di Renata Puleo
Liberazione
Il 21 settembre 2009 è il giorno in cui si celebra la commemorazione dei soldati morti a Kabul, Afghanistan. E’ anche l’inizio della vicenda surreale o iperrealista in cui mi trovo coinvolta. Verso la metà della mattina del 21, la mia collega, Simonetta Salacone, mi telefona e mi dice che sta girando una circolare ministeriale che invita (ribadisco: invita) le scuole ad osservare un minuto di silenzio in segno di lutto nazionale. Lei non l’ha ancora vista — in molte scuole arriverà nel tardo pomeriggio o il giorno dopo — ma ha deciso di non diffonderla in ogni caso, di convocare i docenti ad un collegio straordinario per il pomeriggio, di comunicare le sue decisioni all’Ansa. Mi dice che anche la collega della Marconi, Maria Letizia Ciferri non ha diffuso la circolare. Credo, ma potrebbe essere un ricordo deformato dai fatti successivi, che mi parli anche di bandiere esposte, di superficiali patriottismi di alcuni suoi docenti, di fascisti in strada. Da noi, tutto tranquillo. Venendo a scuola, lungo la strada non vedo le finestre impavesate col tricolore come ha chiesto il Governo, mentre sventolano alcune bandiere arcobaleno.
Non sono d’accordo sulla comunicazione alla stampa, non mi fido di come potrebbero fare strame del comunicato, è accaduto spesso in questi anni di contestazione e di lotta. E poi, credo che ogni atto politico debba tener conto delle condizioni, dei rapporti di forza. Io godo di prestigio nel mio piccolo ambito lavorativo, ma non basta per una battaglia ideale sulla pace e sulla guerra. Ci sono atti che si possono fare solo “in levare”, in esonero. Così non risponderò a nessuna richiesta di dichiarazioni che arriva di lì a poco da diverse testate e televisioni. Nel pomeriggio del 22 settembre, c’è una riunione ordinaria del Collegio docenti e apro la seduta comunicando la mia decisione. Gli interventi sono tutti a favore della mia inerzia, per via dell’intempestività della comunicazione contenente l’invito, per l’età dei bambini, per l’imbarazzo di parlare di una guerra non dichiarata, non dichiarabile. Chi non è d’accordo non si rivela.
Dal giorno successivo incalzano i fatti: a scuola circola un comunicato redatta dal direttore dei servizi amministrativi e da alcuni docenti che inizia con il richiamo all’art. 11 della Costituzione. Viene firmato dalla stragrande maggioranza di chi legge, ma nei giorni seguenti alcuni — per paura di ritorsioni o per altre motivazioni di cui non si viene a sapere — chiederanno di cancellare la firma. La stampa — come immaginavo — pubblica con grande risalto tutto ciò che attiene ai funerali solenni e alla nostra vergognosa disobbedienza, così decido di diffondere alle famiglie e al personale una breve nota in cui spiego le motivazioni del mio atto di inerzia. Lo manderò anche al presidente del Municipio XIX che non ha perso tempo, ha chiesto al consiglio di votare un ordine del giorno dai toni ingiuriosi che stigmatizza il mio comportamento e in cui chiede siano presi dal ministero provvedimenti disciplinari. Qualche giorno dopo verrà approvato a maggioranza, con il voto contrario del Pd e del Prc Nel frattempo, in alto, molto in alto, si chiede scusa alle famiglie dei soldati per il comportamento offensivo nei confronti del loro sacrificio, ad opera di alcuni dirigenti scolastici romani. Vengono presentate interrogazioni parlamentari alla Ministra Gelmini che assicura l’assunzione di provvedimenti contro i sediziosi.
Il 28 settembre, nel tardo pomeriggio, mi arriva al cellulare una telefonata dalla segreteria della Direzione regionale in cui mi si invita ad un colloquio con la Direttrice, chi chiama afferma di ignorarne il motivo. Ci andremo tutte e tre, il lunedì successivo, a distanza di mezz’ora l’una dall’altra. Simonetta Salacone ribadisce le motivazioni note, io dico che non amo la retorica patria, l’uso dei bambini come cifra della commozione nazionale ( il bambino con il baschetto e quello che accarezza la bara), Maria Letizia Ciferri sostiene la linea del guasto tecnico che le ha impedito di vedere e diffondere la circolare (verrà tenuta fuori dall’apertura del procedura disciplinare). Il colloquio è umiliante, non per me, ma per ciò che è costretta (ma forse ne è convinta ) a ribattere la Novelli (anche un bambino di due anni conosce il significato della morte) e per i due signori che assistono silenziosi, come due cortigiani. Saprò in seguito — dalla nota di contestazione — che si tratta di una mia collega e di un funzionario del Usp in funzione di testimoni. Arriva anche una richiesta scritta di chiarimenti a tutte e tre, in cui ciascuna di noi ribadirà seccamente che — in ogni caso — l’ invito non era disponibile in circolare. Arriva il 28 di ottobre la contestazione degli addebiti per me e per la collega Salacone. Per costruirla, in assenza di atti ufficiali, utilizzano le dichiarazioni che hanno carpito durante il colloquio informale (registrate, verbalizzate, a nostra insaputa?), le utilizzano fuori contesto, fanno uso di richiami alla fedeltà alla Nazione che noi avremmo tradito. Pur consapevoli che, al momento, nessun magistrato potrebbe dare loro ragione, si spingono a ventilare la risoluzione del nostro contratto.
A questo punto, alcuni colleghi sindacalisti più avvertiti di me, mi offrono una lettura della vicenda in linea con quanto sta predisponendo il Ministro Brunetta, il ripristino del giuramento per i pubblici funzionari, la messa in soffitta dell’autonomia, ecc, e dunque, all’agio che, comunque vada, questa storia fa loro. Quando i Cobas-scuola chiedono alla Direzione regionale di conoscere attraverso quale monitoraggio sia stata rilevata l’adesione all’invito-al-minuto-di-silenzio, visto che migliaia di scuole risulta non lo abbiano fatto, la risposta è semplicemente: nessuno. La Direzione regionale, il Ministero non ne hanno avuto bisogno se la tesi sostenuta dei colleghi sindacalisti è corretta. Basta un pretesto per far scattare la tenaglia.
Vedremo come andrà a finire. Ma intanto, ai miei colleghi che non hanno nemmeno dato uno sguardo alla circolare, a quelli che ne hanno chiesto l’osservanza “perché certi genitori di destra ci tengono”, a quelli che si sono affrettati a fare qualcosa quando l’aria si è fatta pesante, a chi ancora adesso non ci ha capito molto, va detto, state attenti. Non perdetevi i prossimi atti del tormentone. Ne va anche del vostro lavoro, della vostra autonomia, della possibilità che avrete in futuro di prendere decisioni discrezionali come prevede il contratto che avete firmato, ogni invito diventerà un ordine. Ne va dell’intera scuola pubblica. C’è in questa storia surreale o iperrealista, qualcosa che riguarda tutti.
Che paese ipocrita e cialtrone! A distanza di quasi tre mesi, chi si ricorda e, soprattutto, a quanti frega del bambino con il baschetto o di quello che accarezzava la bara del padre? Tra tutti, nessuno escluso, dal Presidente della Repubblica all’ultimo cittadino? Mi piacerebbe sapere quale vero aiuto è stato dato, spenti i riflettori, a quelle famiglie? Forse lo stesso dato alle famiglie di quei militari morti di leucemia perchè sottosposti all’uranio impoverito nelle nostre sedicenti “Missioni di Pace”? A quelli manco un penoso e ipocrita minuto di silenzio abbiamo dedicato… Proprio la persona giusta è stata messa al Ministero della Difesa, perchè rispecchia in tutto e per tutto la merdosissima retorica che investe trasversalmente ogni tanto questo merdosissimo paese!
Ah, del Ministro della Pubblica Istruzione non parlo… tanto si può parlare del nulla o del vuoto (come la sua zucca)?