di
carattere gratuito che riuniva scrittori di tutto il Mondo ogni 23 di
Settembre, data della morte di Neruda, a Temuco) espellendo il poeta
Bernardo Reyes (nipote di Neruda) non solo dall’organizzazione dell’evento
ma dalla stessa Fondazione. Inoltre, continua a negargli la paternità della
scoperta dei leggendari Cuadernos di Temuco (poesie inedite di Neruda
scritte in gioventù) incaricando della loro presentazione Víctor Farías, un
completo neofito della poesia nerudiana.

La Fondazione non solo nega un posto al suo interno agli stessi familiari di
Neruda, ma fa anche omissione completa della militanza politica del poeta.
Ecco alcuni esempi: “Ha impedito, tramite ricorso al tribunale, la
pubblicazione di un libro, di Leonidas Aguirre, che raccoglieva i discorsi
parlamentari di Pablo Neruda, che tra il 1945 ed il 1948 era stato senatore
del Partito Comunista, adducendo una presunta violazione dei ‘diritti
d’autore’ che possiedono in esclusiva; e questo sebbene più tardi la Corte
d’Appello di Santiago abbia autorizzato la pubblicazione dell’opera,
evidenziando che gli atti delle sessioni del Senato non sottostanno alla
disciplina della Legge 17.336 riguardante la ‘proprietà intellettuale’,
(periodico Azkintuwe, numero 1, Ottobre 2003); poi censurò il saggio di
Julio Gálvolta (specializzato sul periodo che Neruda trascorse in Spagna),
intitolato Testigo ardiente di una época; lo scrittore Jaime Valdivieso si
dimise dal suo incarico all’interno del direttivo della rivista Cuadernos
della Fondazione Neruda, quando il suo saggio sulla poesia Mapuche,
approvato para dall’intero Consiglio Editoriale, venne successivamente
bloccato da Aída Figueroa perché i Mapuche, disse, erano quelli che aveva
incendiato uno dei fondi che il fratello possiede nel sud del Paese.
Inoltre, esistono non pochi intellettuali di fama internazionale in
disaccordo con i metodi dell’attuale amministrazione della Fondazione
Neruda; Jorge Edwards (Premio Cervantes 1999) fu il primo dissidente,
rinunciando a far parte del direttivo della Fondazione Neruda; Bernardo
Reyes (espulso dalla Fondazione) e due scrittori che non hanno bisogno di
presentazioni in Messico, dati i loro conosciuti trascorsi letterari: Poli
Délano e Gonzalo Rojas che solidarizzarono con Bernardo Reyes allorquando
questi subì l’ingiusto allontanamento. Ma la Fondazione non si preoccupa di
dar conto a nessuno, esclude dalle riunioni del suo direttivo i comités
asesores di Santiago e Valparaíso (si tratta di due comitati, composti da
artisti e intellettuali di valore), non fa nulla per chiarire che fine
abbiano fatto i 140 milioni di pesos Cileni scomparsi (249.309,95 dollari).

E la più grande incongruenza è che la Fondazione Neruda sta investendo le
proprie fortune (diritti d’autore e biglietti d’ingresso alle case-museo) a
favore dell’impresario Ricardo Claro (ex collaboratore di Pinochet), cosa
che se da un lato non è illegale è però totalmente immorale. Ricardo Claro
(proprietario della Compañía Sudamericana de Vapores) impresa che — è stato
segnalato da Organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani — permise che le
sue navi venissero utilizzate come centri di tortura durante la dittatura di
Augusto Pinochet. Preservare il patrimonio di Neruda (case, libri e archivi
personali) investendo in nuovi progetti in cui sono coinvolte le imprese di
Ricardo Claro — la memoria del nostro poeta lo grida -, semplicemente non
può e non deve accadere.

Nota Finale:

Ho inviato per lo meno cinque questionari al sito web della Fondazione
Neruda e all’indirizzo personale di Francisco Torres (Direttor Esecutivo
della Fondazione), perché volevo, prima di andare in stampa, dare una
possibilità alla Fondazione di una risposta ufficiale a quanto sostengo nel
presente saggio, ma tutto quello che ho ottenuto è stato: “Il suo messaggio
è stato ricevuto senza problemi. La Fondazione si riserva il diritto di
rispondere. Le ringraziamo per averci scritto. Fondazione Pablo Neruda”.

 
Traduzione di Michele Metta – Isla Infinita
.…
Leggi anche:l’articolo di Michele Metta
 
 
  1. avatar
    Bernardo Reyes ha detto:

    En http://bernardoreyes2007.googlepages.com/
    podrás encontrar mas antecedentes acerca de la Fundación Neruda y la relación que tengo con esa institución. Además hay algunos comentarios acerca de mis libros por un conocido estudioso italiano.
    Afectuosamente te saluda
    Bernardo Reyes

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